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Bur n. 110 del 31 dicembre 2012


LEGGE REGIONALE  n. 50 del 28 dicembre 2012

Politiche per lo sviluppo del sistema commerciale nella Regione del Veneto.

Il Consiglio regionale ha approvato
Il Presidente della Giunta regionale
promulga

la seguente legge regionale:

TITOLO I
Disposizioni generali

Art. 1
Ambito di applicazione

1. La presente legge detta disposizioni per lo sviluppo del sistema commerciale nella Regione del Veneto con riferimento al commercio al dettaglio su area privata.

2. La presente legge non trova applicazione nelle fattispecie di cui all’articolo 4, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 “Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell’articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59”.

3. Restano salve le disposizioni relative alla vendita di determinati prodotti previste da leggi speciali.

Art. 2
Finalità e principi

1. La presente legge, in conformità ai principi contenuti nella direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006 relativa ai servizi nel mercato interno ed al decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 “Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno” e successive modificazioni, persegue le seguenti finalità:

a) salvaguardare la libertà d’impresa e di stabilimento e la libera circolazione delle merci;

b) garantire la concorrenza, sia nell’accesso al mercato che nel suo funzionamento corretto e trasparente in condizioni di pari opportunità, salvaguardando il pluralismo delle forme distributive;

c) promuovere la crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva del sistema commerciale;

d) salvaguardare la sostenibilità territoriale ed ambientale ed il risparmio di suolo, incentivando il recupero e la riqualificazione urbanistica di aree e strutture dismesse e degradate;

e) assicurare la coerenza e l’integrazione tra la pianificazione urbanistica e territoriale e gli indirizzi in materia di insediamenti commerciali;

f) rigenerare l’economia ed il tessuto sociale e culturale urbano, favorendo la riqualificazione dei centri storici e urbani attraverso lo sviluppo delle attività commerciali;

g) tutelare il consumatore attraverso l’adozione di misure volte a favorire la creazione di una rete distributiva efficiente, rafforzare il servizio di prossimità, orientare alla qualificazione dei consumi, assicurare la trasparenza dell’informazione sui prezzi, la sicurezza dei prodotti e l’aggiornamento professionale degli operatori;

h) tutelare i lavoratori e le lavoratrici del settore e prevedere il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello regionale nei tavoli di concertazione e di monitoraggio previsti dalla normativa vigente.

2. L’esercizio dell’attività commerciale è libero, fatta salva l’introduzione, da parte della presente legge, di un controllo pubblico, preventivo o successivo, a tutela dei motivi imperativi di interesse generale di cui all’articolo 3, comma 1, lettera o), nel rispetto dei principi di non discriminazione e proporzionalità.

Art. 3
Definizioni

1. Ai fini della presente legge si intendono per:

a) superficie di vendita: l’area destinata alla vendita, inclusa quella occupata da banchi, scaffalature e simili, nonché l’area destinata alle esposizioni, con esclusione dell’area destinata a magazzini, depositi, avancasse, locali di lavorazione, uffici e servizi;

b) superficie lorda di pavimento: la superficie di pavimento complessiva dell’edificio, esclusi i muri perimetrali, riferita all’attività di commercio;

c) esercizio commerciale: il punto vendita nel quale un operatore economico svolge attività di commercio al dettaglio;

d) esercizio di vicinato: l’esercizio commerciale con superficie di vendita non superiore a 250 metri quadrati;

e) media struttura di vendita: l’esercizio commerciale singolo o l’aggregazione di più esercizi commerciali in forma di medio centro commerciale, con superficie di vendita compresa tra 251 e 2.500 metri quadrati;

f) medio centro commerciale: una media struttura di vendita costituita da un’aggregazione di esercizi commerciali inseriti in una struttura edilizia a destinazione specifica e prevalente e che usufruiscono di infrastrutture o spazi di servizio comuni gestiti unitariamente;

g) grande struttura di vendita: l’esercizio commerciale singolo o aggregato con superficie di vendita complessiva superiore a 2.500 metri quadrati. L’aggregazione di esercizi commerciali che costituisce una grande struttura di vendita può assumere configurazione di:

  1. grande centro commerciale, quando gli esercizi commerciali sono inseriti in una struttura edilizia a destinazione specifica e prevalente e usufruiscono di infrastrutture o spazi di servizio comuni gestiti unitariamente;
  2. parco commerciale, quando gli esercizi commerciali sono collocati in una pluralità di strutture edilizie a prevalente destinazione commerciale che, per la loro contiguità urbanistica e per la fruizione di un sistema di accessibilità comune, abbiano un impatto unitario sul territorio e sulle infrastrutture viabilistiche pubbliche;

h) outlet: forma di vendita al dettaglio secondo cui le aziende produttive, in locali diversi dal luogo di produzione, pongono in vendita direttamente o indirettamente l’invenduto, la produzione in eccesso, la fine serie, i prodotti fallati, i campionari o apposita linea di produzione;

i) temporary store: forma di vendita al dettaglio che consente l’utilizzo temporaneo dei locali anche da parte delle aziende di produzione di beni o di servizi interessate alla vendita diretta dal produttore al consumatore e alla promozione del proprio marchio;

j) trasferimento: il trasferimento di sede dell’esercizio commerciale al di fuori della struttura edilizia originaria all’interno del territorio comunale;

k) ampliamento: l’incremento della superficie di vendita; l’ampliamento comprende anche l’accorpamento di superfici di vendita riferite a strutture aventi la medesima titolarità e operanti ovvero in regime di sospensione dell’attività;

l) centri storici: gli agglomerati insediativi urbani aventi le caratteristiche di cui all’articolo 40 della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11 “Norme per il governo del territorio e in materia di paesaggio”;

m) centro urbano: porzione di centro abitato, individuato ai sensi dell’articolo 3, comma 1, punto 8), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 “Nuovo codice della strada”, caratterizzata dal tessuto urbano consolidato, con esclusione delle zone produttive periferiche e delle zone prive di opere di urbanizzazione o di edificazione;

n) istretti del commercio: le aree di rilevanza comunale o intercomunale dove i cittadini e le imprese, liberamente aggregati, esercitano il commercio come fattore di innovazione, integrazione e valorizzazione di tutte le risorse di cui dispone il territorio, al fine di accrescerne l’attrattività, rigenerare il tessuto urbano e sostenere la competitività delle sue polarità commerciali;

o) motivi imperativi di interesse generale: le ragioni di pubblico interesse, quali la tutela dei consumatori e dell’ambiente, ivi incluso l’ambiente urbano, dell’ordine pubblico, della sicurezza pubblica, dell’incolumità pubblica, della sanità pubblica, della sicurezza stradale, dei lavoratori compresa la protezione sociale dei lavoratori, dei destinatari di servizi, il mantenimento dell’equilibrio finanziario del sistema di sicurezza sociale, l’equità delle transazioni commerciali, la lotta alla frode, la tutela della salute degli animali, della proprietà intellettuale, la conservazione del patrimonio nazionale storico e artistico, gli obiettivi di politica sociale e di politica culturale;

p) SUAP: lo sportello unico per le attività produttive del comune competente per territorio o della struttura associativa di enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali” e successive modificazioni;

q) SCIA: segnalazione certificata di inizio attività da effettuarsi secondo le modalità di cui all’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241 “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi” e successive modificazioni;

r) settori merceologici: i settori alimentare e non alimentare nei quali si articola l’attività commerciale;

s) commercio elettronico (e-commerce): le operazioni commerciali svolte on-line e disciplinate dal decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70 “Attuazione della direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione nel mercato interno, con particolare riferimento al commercio elettronico”.

TITOLO II
Sviluppo del sistema commerciale

CAPO I
Indirizzi per lo sviluppo del sistema commerciale

Art. 4
Indirizzi regionali

1. Al fine di assicurare che lo sviluppo delle attività commerciali sia compatibile con il buon governo del territorio, con la tutela dell’ambiente, ivi incluso l’ambiente urbano, la salvaguardia dei beni culturali e paesaggistici e la tutela del consumatore, la Giunta regionale, entro centoventi giorni dall’entrata in vigore della presente legge, previo parere della competente commissione consiliare, adotta un regolamento ai sensi degli articoli 19, comma 2, e 54, comma 2, dello Statuto, contenente gli indirizzi per lo sviluppo del sistema commerciale in attuazione dei seguenti criteri:

a) garantire la sostenibilità economica, sociale, territoriale ed ambientale del sistema commerciale;

b) favorire la localizzazione degli interventi commerciali all’interno dei centri storici e urbani;

c) incentivare il risparmio di suolo, favorendo gli interventi di consolidamento dei poli commerciali esistenti, gli interventi di recupero e riqualificazione di aree o strutture dismesse e degradate, gli interventi che non comportano aumento della cubatura esistente in ambito comunale;

d) rafforzare il servizio di prossimità e il pluralismo delle forme distributive.

2. Il regolamento regionale di cui al comma 1:

a) detta i criteri per l’individuazione da parte degli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica delle aree idonee all’insediamento delle medie strutture con superficie di vendita superiore a 1.500 metri quadrati e delle grandi strutture di vendita;

b) definisce le modalità per la valutazione integrata degli impatti e l’individuazione delle misure compensative e di mitigazione atte a rendere sostenibili gli insediamenti;

c) definisce gli ambiti territoriali di rilevanza regionale ai fini dell’applicazione dell’articolo 26, comma 1, lettera e);

d) definisce ogni altra disposizione di dettaglio per l’attuazione della presente legge.

3. Gli enti territoriali competenti adeguano gli strumenti urbanistici e territoriali al regolamento regionale di cui al comma 1 entro e non oltre centottanta giorni dalla data della sua pubblicazione. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 26, dalla data di entrata in vigore della presente legge e sino a tale adeguamento, non è consentita l’individuazione di nuove aree o l’ampliamento di aree esistenti con destinazione commerciale per grandi strutture di vendita e per medie strutture con superficie di vendita superiore a 1.500 metri quadrati e non può essere rilasciata l’autorizzazione commerciale in presenza di una variante approvata in violazione del presente divieto.

Art. 5
Attività di monitoraggio

1. La Regione svolge attività di monitoraggio del sistema commerciale veneto e verifica annualmente lo stato di attuazione della presente legge. A tal fine i comuni, senza oneri a carico della Regione, trasmettono alle strutture regionali competenti i dati inerenti alla rete distributiva.

2. Per le finalità di cui al comma 1 la Regione può avvalersi della collaborazione delle camere di commercio.

CAPO II
Politiche attive per lo sviluppo dell’attività commerciale

Art. 6
Indirizzi generali

1. La Regione promuove un modello di sviluppo del sistema commerciale orientato alla valorizzazione di strutture di gestione coordinata e unitaria dei sistemi commerciali locali, finalizzate alla riqualificazione urbanistica e all’animazione economica e sociale attraverso la cooperazione fra soggetti pubblici e privati.

Art. 7
Programmi integrati di gestione e di riqualificazione dei centri storici e urbani

1. La Regione, riconoscendo un ruolo fondamentale per lo sviluppo economico, sociale e culturale del territorio alle attività commerciali ubicate nei centri storici e urbani, promuove programmi di riqualificazione commerciale rivolti a:

a) migliorare la capacità di attrazione e l’accessibilità degli esercizi commerciali, anche attraverso l’individuazione e la realizzazione di aree o edifici da destinare a parcheggio;

b) privilegiare la varietà dell’offerta commerciale;

c) fornire servizi di supporto alle attività commerciali, funzionali alla loro particolare localizzazione;

d) realizzare forme di coordinamento tra le attività commerciali e i servizi pubblici e collettivi di supporto, mediante partenariati tra soggetti privati, comune e altri soggetti pubblici;

e) realizzare organismi di gestione unitaria e coordinata degli esercizi commerciali;

f) favorire l’integrazione delle attività commerciali con la funzione sociale e culturale dei centri storici e urbani e con le altre funzioni economiche ed aggregative.

2. I programmi di cui al comma 1 sono predisposti dai comuni o dalle strutture associative di enti locali, anche su proposta di soggetti pubblici o privati, singoli o associati tra loro.

3. Il programma è approvato dal comune o dalla struttura associativa di enti locali. I rapporti tra comune o struttura associativa di enti locali e soggetti proponenti sono regolati da apposita convenzione.

Art. 8
Distretti del commercio

1. I comuni, in forma singola o associata, anche su iniziativa delle organizzazioni delle imprese del commercio e dei consumatori, propongono l’individuazione dei distretti del commercio alla Giunta regionale che li approva con proprio provvedimento.

2. Al fine di valorizzare le caratteristiche peculiari di tali ambiti, la Regione promuove all’interno degli stessi politiche di sviluppo ed innovazione delle attività commerciali, anche attraverso la previsione di sperimentazioni in materia di orari di vendita.

Art. 9
Modelli innovativi per la modernizzazione della rete distributiva veneta

1. La Regione promuove le iniziative innovative volte alla progettazione e realizzazione di modelli per la valorizzazione e modernizzazione della rete distributiva veneta, anche al fine di sviluppare le attività commerciali nelle aree desertificate.

2. A tal fine la Giunta regionale può adottare apposite procedure concorsuali.

Art. 10
Commercio tradizionale

1. La Regione riconosce il ruolo del commercio tradizionale al dettaglio come fattore strategico di sviluppo economico e di crescita sociale del territorio. Il commercio tradizionale è svolto dagli esercizi di vicinato all’interno dei centri storici e urbani, al fine di rafforzare il servizio di prossimità nell’ottica di un maggior grado di tutela del consumatore.

2. Per le finalità di cui al comma 1 la Giunta regionale adotta apposite misure di promozione e sostegno.

Art. 11
Luoghi storici del commercio

1. La Regione promuove iniziative volte alla valorizzazione e al sostegno delle attività commerciali con valore storico o artistico e la cui attività costituisce testimonianza dell’identità commerciale delle aree urbane di antica formazione.

2. La Giunta regionale istituisce l’elenco regionale dei luoghi storici del commercio previo apposito censimento e detta disposizioni per la sua tenuta e per il suo aggiornamento.

3. I comuni individuano i luoghi storici del commercio sulla base di criteri approvati dalla Giunta regionale e inviano il relativo elenco alla Regione.

4. Per le finalità di cui al comma 1 la Giunta regionale, nel rispetto del regime “de minimis” previsto dalla vigente normativa europea, concede contributi in conto capitale ai luoghi del commercio iscritti nell’elenco regionale di cui al comma 2. Il provvedimento di ammissione a contributo vincola i luoghi storici del commercio al mantenimento dei requisiti per l’iscrizione all’elenco regionale per un periodo di dieci anni decorrenti dalla data di adozione del suddetto provvedimento.

