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Scarica versione stampabile Sentenza ed Ordinanza

Bur n. 37 del 17 marzo 2023


RICORSO

Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri alla Corte Costituzionale per la declaratoria di illegittimità costituzionale dell'art. 10 della Legge Regionale 23 dicembre 2022, n. 30 recante "Legge di stabilità regionale 2023", pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione Veneto 23 dicembre 2022, n. 157.

Reg. Ric. n. 5/2023
Ct. 8048/23

AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO
ECC.MA CORTE COSTITUZIONALE
RICORSO EX ART. 127 DELLA COSTITUZIONE

per

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici è domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi, 12

contro

la REGIONE VENETO, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, con sede in Palazzo Balbi – Dorsoduro, 3901, 30123 Venezia

PER LA DECLARATORIA DI ILLEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE

dell’art. 10 della Legge Regionale 23.12.2022, n. 30 recante “Legge di stabilità regionale 2023”, pubblicata nel B.U. Veneto 23 dicembre 2022, n. 157, come da delibera del Consiglio dei Ministri in data 16 febbraio 2023.

***

Sul B.U.R. Veneto n. 157 del 23.12.2022 è stata pubblicata la L.R. 23.12.2022, n. 30 recante “Legge di stabilità regionale 2023”.

All’art. 10 (“Disposizioni tributarie”) la L.R. dispone che:

  1. Al comma 1, dell’articolo 3, della legge regionale 17 dicembre 2007, n. 36 “Disposizioni in materia di tributi regionali”, dopo le parole: “contenzioso tributario” sono inserite le seguenti: “, nonché da ravvedimento operoso (totale o parziale) a seguito dell’attività di controllo sostanziale da parte degli organi dell’amministrazione finanziaria,”.
  2. Al comma 1, dell’articolo 3, della legge regionale 18 marzo 2011, n. 7 “Legge finanziaria regionale per l’esercizio 2011”, dopo le parole “contenzioso tributario” sono inserite le seguenti: “, nonché da ravvedimento operoso (totale o parziale)a seguito dell’attività di controllo sostanziale da parte degli organi dell’amministrazione finanziaria,”.

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Per effetto delle intervenute modifiche, entrate in vigore ai sensi dell’art. 11 comma 1 della L.R. Veneto 30/2022 il giorno stesso della pubblicazione della medesima:

  • l’art. 3 della L.R. 17 dicembre 2007 n. 36 “Disposizioni in materia di tributi regionali” risulta oggi del seguente tenore:

Art. 3

Riscossione diretta dei proventi IRAP da controllo fiscale.

  1. A decorrere dal 2008, in coerenza con il principio di territorialità delle risorse fiscali affermato dall’articolo 119 della Costituzione e in conformità all’articolo 24 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, la convenzione eventualmente stipulata ai sensi dell’articolo 5, comma 2 della legge regionale 26 novembre 2004, n. 29 “Disposizioni in materia di tributi regionali” deve prevedere che i proventi derivanti dalle attività di controllo, liquidazione delle dichiarazioni e accertamento, accertamento con adesione, conciliazione giudiziale e contenzioso tributario, nonché da ravvedimento operoso (totale o parziale)a seguito dell’attività di controllo sostanziale da parte degli organi dell’amministrazione finanziaria, concernenti l’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) siano riversati direttamente in uno specifico conto corrente acceso presso la tesoreria regionale.
  2. Le somme di cui al comma 1 comprendono gli importi dovuti a titolo d’imposta regionale, interessi e sanzioni con esclusione di quelle applicate in caso di concorso formale e di violazioni continuate rilevanti ai fini dell’imposta regionale e di altri tributi erariali”;

***

-  l’art. 3 della L.R. n. 7 del 18.3.2011 “Legge finanziaria regionale per l’esercizio 2011” risulta oggi del seguente tenore:

Art. 3

Riversamento diretto dei proventi dell’addizionale regionale al reddito delle persone fisiche derivanti da controllo fiscale.

