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Bur n. 63 del 26 luglio 2013


LEGGE REGIONALE  n. 20 del 23 luglio 2013

Prevenzione e salvaguardia dal rischio gas radon.

Il Consiglio regionale ha approvato
Il Presidente della Giunta regionale
promulga

la seguente legge regionale:

Art. 1
Finalità


1.    La Regione del Veneto, nell’esercizio delle proprie competenze in materia di tutela della salute e governo del territorio, di cui all’articolo 117 comma terzo della Costituzione ed in conformità alla normativa ed agli atti internazionali, europei e statali, tutela la salute della popolazione e salvaguarda il patrimonio ambientale e naturale, prevenendo e limitando i rischi derivanti dalla concentrazione di gas radon nel territorio e negli edifici destinati ad abitazione, a luogo di lavoro ed, in generale, all’aggregazione sociale.
 

Art. 2
Piano regionale di prevenzione e riduzione dei rischi connessi all’esposizione al gas radon


1.    Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Consiglio regionale approva il Piano regionale di prevenzione e riduzione dei rischi connessi all’esposizione al gas radon, di seguito denominato Piano, adottato dalla Giunta regionale, in coerenza con il Piano Nazionale Radon del Ministero della Salute (PNR), a tutela della salute dalle conseguenze derivanti da elevate concentrazioni di gas radon negli edifici.
2.    La Giunta regionale predispone il Piano col supporto tecnico-scientifico dell’Agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale del Veneto (ARPAV), ai sensi degli articoli 3, comma 2, lettera i) e 6, comma 1 della legge regionale 18 ottobre 1996, n. 32 “Norme per l’istituzione e il funzionamento dell’Agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale del Veneto (ARPAV)” e successive modificazioni, eventualmente avvalendosi anche della collaborazione dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e di ulteriori enti di ricerca, pubblici o privati competenti in materia.
3.   Il Piano, predisposto conformemente alle disposizioni di cui al capo III bis del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230 “Attuazione delle direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 92/3/Euratom e 96/29/Euratom in materia di radiazioni ionizzanti”, al PNR, alle raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dell’International Commission of Radiological Protection (ICRP), dispone:
a)    l’aggiornamento, da parte dell’ARPAV, dell’individuazione delle aree a rischio, secondo standard definiti a livello nazionale;
b)    l’individuazione degli edifici ritenuti a rischio per la salute della popolazione;
c)    i criteri, le prescrizioni e le modalità per la predisposizione di progetti di recupero e di risanamento degli edifici esistenti a rischio;
d)   le prescrizioni costruttive e gli accorgimenti tecnici da osservare nelle nuove edificazioni, particolarmente con riguardo ai manufatti da realizzare nelle aree a rischio di cui alla lettera a);
e)    la realizzazione e la gestione, da parte dell’ARPAV, di una banca dati centralizzata delle misure di radon, aggiornata, quale strumento conoscitivo di supporto alle iniziative di prevenzione;
f)    studi di aggiornamento continuo sull’incidenza del gas radon rispetto all’insorgenza delle patologie ed, in particolare, della patologia tumorale al polmone, elaborati in collaborazione con il Sistema Epidemiologico Regionale (SER) e l’ISS;
g)    la definizione di un sistema di informazione e divulgazione, tra la popolazione, dei rischi connessi all’esposizione al gas radon e delle misure di prevenzione.
4.    La Giunta regionale provvede all’aggiornamento del Piano, quando ciò sia reso necessario da nuove evidenze di esposizione al rischio di inquinamento da gas radon.
5.   I comuni e le province adeguano i propri strumenti di pianificazione urbanistico-territoriale al Piano. Nelle more dell’adeguamento, le previsioni del Piano prevalgono su quelle difformi dei piani comunali e provinciali vigenti.
6.    Entro novanta giorni dall’approvazione del Piano, i regolamenti edilizi recepiscono le prescrizioni costruttive e gli accorgimenti tecnici di cui al comma 3, lettera d).
 