Art. 12
Sviluppo del commercio elettronico (e-commerce)

1. La Regione valorizza lo sviluppo del commercio elettronico anche attraverso la concessione di contributi a favore delle imprese commerciali, con particolare attenzione alle piccole e medie imprese, anche in forma aggregata, ai fini della realizzazione di programmi d’intervento nel settore del commercio elettronico, nel rispetto, ove previsto, del regime “de minimis” di cui alla vigente normativa europea.

Art. 13
Sostenibilità territoriale e sociale

1. Al fine di perseguire gli obiettivi di sostenibilità territoriale e sociale, gli interventi relativi alle grandi strutture di vendita non ubicate all’interno dei centri storici sono subordinati alla corresponsione di un onere aggiuntivo calcolato in una percentuale non superiore al 30 per cento degli oneri di urbanizzazione primaria, posto a carico del soggetto privato in fase di rilascio dell’autorizzazione commerciale, con vincolo di destinazione alla rivitalizzazione e riqualificazione del commercio di cui al presente Capo.

2. La Giunta regionale stabilisce criteri e modalità per la determinazione e la corresponsione dell’onere di cui al comma 1, nonché i criteri di riparto fra comune e Regione.

Art. 14
Fondo regionale per la riqualificazione delle attività commerciali

1. Per le finalità di cui al presente Capo, è istituito il fondo regionale per la riqualificazione delle attività commerciali.

2. Il fondo è alimentato da risorse regionali e dall’onere aggiuntivo di cui all’articolo 13.

Art. 15
Interventi di agevolazione per l’accesso al credito

1. Per le finalità di cui al presente Capo, la Giunta regionale, anche in deroga a quanto previsto dal Capo III della legge regionale 18 gennaio 1999, n. 1 “Interventi regionali per agevolare l’accesso al credito nel settore del commercio”, sentita la competente commissione consiliare, che si esprime entro sessanta giorni, decorsi i quali si prescinde dal parere, stabilisce gli interventi e le modalità semplificate per l’accesso al fondo di rotazione di cui alla medesima legge regionale a favore delle piccole e medie imprese del commercio e della somministrazione al pubblico di alimenti e bevande ubicate all’interno dei centri storici e urbani.

TITOLO III
Disciplina dell’attività

CAPO I
Tipologia di esercizi commerciali, disciplina dell’attività e norme procedimentali

Art. 16
Tipologia di esercizi commerciali

1. La rete distributiva del commercio al dettaglio su area privata si articola in:

a) esercizi di vicinato;

b) medie strutture di vendita;

c) grandi strutture di vendita.

Art. 17
Esercizi di vicinato

1. L’apertura, l’ampliamento o la riduzione di superficie, il mutamento del settore merceologico, il trasferimento di sede, nonché il subingresso degli esercizi di vicinato non ubicati all’interno di grandi strutture di vendita e medie strutture di cui all’articolo 18, comma 2, sono soggette a SCIA da presentarsi al SUAP. La sospensione e la cessazione dell’attività sono soggette a mera comunicazione.

Art. 18
Medie strutture di vendita

1. L’apertura, l’ampliamento o la riduzione di superficie, il mutamento del settore merceologico, il trasferimento di sede, nonché il subingresso delle medie strutture con superficie di vendita non superiore a 1.500 metri quadrati sono soggette a SCIA, da presentarsi al SUAP. La sospensione e la cessazione dell’attività sono soggette a mera comunicazione.

2. L’apertura, l’ampliamento, il trasferimento di sede e la trasformazione di tipologia delle medie strutture con superficie di vendita superiore a 1.500 metri quadrati sono soggette ad autorizzazione rilasciata dal SUAP.

3. La riduzione di superficie, il mutamento del settore merceologico, nonché il subingresso delle medie strutture di vendita di cui al comma 2 sono soggette a SCIA, da presentarsi al SUAP. La sospensione e la cessazione dell’attività sono soggette a mera comunicazione.

4. Nella domanda di autorizzazione il soggetto richiedente deve dichiarare, in particolare:

a) il possesso dei requisiti di cui all’articolo 20;

b) il settore merceologico, l’ubicazione e la superficie di vendita dell’esercizio.

5. Il comune disciplina il procedimento di autorizzazione commerciale prevedendo un termine di conclusione del procedimento non superiore a sessanta giorni, decorsi i quali le domande devono ritenersi accolte qualora non venga comunicato il provvedimento di diniego.

6. Il rilascio dell’autorizzazione commerciale presuppone idoneo titolo edilizio.

7. Le medie strutture di vendita sono attivate nel termine di decadenza di due anni dal rilascio dell’autorizzazione commerciale o dalla presentazione della SCIA, salva la potestà del comune di prorogare per una sola volta il termine in caso di comprovata necessità, su motivata richiesta dell’interessato da presentarsi entro il predetto termine.

8. In caso di mancata attivazione della struttura nel termine di cui al comma 7, il comune prende atto della decadenza con conseguente cessazione degli effetti della SCIA e ritiro dell’autorizzazione eventualmente rilasciata.

9. In caso di sospensione dell’attività delle medie strutture di vendita per un periodo superiore ad un anno consecutivo, il comune, entro i successivi novanta giorni, prende atto della decadenza con conseguente cessazione degli effetti della SCIA e ritiro dell’autorizzazione eventualmente rilasciata.

Art. 19
Grandi strutture di vendita

1. L’apertura, l’ampliamento di superficie, il trasferimento di sede, la trasformazione di tipologia delle grandi strutture di vendita sono soggette ad autorizzazione rilasciata dal SUAP al soggetto titolare dell’attività commerciale o, in caso di grande centro commerciale, al soggetto promotore.

2. La riduzione di superficie, il mutamento del settore merceologico ad eccezione di quanto previsto dal comma 3, la modifica della ripartizione interna, nonché il subingresso delle grandi strutture di vendita sono soggette a SCIA, presentata al SUAP dal soggetto titolare dell’attività commerciale o, in caso di grande centro commerciale, dal soggetto promotore. La sospensione e la cessazione dell’attività sono soggette a mera comunicazione.

3. Le domande di autorizzazione commerciale per il mutamento dal settore merceologico a grande fabbisogno di superficie, di cui all’articolo 7, comma 7, della legge regionale 13 agosto 2004, n. 15 “Norme di programmazione per l’insediamento di attività commerciali nel Veneto”, al settore alimentare oppure non alimentare sono valutate come domande di autorizzazione di nuova apertura ai sensi della presente legge.

4. All’interno dei centri storici l’autorizzazione commerciale per le grandi strutture di vendita è rilasciata direttamente dal SUAP, secondo le modalità di cui all’articolo 18, commi 4, 5 e 6.

5. Al di fuori dei centri storici il rilascio dell’autorizzazione commerciale è subordinato all’esame della relativa domanda da parte di una conferenza di servizi indetta dal SUAP. Alla conferenza partecipano a titolo obbligatorio il comune, la provincia e la Regione; la conferenza delibera a maggioranza con il parere favorevole della Regione. La conferenza verifica in concreto l’impatto generato dall’iniziativa commerciale, in conformità con le previsioni del regolamento regionale di cui all’articolo 4.

6. Il rilascio dell’autorizzazione commerciale è condizione necessaria per il rilascio del corrispondente titolo edilizio, i cui presupposti sono verificati in sede di conferenza di servizi di cui al comma 5.

7. Le grandi strutture di vendita sono attivate per almeno due terzi della superficie di vendita autorizzata nel termine di decadenza di tre anni dal rilascio dell’autorizzazione, salva la potestà del comune di prorogare per una sola volta detto termine in caso di comprovata necessità, su motivata richiesta dell’interessato, da presentarsi entro la scadenza del termine di attivazione. In caso di mancata attivazione della grande struttura di vendita nel termine di cui al presente comma, il comune, entro i successivi novanta giorni, prende atto della decadenza con conseguente ritiro dell’autorizzazione, dandone comunicazione alla Regione.

8. Il termine di attivazione di cui al comma 7 è sospeso in caso di contenzioso proposto con istanza cautelare ed avente ad oggetto la grande struttura di vendita ovvero per altre ragioni oggettive non imputabili al titolare dell’autorizzazione.

9. In caso di riduzione della superficie di vendita di una grande struttura in misura superiore ad un terzo della superficie autorizzata per un periodo di tre anni consecutivi, l’autorizzazione decade per la parte non attivata e il comune ne prende atto ritirando l’autorizzazione. Del provvedimento di ritiro viene data comunicazione alla Regione.

10. In caso di sospensione dell’attività di una grande struttura di vendita per un periodo superiore a un anno consecutivo, l’autorizzazione decade e il comune ne prende atto ritirando l’autorizzazione. Del provvedimento di ritiro viene data comunicazione alla Regione.

11. La Giunta regionale, entro novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, detta le disposizioni attuative del presente articolo, prevedendo un termine per la conclusione del procedimento non superiore a centoventi giorni; decorso tale termine in assenza di un provvedimento di diniego nel rispetto della legge n. 241 del 1990 e successive modificazioni le domande devono ritenersi accolte.

CAPO II
Requisiti per l’esercizio dell’attività

Art. 20
Requisiti soggettivi

1. Al fine dell’esercizio dell’attività di commercio, il soggetto interessato deve essere in possesso dei requisiti morali di cui all’articolo 71, commi 1, 3, 4 e 5, del decreto legislativo n. 59 del 2010 e successive modificazioni.

2. Al fine dell’esercizio dell’attività di commercio di prodotti appartenenti al settore merceologico alimentare, il soggetto interessato deve comprovare il possesso di almeno uno dei requisiti professionali di cui all’articolo 71, comma 6, del decreto legislativo n. 59 del 2010 e successive modificazioni.

Art. 21
Requisiti urbanistici ed edilizi

1. Le medie strutture con superficie di vendita non superiore a 1.500 metri quadrati possono essere insediate in tutto il territorio comunale, purché non in contrasto con le previsioni dello strumento urbanistico comunale.

2. Per le medie strutture con superficie di vendita superiore a 1.500 metri quadrati e per le grandi strutture di vendita lo strumento urbanistico comunale localizza le aree idonee al loro insediamento sulla base delle previsioni del regolamento regionale di cui all’articolo 4.

3. In attesa dell’approvazione del regolamento regionale di cui all’articolo 4 e dell’adeguamento dello strumento urbanistico comunale alle previsioni del medesimo regolamento, il rilascio dell’autorizzazione commerciale per le medie strutture con superficie di vendita superiore a 1.500 metri quadrati è subordinato alla verifica da parte del comune della condizione che si tratti di un intervento di recupero e riqualificazione di aree o strutture dismesse o degradate.

4. In attesa dell’adeguamento dello strumento urbanistico comunale alle previsioni del regolamento regionale di cui all’articolo 4, il rilascio dell’autorizzazione commerciale per le grandi strutture di vendita è subordinato alla verifica, da parte della conferenza di servizi di cui all’articolo 19, comma 5, della compatibilità, con le previsioni contenute nel regolamento regionale, delle aree già classificate idonee per l’insediamento di grandi strutture di vendita o parchi commerciali dallo strumento urbanistico vigente alla data di entrata in vigore della presente legge.

5. In deroga a quanto previsto dal comma 2 e dal comma 3, le medie e grandi strutture di vendita possono essere insediate nei centri storici, nel rispetto dei vincoli previsti dalla vigente normativa, anche attraverso interventi di riqualificazione urbanistica, edilizia ed ambientale.

6. Ai fini dell’insediamento degli esercizi commerciali, le dotazioni di parcheggi pubblici o privati ad uso pubblico, anche in deroga alle previsioni di cui alla legge regionale 23 aprile 2004, n. 11 e successive modificazioni:

a) per le medie e grandi strutture di vendita situate nei centri storici sono definite da apposita convenzione con il comune, anche con riferimento agli accessi ed ai percorsi veicolari e pedonali;

b) per le medie strutture di vendita fuori dai centri storici e per gli esercizi di vicinato sono definite dallo strumento urbanistico comunale;

c) per le grandi strutture di vendita fuori dai centri storici sono definite dallo strumento urbanistico comunale sulla base di quanto previsto dal regolamento regionale di cui all’articolo 4, tenuto conto altresì dei diversi settori merceologici e della tipologia dei prodotti posti in vendita.


Art. 22
Requisiti ambientali e viabilistici

1. Alle grandi strutture di vendita si applica la vigente disciplina di cui alla legge regionale 26 marzo 1999, n. 10 “Disciplina dei contenuti e delle procedure di valutazione ambientale” e successive modificazioni e al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 “Norme in materia ambientale” e successive modificazioni, nel rispetto dei principi di semplificazione e unitarietà dei procedimenti, con riferimento alle seguenti tipologie progettuali:

a) grandi strutture aventi superficie di vendita superiore a 8.000 metri quadrati, assoggettate alla valutazione di impatto ambientale (VIA);

b) grandi strutture aventi superficie di vendita compresa tra 2.501 e 8.000 metri quadrati, assoggettate alla procedura di verifica o screening.

2. I provvedimenti di cui al comma 1 costituiscono il presupposto per il rilascio dell’autorizzazione commerciale e del titolo edilizio relativo alla struttura di vendita.

3. Le domande finalizzate al rilascio dell’autorizzazione commerciale per grandi strutture di vendita e per medie strutture con superficie di vendita superiore a 1.500 metri quadrati sono corredate di idoneo studio di impatto sulla viabilità, elaborato secondo i criteri definiti dal regolamento regionale di cui all’articolo 4. In attesa del regolamento regionale trovano applicazione le disposizioni regionali in materia di impatto sulla viabilità di cui all’articolo 19 della legge regionale 13 agosto 2004, n. 15.

CAPO III
Forme speciali di vendita al dettaglio e vendite straordinarie

Art. 23
Commercio elettronico

1. In attuazione di quanto previsto dall’articolo 68 del decreto legislativo n. 59 del 2010 e successive modificazioni, l’attività di commercio elettronico è soggetta a SCIA da presentarsi al SUAP del comune nel quale l’esercente, persona fisica o giuridica, intende avviare l’attività.

2. Nella SCIA di cui al comma 1 l’esercente è tenuto ad indicare la sussistenza dei requisiti previsti all’articolo 20, nonché il settore o i settori merceologici.

3. L’attività di commercio elettronico è soggetta al rispetto della disciplina europea e statale, con particolare riferimento al decreto legislativo n. 70 del 2003 ed alla disciplina in materia di tutela dei consumatori e di qualità dei servizi di cui agli articoli 31 e seguenti del decreto legislativo n. 59 del 2010.