  1. A decorrere dal 2011, in coerenza con il principio di territorialità delle risorse fiscali affermato dell’articolo 119 della Costituzione, la convenzione eventualmente stipulata ai sensi dell’articolo 5, comma 2, della legge regionale 26 novembre 2004, n. 29 “Disposizioni in materia di tributi regionali” deve anche prevedere che i proventi derivanti dalle attività di controllo, liquidazione delle dichiarazioni e accertamento, accertamento con adesione, conciliazione giudiziale e contenzioso tributario, nonché da ravvedimento operoso (totale o parziale) a seguito dell’attività di controllo sostanziale da parte degli organi dell’amministrazione finanziaria, concernenti l’addizionale regionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche di cui all’articolo 50 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 “Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’IRPEF e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali” siano riversati direttamente in uno specifico conto corrente acceso presso la tesoreria regionale.
  2. Le somme di cui al comma 1 comprendono gli importi dovuti a titolo di addizionale regionale, interessi e sanzioni.

***

Ciò premesso, il Presidente del Consiglio ritiene che le disposizioni sopra riportate, alla luce delle modifiche introdotte dall’art. 10 della L.R. n. 30/2022, si pongono in contrasto con l’art. 117, comma 2, lett. e) Cost. in relazione all’art. 9 del D.Lgs. n. 68/2011 (norma interposta) nonché con l’art. 81 Cost.

Propone pertanto questione di legittimità costituzionale ai sensi dell’art. 127 comma 1 Cost. per i seguenti

MOTIVI

  1. Illegittimità dell’articolo 10 Legge regionale Veneto n. 30/2022 per violazione dell’articolo 117 Cost., secondo comma, lettera e), sotto il profilo della violazione delle competenze statali in materia di “sistema tributario” nonché in relazione agli artt. 13 D.Lgs. 472/97 e 9 D.Lgs. 68/2011 (norme interposte).

Come si è visto, la L.R. n. 30/2022 con l’art. 10 comma 1, amplia il perimetro applicativo dell’art. 3 comma 1 della L.R. n. 36/2007, in materia di riversamento diretto dei proventi dell’IRAP derivanti da controllo fiscale.

In particolare, viene previsto che, tra i proventi derivanti da attività di controllo, liquidazione, accertamento con adesione, oggetto di riversamento diretto in uno specifico conto corrente acceso presso la tesoreria regionale, siano inclusi anche quelli derivanti da ravvedimento operoso (totale o parziale), a seguito dell’attività di controllo sostanziale da parte degli organi dell’Amministrazione finanziaria.

Analoga disposizione è contenuta anche nel comma 2, che modifica l’art. 3, comma 1, della L.R. n. 7/2011, in materia di riversamento diretto dei proventi dell’addizionale regionale all’IRPEF derivanti da controllo fiscale.

Tali previsioni presentano profili di illegittimità costituzionale per violazione degli articoli 117, secondo comma, lettera e), Cost. in relazione al decreto legislativo n. 68 del 2011 (attuativo della legge n. 42 del 2009), recanti principi fondamentali di finanza pubblica e che qui assumono valore di parametri statali interposti.

Il ravvedimento operoso è un istituto che consente di regolarizzare le violazioni ed omissioni tributarie in via spontanea, con il versamento di sanzioni ridotte, il cui importo varia in relazione alla tempestività del ravvedimento ed al tipo di violazioni commesse.

L’art. 13 del D.Lgs. n. 472/1997 consente, al comma 1, di avvalersi dell’anzidetto istituto a condizione che la violazione non sia stata già constatata e non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività di accertamento delle quali l’autore abbia avuto conoscenza.

Tuttavia, in deroga a tale principio, il comma 1-ter1 del medesimo art. 13 consente, per i tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate, di accedere al ravvedimento operoso nel corso di controllo sostanziale, a meno che non siano già stati notificati atti formali di liquidazione e di accertamento, comprese le comunicazioni da controllo informatizzato (art. 36 bis D.P.R. n. 600/1973) e formale delle dichiarazioni (artt. 36-ter del D.P.R. n. 600/1973 e 54-bis del D.P.R. n. 633/1972).

Al riguardo l’Agenzia delle Entrate con la Circolare 9.6.2015, n. 23/E ha precisato che tra i tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate, rientrano anche l’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) e le addizionali regionale e comunale all’IRPEF, la cui disciplina segue quella del tributo erariale cui afferisce”.