Art. 3
Individuazione delle zone e dei luoghi di lavoro ad elevata probabilità di alte concentrazioni di attività di radon


1.  Ai sensi dell’articolo 10 sexies del decreto legislativo n. 230 del 1995, la Giunta regionale, con provvedimento da approvarsi entro centottanta giorni dall’approvazione del Piano di cui all’articolo 2, individua le zone e i luoghi di lavoro ad alta probabilità di elevate concentrazioni di radon, fra quelle ricomprese nelle aree delimitate dal Piano stesso.
2.    Con il provvedimento di cui al comma 1, la Giunta regionale definisce un programma di monitoraggio sanitario dei soggetti che, avendo prestato o prestando la propria attività lavorativa in luoghi di lavoro ad elevato livello di esposizione al gas radon, siano da considerare a rischio di contrarre patologie oncologiche da radiazioni ionizzanti.
3.    Ai fini di favorire lo studio epidemiologico del rischio di neoplasie connesso al livello di esposizione al gas radon, le aziende ULSS dispongono di un registro di patologia dei pazienti affetti da malattie oncologiche sospette da gas radon, nel quale è registrata la raccolta standardizzata dei casi di malattia e di relativi dati clinici. Il registro è gestito dal Servizio di coordinamento del SER.


Art. 4
Progetti di recupero e risanamento


1.    I comuni, in forma singola od associata, predispongono progetti di recupero e di risanamento degli edifici già esistenti, individuati a rischio ai sensi dell’articolo 2, comma 3, lettera b), nel rispetto dei criteri, delle prescrizioni e delle modalità di cui al comma 3, lettera c), del medesimo articolo.


Art. 5
Contributi


1.    Per la realizzazione dei progetti di cui all’articolo 4, la Regione concede, nell’ambito delle disponibilità di bilancio, contributi ai comuni interessati.
2.    Con successiva deliberazione la Giunta regionale individua criteri e modalità per la concessione dei contributi di cui al comma 1.
 

Art. 6
Norma finanziaria


1.    Agli oneri di natura corrente derivanti dall’applicazione della presente legge, quantificati in euro 50.000,00 per l’esercizio 2013 e 100.000,00 per ciascuno degli esercizi 2014 e 2015, si provvede utilizzando per pari importo le risorse allocate nell’U0185 “Fondo speciale per le spese correnti” partita n. 6, del bilancio di previsione 2013 e pluriennale 2013-2015; contestualmente la dotazione dell’upb U0110 “Prevenzione e protezione ambientale” viene incrementata di euro 50.000,00 nell’esercizio 2013 e di euro 100.000,00 in ciascuno degli esercizi 2014 e 2015.

La presente legge sarà pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione veneta. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione veneta.

Venezia, 23 luglio 2013

Luca Zaia


INDICE
 

Art. 1 - Finalità
Art. 2 - Piano regionale di prevenzione e riduzione dei rischi connessi all’esposizione al gas radon
Art. 3 - Individuazione delle zone e dei luoghi di lavoro ad elevata probabilità di alte concentrazioni di attività di radon
Art. 4 - Progetti di recupero e risanamento
Art. 5 - Contributi
Art. 6 - Norma finanziaria

Dati informativi concernenti la legge regionale 23 luglio 2013, n. 20

Il presente elaborato ha carattere meramente informativo, per cui è sprovvisto di qualsiasi valenza vincolante o di carattere interpretativo. Pertanto, si declina  ogni responsabilità conseguente a eventuali errori od omissioni.
Per comodità del lettore sono qui di seguito pubblicati:
1 -   Procedimento di formazione
2 -   Relazione al Consiglio regionale
3 -   Note agli articoli
4 -   Struttura di riferimento

1.    Procedimento di formazione

-    La proposta di legge è stata presentata al Consiglio regionale in data 26 aprile 2012, dove ha acquisito il n. 264 del registro dei progetti di legge su iniziativa dei Consiglieri Finco, Caner, Finozzi, Bassi, Conte, Stival, Manzato, Lazzarini, Sandri, Furlanetto, Corazzari, Bozza e Cappon;
-    Il progetto di legge è stato assegnato alla Settima Commissione consiliare;
-    La Settima commissione consiliare ha espresso parere sul progetto di legge in data 12 giugno 2013;
-    Il Consiglio regionale, su relazione della Settima Commissione consiliare, relatore il Presidente della stessa,  consigliere Nicola Ignazio Finco, e su relazione di minoranza della Settima Commissione consiliare, consigliere Claudio Niero, ha esaminato e approvato il progetto di legge con deliberazione legislativa 11 luglio 2013, n. 20.