Art. 24
Outlet e temporary store

1. Le disposizioni di cui alla presente legge si applicano anche nel caso di attività di vendita al dettaglio esercitata negli outlet o temporary store, come definiti all’articolo 3, comma 1, lettere h) e i).

2. Nella SCIA o nell’istanza di autorizzazione relativa ai temporary store il soggetto interessato è tenuto ad indicare la durata dell’attività, comunque non superiore ad un anno, salvo proroga concessa dal comune sino ad un massimo di sei mesi. Decorso tale termine la SCIA o il provvedimento di autorizzazione si intendono decaduti.

Art. 25
Vendite straordinarie

1. La Giunta regionale, sentite le rappresentanze degli enti locali, le organizzazioni delle imprese del commercio e le organizzazioni dei consumatori maggiormente rappresentative in ambito regionale, disciplina le modalità di svolgimento, la pubblicità, anche ai fini di una corretta informazione del consumatore, i periodi e la durata delle vendite di liquidazione, di fine stagione e promozionali.

TITOLO IV
Interventi di rilevanza regionale

Art. 26
Disciplina delle strutture di vendita a rilevanza regionale

1. Sono considerati di rilevanza regionale, se situati al di fuori dei centri storici, i seguenti interventi:

a) apertura di grandi strutture con superficie di vendita superiore a 15.000 metri quadrati in area classificata idonea all’insediamento di grandi strutture di vendita dallo strumento urbanistico comunale;

b) ampliamento, anche in più fasi, in misura complessivamente superiore al 30 per cento della superficie autorizzata, delle grandi strutture con superficie di vendita superiore a 15.000 metri quadrati o ampliamento che comporti il superamento della predetta soglia, in area classificata idonea all’insediamento di grandi strutture di vendita dallo strumento urbanistico comunale;

c) apertura di grandi strutture con superficie di vendita superiore a 8.000 metri quadrati qualora l’apertura richieda apposita variante urbanistica di localizzazione;

d) ampliamento, anche in più fasi, in misura complessivamente superiore al 30 per cento della superficie autorizzata, delle grandi strutture con superficie di vendita superiore a 8.000 metri quadrati o ampliamento che comporti il superamento della predetta soglia, qualora l’ampliamento richieda apposita variante urbanistica di localizzazione;

e) apertura di grandi strutture di vendita in aree ricadenti negli ambiti territoriali di rilevanza regionale, come definiti dal regolamento regionale di cui all’articolo 4, qualora l’apertura richieda apposita variante urbanistica di localizzazione.

2. Gli interventi di cui al comma 1 sono soggetti ad un accordo di programma ai sensi dell’articolo 34 del decreto legislativo n. 267 del 2000, anche in variante urbanistica e ai piani territoriali e d’area, nel rispetto di quanto previsto dal regolamento regionale di cui all’articolo 4.

3. Al fine di addivenire alla conclusione dell’accordo di programma la Regione indice una conferenza di servizi alla quale partecipano necessariamente il comune competente per territorio, la provincia e la Regione medesima. Alle riunioni della conferenza di servizi, svolta in seduta pubblica, partecipano a titolo consultivo le altre amministrazioni pubbliche interessate dall’intervento e i rappresentanti delle associazioni dei consumatori, delle organizzazioni imprenditoriali del commercio e dei lavoratori dipendenti più rappresentative a livello regionale. La conferenza delibera a maggioranza, con il parere favorevole del comune competente per territorio e della Regione. Per gli interventi di cui al comma 1, lettere a) e b), il parere della Regione è reso tramite la struttura regionale competente in materia di commercio, sentita la struttura regionale competente in materia di urbanistica e paesaggio. Per gli interventi di cui al comma 1, lettere c), d) ed e), il parere della Regione è reso tramite la struttura regionale competente in materia di urbanistica e paesaggio, acquisito il parere obbligatorio e vincolante della struttura regionale competente in materia di commercio.

4. L’accordo di programma può, e deve nei casi di variante urbanistica, contenere forme di perequazione urbanistica ai sensi dell’articolo 35 della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11, specificamente destinate alla riqualificazione del centro urbano.

5. L’accordo è approvato con decreto del Presidente della Giunta regionale e sostituisce ad ogni effetto le intese, i pareri, le autorizzazioni, le approvazioni, i nulla osta previsti da leggi regionali. Può altresì sostituire i provvedimenti di competenza comunale. Esso comporta, per quanto occorra, la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, nonché l’urgenza e l’indifferibilità dei relativi lavori. L’accordo sostituisce l’autorizzazione commerciale qualora la documentazione presentata sia sufficientemente completa in relazione all’intervento da eseguire. In caso contrario l’autorizzazione commerciale è rilasciata secondo la procedura ordinaria di cui all’articolo 19, comma 5.

6. Gli accordi di programma aventi ad oggetto esclusivamente o in misura prevalente gli interventi commerciali di cui al comma 1 sono disciplinati dal presente articolo. Negli altri casi il rilascio dell’autorizzazione commerciale è subordinato all’acquisizione del parere obbligatorio e vincolante della struttura regionale competente in materia di commercio.

7. La Giunta regionale, entro centoventi giorni dall’entrata in vigore della presente legge, detta le disposizioni attuative del presente articolo, prevedendo, in particolare, un termine per la conclusione del procedimento non superiore a centottanta giorni.

TITOLO V
Norme transitorie e finali

Art. 27
Sanzioni

1. L’apertura di esercizi commerciali in assenza della SCIA o in assenza della prescritta autorizzazione, come previste dagli articoli 17, 18 e 19, nonché l’assenza o la perdita dei requisiti soggettivi di cui all’articolo 20 comportano, per il comune, l’obbligo di disporre, previa contestazione, l’immediata chiusura dell’attività e, ove rilasciata, il ritiro dell’autorizzazione, nonché l’applicazione della sanzione pecuniaria da euro 2.500 a euro 15.000.

2. L’ampliamento e il trasferimento degli esercizi commerciali in assenza della prescritta autorizzazione o della SCIA sono puniti con la sanzione pecuniaria di cui al comma 1. In caso di particolare gravità o di reiterazione il comune dispone la sospensione dell’attività di vendita per un periodo non superiore a venti giorni. La reiterazione si verifica qualora sia stata commessa la stessa violazione per due volte in un anno.

3. Il subingresso in assenza della SCIA è punito con la sanzione pecuniaria da euro 500 a euro 3.000.

4. L’esercizio dell’attività commerciale in forma di outlet in assenza dei requisiti di cui all’articolo 3, comma 1, lettera h), è punito con la sanzione pecuniaria di cui al comma 1.

5. Il comune è l’autorità competente all’accertamento, alla riscossione ed ai relativi introiti di tutte le sanzioni pecuniarie di cui al presente articolo, anche se derivanti da pagamenti in misura ridotta o da ordinanze ingiuntive di pagamento.

Art. 28
Norme transitorie

1. I procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge e non sospesi ai sensi dell’articolo 4 della legge regionale 27 dicembre 2011, n. 30 “Disposizioni urgenti in materia di orari di apertura e chiusura delle attività di commercio al dettaglio e disposizioni transitorie in materia di autorizzazioni commerciali relative a grandi strutture di vendita e parchi commerciali” sono conclusi secondo le disposizioni di cui alla legge regionale 13 agosto 2004, n. 15.

2. I procedimenti sospesi ai sensi dell’articolo 4 della legge regionale 27 dicembre 2011, n. 30, sono assoggettati alla disciplina di cui alla presente legge. Fanno eccezione i procedimenti aventi ad oggetto richieste di autorizzazione relative a nuova apertura per concentrazione ed ampliamento per accorpamento di cui rispettivamente all’articolo 8, comma 1, lettere a) e b), della legge regionale 13 agosto 2004, n. 15, nonché al mutamento del settore merceologico, che sono esaminati ai sensi della medesima legge regionale.

3. I procedimenti relativi alle fattispecie di cui agli articoli 1, 2 e 3 della legge regionale 26 ottobre 2012, n. 42 “Interpretazione autentica degli articoli 8, 10 e 12 e novellazione dell’articolo 12 della legge regionale 13 agosto 2004, n. 15 “Norme di programmazione per l’insediamento di attività commerciali nel Veneto” ”, pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge, sono conclusi ai sensi della legge regionale 13 agosto 2004, n. 15, come oggetto di interpretazione autentica ai sensi della legge regionale 26 ottobre 2012, n. 42.

4. Le grandi strutture di vendita e i parchi commerciali autorizzati alla data di entrata in vigore della presente legge possono essere ampliati, con domanda da presentarsi entro il termine perentorio di sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, in misura non superiore al 20 per cento della superficie autorizzata e comunque entro il limite massimo di 2.500 metri quadrati, nel rispetto dello strumento urbanistico comunale vigente alla data di entrata in vigore della presente legge nonché della normativa in materia ambientale, edilizia e viabilistica di cui alla legge regionale 13 agosto 2004, n. 15, a condizione che il soggetto richiedente si impegni ad iniziare i lavori entro e non oltre il termine di sessanta giorni dal rilascio dell’autorizzazione, decorsi inutilmente i quali l’autorizzazione si intende decaduta. L’autorizzazione è rilasciata dal SUAP con le modalità di cui al Capo VI della legge regionale 13 agosto 2004, n. 15.

5. Gli esercizi commerciali autorizzati o per i quali è stata presentata SCIA alla data di entrata in vigore della presente legge sono automaticamente qualificati in base alle tipologie ed ai limiti dimensionali previsti dalla presente legge, previa ricognizione da parte del comune. Le grandi strutture di vendita autorizzate alla data di entrata in vigore della presente legge per una superficie non superiore a 2.500 metri quadrati mantengono la propria qualificazione.

6. I procedimenti relativi agli interventi previsti dalla legge regionale 24 dicembre 2004, n. 37 “Interventi per la valorizzazione dei locali storici” e successive modificazioni, pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge, sono conclusi secondo le disposizioni della legge regionale n. 37 del 2004 e successive modificazioni.

Art. 29
Disposizioni sull’applicazione della legge

1. L’articolo 19, commi 3 e 5, l’articolo 21, commi 4 e 6, lettera c), e l’articolo 26 si applicano dal giorno successivo alla pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione del Veneto dei seguenti provvedimenti:

a) regolamento regionale recante gli indirizzi per lo sviluppo del sistema commerciale di cui all’articolo 4;

b) deliberazione di disciplina del procedimento di conferenza di servizi per il rilascio di autorizzazioni commerciali relative a grandi strutture di vendita, di cui all’articolo 19, comma 11.

Art. 30
Abrogazioni

1. Fermo restando quanto previsto dagli articoli 19, comma 3, 22, comma 3, e 28, sono o restano abrogate le seguenti leggi regionali e disposizioni di legge regionale:

a) legge regionale 13 agosto 2004, n. 15;

b) legge regionale 24 dicembre 2004, n. 37;

c) articoli 9, 10, 12, 13 e 14 della legge regionale 25 febbraio 2005, n. 7 “Disposizioni di riordino e semplificazione normativa - collegato alla legge finanziaria 2004 in materia di miniere, acque minerali e termali, lavoro, artigianato, commercio e veneti nel mondo”;

d) articolo 7 della legge regionale 16 agosto 2007, n. 20 “Disposizioni di riordino e semplificazione normativa - collegato alla legge finanziaria 2006 in materia di difesa del suolo, lavori pubblici e ambiente”;

e) articolo 15 della legge regionale 16 agosto 2007, n. 21 “Disposizioni di riordino e semplificazione normativa - collegato alla legge finanziaria 2006 in materia di imprenditoria, flussi migratori, attività estrattive, acque minerali e termali, commercio, artigianato e industria”;

f) articolo 4 della legge regionale 27 dicembre 2011, n. 30;

g) legge regionale 26 ottobre 2012, n. 42.

Art. 31
Norme finali

1. Per quanto non espressamente disciplinato dalla presente legge si applicano le disposizioni di cui al decreto legislativo n. 114 del 1998 e successive modificazioni, nonché del decreto legislativo n. 59 del 2010 e successive modificazioni, in quanto compatibili.

2. I locali storici già iscritti nell’elenco previsto dall’articolo 2 della legge regionale 24 dicembre 2004, n. 37, sono iscritti di diritto nell’elenco previsto dall’articolo 11, comma 2, della presente legge.

Art. 32
Norma finanziaria

1. Agli oneri correnti derivanti dall’applicazione della presente legge, quantificati in euro 50.000,00 per l’esercizio 2012, si fa fronte con le risorse allocate all’upb U0070 “Informazione, promozione e qualità per il commercio” del bilancio di previsione 2012.

2. Agli oneri d’investimento derivanti dall’applicazione della presente legge si fa fronte con le risorse allocate all’upb di nuova istituzione “Fondo regionale per la riqualificazione delle attività commerciali” (Area omogenea (A0021) “Interventi per il commercio”), che viene anche alimentata mediante le nuove entrate di cui all’articolo 13 (upb E0147 “Altri introiti”) del bilancio di previsione 2012 e pluriennale 2012-2014.

Art. 33
Dichiarazione d’urgenza

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione del Veneto

La presente legge sarà pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione veneta. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione veneta.

Venezia, 28 dicembre 2012

Luca Zaia


INDICE

TITOLO I - Disposizioni generali

Art. 1 - Ambito di applicazione
Art. 2 - Finalità e principi
Art. 3 - Definizioni

TITOLO II - Sviluppo del sistema commerciale

CAPO I - Indirizzi per lo sviluppo del sistema commerciale

Art. 4 - Indirizzi regionali
Art. 5 - Attività di monitoraggio

CAPO II - Politiche attive per lo sviluppo dell’attività commerciale

Art. 6 - Indirizzi generali
Art. 7 - Programmi integrati di gestione e di riqualificazione dei centri storici e urbani
Art. 8 - Distretti del commercio
Art. 9 - Modelli innovativi per la modernizzazione della rete distributiva veneta
Art. 10 - Commercio tradizionale
Art. 11 - Luoghi storici del commercio
Art. 12 - Sviluppo del commercio elettronico (e-commerce)
Art. 13 - Sostenibilità territoriale e sociale
Art. 14 - Fondo regionale per la riqualificazione delle attività commerciali
Art. 15 - Interventi di agevolazione per l’accesso al credito

TITOLO III - Disciplina dell’attività

CAPO I - Tipologia di esercizi commerciali, disciplina dell’attività e norme procedimentali

Art. 16 - Tipologia di esercizi commerciali
Art. 17 - Esercizi di vicinato
Art. 18 - Medie strutture di vendita
Art. 19 - Grandi strutture di vendita

CAPO II - Requisiti per l’esercizio dell’attività

Art. 20 - Requisiti soggettivi
Art. 21 - Requisiti urbanistici ed edilizi
Art. 22 - Requisiti ambientali e viabilistici

CAPO III - Forme speciali di vendita al dettaglio e vendite straordinarie

Art. 23 - Commercio elettronico
Art. 24 - Outlet e temporary store
Art. 25 - Vendite straordinarie

TITOLO IV - Interventi di rilevanza regionale

Art. 26 - Disciplina delle strutture di vendita a rilevanza regionale

TITOLO V - Norme transitorie e finali

Art. 27 - Sanzioni
Art. 28 - Norme transitorie
Art. 29 - Disposizioni sull’applicazione della legge
Art. 30 - Abrogazioni
Art. 31 - Norme finali
Art. 32 - Norma finanziaria
Art. 33 - Dichiarazione d’urgenza


Dati informativi concernenti la legge regionale 28 dicembre 2012, n. 50

Il presente elaborato ha carattere meramente informativo, per cui è sprovvisto di qualsiasi valenza vincolante o di carattere interpretativo. Pertanto, si declina ogni responsabilità conseguente a eventuali errori od omissioni.