Riguardo invece al comma 1-ter la stessa Circolare chiarisce che

“In ossequio alle finalità e ai presupposti fondanti dell’istituto, rimane altresì limite invalicabile alla possibilità di ravvedere la violazione la circostanza che al contribuente sia stato notificato formalmente, con riferimento a tale violazione, un atto di liquidazione o di accertamento ovvero che lo stesso abbia ricevuto una comunicazione di irregolarità recante le somme dovute ai sensi degli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, e art. 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 663, e successive modificazioni…”.

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Orbene, l’art. 9 (recante “Attribuzione alle regioni del gettito derivante dalla lotta all’evasione fiscale”) del D.Lgs. n. 68/2011, al comma 1 prevede che

E’ assicurato il riversamento diretto alle regioni, in coerenza con quanto previsto dall’articolo 9, comma 1, lettera c), numero 1), della citata legge n. 42 del 2009, in relazione ai principi di territorialità di cui all’articolo 7, comma 1, lettera d), della medesima legge n. 42 del 2009, dell’intero gettito derivante dall’attività di recupero fiscale riferita ai tributi propri derivati e alle addizionali alle basi imponibili dei tributi erariali di cui al presente decreto”.

 ***

La L.R. impugnata ha ritenuto di poter ricomprendere nel “gettito derivante dall’attività di recupero fiscale” anche le somme versate a titolo di ravvedimento operoso.

Ciò premesso, con l’introduzione del citato comma 1-ter, non sussiste in generale un’incompatibilità assoluta tra il ravvedimento operoso e l’attività di controllo sostanziale.

Sussiste invece una oggettiva difficoltà di individuare – tra le somme versate dai contribuenti in sede di ravvedimento operoso – quelle che possono ritenersi derivare “dall’attività di recupero fiscale”.

Occorrerebbe infatti valutare caso per caso, se il pagamento sia stato spontaneo ovvero sia stata conseguenza di attività di recupero fiscale.

In particolare, da un punto di vista procedurale, in fase di acquisizione e ripartizione dei versamenti effettuati tramite modello F24, non è possibile individuare puntualmente il gettito da accreditare direttamente al bilancio della Regione.

Ad esempio, dovrebbero di certo essere esclusi i pagamenti su ravvedimento effettuato in totale assenza di attività dell’Agenzia delle Entrate (come il caso di un contribuente che si avveda di avere omesso di pagare un’imposta dovuta e il cui termine è scaduto).

Ma una volta consentito il ravvedimento anche in corso di attività accertativa degli uffici, come è possibile individuare i pagamenti “spontanei” rispetto a quali “indotti”?

Anche per tale motivo s’impone una lettura della normativa che individua il gettito spettante alla Regione in quanto “derivante dall’attività di recupero fiscale” esclusivamente in quegli atti indicati nell’art. 13 comma 1-ter, e cioè “atti di liquidazione e di accertamento, comprese le comunicazioni recanti le somme dovute ai sensi degli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, e 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 settembre 1972, n. 633, e successive modificazioni”.

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Si tratta all’evidenza di atti formali di conclusione dell’attività di controllo, dai quali scaturisce il recupero fiscale di imposte non versate e accertate.

Pertanto, sino a che l’attività di controllo della posizione fiscale del contribuente non si conclude con un atto formale di rettifica, gli eventuali versamenti che il contribuente esegue a titolo di ravvedimento – anche in costanza di accesso o verifica – non possono considerarsi da recupero fiscale.

In altri termini, non è possibile assimilare i proventi da ravvedimento a quelli da recupero fiscale, in quanto i primo attengono ad una fase antecedente alla formalizzazione della pretesa fiscale da parte degli uffici finanziari.

Ne deriva, quindi, che l’assimilazione del gettito da ravvedimento operoso al gettito derivante da attività di recupero fiscale, compiuta dalla Regione Veneto, non è condivisibile, con la conseguenza che il gettito derivante dal suddetto ravvedimento non può essere riversato direttamente sul conto corrente della Regione.

La disposizione regionale va anche direttamente ad invadere la competenza statale in materia tributaria, tenuto conto che l’IRAP è un tributo disciplinato da una norma statale, con la conseguenza che (anche) la destinazione del gettito è di competenza dello Stato, competenza che viene ad essere violata allorchè – come nel caso in esame – si estende indebitamente la portata della norma statale interposta (art. 9 D.Lgs. 68/2011).

La novella introdotta ex art. 10 L.R. n. 30/2922 contrasta quindi con l’art. 117, comma 2, lett. e) Cost. nei cui confronti l’art. 9 del D.Lgs. n. 68/2011 funge da parametro interposto.