2.    Relazione al Consiglio regionale

-  Relazione della Settima Commissione consiliare, relatore il Presidente della stessa, consigliere Nicola Ignazio Finco, nel testo che segue:
“Signor Presidente, colleghi consiglieri,
il diritto alla salute dei cittadini, sancito dalla Costituzione italiana, dovrebbe orientare il Governo della Regione Veneto ad adottare norme più severe per la lotta all’inquinamento radioattivo del gas radon, attivando, le azioni di prevenzione e contrasto.
Una indagine nazionale promossa dall’Istituto Superiore di Sanità e dall’ANPA, (oggi ISPRA), conclusasi nel 1994, indica come la Regione Veneto presenti concentrazioni medie di gas radon indoor pari a 59 Bq/metro cubo, un valore medio non elevato, che non esclude però l’esistenza di specifiche aree in cui, per caratteristiche geologiche, meteorologiche, climatiche, ambientali e legate alla tipologia costruttiva degli immobili, la concentrazione di radon sia tale da costituire un potenziale pericolo. Partendo da questi presupposti, la Regione Veneto ha promosso nel 1996 una campagna di rilevamenti sul territorio regionale per individuare le aree con elevati livelli di radon indoor; tale campagna, conclusasi nel 2000, ha individuato alcune aree in cui il livello di radon supera i 200 Becquerel per metro cubo in almeno il 10 per cento delle abitazioni.
Le aree individuate a maggior potenziale di radon si trovano essenzialmente nella parte settentrionale delle provincie di Belluno e Vicenza, nonché in alcune zone della provincia di Treviso e nei Colli Euganei a Padova.
Da un punto di vista fisico, il radon è un gas radioattivo naturale prodotto dal decadimento di tre nuclidi capostipiti che danno luogo a tre diverse famiglie radioattive: Thorio 232, Uranio 235, Uranio 238. Di interesse radioprotezionistico è soprattutto la serie dell’Uranio 238 che dà origine all’isotopo Radon 222 (caratterizzato da decadimento alfa e tempo di dimezzamento di 3,82 giorni), al quale ci si riferisce generalmente parlando di Radon. Si trova allo stato gassoso, è circa otto volte più pesante dell’aria e tende ad accumularsi negli ambienti chiusi.
Il radon viene generato continuamente dalle rocce della crosta terrestre ed in particolare da lave, tufi, pozzolane, alcuni graniti ecc. Il radon si diffonde attraverso i pori e le spaccature del suolo, trasportato dall’aria o dall’acqua, e per questo motivo è al primo posto tra le fonti di inquinamento degli ambienti chiusi, sia per la sua presenza in alcuni materiali da costruzione, sia per la facilità ad entrare negli edifici dal sottosuolo attraverso le crepe che si formano con il tempo, lungo le tubature o attraverso le giunture tra i muri.
L’effetto principale che deriva dalla inalazione del gas radon e dei suoi prodotti di decadimento è il tumore al polmone. L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ha classificato il radon e i suoi discendenti tra le sostanze cancerogene di gruppo 1, cioè tra quelle per cui vi è evidenza sufficiente di cancerogenicità sulla base di dati su esseri umani. Alla sola causa radon viene attribuito un rischio collettivo nell’ordine del 5-20 per cento di tutti i tumori polmonari, per cui l’esposizione al radon viene considerata come la probabile seconda causa di tali tumori dopo il fumo di sigaretta.
Applicando la quota del 5-20 per cento all’incidenza osservata di tumori polmonari in Veneto, corrispondente a circa 2.900 decessi all’anno, (nell’ipotesi di coincidenza tra incidenza e mortalità), si ottiene la stima del numero assoluto di patologie ascrivibili al gas radon in Veneto.