Per comodità del lettore sono qui di seguito pubblicati:

1 - Procedimento di formazione

2 - Relazione al Consiglio regionale

3 - Note agli articoli

4 - Struttura di riferimento

1. Procedimento di formazione

  • La Giunta regionale, su proposta dell’Assessore Marialuisa Coppola, ha adottato il disegno di legge con deliberazione 2 ottobre 2012, n. 21/ddl;
  • Il disegno di legge è stato presentato al Consiglio regionale in data 30 ottobre 2012, dove ha acquisito il n. 310 del registro dei progetti di legge;
  • Il progetto di legge è stato assegnato alla Terza commissione consiliare;
  • La Terza commissione consiliare ha espresso parere sul progetto di legge in data 12 dicembre 2012;
  • Il Consiglio regionale, su relazione della Terza commissione consiliare, relatore il Presidente della stessa, consigliere Luca Baggio e su relazione di minoranza della Terza commissione consiliare, relatore il Vicepresidente della stessa, consigliere Roberto Fasoli, ha esaminato e approvato il progetto di legge con deliberazione legislativa 21 dicembre 2012, n. 46.

2. Relazione al Consiglio regionale

- Relazione della Terza Commissione consiliare, relatore il Presidente della stessa, consiliere Luca Baggio, nel testo che segue:

“Signor Presidente, colleghi consiglieri,

1. QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO

La materia del commercio, per quanto concerne il commercio al dettaglio su area privata, è attualmente disciplinata dalla legge regionale 13 agosto 2004, n. 15 recante “Norme di programmazione per l’insediamento di attività commerciali nel Veneto” (di seguito definita “legge regionale”) con la quale è stato definito il quadro normativo e programmatico relativo alla rete distributiva veneta, con particolare riferimento alle grandi strutture di vendita, nell’esercizio della potestà legislativa primaria delle Regioni, ai sensi dell’articolo 117, quarto comma, della Costituzione.

Occorre evidenziare nel contempo che, a partire dalla seconda metà degli anni novanta, sono state introdotte, da parte delle Istituzioni statali e comunitarie, misure volte ad una sostanziale e progressiva liberalizzazione dell’attività economica, ivi compresa l’attività commerciale, allo scopo di incentivare lo sviluppo economico e, con particolare riferimento agli ultimi anni, anche allo scopo di contrastare gli effetti negativi derivanti dal perdurare della crisi economica globale.

Per quanto riguarda in particolare la normativa europea, un rilievo significativo ha assunto la Direttiva comunitaria n. 123 del 12 dicembre 2006 relativa ai servizi nel mercato interno (meglio nota come “Direttiva Servizi” o “Direttiva Bolkestein”), con la quale sono state introdotte talune misure finalizzate all’eliminazione degli ostacoli alla libertà di stabilimento e di prestazione di servizi nel territorio comunitario, consentendo nel contempo l’introduzione di limitazioni all’esercizio dell’attività economica finalizzate esclusivamente alla tutela di determinati interessi pubblici di carattere generale, secondo i criteri di non discriminazione e proporzionalità espressamente enunciati all’articolo 15 della medesima direttiva.

I principi contenuti nella citata direttiva, il cui ambito di applicazione ricomprende il settore del commercio, sono stati recepiti nell’ordinamento italiano a partire dal decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, come convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 e successivamente con il decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, da ultimo modificato con decreto legislativo 6 agosto 2012, n. 147.

In particolare, nel citato decreto legislativo n. 59 del 2010 sono stati, tra l’altro, individuati i seguenti motivi imperativi di interesse generale posti a fondamento dell’introduzione di misure limitative dell’esercizio dell’attività economica, ossia ragioni di pubblico interesse, tra le quali l’ordine pubblico, la sicurezza pubblica, l’incolumità pubblica, la sanità pubblica, la sicurezza stradale, la tutela dei lavoratori compresa la protezione sociale dei lavoratori, il mantenimento dell’equilibrio finanziario del sistema di sicurezza sociale, la tutela dei consumatori, dei destinatari di servizi e dei lavoratori, l’equità delle transazioni commerciali, la lotta alla frode, la tutela dell’ambiente, incluso l’ambiente urbano, la salute degli animali, la proprietà intellettuale, la conservazione del patrimonio nazionale storico e artistico, gli obiettivi di politica sociale e di politica culturale.

Il richiamato processo di liberalizzazione avviato con la citata normativa comunitaria ha avuto un’ulteriore espansione a partire dalla seconda metà dello scorso anno, a seguito degli interventi normativi emanati dallo Stato nell’esercizio della propria potestà legislativa esclusiva in materia di tutela della concorrenza e di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni.

Trattasi in particolare dei seguenti provvedimenti:

- decreto legge 6 luglio 2011, n. 98 recante “Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria” come convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 con particolare riferimento alla disposizione di cui all’articolo 35, commi 6 e 7;

- decreto legge 13 agosto 2011, n. 138 recante “Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo” come convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, con particolare riferimento alla disposizione di cui all’articolo 3;

- decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201 recante “Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici” (cd. decreto Salva Italia), come convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, con particolare riferimento alle disposizioni di cui agli articoli 31, comma 2 e 34;

- decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1 recante “Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività”, come convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, con particolare riferimento alla disposizione di cui all’articolo 1;

- decreto legge 9 febbraio 2012, n. 5 recante “Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo” come convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, con particolare riferimento alle disposizioni di cui al Titolo I, Capo III, sezione I.

In particolare si evidenzia la portata del citato articolo 31, comma 2, del decreto legge n. 201 del 2011, ai sensi del quale “Secondo la disciplina dell’Unione europea e nazionale in materia di concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi, costituisce principio generale dell’ordinamento nazionale la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi altra natura, esclusi quelli connessi alla tutela della salute, dei lavoratori, dell’ambiente, ivi incluso l’ambiente urbano, e dei beni culturali. Le Regioni e gli enti locali adeguano i propri ordinamenti alle prescrizioni del presente comma entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.”.

Per quanto concerne il termine di adeguamento contenuto nella disposizione statale testé indicata, preme evidenziare che la citata legge n. 27 del 2012, con la quale è stato convertito il decreto legge n. 1 del 2012, ha modificato il citato articolo 31, comma 2, del decreto legge n. 201 del 2011, fissando al 30 settembre 2012 il termine per l’adeguamento da parte delle Regioni e degli enti locali alle disposizioni di cui al medesimo articolo 31, comma 2.

Non minore rilievo assume, da ultimo, la disposizione di cui all’articolo 34 del citato decreto legge n. 201 del 2011, la quale reca specifiche misure di liberalizzazione delle attività economiche e di eliminazione di controlli ex ante.

Giova in proposito evidenziare che la Giunta regionale, con deliberazione n. 1010 del 5 giugno 2012, ha approvato una ricognizione delle disposizioni regionali in materia di commercio interessate, sotto il profilo dell’efficacia, dall’entrata in vigore delle sopravvenute disposizioni statali.

A chiusura della definizione del quadro normativo di riferimento, occorre menzionare la legge regionale 27 dicembre 2011, n. 30, recante “Disposizioni urgenti in materia di orari di apertura e chiusura delle attività di commercio al dettaglio e disposizioni transitorie in materia di autorizzazioni commerciali relative a grandi strutture di vendita e parchi commerciali.”.

In tale contesto, assume particolare rilievo la disposizione di cui all’articolo 4 della citata legge regionale n. 30 del 2011, ai sensi della quale, nelle more dell’approvazione della nuova normativa regionale in materia di commercio e comunque entro e non oltre il 31 dicembre 2012, sono sospesi i procedimenti di autorizzazione commerciale relativi all’apertura, ampliamento o mutamento del settore merceologico di grandi strutture di vendita e parchi commerciali, ivi compresi quelli pendenti alla data di entrata in vigore della medesima legge regionale.

2. ESIGENZE, OBIETTIVI E INTERVENTI

2.1. ESIGENZE E OBIETTIVI

Delineato il quadro normativo di riferimento del settore, occorre ora procedere con l’illustrazione delle esigenze e degli obiettivi sulla base dei quali muove l’odierna proposta normativa.

In primo luogo, si rende necessaria ed opportuna una rivisitazione tecnica della materia del commercio al dettaglio su area privata, adeguandola ai sopravvenuti principi di liberalizzazione e semplificazione introdotti dalla citata normativa statale e comunitaria, nel rispetto dei principi di non discriminazione e proporzionalità richiamati dalla medesima normativa e tenuto conto dei motivi imperativi di interesse generale a tutela dei quali possono essere introdotte dalla pubblica amministrazione limitazioni all’esercizio dell’attività economica.

Trattasi, quindi, di procedere con il superamento delle attuali previsioni normative regionali in materia di commercio al dettaglio, le quali, assoggettando il rilascio delle autorizzazioni commerciali a vincoli di natura quantitativa, si pongono in evidente contrasto con i sopravvenuti principi di liberalizzazione: in particolare, quindi, occorre superare la tradizionale logica programmatoria di tipo quantitativo, fondata, come noto, sul contingentamento delle superfici delle grandi e delle medie strutture di vendita.

Nel contempo, occorre evidenziare che l’odierna proposta normativa muove da ulteriori esigenze di carattere territoriale e sociale, poiché, come noto, nei tempi più recenti si è assistito ad una progressiva desertificazione dei centri storici e urbani del territorio veneto, a seguito del perdurare degli effetti della crisi economica globale e, nel contempo, a seguito di una politica di uso del territorio e di sviluppo del settore commercio che, ritenuta efficace nel contesto storico e sociale esistente al momento dell’entrata in vigore dell’attuale disciplina regionale, ora, a distanza di otto anni, può ritenersi esaurita e non in linea con i processi evolutivi della società contemporanea.

Al riguardo giova infatti osservare che, sebbene il settore del commercio costituisca il primo, per diffusione, tra i settori produttivi del Terziario, con un numero di imprese che nel 2010 si attesta al 43,1 per cento delle imprese di servizi e al 23 per cento di tutte le attività produttive venete1, esso ha tuttavia risentito degli effetti congiunturali della crisi economica globale, particolarmente accentuatasi nel corso dell’anno 2011 e proseguita nel 2012.

Le vendite al dettaglio in Veneto hanno infatti registrato nel quarto trimestre del 2011 una diminuzione del 4,2 per cento rispetto allo stesso periodo del 2010, mentre nel primo trimestre del 20122 si è registrata una variazione negativa dell’1,5 per cento rispetto allo stesso periodo del 2011.

Nel complesso, le vendite al dettaglio in Veneto hanno registrato nell’anno 2011 una contrazione pari all’1,3 per cento rispetto all’anno precedente3.

Significativo appare altresì il dato relativo alla diminuzione, nel primo trimestre del 2012, delle vendite al dettaglio delle superfici medio piccole (< 400 mq) rispetto alle medie e grandi superfici, registrandosi un calo, rispettivamente, del -3,5 e del -0,8 per cento.

Le piccole superfici risentono maggiormente anche della diminuzione degli ordinativi nel primo trimestre del 2012, pari al -6 per cento rispetto allo stesso periodo del 2011.

Il solo dato positivo è riscontrabile in relazione al commercio elettronico (+ 18 per cento nel 2011 rispetto al 2010), in controtendenza rispetto ai dati concernenti la rete distributiva ordinaria.

In tale contesto, occorre quindi pensare ad una nuova strategia di sviluppo del settore commercio, attraverso un diverso e più moderno approccio di natura metodologica, che ponga quale obiettivo primario il rilancio del settore.

La finalità dell’odierna proposta consiste pertanto nella definizione di un modello distributivo che riservi un ruolo di primo piano alle attività commerciali inserite nel tessuto urbano, attraverso la ricerca di nuove strategie di sviluppo commerciale sostenibile sotto il profilo economico, sociale, territoriale e ambientale, salvaguardando i fragili equilibri fra le diverse tipologie di esercizi e proponendo, nel contempo, misure normative orientate verso la piena e completa modernizzazione del settore.

Al riguardo, si ritiene che tale diverso e più moderno approccio di natura metodologica possa più efficacemente esplicitarsi facendosi leva prioritariamente sulla valorizzazione e rivitalizzazione del settore medesimo, con particolare riferimento ai contesti dei centri storici e urbani.

Nel contempo, si ritiene che non possa prescindersi da una rivisitazione dei profili di natura territoriale che indirizzino, da un lato, la localizzazione degli insediamenti commerciali, in particolare degli insediamenti aventi rilevanti dimensioni, verso le città, nell’ottica della riconquista, e conseguente rivitalizzazione, della centralità urbana e, nel contempo, attribuiscano la priorità di sviluppo agli insediamenti commerciali che assicurano un maggior risparmio del consumo di suolo, anche mediante l’utilizzo di aree e strutture edilizie dimesse o degradate.

Ciò costituisce una significativa inversione di tendenza rispetto al passato in quanto si abbandona l’oramai obsoleto modello localizzativo, originariamente mutuato dalle realtà francesi e americane e fondato, come noto, sulla collocazione di grandi poli commerciali alla periferia dei centri urbani.

Della considerazione che si tratti di un modello localizzativo obsoleto è data conferma dai medesimi ordinamenti francese e americano, i quali già da tempo perseguono una politica di sviluppo commerciale atta a favorire la rivitalizzazione del centro urbano4.