  1. Illegittimità dell’articolo 10 Legge regionale Veneto n. 30/2022 per violazione dell’articolo 81, comma terzo, Cost.

La scelta di ricomprendere il gettito dell’IRAP e dell’addizionale regionale all’IRPEF derivante dai versamenti effettuati a titolo di ravvedimento operoso tra le somme da far affluire direttamente nel bilancio regionale, anziché nel fondo destinato al finanziamento della spesa sanitaria nazionale, comporta anche la violazione dell’art. 81 Cost.

I gettiti fiscali che affluiscono allo Stato e che derivano dall’applicazione delle aliquote base (sono escluse le maggiorazioni derivanti dalle manovre fiscali regionali) dell’IRPA e dell’addizionale regionale all’IRPEF, sono infatti destinati al finanziamento corrente del SSN e conseguentemente influenzano la quota del finanziamento sanitario che deve essere assicurata dal bilancio statale (per le regioni a statuto ordinario e per la Sicilia; diverso asseto finanziario è previsto per le autonomie speciali).

La legge nazionale determina il livello di finanziamento complessivo del SSN per l’erogazione dei LEA (fabbisogno sanitario) in condizioni di efficienza e appropriatezza (restando a carico dei bilanci regionali l’eventuale ulteriore spesa dovuta ad inefficienze gestionali, o alla scelta di garantire livelli di assistenza più elevati rispetto alla programmazione nazionale); tale finanziamento trova copertura nei predetti gettiti fiscali e nel bilancio statale (una quota minima residuale è coperta dalla compartecipazione alla spesa dei cittadini sotto forma di ticket).

Pertanto la quota del fabbisogno sanitario che non è finanziariamente coperto dai predetti gettiti fiscali deve essere garantita necessariamente dal bilancio statale: in sostanza, se i gettiti stimati subiscono in concreto una flessione, allora il bilancio dello Stato deve integrare le risorse da trasferire alle regioni a statuto ordinario e alla Sicilia, allo scopo di assicurare l’integrale copertura finanziaria del fabbisogno sanitario definito dalla legge.

Orbene, la disposizione impugnata – che già prevede, come consentito dalla legislazione vigente, il riversamento diretto dei proventi derivanti dalle attività di contrasto all’evasione fiscale – viene a ricomprendervi anche il gettito da ravvedimento operoso a seguito dell’attività di controllo sostanziale da parte degli organi dell’Amministrazione finanziaria.

Tuttavia, l’inclusione delle somme in questione tra quelle oggetto di riversamento diretto nelle casse regionali – per effetto dell’assimilazione del ravvedimento operoso in argomento con l’attività di recupero fiscale – è suscettibile di determinare minori entrate statali, nella misura in cui le stesse sono destinate al finanziamento del SSN.

In altri termini, la norma regionale potrà avere ripercussioni sul valore dei gettiti che da programmazione finanziaria nazionale sono destinati al finanziamento del SNN, con conseguente impatto negativo sul bilancio statale e dunque sulla finanza pubblica. Di qui, quindi, il contrasto anche con l’art. 81, comma terzo Cost.

P.Q.M

Si chiede che codesta Ecc.ma Corte Costituzionale voglia dichiarare costituzionalmente illegittimo e conseguentemente annullare l’articolo 10 della Legge Regionale Veneto 23.12.2022, n. 30 recante “Legge di stabilità regionale 2023” per i motivi illustrati nel presente ricorso.

Con l’originale notificato del ricorso si depositerà l’estratto della delibera del Consiglio dei Ministri 16 febbraio 2023.

 

Roma 21 febbraio 2023

 

Gianni De Bellis
Vice Avvocato Generale dello Stato

Alfonso Peluso
Avvocato dello Stato

   

________________

1 L’art. 13, comma 1-ter D.Lgs. 472/1997 così dispone: “Ai fini dell’applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo, per i tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate non opera la preclusione di cui al comma 1, primo periodo, salva la notifica degli atti di liquidazione e di accertamento, comprese le comunicazioni recanti le somme dovute ai sensi degli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, e 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni. La preclusione di cui al comma 1, primo periodo, salva la notifica di avvisi di pagamento e atti di accertamento, non opera neanche per i tributi doganali e per le accise amministrati dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli”.

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