Il problema dell’inquinamento da gas radon è stato affrontato dalla Commissione Internazionale per la Protezione Radiologica e dalla CEE, che ha emanato la Raccomandazione n. 143/02/90 (sulla tutela della popolazione contro l’esposizione al radon in ambienti chiusi), evidenziando la necessità di specifici interventi di prevenzione a tutela della salute della popolazione da indebita esposizione al radon. Tale Raccomandazione individuava un livello di 400 Bq/metro cubo per l’esposizione al radon negli edifici esistenti, e di 200 Bq/metro cubo in quelli da costruire.
A seguito dei risultati dei numerosi studi epidemiologici effettuati negli ultimi venti anni, e della conseguente rivalutazione del rischio di tumore polmonare associato all’esposizione al radon nelle abitazioni, nel 2009 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha pubblicato il rapporto WHO Handbook on Indoor Radon: A public Health Perspective, nel quale si raccomanda che i Paesi adottino possibilmente un livello di riferimento per le abitazioni di 100 Bq/metro cubo, o comunque non superiore a 300 Bq/metro cubo. Il rapporto dell’OMS ha avuto un notevole impatto nel processo di revisione delle normative internazionali, in particolare, per quanto riguarda l’Europa, un livello di riferimento nelle abitazioni non superiore rispettivamente a 300 Bq/metro cubo per le esistenti, e a 200 Bq/metro cubo per le nuove, sarà inserito nella Direttiva europea in materia di radioprotezione la cui emanazione è prevista per il 2013, e che l’Italia dovrà recepire.
Di conseguenza il livello di riferimento di 400 Bq/metro cubo incluso nella Raccomandazione europea del 1990 va considerato superato dalle più recenti raccomandazioni e normative internazionali e quindi, in assenza di una normativa nazionale, non può più essere preso come riferimento temporaneo.
Va anche considerato che la Regione Veneto, con DGRV n. 72 del 18 gennaio 2002, si è provvisoriamente dotata di un livello di riferimento per le abitazioni di 200 Bq/metro cubo.
Con la presente proposta di legge si vuole, quindi, predisporre l’adozione di un Piano di rilevazione e localizzazione di gas radon sull’intero territorio regionale. Tale Piano dovrà istituire una rete di monitoraggio costante che misuri le concentrazioni di attività del gas, aggiornare l’individuazione delle aree con maggiori concentrazioni di radon, predisponendo le relative mappe di rischio, ed infine dettare criteri per la predisposizione di progetti di recupero e risanamento ambientale. Il Piano sarà correlato con il Piano Nazionale Radon in capo al Ministero della Salute.
Sulla base delle risultanze di questo Piano, i Comuni ricadenti nelle aree a rischio predisporranno progetti di recupero e risanamento ambientali, relativi agli edifici esistenti. Si prevedono finanziamenti agevolati per gli enti locali ovvero di proprietari di edifici privati ad uso pubblico finalizzati al risanamento delle situazioni esistenti. Si stabilisce poi che il Piano costituisca parte integrante degli strumenti urbanistici comunali e provinciali.
Infine nell’ambito dei criteri generali formulati dalla Giunta regionale per l’adozione dei regolamenti edilizi comunali, ai sensi della stessa legge succitata, verranno fissate prescrizioni e raccomandazioni da osservare negli interventi edilizi di nuova edificazione o concernenti il patrimonio edilizio esistente, al fine di tutelare la popolazione contro l’esposizione al gas radon in ambienti chiusi.
La Settima Commissione consiliare, nella seduta del 12 giugno 2013 ha espresso a maggioranza (favorevoli per il Gruppo consiliare Liga Veneta-Lega Nord-Padania i consiglieri Bozza, Cappon e il presidente Finco; per il Gruppo consiliare Partito Democratico Veneto i consiglieri Azzalin, Ruzzante e Fracasso; astenuto il consigliere Niero del Gruppo consiliare Partito Democratico Veneto) parere favorevole in ordine alla sua approvazione da parte del Consiglio regionale.”;