Per il perseguimento della predetta finalità di recupero della centralità urbana occorre porre l’accento, nel contempo, sulla valorizzazione dei profili di natura qualitativa degli insediamenti commerciali, in un’ottica di offerta integrata di servizi nell’ambito dei contesti urbani, promuovendosi le iniziative volte ad assicurare un legame sempre più intenso tra funzione sociale, culturale e commerciale nei medesimi contesti.

In altri termini, anche sulla scorta delle linee guida in tema di sviluppo urbano sostenibile, elaborate in occasione di alcuni consessi europei5, occorre elaborare strategie di crescita del settore commerciale volte a rigenerare l’economia urbana in termini di competitività, stimolando un’economia della conoscenza, dell’eccellenza e dell’innovazione e, al tempo stesso, organizzando il mercato del lavoro attraverso l’istruzione e la formazione continua dei lavoratori.

Tale obiettivo potrà essere tanto più efficacemente perseguito quanto più verrà adottato un approccio integrato delle diverse componenti della sostenibilità, ossia la componente sociale, la componente economica, la componente territoriale e la componente ambientale, in modo tale che le azioni intraprese per ciascuna di esse abbiano un effetto positivo sulle altre.

2.2 INTERVENTI

Sulla base delle esigenze e degli obiettivi posti a fondamento dell’odierna proposta normativa, la Giunta regionale ha approvato la costituzione di un gruppo di lavoro, composto, tra l’altro, da esperti accademici nel campo del diritto europeo e della pianificazione urbanistica di strutture commerciali, al fine di redigere la bozza del disegno di legge di riforma del settore relativo al commercio al dettaglio su area privata, le cui linee guida vengono di seguito sinteticamente descritte.

a) In primo luogo, particolare attenzione viene prestata alle politiche attive del commercio, quale strumento maggiormente idoneo al perseguimento degli obiettivi del rilancio del settore medesimo, nell’ottica della rivitalizzazione dei centri storici e urbani.

In tal senso si intende quindi proporre la promozione di programmi integrati di riqualificazione dei medesimi centri storici e urbani attraverso la valorizzazione delle attività commerciali, favorendone l’integrazione con la funzione sociale e culturale, sulla scorta delle positive esperienze in tal senso maturate con l’approvazione, da parte della Giunta regionale, a partire dall’anno 2008, dei bandi relativi alle diverse fasi del progetto strategico triennale, finalizzato alla rivitalizzazione del settore commercio con particolare riferimento, tra l’altro, all’ambito dei centri urbani, in attuazione delle disposizioni di cui alla legge n. 266 del 1997.

Viene, altresì, demandata alla Giunta regionale l’adozione di talune misure di incentivazione finalizzate ad assicurare la modernizzazione della rete distributiva, la diffusione del commercio elettronico, nonché lo sviluppo del commercio tradizionale, individuato quest’ultimo in particolare quale fattore strategico di crescita economica e sociale del territorio.

Non minore rilevanza assumono, in tale contesto, le misure di sostegno degli esercizi commerciali con valore storico o artistico, la cui attività costituisce testimonianza dell’identità commerciale delle aree urbane di antica formazione.

Nell’ottica, da ultimo, di un approccio innovativo e moderno alle politiche di sviluppo del settore del commercio si propone, recependo i positivi effetti di analoghe previsioni presso altri ordinamenti regionali (es. Lombardia), l’individuazione dei cd. Distretti del Commercio, intesi come aree riferite al territorio del singolo comune o di parte di esso, ovvero aree intercomunali nelle quali i cittadini e le imprese, liberamente aggregati, esercitano l’attività di commercio come fattore di valorizzazione delle risorse di cui dispone il territorio, al fine di accrescere la competitività delle polarità commerciali urbane e quindi rigenerare l’intero tessuto urbano.

b) Nel contempo, per il perseguimento delle predette finalità di sviluppo del settore commercio, vengono proposte talune misure innovative - meglio descritte in sede di analisi del testo normativo - volte ad assicurare la sostenibilità del commercio rispetto al territorio, favorendo la localizzazione degli insediamenti commerciali, anche relativi alle grandi strutture di vendita, all’interno dei centri storici e urbani e incentivando, nel contempo, gli interventi diretti ad assicurare la riduzione del consumo di suolo.

A tale scopo, alcune fra le maggiori caratteristiche innovative dell’odierna proposta consistono nell’assicurare piena coerenza fra pianificazione urbanistica e lo sviluppo degli insediamenti commerciali, nonché nel prevedere una diversa allocazione delle competenze amministrative, attribuendo maggior rilievo alle competenze regionali sia sul piano urbanistico che sul piano commerciale, in attuazione del principio costituzionale di sussidiarietà, atteso che l’impatto generato sul territorio dall’insediamento di strutture di vendita aventi rilevanti dimensioni richiede una valutazione complessiva che supera lo stretto ambito territoriale comunale.

c) Non minor rilievo assume, nel quadro degli interventi proposti, la previsione di norme di semplificazione afferenti a talune tipologie di strutture di vendita, quali, a titolo esemplificativo, le medie e le grandi strutture di vendita da ubicarsi nell’ambito dei centri storici, nonché, le medie strutture con superficie di vendita non superiore a mq. 1.500. Per queste ultime, infatti, si propone l’applicazione del più flessibile regime della segnalazione certificata di inizio attività ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni e integrazioni, in luogo del tradizionale regime autorizzatorio.

3. ANALISI DEL DISEGNO DI LEGGE

Titolo 1 - Principi generali

(articoli 1, 2 e 3)

Le citate disposizioni regionali recano, rispettivamente, l’ambito di applicazione, le finalità e principi, nonché le definizioni contenute nella proposta normativa.

In particolare si precisa che l’ambito di applicazione di cui all’articolo 1 concerne il settore del commercio al dettaglio su area privata e la nuova disciplina non si applica alle categorie di operatori individuate dall’articolo 4 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, recante la disciplina statale in materia di commercio (quali, a titolo esemplificativo, farmacisti, titolari di rivendite di generi di monopolio, artigiani che pongano in vendita i beni di produzione propria nei locali di produzione o nei locali adiacenti, produttori agricoli, pescatori etc, in presenza delle condizioni stabilite dalla medesima normativa statale).

Per quanto concerne i principi e le finalità di cui all’articolo 2, come brevemente illustrato al paragrafo 2.1 relativo alle esigenze e obiettivi, in conformità ai principi comunitari di cui alla citata Direttiva Servizi, si attribuisce un particolare rilievo al principio di libertà dell’esercizio dell’attività commerciale, salva la potestà dell’amministrazione di introdurre un controllo di natura pubblica, preventivo o successivo, a tutela dei cd. motivi imperativi di interesse generale previsti dalla medesima normativa comunitaria, come attuata in Italia dal citato decreto legislativo n. 59 del 2010, nel rispetto dei principi di non discriminazione e proporzionalità.

In particolare, la presente proposta normativa è volta ad assicurare sia la libertà nell’accesso al mercato, sia il funzionamento corretto e trasparente dello stesso in condizioni di pari opportunità fra gli operatori commerciali, a tutela della concorrenza e nel contempo dell’interesse del consumatore ad una rete distributiva efficiente ed equilibrata.

In linea, altresì, con gli obiettivi strategici prefissati dall’Unione europea per la programmazione 2014-2020, la proposta persegue la finalità di promuovere la crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva del sistema commerciale.

Come sostenuto dalla Commissione europea6, la crescita intelligente consiste infatti nello sviluppo di un’economia basata sulla conoscenza e sull’innovazione, mentre la crescita sostenibile consiste nel promuovere un’economia più efficiente sotto il profilo delle risorse, più verde e più competitiva.

Da ultimo, la crescita inclusiva consiste nel promuovere un’economia con un alto tasso di occupazione, che favorisca la coesione economica, sociale e territoriale.

In tale contesto occorre pertanto definire un modello di sviluppo del sistema commerciale veneto che risponda alle suddette finalità di crescita.

In particolare, si propone un modello di sviluppo sostenibile volto, tra l’altro, alla salvaguardia del territorio e dell’ambiente, ivi incluso l’ambiente urbano, incentivando, attraverso l’integrazione e la coerenza tra la pianificazione urbanistico-territoriale e gli indirizzi in materia di insediamenti commerciali, gli interventi finalizzati a garantire il minor consumo di suolo e nel contempo gli interventi di riqualificazione della funzione commerciale all’interno dei centri storici e urbani.

Per quanto concerne le definizioni di cui all’articolo 3, si evidenzia, in primo luogo, in attuazione dei principi generali che sottendono all’odierna proposta normativa e per il perseguimento delle finalità or ora enunciate, l’individuazione di una specifica definizione, rispettivamente, di centri storici e centri urbani.

Per quanto concerne il centro storico, esso è costituito dagli agglomerati insediativi urbani aventi le caratteristiche definite dalla legge regionale 23 aprile 2004, n. 11, recante la disciplina generale in materia di urbanistica.

Trattasi, in altri termini, degli agglomerati le cui strutture edilizie conservano i segni di una remota formazione e di proprie originarie funzioni economiche, sociali, politiche o culturali.

In relazione, altresì, al centro urbano, se ne propone una definizione fondata su criteri di natura normativa che lo identificano con una porzione del centro abitato individuato dal Comune ai sensi delle vigenti disposizioni relative al Codice della strada (decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 e successive modificazioni e integrazioni), caratterizzata dal tessuto urbano consolidato, con esclusione delle zone produttive periferiche e delle zone prive di opere di urbanizzazione o di edificazione.

Sotto altro profilo, si propone il mantenimento delle vigenti tipologie di struttura di vendita relative agli esercizi di vicinato, medie e grandi strutture di vendita.

In relazione ai rispettivi limiti dimensionali occorre evidenziare che, innovandosi in tal senso la vigente normativa7, viene individuato un unico limite dimensionale all’interno di ciascuna tipologia distributiva: pertanto, gli esercizi di vicinato sono costituiti dagli esercizi commerciali, ovunque ubicati, aventi superficie di vendita non superiore a mq. 250, mentre le medie strutture di vendita sono costituite dagli esercizi commerciali aventi superficie compresa tra mq. 251 e mq. 2.500. Le medie strutture di vendita, a loro volta, possono essere articolate in forma di esercizio singolo o di medio centro commerciale.

Le grandi strutture di vendita, di conseguenza, sono costituite dagli esercizi commerciali aventi superficie superiore a mq. 2.500 e possono essere articolate in forma di esercizio singolo, di grande centro commerciale ovvero di parco commerciale.

A tale ultimo proposito giova evidenziare che, anche allo scopo di superare le problematiche di carattere interpretativo concernenti la distinzione tra le tipologie di centro commerciale e parco commerciale, viene proposta una riformulazione delle definizioni medesime previste dalla vigente normativa regionale.

Pertanto, il centro commerciale, secondo l’odierna proposta, consiste in una tipologia di struttura di vendita in cui gli esercizi commerciali sono inseriti in un’unica struttura edilizia (e non più articolata su più fabbricati) avente destinazione specifica e prevalente ed usufruiscono di infrastrutture o spazi di servizio comuni gestiti unitariamente.

Per contro, il parco commerciale consiste in una tipologia di struttura di vendita costituita da esercizi collocati all’interno di una pluralità di strutture edilizie le quali, in relazione alla loro contiguità urbanistica e alla fruizione di un sistema di accessibilità comune, determinano un impatto unitario sul territorio.

Si segnala, altresì, la previsione, rispettivamente alle lettere h) e i) dell’articolo in esame, delle forme speciali di vendita relative all’outlet e temporary store.

Per quanto attiene all’outlet, già oggetto di disciplina da parte della legge regionale, trattasi di una forma speciale di vendita caratterizzata da una maggiore flessibilità, anche alla luce di talune problematiche relative alla concreta applicazione della normativa regionale nella prassi amministrativa e in linea con le più recenti evoluzioni del mercato.

L’esercizio dell’attività di vendita secondo tale forma è ora quindi consentito alle aziende produttive in modo diretto o indiretto, potendo esse avvalersi di soggetti terzi che esercitino l’attività in nome e per conto delle aziende produttive medesime.

L’ambito di applicazione della forma di vendita di cui trattasi, già destinata alla produzione in eccesso, al fuori serie e all’invenduto, viene altresì esteso anche che ai prodotti fallati e campionari, nonché ad un’apposita linea di produzione.

Nell’ottica, altresì, del perseguimento della finalità di modernizzazione del sistema distributivo, viene disciplinata quale forma speciale di vendita al dettaglio il temporary store, caratterizzata da una particolare flessibilità di esercizio che consente l’utilizzo temporaneo dei locali di vendita sia da parte dei soggetti commercianti in senso proprio sia da parte delle aziende produttive che intendano porre in vendita in via diretta i propri prodotti.

Rimanendo nell’ottica di un approccio innovativo e moderno alle politiche di sviluppo del settore commercio si propone, da ultimo, sulla scorta di positive esperienze in tal senso maturatesi presso altre Regioni (es. Lombardia, Piemonte, Puglia), l’individuazione dei cd. Distretti del Commercio, ossia le aree di rilevanza comunale o intercomunale nelle quali i cittadini e le imprese, liberamente aggregati, esercitano il commercio come fattore di innovazione, integrazione e valorizzazione di tutte le risorse di cui dispone il territorio.

Titolo II - Sviluppo del sistema commerciale

Capo I - Indirizzi per lo sviluppo del sistema commerciale

Articoli 4 e 5

(Indirizzi regionali, attività di monitoraggio)

Come illustrato al paragrafo 2, lettera a), la disposizione di cui all’articolo 4 in esame costituisce una delle novità di maggior rilievo dell’odierna proposta, poiché stabilisce che la Giunta regionale, sentita la competente Commissione consiliare, approva un regolamento recante gli indirizzi per lo sviluppo del sistema commerciale, concernente, in particolare, l’insediamento delle grandi strutture di vendita e delle medie strutture di vendita con superficie superiore a mq. 1.500; il regolamento dà attuazione ad una serie di criteri formulati dal legislatore, volti a garantire, su un piano generale, la sostenibilità economica, sociale, territoriale ed ambientale del sistema commerciale in una dimensione integrata, favorendo la localizzazione degli interventi commerciali nei centri storici e urbani, nonché, al di fuori di questi, degli interventi che contribuiscano ad assicurare il maggior risparmio del consumo del suolo.

Al principio del risparmio del consumo di suolo sono, altresì, informati i criteri relativi al favor nei confronti degli interventi di recupero e di riconversione di aree dismesse o da riqualificare, degli interventi che non comportano aumento della cubatura esistente, della polarizzazione degli insediamenti, nonché dell’ampliamento e la ristrutturazione delle realtà commerciali esistenti.

Il regolamento regionale, nell’adottare le disposizioni attuative della legge, detta i criteri per la pianificazione territoriale e urbanistica applicata al settore del commercio cui devono attenersi gli enti locali, allo scopo di assicurare una maggiore coerenza fra la pianificazione territoriale e urbanistica e lo sviluppo degli insediamenti commerciali.

È noto, infatti, che una delle maggiori criticità riscontrate nell’applicazione della vigente normativa è consistita nella mancanza di un adeguato collegamento fra la pianificazione urbanistico-territoriale e quella commerciale.

A conferma della particolare attenzione prestata dal legislatore regionale al profilo della sostenibilità degli insediamenti commerciali rispetto al territorio, si prevede che il regolamento regionale individui le misure compensative di sostenibilità connessa all’insediamento delle grandi strutture di vendita, nonché gli ambiti territoriali ritenuti di rilevanza regionale e per i quali si intende introdurre un controllo unitario e coordinato degli impatti generati dall’insediamento di grandi strutture attraverso lo strumento dell’accordo di programma, come si illustrerà in seguito.

Vengono, altresì, individuati, quali ulteriori criteri normativi ai fini dell’adozione del regolamento regionale, il rafforzamento del servizio di prossimità, attesa l’implicazione di ordine sociale che sottende all’esigenza di incentivare la rivitalizzazione dei centri storici e urbani attraverso una valorizzazione della funzione commerciale, nonché il pluralismo dell’offerta distributiva, al fine di assicurare un più adeguato grado di tutela del consumatore rispetto alle mutevoli condizioni del mercato.

La disposizione prevede, altresì, un termine, non superiore a centottanta giorni dalla data della pubblicazione del regolamento, ai fini dell’adeguamento degli strumenti urbanistici e territoriali da parte dei Comuni e delle Province.

Al fine di assicurare l’efficace attuazione delle disposizioni regionali, si prevede che nelle more del predetto adeguamento non sia consentita l’individuazione di nuove aree o ampliamento di aree esistenti per grandi strutture di vendita e per medie strutture con superficie di vendita superiore a mq. 1.500, e che, in presenza di una variante localizzativa approvata in violazione del divieto testé menzionato, non possa essere rilasciata la relativa autorizzazione commerciale.

Da ultimo, si pone in evidenza la disposizione di cui all’articolo 5, relativa all’attività di monitoraggio della rete di vendita quale indispensabile strumento di analisi e studio ai fini dell’elaborazione delle scelte normative, presenti e future, afferenti alla disciplina della materia del commercio.

A tale scopo si prevede che i comuni provvedano, senza alcun onere aggiuntivo a carico dell’Amministrazione regionale, all’invio dei dati relativi alla consistenza della propria rete distributiva e che, ai fini dello svolgimento dell’attività di monitoraggio, la Regione possa avvalersi della collaborazione delle Camere di Commercio.

Capo II - Politiche attive per lo sviluppo dell’attività commerciale

(Articoli da 6 a 15)

Come illustrato nel paragrafo relativo agli interventi, il titolo di cui trattasi afferisce alle politiche attive che il legislatore regionale intende perseguire al fine di sostenere lo sviluppo del settore commercio, con particolare riferimento all’ambito dei centri storici e urbani.

In tal senso si intende quindi proporre, sulla scorta degli indirizzi generali formulati all’articolo 6, la promozione, mediante un’azione coordinata e sinergica fra soggetti pubblici e privati, di programmi di riqualificazione dei medesimi centri storici e urbani attraverso la valorizzazione delle attività commerciali, favorendone l’integrazione con la funzione sociale e culturale (articolo 7).

La disposizione di cui all’articolo 8 riguarda l’ambito relativo alla disciplina dei distretti del commercio, la cui individuazione è proposta dai Comuni, anche su iniziativa delle organizzazioni delle imprese del commercio e dei consumatori maggiormente rappresentative in ambito regionale; la proposta comunale di individuazione dei distretti è sottoposta al vaglio della Giunta regionale.

In tale contesto la Regione può, altresì promuovere, all’interno dei distretti di cui trattasi, politiche integrate di sviluppo e innovazione del settore commercio, anche attraverso la previsione di sperimentazioni in materia di orari di vendita, fermi ed impregiudicati gli esiti del contenzioso costituzionale attualmente pendente e teso ad accertare la competenza legislativa statale ovvero regionale in ordine alla tematica degli orari medesimi.

Viene, altresì, demandata alla Giunta regionale, ai sensi dell’articolo 9, l’adozione di talune misure di incentivazione finalizzate ad assicurare la modernizzazione della rete distributiva, anche in un’ottica di sviluppo delle attività commerciali nelle aree desertificate: a tal fine la Giunta può infatti approvare apposite procedure concorsuali, quali, a titolo esemplificativo, concorsi d’idee.

Ai sensi dell’articolo 10, viene proposto un incentivo, attraverso apposite misure di promozione e sostegno definite dalla Giunta regionale, allo sviluppo del commercio tradizionale svolto dagli esercizi di vicinato all’interno dei centri storici e urbani, individuato quale fattore strategico di crescita economica e sociale del territorio, nell’ottica del rafforzamento del servizio di prossimità e in funzione di una più efficace tutela del consumatore.

Non minore rilevanza assumono, in tale contesto, le misure di sostegno, ai sensi dell’articolo 11, in favore degli esercizi commerciali con valore storico o artistico, la cui attività costituisce testimonianza dell’identità commerciale delle aree urbane più antiche.

Nel contesto generale di modernizzazione del sistema distributivo occorre altresì collocare le iniziative regionali di sostegno nei confronti delle imprese commerciali e degli enti locali dirette, ai sensi dell’articolo 12, ad assicurare la diffusione del commercio elettronico, consolidando pertanto i positivi trend di sviluppo registrati nel corso del 2011.

Al fine di assicurare, da ultimo, un più efficace perseguimento delle politiche attive del commercio, attraverso un’azione sinergica caratterizzata dal conferimento di risorse pubbliche e private e sulla scorta, altresì, delle positive esperienze in tal senso maturate presso altre regioni (es. Piemonte e Lombardia), si prevede da un lato, all’articolo 13, l’individuazione di un onere aggiuntivo, in misura non superiore al 30 per cento degli oneri di urbanizzazione primaria, posto a carico del soggetto privato interessato al rilascio delle autorizzazioni commerciali per grandi strutture di vendita al di fuori dei centri storici e con vincolo di destinazione agli interventi previsti dal titolo in esame.

Nel contempo, secondo quanto previsto all’articolo 14, la proposta normativa prevede l’istituzione di un fondo regionale per la riqualificazione delle attività commerciali, nel quale, per il conseguimento delle finalità di cui al titolo in esame, confluiscono sia risorse regionali, sia le risorse derivanti dall’onere aggiuntivo di cui al richiamato articolo 13.

Da ultimo, con la previsione di cui all’articolo 15, quale ulteriore misura di sostegno alle attività commerciali e di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, ubicate all’interno dei centri storici e urbani, si propone di demandare alla Giunta regionale la definizione delle tipologie di intervento e delle modalità di accesso agevolate al fondo di rotazione di cui alla legge regionale 18 gennaio 1999, n. 1, recante “Interventi regionali per agevolare l’accesso al credito nel settore del commercio”.

Titolo III - Disciplina dell’attività

Capo I - Tipologia di esercizi commerciali, disciplina dell’attività e norme procedimentali

Articoli 16, 17, 18 e 19

(Tipologia di esercizi commerciali, esercizi di vicinato, medie e grandi strutture di vendita)

Trattasi di disposizioni relative alla disciplina e al procedimento afferenti a ciascuna delle tipologie di struttura di vendita nelle quali si articola la rete distributiva al dettaglio, ossia, ai sensi della previsione di cui all’articolo 16, esercizi di vicinato, medie strutture di vendita e grandi strutture di vendita.

In particolare, si prevede, all’articolo 17, l’assoggettamento degli esercizi di vicinato, non ubicati all’interno di grandi strutture di vendita in forma di grande centro commerciale o parco commerciale, alla disciplina della segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) di cui all’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni e integrazioni.

Per quanto concerne le medie strutture di vendita di cui all’articolo 18, innovandosi in tal senso la vigente normativa8, si propone l’applicazione della citata disciplina della SCIA alle medie strutture di vendita con superficie non superiore a mq. 1.500.

Oltre il suddetto limite, e sino al limite di mq. 2.500, le fattispecie relative all’apertura, ampliamento di superficie, trasferimento di sede e trasformazione di tipologia di medie strutture di vendita sono soggette ad autorizzazione rilasciata dallo Sportello Unico per le Attività Produttive (SUAP) del Comune competente per territorio.

Per quanto concerne le grandi strutture di vendita di cui all’articolo 19, sono soggette al regime autorizzatorio le medesime ipotesi poc’anzi illustrate in relazione alle medie strutture di vendita con superficie superiore a mq. 1.500.

Carattere innovativo riveste la disposizione di cui al comma 1, ai sensi della quale l’autorizzazione commerciale per grande struttura di vendita è rilasciata al soggetto titolare dell’attività commerciale; si determina, per l’effetto, una più stretta connessione tra titolo autorizzatorio ed attività commerciale.

La competenza è attribuita al SUAP comunale previo esame della relativa domanda di autorizzazione da parte di una conferenza di servizi cui partecipano a titolo obbligatorio Comune, Provincia e Regione. La conferenza di servizi delibera a maggioranza e, in linea con la cennata diversa allocazione delle funzioni amministrative relative all’insediamento di grandi strutture di vendita, in base alla quale si attribuisce un ruolo maggiormente incisivo alle competenze regionali, viene proposto che la conferenza di servizi esprima la propria deliberazione con il parere favorevole della Regione, attribuendo in tal modo a quest’ultima un potere di veto.

La conferenza di servizi verifica in concreto l’impatto generato dall’iniziativa commerciale, sulla base di quanto previsto dal regolamento di cui all’articolo 4 in ordine, in particolare, ai profili di sostenibilità economica territoriale, sociale e ambientale.

La disposizione demanda, altresì alla Giunta regionale l’emanazione delle disposizioni attuative dell’articolo in esame, ivi compresa, pertanto, la disciplina di dettaglio inerente al funzionamento della conferenza di servizi.

Si ribadisce, con l’occasione, la previsione di deroga alla suddetta procedura di conferenza di servizi nel caso di interventi concernenti l’insediamento di grandi strutture di vendita all’interno dei centri storici, per le quali l’autorizzazione commerciale potrà, quindi, essere direttamente rilasciata dal SUAP comunale previa positiva verifica dei profili di competenza.

Sotto altro profilo, altro fattore innovativo dell’odierna proposta, finalizzato ad assicurare un maggior legame tra il profilo commerciale e il profilo edilizio, è dato dalla previsione secondo la quale il rilascio dell’autorizzazione commerciale relativa alle grandi strutture di vendita, diversamente da quanto previsto per le medie strutture e, soprattutto, da quanto previsto dalla vigente normativa regionale, costituisce condizione necessaria ai fini del rilascio del titolo edilizio, i cui presupposti sono accertati in sede di conferenza di servizi.

Tutto ciò premesso, giova rammentare come in conformità alla disposizione di cui all’articolo 9 della citata Direttiva Servizi, la previsione o il mantenimento di un regime autorizzatorio debbano essere giustificati in presenza delle seguenti condizioni:

a) il regime di autorizzazione non deve rivelarsi discriminatorio nei confronti del prestatore;

b) la necessità del suddetto regime deve essere giustificata da un motivo imperativo di interesse generale;

c) l’obiettivo perseguito non può essere perseguito tramite una misura meno restrittiva, in quanto un controllo a posteriori interverrebbe troppo tardi per avere reale efficacia.

Orbene, si ritiene che le suddette fattispecie soggette al regime di autorizzazione, caratterizzato da un controllo di natura preventiva da parte della Pubblica Amministrazione, soddisfino le condizioni richieste dalla normativa comunitaria.

In particolare, con riferimento alla condizione di cui alla lettera a), si evidenzia che le misure proposte non si traducono in regimi discriminatori nei confronti del prestatore poiché esse assumono quali destinatari tutti gli operatori interessati, senza porre alcuna distinzione legata alla nazionalità.

Parimenti, per quanto concerne la condizione di cui alla lettera b), si ritiene che le sopra descritte fattispecie relative alle medie strutture aventi superficie superiore a mq. 1.500, nonché alle grandi strutture di vendita, atteso l’impatto generato dalle stesse, debbano restare assoggettate al regime autorizzatorio ai fini, in primo luogo, della necessità di assicurare un adeguato grado di tutela dell’ambiente e del territorio, ivi incluso l’ambiente urbano.

Occorre, in altri termini, mantenere l’attività di verifica preventiva effettuata dall’amministrazione in ordine alla compatibilità urbanistica, viabilistica e ambientale connessa all’insediamento di strutture di vendita la cui entità dimensionale assume un particolare rilievo sotto il profilo dell’impatto sul territorio.

Gioverà infatti rammentare, a titolo esemplificativo, che ad oggi, sulla base di valori medi calcolati in relazione alle previsioni contenute nella legge regionale in materia di dotazioni di parcheggio, nell’ipotesi di insediamento di una media struttura di vendita avente superficie pari a mq. 2.500 per la vendita di prodotti appartenenti al settore merceologico alimentare, occorre reperire un’area a servizi, incluse le suddette dotazioni di parcheggio pertinenziale, non inferiore a mq. 4.500/5.000; a tale dotazione, ordinariamente reperita attraverso l’utilizzo di aree scoperte, occorre aggiungere le superfici destinate a magazzini, uffici e altri servizi all’interno del fabbricato in cui è ubicata l’attività commerciale.

Si ritiene, altresì, che le ragioni testé esposte valgano a suffragare il soddisfacimento della condizione di cui alla lettera c) poiché appare di tutta evidenza come l’esigenza di una preventiva valutazione in ordine all’impatto territoriale connesso all’insediamento o allo sviluppo di tipologie distributive di rilevanti dimensioni renda giocoforza inapplicabile la previsione di una misura meno restrittiva, quale, a titolo esemplificativo, l’applicazione del regime della S.C.I.A., attesi gli effetti negativi sotto il profilo della sostenibilità, in relazione ai quali un controllo a posteriori si rivelerebbe come strumento tardivo e inefficace.

Capo II - Requisiti per l’esercizio dell’attività.