-  Relazione di minoranza della Settima Commissione consiliare, relatore il consigliere Claudio Niero, nel testo che segue:
“Signor Presidente, colleghi consiglieri,
il confronto in Commissione sulla proposta di legge oggi in esame è da considerarsi positivo.
Le modifiche introdotte nel provvedimento lo hanno infatti arricchito e reso certamente più incisivo: per le novità prodotte in campo epidemiologico, grazie in particolare al contributo del Gruppo PDV; per aver esteso la tutela dai danni causati dal gas radon non solo alle abitazioni ma anche ai luoghi di lavoro; per aver stabilito un rapporto stretto tra il Piano regionale e quello nazionale PNR del Ministero della Salute e per aver tenuto conto delle raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, con un’attenzione particolare nei confronti della Direttiva europea in materia di radioprotezione prevista per il 2013; per aver maggiormente puntualizzato l’aggiornamento del monitoraggio da parte dell’ARPAV per le aree a rischio, secondo specifici standard; per aver incrementato la dotazione finanziaria sia pure non ancora in modo sufficiente.
Inoltre l’aver previsto, rispetto alla previsione iniziale, che entro un anno la Giunta regionale approvi il piano ed entro sei mesi dalla sua approvazione individui le zone e i luoghi di lavoro ad alta probabilità di rischio radon, definendo il relativo programma di intervento, permette da un lato di dare certezza dei tempi di attuazione e dall’altro di ridurre quelli di entrata in esercizio del piano e delle relative disposizioni.
Ora ci auguriamo che la Giunta e la maggioranza sappiano far rispettare tale tempistica.
Questo, come dicevo in premessa è stato possibile grazie ad un confronto libero e aperto tra i commissari e con il supporto della struttura competente e degli esperti, in particolar modo dell’ARPAV.
La condivisione del principio che il diritto costituzionale alla salute debba essere la guida a cui ispirarsi in tutte le situazioni analizzate, quindi non solo nella vita residenziale dei veneti ma anche in quella lavorativa, ha permesso di valutare in modo positivo i punti di riferimento in materia sanitaria che si sono stratificati nel tempo, in rapporto ad un fenomeno naturale ma nocivo come il gas radon, e la loro evoluzione sia in campo europeo che nazionale.
I dati epidemiologici e statistici dimostrano che il gas radon rappresenta oramai la seconda causa di tumore ai polmoni dopo il fumo da sigaretta (con un rischio ponderato dal 5 al 20 per cento di tumori) ed è classificato dall’OMS come sostanza cancerogena del gruppo 1.
Questo dato, accompagnato dall’indagine dell’ARPAV che tra il 1996-2000 ha evidenziato come in alcune aree ed edifici della nostra regione siano stati riscontrati valori di gas radon oltre i 200 Bequerel (in specifici casi come ad esempio in alcune scuole materne del trevigiano anche valori decisamente superiori), impone di passare da una soglia di sensibilizzazione al problema ad una vera e propria azione di risanamento e di prevenzione.