Articoli 20, 21 e 22

(Requisiti soggettivi, requisiti urbanistici ed edilizi, requisiti ambientali e viabilistici)

Per quanto concerne i requisiti soggettivi di cui all’articolo 20, viene richiamata la disciplina statale di cui all’articolo 71, comma 6, del citato decreto legislativo n. 59 del 2010, come da ultimo modificato dal decreto legislativo n. 147 del 2012, relativa ai requisiti professionali necessari ai fini dell’esercizio dell’attività di commercio di prodotti appartenenti al settore merceologico alimentare.

Per quanto concerne il settore merceologico alimentare e non alimentare permangono i requisiti morali stabiliti dall’articolo 71, commi 1, 3, 4 e 5, del richiamato decreto legislativo n. 59 del 2010 e successive modificazioni.

Particolare rilievo assume, altresì, la disposizione in materia di requisiti urbanistici ed edilizi di cui all’articolo 21, poiché essa costituisce un’ulteriore testimonianza dell’attenzione e del favor prestati dal legislatore regionale nei confronti delle iniziative commerciali che intendano collocarsi all’interno dei centri storici e urbani.

Il contenuto della disposizione di cui trattasi può essere riassunto secondo il seguente schema:

Medie strutture di vendita:

- da mq 251 a mq 1.500: è consentito l’insediamento in tutto il territorio comunale, purché non in contrasto con le previsioni dello strumento urbanistico comunale;

- da mq 1.501 a mq 2.500: è consentita la localizzazione delle relative aree di insediamento da parte dello strumento urbanistico comunale in conformità alle previsioni del regolamento regionale di cui all’articolo 4.

Grandi strutture di vendita

Le aree per grandi strutture di vendita sono localizzate dallo strumento urbanistico comunale, in conformità con le previsioni del regolamento regionale di cui all’articolo 4.

Centri storici

In deroga a quanto sopra evidenziato, le medie e le grandi strutture di vendita possono essere insediate nei centri storici, nel rispetto dei vincoli previsti dalla vigente normativa (quali a titolo esemplificativo, vincoli paesaggistici, ambientali, etc.). Aggiungasi che, come sopra evidenziato in commento all’articolo 19, sotto il profilo procedimentale le grandi strutture di vendita all’interno dei centri storici sono autorizzate direttamente dal Comune, senza necessità di attivare la procedura di conferenza di servizi di cui al medesimo articolo 19. Per quanto concerne altresì i profili relativi alle dotazioni di parcheggio, agli accessi e ai percorsi veicolari e pedonali riferiti alle medie e grandi strutture di vendita da ubicarsi all’interno dei centri storici, si prevede una normativa di maggior favore, demandandosi ad apposita convenzione con il Comune la disciplina dei profili di cui trattasi.

Ciò premesso, occorre illustrare il meccanismo di natura transitoria, atto a regolare le previsioni insediative rispettivamente delle medie strutture di vendita con superficie superiore a mq. 1.500 e delle grandi strutture di vendita nelle more dell’adeguamento degli strumenti urbanistici comunali alle disposizioni contenute nel regolamento di cui all’articolo 4.

Nella prima ipotesi, concernente le medie strutture di vendita con superficie superiore a mq. 1.500, ai fini del rilascio della relativa autorizzazione commerciale, il comune provvede alla verifica della compatibilità dell’area con i criteri normativi definiti al comma 3 dell’articolo in esame, volti a favorire gli interventi di recupero e riqualificazione di aree o strutture dismesse o degradate.

Nella seconda ipotesi, concernente le grandi strutture di vendita, per le aree già classificate, sotto il profilo urbanistico, come aree idonee all’insediamento delle grandi strutture di vendita ai sensi della vigente normativa, si prevede una verifica di idoneità delle aree medesime, al fine di valutare la compatibilità delle attuali destinazioni urbanistiche comunali con i nuovi indirizzi in tema di sviluppo del sistema commerciale. Tale vaglio è effettuato dalla conferenza di servizi di cui all’articolo 19, sulla base dell’accertamento delle condizioni di compatibilità e sostenibilità dell’insediamento commerciale al contesto ambientale, infrastrutturale e territoriale, contenute nel citato regolamento regionale.

Ne consegue che, ai fini del rilascio dell’autorizzazione commerciale relativa alle grandi strutture di vendita non ubicate all’interno dei centri storici, nelle more dell’adeguamento allo strumento urbanistico comunale occorre attendere, diversamente da quanto sopra previsto per le medie strutture di vendita, l’emanazione del citato regolamento regionale, nonché le disposizioni regionali recanti la disciplina del procedimento di conferenza di servizi.

Per quanto concerne la definizione delle dotazioni di parcheggio, si prevede che lo strumento urbanistico comunale ne definisca l’entità per le medie strutture di vendita ubicate al di fuori dei centri storici, nonché per gli esercizi di vicinato, anche in deroga alle vigenti disposizioni in materia contenute nella normativa urbanistica di cui alla legge regionale 23 aprile 2004, n. 11.

Per quanto concerne le grandi strutture di vendita ubicate al di fuori dei centri storici, le relative dotazioni di parcheggio sono definite dallo strumento urbanistico comunale, secondo le modalità stabilite dalla Giunta regionale con il richiamato regolamento di cui all’articolo 4. Anche in tale ipotesi è possibile la deroga alle vigenti disposizioni generali urbanistiche in materia di dotazione di parcheggio afferente al settore commercio.

Da ultimo, per quanto concerne i requisiti di natura ambientale e viabilistica di cui all’articolo 22, si conferma la vigente previsione di assoggettamento alle procedure di compatibilità ambientale applicate al settore del commercio, stabilite dalla normativa regionale in materia di tutela ambientale di cui alla legge regionale 26 marzo 1999, n. 10 e successive modificazioni e integrazioni, nonché dalla vigente normativa statale di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

Pertanto rimangono assoggettate alla procedura di valutazione di impatto ambientale (VIA), di competenza della Provincia, le grandi strutture aventi superficie di vendita superiore a mq. 8.000.

Per quanto concerne, altresì la procedura di verifica ambientale (cd. screening),9 anch’essa di competenza della Provincia, si conferma la previsione dimensionale di assoggettamento delle grandi strutture aventi superficie di vendita compresa tra mq. 4.000 e mq. 8.000; a differenza di quanto previsto nella vigente normativa regionale, si prescinde dal requisito relativo all’annessione o al collegamento delle grandi strutture di vendita a pubblici esercizi, attività artigianali o di intrattenimento, con la conseguenza che ogni ipotesi insediativa relativa a grandi strutture di vendita rientranti nei limiti anzidetti viene assoggettata alla citata procedura di verifica.

Si segnala altresì, al comma 2, la previsione di carattere innovativo secondo la quale i provvedimenti di compatibilità ambientale sopra citati costituiscono il presupposto per il rilascio dell’autorizzazione commerciale e soprattutto del titolo edilizio. La ratio della norma in oggetto risiede infatti nell’esigenza di assicurare un maggior grado di tutela ambientale attraverso una valutazione preventiva dei profili ambientali rispetto all’edificazione dei fabbricati commerciali.

Da ultimo, in ordine ai requisiti di natura viabilistica, viene demandata alla Giunta regionale l’adozione dei relativi criteri, afferenti all’insediamento di grandi strutture e medie strutture di vendita con superficie superiore a 1.500 mq.

Capo III - Forme speciali di vendita e vendite straordinarie

Articoli 23, 24 e 25

Le disposizioni di cui agli articoli 23 e 24 hanno ad oggetto la disciplina delle forme speciali di vendita al dettaglio.

Trattasi del commercio elettronico, dell’outlet e del temporary store.

Per quanto concerne il commercio elettronico di cui all’articolo 23, si propone, in un’ottica di massima semplificazione procedimentale, la previsione del regime della SCIA di cui alla citata legge n. 241 del 1990, nel rispetto delle disposizioni generali di cui al decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70 recante il recepimento nell’ordinamento italiano delle disposizioni comunitarie di cui alla direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione nel mercato interno, con particolare riferimento al commercio elettronico.

In relazione, altresì, alla forma speciale di vendita di cui all’articolo 24, relativa al temporary store, attesa la temporaneità dell’attività, quale caratteristica peculiare della forma di vendita di cui trattasi, si propone di individuare la tempistica di esercizio nel termine di un anno, prorogabile per un massimo di sei mesi.

Per quanto concerne la disciplina procedimentale trovano applicazione le disposizioni di cui all’odierna proposta di legge relative alle diverse tipologie di strutture di vendita (ossia esercizi di vicinato, medie e grandi strutture di vendita).

Quanto testé osservato vale anche in relazione alla forma speciale di vendita relativa all’outlet.

In relazione alla previsione delle vendite straordinarie di cui all’articolo 25, ossia le vendite di liquidazione, le vendite di fine stagione (c.d. saldi) e le vendite promozionali, viene demandata alla Giunta regionale l’adozione della disciplina di dettaglio, sentite le rappresentanze degli enti locali, delle organizzazioni delle imprese del commercio e dei consumatori maggiormente rappresentative in ambito regionale.

Titolo IV - Interventi di rilevanza regionale

Articolo 26

Come sopra evidenziato in sede di illustrazione degli interventi caratterizzanti l’odierna proposta normativa, la disposizione di cui all’articolo 26 disciplina gli interventi commerciali che sono ritenuti di rilevanza regionale, in relazione alla loro dimensione e quindi al loro impatto territoriale di rango sovra provinciale, ovvero in relazione alla loro ubicazione in un contesto ritenuto strategico su scala regionale.

Trattasi, in particolare, degli interventi relativi all’insediamento ovvero all’ampliamento di rilevante consistenza delle grandi strutture aventi superficie di vendita superiore a mq. 15.000.

Sono, altresì, ritenuti di interesse regionale analoghi interventi che interessino le grandi strutture di vendita con superficie superiore a mq. 8.000, qualora le aree di insediamento richiedano apposita variante urbanistica di localizzazione.

Infine sono ritenute di rilevanza regionale le aperture di grandi strutture da ubicarsi negli ambiti territoriali ritenuti strategici su scala regionale, in base alle previsioni del regolamento di cui all’articolo 4, qualora il relativo insediamento richieda apposita variante urbanistica di localizzazione.

Attesa la rilevanza regionale degli interventi di cui trattasi, il cui impatto richiede necessariamente una valutazione integrata da parte di diversi soggetti pubblici, ciascuno per gli ambiti di rispettiva competenza, l’odierna proposta normativa ne prevede l’assoggettamento alla disciplina dell’accordo di programma, ai sensi dell’articolo 34 del decreto legislativo n. 267 del 2000, recante il testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali.

Occorre, nel contempo, evidenziare come la disposizione di cui trattasi, che costituisce un ulteriore elemento di innovazione normativa dell’odierna proposta, sia informata ad un criterio di semplificazione procedimentale, in base al quale la procedura di accordo di programma di cui trattasi, la cui conclusione avviene nella tempistica certa fissata dal legislatore regionale, culmina nell’adozione di un atto amministrativo di carattere generale, che sostituisce tutti gli atti di competenza delle singole amministrazioni ed in particolare assume, in presenza dei prescritti requisiti normativi, valenza di autorizzazione commerciale.

Si evidenzia che, attesa la peculiarità delle valutazioni relative agli insediamenti di cui trattasi, la previsione normativa in esame trova applicazione qualora gli accordi di programma abbiano ad oggetto, esclusivamente o in misura prevalente, interventi di natura commerciale. Per contro, qualora l’accordo di programma abbia ad oggetto in misura prevalente interventi insediativi di natura diversa, trovano applicazione le disposizioni regionali vigenti in materia di accordi di programma.

Titolo V - Norme transitorie e finali

Articoli da 27 a 33

L’articolo 27 disciplina il profilo sanzionatorio dell’odierna proposta, sostanzialmente in linea con le vigenti previsioni statali di cui al citato decreto legislativo n. 114 del 1998; unica previsione innovativa è costituita dall’introduzione della sanzione pecuniaria nel caso di esercizio dell’attività di vendita in forma di outlet in assenza dei requisiti stabiliti nella definizione di cui all’articolo 3.

Le disposizioni di cui all’articolo 28 disciplinano, altresì, la fase transitoria connessa all’introduzione di una nuova trattazione della materia.

Per quanto concerne, in particolare, i procedimenti di autorizzazione commerciale, relativi a grandi strutture di vendita o parchi commerciali, pendenti alla data di entrata in vigore delle nuove disposizioni e non sospesi ai sensi della citata legge regionale n. 30 del 2011, con la disposizione di cui al comma 1 se ne propone la conclusione in applicazione delle disposizioni di cui alla legge regionale n. 15 del 2004.

Per contro, ai sensi del comma 2, i procedimenti di autorizzazione commerciale oggetto della citata sospensione sono assoggettati alle disposizioni di cui all’odierna proposta.

Tuttavia, al fine di favorire la razionalizzazione della rete distributiva esistente attraverso la polarizzazione delle attività commerciali nell’ambito del medesimo contesto localizzativo, già positivamente individuato dallo strumento urbanistico ai sensi della legge regionale n. 15 del 2004, alla regola testé citata fanno eccezione i procedimenti di autorizzazione commerciale aventi ad oggetto la nuova apertura per concentrazione ed ampliamento per accorpamento ai sensi della legge regionale n. 15 del 2004, nonché al mutamento del settore merceologico; detti procedimenti sono infatti esaminati ai sensi della medesima legge regionale n. 15 del 2004.

Le disposizioni transitorie di cui al comma 3 stabiliscono che i procedimenti relativi alle fattispecie di cui agli articoli 1, 2 e 3 della legge regionale 26 ottobre 2012, n. 42, recante norme di interpretazione autentica di alcune disposizioni della legge regionale n. 15 del 2004, pendenti alla data di entrata in vigore della nuova legge, si concludano ai sensi della citata legge regionale n. 15 del 2004, come oggetto di interpretazione autentica ai sensi della legge regionale n. 42 del 2012.

Le disposizioni transitorie in esame consentono altresì, al comma 4, quale ulteriore misura di incentivo allo sviluppo del settore del commercio relativamente alle iniziative c.d. “immediatamente cantierabili”, l’ampliamento dimensionale, in misura non superiore al 20 per cento e comunque entro il limite massimo di mq. 2.500, delle grandi strutture di vendita e dei parchi commerciali autorizzati alla data di entrata in vigore della nuova legge, nel rispetto delle previsioni urbanistiche comunali e della normativa in materia di tutela ambientale, edilizia e viabilistica, vigenti alla data di entrata in vigore della nuova legge.