Verificato poi che le zone maggiormente interessate alla presenza di gas radon, come evidenziano le analisi, riguardano in modo particolare le aree più settentrionali della regione, le aree montane, dal bellunese al vicentino, il trevigiano e l’area dei colli euganei, ma non vanno escluse altre aree nelle quali esso viene generato e trasportato. Tutto ciò ci consiglia un monitoraggio ad ampio raggio in ambito regionale ritenendo nessuna parte del territorio veneto apriori estranea al fenomeno.
Nel confronto in Commissione è stata considerata anche l’evoluzione dei limiti di esposizione, assumendo il principio della prudenza e della saggezza, come indicano le ultime raccomandazioni europee e la preannunciata direttiva che consiglia una soglia di sicurezza sia per le costruzioni esistenti sia per i limiti da suggerire per le nuove costruzioni (rispettivamente 300 Bequerel e 200 Bequerel). Il Veneto già nel 2002 con una delibera della Giunta regionale aveva assunto come riferimento il livello di 200 Bequerel.
Sono state queste le ragioni principali che hanno sostenuto il confronto in Commissione per portare questo provvedimento all’esame del Consiglio regionale al fine di dotare la nostra Regione di un piano d’intervento al fine di sviluppare specifiche azioni ritenute indispensabili quali:
-    l’aggiornamento nell’individuazione delle aree a rischio con relativa banca dati centralizzata al servizio del territorio;
-    l’individuazione degli edifici da recuperare e risanare;
-    le misure per la prevenzione e la riduzione del rischio da esposizione nella sua globalità da assumere nella pianificazione urbanistica e nei regolamenti edilizi;
-    un sistema d’informazione e sensibilizzazione del problema;
-    l’avvio di uno studio epidemiologico e di un monitoraggio sanitario dei soggetti esposti;
-    le azioni per finanziare i progetti di recupero e risanamento dei comuni.
È la parte relativa al finanziamento che ci lascia perplessi. Riteniamo infatti che i costi derivanti dall’applicazione della presente legge gravino per gran parte sui bilanci delle amministrazioni comunali (analisi puntuali, studi, revisione degli strumenti urbanistici, dotazione di nuovi regolamenti, informazione puntuale sul territorio, ecc.). Non per questo ci sottraiamo all’evidenza che il provvedimento sia utile e necessario per la nostra regione e ci auguriamo che possa prendere luce nel dibattito di quest’Aula e che disponga nel prossimo futuro di una dotazione finanziaria più consistente.
Infine mi corre l’obbligo di motivare la mia astensione in Commissione in difformità dal voto favorevole del mio Gruppo. Tale scelta, per altro concordata con il mio Gruppo e dichiarata in seno alla Commissione, aveva l’unico scopo di permettere all’Aula consiliare di apportare ulteriori miglioramenti al testo nel caso si fosse manifestata la necessita di un’azione emendativa. Questo non è avvenuto in ragione del fatto che i colleghi Consiglieri hanno ritenuto già di per sé positivo il lavoro svolto in Commissione.
Prendendo positivamente atto di tale convergenza dichiaro che il voto unanime del mio Gruppo e quindi anche il mio sarà a favore del provvedimento.”;

3.    Note agli articoli

Note all’articolo 2
- Il testo degli artt. 3 e 6 della legge regionale  n. 32/1996 è il seguente:
“Art. 3 - Funzioni dell’Agenzia.
1.     L’ARPAV svolge le attività tecnico-scientifiche di cui all’articolo 1 del decreto legge n. 496/1993 convertito nella legge n. 61/1994, connesse all’esercizio delle funzioni pubbliche per la protezione dell’ambiente relative:
a)     alla prevenzione e controllo ambientale con riferimento a:
1)     acqua;
2)     aria, compreso l’inquinamento acustico ed elettromagnetico negli ambienti di vita;
3)     suolo;
4)     rifiuti solidi e liquidi;
b)     alla radioattività ambientale;
c)     ai rischi di incidenti rilevanti connessi con determinate attività industriali di cui al decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175 e successive modificazioni.
2.    Nell’ambito delle attività di cui al comma 1, l’ARPAV provvede, in particolare, a:
a)     effettuare il controllo di fonti e fattori di inquinamento dell’aria, acustico, elettromagnetico, delle acque e del suolo;
b)     effettuare il controllo della qualità dell’aria, del livello sonoro nell’ambiente, della qualità delle acque superficiali e sotterranee, delle caratteristiche dei suoli;
c)   effettuare i controlli ambientali e le valutazioni dosimetriche relativi alle attività connesse all’uso pacifico dell’energia nucleare e in materia di protezione dell’ambiente dalle radiazioni ionizzanti e dai campi elettromagnetici, nonché gestire la rete unica regionale di controllo sulla radioattività ambientale;
d)     effettuare attività di supporto tecnico-scientifico agli organi preposti alla valutazione ed alla prevenzione dei rischi di incidenti rilevanti, connessi a determinate attività industriali di cui al DPR n. 175/1988 e successive modificazioni;
e)     formulare modelli di simulazione per la definizione di modalità di intervento in situazioni critiche, con particolare riferimento ai rischi industriali;
f)      effettuare attività relative alla sicurezza impiantistica, in ambienti di vita;
g)   svolgere funzioni tecniche di controllo sul rispetto delle norme vigenti e delle disposizioni e prescrizioni contenute nei provvedimenti emanati dalle autorità competenti in campo ambientale;
h)   fornire alla Regione e agli enti locali il supporto tecnico-scientifico necessario alle attività istruttorie connesse all’approvazione dei progetti e al rilascio delle autorizzazioni in materia ambientale;
i)     fornire alla Regione e agli enti locali, il supporto tecnico-scientifico necessario all’elaborazione di piani e progetti per la protezione ambientale;
l)     formulare agli enti pubblici proposte sugli aspetti ambientali riguardanti la produzione energetica, la cogenerazione, il risparmio energetico, le forme alternative di produzione energetica;
m)  fornire il supporto tecnico-scientifico alla Regione e agli enti locali per la valutazione di impatto ambientale e per la determinazione del danno ambientale, nonché per la classificazione degli insediamenti produttivi ai sensi del decreto del Ministro della sanità 5 settembre 1994 pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 220 del 20 settembre 1994;
n)    svolgere attività finalizzate a fornire previsioni, informazioni ed elaborazioni meteoclimatiche e radarmeteorologiche;
n bis) svolgere le funzioni dell’ex Ufficio Idrografico e Mareografico di Venezia in materia di idrografia ed idrologia ed in particolare quelle indicate dall’articolo 22 del DPR 24 gennaio 1991, n. 85 concernente il Servizio tecnico nazionale idrografico e mareografico;
o)   organizzare e gestire il sistema informativo regionale per il monitoraggio ambientale ed epidemiologico in relazione ai fattori ambientali, ed in particolare sui rischi fisici, chimici e biologici, anche mediante l’integrazione dei catasti e degli osservatori regionali esistenti, in collaborazione con il sistema informativo delle unità locali socio sanitarie e con il Sistema informativo nazionale per l’ambiente (SINA);
p)   realizzare, anche in collaborazione con altri enti ed istituti operanti nel settore, ricerche applicate sui fenomeni dell’inquinamento, sulle condizioni generali dell’ambiente, nonché sulle forme di tutela degli ecosistemi;
q)   promuovere iniziative di ricerca di base ed applicata sulle forme di tutela degli ecosistemi, sui fenomeni, cause e rischi dell’inquinamento, sullo sviluppo di tecnologie pulite e dei prodotti e sistemi di produzione ecocompatibili, sulle applicazioni del marchio di qualità ecologica e del sistema di ecogestione e audit;
r)   collaborare con istituzioni ed enti scientifici nazionali e internazionali secondo le disposizioni di legge e le eventuali convenzioni stipulate con gli stessi e cooperare, per conto della Regione, con programmi di ricerca nazionali e comunitari nelle materie di competenza;
s)    promuovere le attività di formazione, informazione e aggiornamento professionale degli operatori nel settore ambientale;
t)     realizzare attività di formazione ed informazione specifica sulle normative tecniche, sugli standard e sulle metodologie relative a misure, rilievi e analisi, anche al fine di acquisire protocolli operativi uniformi;
u)    promuovere l’attuazione della normativa sull’assicurazione di qualità e sulle buone pratiche di laboratorio;
v)    promuovere le attività di educazione ed informazione ambientale dei cittadini.
3.    L’ARPAV può inoltre fornire altre attività di consulenza o di verifica dell’attuazione di norme di legge in materia di tutela e protezione ambientale e di prevenzione primaria collettiva, richieste dalla Regione e dagli enti locali, nonché da altri soggetti pubblici e da privati, secondo le modalità di cui all’articolo 6.”.

“Art. 6 - Rapporti fra Regione, Province, Comuni, Comunità montane, Unità locali socio sanitarie, altri enti pubblici e ARPAV.
1.    La Regione, le province, i comuni e le comunità montane per lo svolgimento delle attività tecnico-scientifiche necessarie per l’esercizio delle funzioni di controllo ambientale di rispettiva competenza si avvalgono dell’ARPAV, la quale è tenuta a garantire loro il necessario supporto tecnico-scientifico e analitico, secondo modalità stabilite da apposite convenzioni e/o accordi di programma.
2.   Alla Regione, alle province, ai comuni, alle comunità montane ed alle unità locali socio sanitarie non è consentito mantenere o attivare propri laboratori o apparecchiature destinati al controllo ambientale.
3.   I dipartimenti di prevenzione delle unità locali socio sanitarie per l’esercizio delle funzioni di cui all’articolo 4 non già espletate da strutture ospedaliere o dall’Istituto zooprofilattico delle Venezie, si avvalgono delle strutture laboratoristiche ovvero del supporto tecnico-scientifico dell’ARPAV, secondo modalità stabilite da apposite convenzioni e/o accordi di programma.
4.     Omissis
5.     Il regolamento ed i piani pluriennali di attività definiscono i servizi che l’ARPAV è tenuta ad assicurare agli enti di cui ai commi 1, 3 e 4.
6.    L’ARPAV può stipulare ulteriori convenzioni o accordi con la Regione, le province, i comuni, le comunità montane ed i dipartimenti di prevenzione delle unità locali socio sanitarie, per la prestazione di servizi ed attività aggiuntivi, alla condizione che sia garantita la fornitura di quanto già previsto nelle convenzioni e negli accordi di programma di cui ai commi 1, 3 e 4.
7.    Il regolamento e i piani pluriennali di attività stabiliscono i criteri per la prestazione da parte dell’ARPAV di servizi tecnico-scientifici e analitici ad altri enti e soggetti pubblici, sulla base di apposite convenzioni.
8.    Le convenzioni e gli accordi di programma di cui al presente articolo individuano, tra l’altro, gli standard qualitativi e quantitativi, i tempi ed i costi delle prestazioni erogate dall’ARPAV, nonché le modalità di pronto intervento nei casi di emergenza ambientale.
9.     L’ARPAV può fornire prestazioni a favore di soggetti privati, limitatamente a servizi analitici, tecnico-scientifici ed informativi, con esclusione di qualsiasi attività di consulenza e progettazione, secondo le modalità stabilite dal regolamento di cui all’articolo 15, subordinatamente all’espletamento dei compiti di istituto e purché tale attività non risulti incompatibile con l’esigenza di imparzialità nell’esercizio delle attività tecniche di controllo ad essa affidate; le prestazioni sono remunerate secondo apposito tariffario approvato dalla Giunta regionale su proposta del direttore generale per importi che, in ogni caso, non possono eccedere quelli mediamente applicati, per corrispondenti prestazioni analitiche o tecnico-scientifiche, dalle strutture private; per le analisi chimiche dell’acqua ai fini del rilascio di abitabilità e per le zone non servite dal pubblico acquedotto, fatte salve le riduzioni già previste nel tariffario regionale, sui relativi importi è applicato una ulteriore riduzione del 30 per cento.”.

Nota all’articolo 3
- Il testo dell’art. 10 sexies  del decreto legislativo n. 230/1995 è il seguente:
“10-sexies.  Individuazione delle aree ad elevata probabilità di alte concentrazioni di attività di radon.
1.     Sulla base delle linee guida e dei criteri emanati dalla Commissione di cui all’articolo 10-septies, le regioni e le province autonome individuano le zone o luoghi di lavoro con caratteristiche determinate ad elevata-probabilità di alte concentrazioni di attività di radon, di cui all’articolo 10-ter, comma 2; a tal fine:
a)    qualora siano già disponibili dati e valutazioni tecnico-scientifiche, le regioni e le province autonome sottopongono alla Commissione i metodi ed i criteri utilizzati per un parere sulla congruenza rispetto a quelli definiti a livello nazionale;
b)     in alternativa, le regioni e le province autonome effettuano apposite campagne di indagine nei rispettivi territori.
2.     La individuazione di cui al comma 1 è aggiornata ogni volta che il risultato di nuove indagini lo renda necessario.
3.     L’elenco delle zone individuate ai sensi dei commi 1 e 2 è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.”.

4.    Struttura di riferimento

Direzione prevenzione
 

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