Trattasi di una facoltà che il soggetto privato è legittimato ad esercitare una tantum, previa presentazione di apposita domanda di autorizzazione allo Sportello Unico per le Attività Produttive (SUAP) del Comune competente per territorio entro il termine perentorio di sessanta giorni decorrenti dalla data di entrata in vigore della nuova legge, a condizione che il soggetto richiedente si impegni ad iniziare i lavori entro e non oltre il termine di sessanta giorni dal rilascio dell’autorizzazione commerciale. La disposizione in parola assume, pertanto, una specifica valenza di incentivo allo sviluppo di iniziative già esistenti e dotate della conformità urbanistica, nonché delle infrastrutture idonee a consentirne l’immediato incremento dimensionale, anche nell’ottica di favorire una riqualificazione della rete distributiva.

Alla fattispecie di cui trattasi trovano applicazione le disposizioni procedurali in materia di conferenza di servizi di cui al Capo VI della legge regionale n. 15 del 2004.

Al fine di assicurare l’efficace attuazione della sopravvenuta normativa regionale, l’articolo 29 reca le disposizioni dell’odierna proposta la cui applicazione è subordinata all’emanazione di alcuni provvedimenti attuativi da parte della Giunta regionale.

Trattasi, in sintesi, delle disposizioni di natura urbanistico-territoriale e di natura procedimentale relative alle grandi strutture di vendita da ubicarsi al di fuori dei centri storici. Le predette disposizioni urbanistico-territoriali trovano, infatti, applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione del regolamento regionale recante gli indirizzi per lo sviluppo del sistema commerciale, nonché della disciplina del procedimento di conferenza di servizi per il rilascio dell’autorizzazione commerciale.

Il proposto differimento dell’efficacia delle disposizioni afferenti alle grandi strutture di vendita da insediarsi al di fuori dei centri storici appare, infatti, giustificato dall’esigenza di assicurare la concreta attuazione delle sopravvenute disposizioni regionali, sotto il profilo della compatibilità urbanistico-territoriale e della sostenibilità degli interventi, alla luce della consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale la quale legittima una sospensione temporanea di procedimenti afferenti all’insediamento di attività commerciali in funzione di processi di rivisitazione urbanistica aventi una tempistica ben definita.

Da ultimo, nell’ambito delle residue disposizioni di carattere tecnico-normativo, si segnala, a completamento del corpus normativo che disciplina la materia del commercio, la previsione di cui all’articolo 31 relativa al rinvio, per tutto quanto non espressamente disciplinato dalla presente legge, alle disposizioni statali, in quanto compatibili, di cui al decreto legislativo n. 114 del 1998 e al decreto legislativo n. 59 del 2010 e successive modificazioni, citati in sede di illustrazione del quadro normativo di riferimento.

La Terza Commissione consiliare, nella seduta del 12 dicembre 2012, ha espresso, a maggioranza parere favorevole al testo modificato che si allega.

Hanno votato a favore i rappresentanti dei gruppi Lega Nord-Liga Veneta Padania (Baggio e Toscani), Popolo della Libertà (Mainardi con delega Bond) e Misto (Sandri). Astenuti i rappresentanti dei gruppi Partito Democratico Veneto (Fasoli, Bortoli e Tiozzo)e Unione di Centro (Valdegamberi).”.

- Relazione di minoranza della Terza Commissione consiliare, relatore il Vicepresidente della stessa consigliere Roberto Fasoli, nel testo che segue:

“Signor Presidente, colleghi consiglieri,

questo è un altro passaggio importante di questa sessione di fine anno di Consiglio perché interveniamo su una parte, credo, rilevantissima delle attività economiche, della programmazione del territorio della nostra Regione. Molte cose che ha detto il Presidente della Commissione, il relatore Luca Baggio, ovviamente, trovano anche il mio consenso, però vorrei precisarvi alcuni problemi che credo, nel corso della discussione, emergeranno.

Parto da un dato, che io considero importante, la legge interviene con delle finalità alle quali anche noi abbiamo collaborato e che sono certamente condivisibili, cioè l’idea di non sprecare ulteriore suolo della nostra Regione con insediamenti commerciali, che sono stati negli anni passati assolutamente invasivi oltre ogni logica, rivitalizzare i centri storici, favorire i cosiddetti negozi di prossimità per ragioni non solo di rivitalizzazione dei centri storici ma anche di risposta ad esigenze di una popolazione che, invecchiando, ha sempre più non solo bisogno di approvvigionarsi in loco, parlo dei generi alimentari in particolare, ma trova anche in questo sistema delle forme di socialità, che vengono mantenute e che, invece, i centri commerciali per una serie di ragioni, di lontananza dal centro e anche di impersonalità, quasi mai riescono a garantire.

Ci sono ragioni economiche, sociali, territoriali, urbanistiche e demografiche che consigliano un ripensamento delle politiche commerciali e, del resto, i grandi paesi nostri concorrenti stanno già facendo questo lavoro. In Commissione è stata fatta un’interessantissima esposizione da parte dell’Università del Politecnico di Milano che ci ha mostrato delle cose che confermano studi che sono stati anche fatti nelle Regioni del Settentrione, laddove si mostra che le grandi catene commerciali, quelle più avvedute, si stanno un po’ interrogando se la forma dell’ipercentro commerciale sia ancora quella che va meglio incontro alle esigenze dei cittadini.

Quindi, noi non abbiamo un dissenso, anzi, rispetto all’impostazione della legge, abbiamo alcune criticità, che io vorrei esporvi, anticipandovi quelli che saranno per noi pochi e selezionati emendamenti perché, lo dico con assoluta consapevolezza, il Gruppo del Partito Democratico in questa vicenda - credo che ce ne possa dare atto l’Assessore e tutta la sua struttura cui va il mio ringraziamento per la disponibilità che hanno dato a un confronto punto per punto, articolo per articolo, numero per numero - ha provato ad esercitare in Commissione un lavoro di discussione, di chiarimento, di modifica e, laddove possibile, ha introdotto già nel corso della discussione alcuni miglioramenti, io credo, che la struttura dell’Assessorato e l’Assessore stesso hanno accolto e dei quali io sono particolarmente soddisfatto.

Quali sono però le criticità che noi abbiamo, non voglio tenere banco o il “brodo lungo” per guadagnare tempo che non c’è da guadagnare proprio niente, andiamo ai punti essenziali? Il primo è un problema, che io ho già presentato all’Assessore, però purtroppo ormai le cose sono andate così; dal convegno di Verona di presentazione delle linee generali della legge sul commercio, alla presentazione da parte della Giunta alla Commissione del testo è trascorso grosso modo quasi un anno, è quando la legge è arrivata in Commissione, era già il mese di ottobre, il consigliere Baggio lo sa, la Commissione ha dato - spero ne venga dato atto - la massima disponibilità, addirittura in qualche caso con due riunioni la settimana perché siamo coscienti che la legge doveva intervenire e l’abbiamo portata in Aula per questo fine prima della fine dell’anno. Però ci sarebbe piaciuto, ripeto, e questo lo dico come rammarico, che il tempo per poter discutere di una legge così importante, (che ha a monte alcuni presupposti, che sono quelli che citavo prima, di carattere urbanistico, sociale, demografico e anche di logica commerciale) potesse essere meglio approfondita e digerita anche attraverso la discussione che nei gruppi, per forza di cose, Assessore e dottoressa Vidotti, che è presente in Aula, abbiamo dovuto costringere in tempi limitatissimi. Quindi in qualche modo, ripeto, impedendo anche quell’approfondimento, che non è solo sulla filosofia perché, quando una legge viene presentata, tu devi discutere degli articoli, di quello che ci sta sotto, non puoi buttarla in politica, devi dire al posto del comma a), del comma b) cosa cambi.

Quindi il fattore “tempo” è stato un problema. Poi c’è un’altra questione, che ci ha creato qualche imbarazzo, e questa incrocia due fattispecie, da una parte, la legislazione europea, l’ispirazione della legge, voi sapete, tiene conto dell’idea che in Europa passa, che non ci possano essere impedimenti al libero esercizio. Sommata all’idea che, anche prima il consigliere Baggio ha esposto, che lo Stato avoca a sé una serie di provvedimenti, il combinato disposto della Bolkestein senza nessun intervento, che non siano quelli previsti dalla Bolkestein stessa per la violazione di norme sulla viabilità, la salute e quant’altro, che sono indicati nella legge, con l’idea dello Stato che le norme che la Regione vuole introdurre siano illegittime provoca una situazione che rischia, Colleghi, di minare alla radice la filosofia della legge, che non è una filosofia dirigista ma è una filosofia regolativa che mette in capo ai comuni, alle autonomie locali e alla Regione stessa, per le strutture di grandi dimensioni, delle regole che evitano lo scempio al quale abbiamo assistito finora.

Ma se passa la regola che, di fronte ad ogni tipo di intervento la parola magica è “Bolkestein”, e quindi non si può intervenire e l’altra parola magica è “concorrenza” e quindi non si può intervenire, lo dico al consigliere Baggio, la nostra legge rischia di essere traballante perché cerca di normare una problematica sulla quale solo gli sciocchi possono pensare che non ci possa essere un intervento pubblico, ci dev’essere un intervento pubblico, non perché la Regione gestisca le macellerie o i negozi di indumenti intimi, per capirci, ma perché deve dire, non più sulla logica dei metri quadrati o dei volumi, ma sulla logica del tipo di insediamento che cos’è meglio fare nella nostra Regione.

Se viene a mancare questo presupposto, la legge che noi andiamo a discutere ora, che ha anche tanti buoni aspetti, rischia di essere una legge che poggia sulla sabbia. E questa è una preoccupazione che so, è talmente ovvia, che è condivisa anche dall’Assessore, e dalla sua struttura.

Questo è un punto importante, guardate che la sentenza della Corte Costituzionale non è una “robettina” perché tende a dire che sulla materia del commercio si interviene con le logiche della concorrenza, che sono in capo alle competenze nazionali. E se la logica è questa, noi potremo assistere a comuni, che sono privati di qualsiasi possibilità di intervento al punto tale - lo dico come provocazione, Assessore - che forse bisognerà considerare due strade possibili: o noi continuiamo a legiferare e a farci impugnare i provvedimenti, facendo le leggi migliori che noi riteniamo di poter fare perché si ponga il problema a livello nazionale e a livello del Parlamento oppure restituiamo le deleghe perché, se non possiamo intervenire sul tema del commercio perché è concorrenza e perché la Bolkestein dice che tutto è lecito tranne quello che, e noi facciamo le leggi e vengono sistematicamente impugnate ma mi spiegate che senso ha lavorare per un anno su un testo di legge per poi trovarci che viene cancellato con un tratto di penna? Mi spiegate che senso ha fare - eravamo alla fine dell’anno scorso - quel tentativo laborioso, che è stato anche un po’ burrascoso in Aula, ma per dare una risposta sempre all’eccessiva e smodata liberalizzazione che regolamentasse le aperture domenicali, per poi trovarsi impugnato il provvedimento? Guardate che le ricerche, che ha fatto Unioncamere, non come ha detto qualche malevolo a nome e per conto dell’assessore Luisa Coppola ma a nome e per conto dell’Università, che le ha poi svolte e conferma quelle fatte precedentemente dall’Università di Padova che potete sovrapporre a quelle risposte, ci hanno detto che le attese per la deregolamentazione totale degli orari e delle aperture non hanno prodotto nessuno dei risultati che qualcuno si immaginava. Non c’è nessuna crescita dei consumi significativa, non c’è nessuna crescita occupazionale, se non di tipo precario c’è un forte peggioramento dei rapporti di lavoro, che la sentenza della Corte Costituzionale dice che vorrebbe tutelare; c’è un problema di danno consistente ai negozi di piccolo taglio che, per concorrere con gli altri più grandi, si sono dovuti sobbarcare un aumento assolutamente incongruo degli orari per i titolari o per i familiari che lavorano nei negozi. Quella ricerca lì vorrei che qualcuno la guardasse e venisse più considerata, nonostante sia stata anche presentata sui giornali, pochi ne hanno dato seguito perché dal mio punto di vista, dal punto di vista del Gruppo del Partito Democratico non è la crociata contro il divieto della liberalizzazione degli orari o delle aperture domenicali, non siamo pasdaran integralisti, ci pareva però che la legge 30 fosse un intelligente intervento che dice: “Andiamo a negoziare con i comuni, con le associazioni di categoria, con le organizzazioni sindacali dentro un progetto quali possono essere le aperture” e uno dei pregi che il consigliere Baggio prima illustrava, i distretti, avevano lo scopo di dire che nei distretti commerciali si possono sperimentare delle forme ma diventava un incentivo a farlo il distretto.

Se io non ho più neanche l’incentivo e si può fare quello che si vuole.. per questo dico che è pesantissima, lo so benissimo che a fine anno è difficile spiegarsi su queste cose, e prevale l’idea di finire, però guardate, e mi piace avere visto assentire l’Assessore su questo, noi abbiamo una complicazione gravissima, io propendo per continuare a legiferare, presupponendo che sia nostra competenza regolare la materia, sono per far scoppiare il problema a livello nazionale. Ma è difficile tenere insieme la legge, che ha quei presupposti, che prima anche il relatore di maggioranza ha illustrato, che poi vedremo leggendo gli articoli, se viene a mancare la possibilità per la Regione di regolare alcuni interventi. C’è un punto significativo, che non è solo l’articolo 4, ma anche l’articolo 26 dove si parla delle grandi strutture di vendita, che sono da 15.000 metri in su, e poi indietro, 8.000, 4.000 a condizioni che l’articolo ben spiega, che fa un passo avanti importante, a nostro parere, per togliere di imbarazzo soprattutto i piccoli comuni che, di fronte a proposte di compensazione, potevano essere, uso così, virgolette, facilmente adescati da una grande struttura che ti dice: “Dammi la possibilità che ti faccio la palestra, la scuola, il campo sportivo e altre cose per le quali non hai neanche un soldo per fare nulla”.

Però se questo tema viene tolto, io vi lascio immaginare che cosa può succedere. Questo è un primo serio problema. Un secondo problema, anche qua, io apprezzo il fatto che sia stata introdotta per esempio ed accolta anche l’idea che, tra le variabili da considerare, soggetti protagonisti siano anche i lavoratori e le loro organizzazioni, non c’è stata nessuna polemica su questo, io ho presentato l’emendamento ed è stato accolto nel testo e segue la linea già della legge 30 e quindi mi fa piacere. Però i tempi stretti non ci hanno permesso, io l’ho constatato perché come gruppo abbiamo fatto anche noi delle consultazioni, di fare quel lavoro con i comuni e con le province, e devo dire che non è che abbiano dato in questa consultazione un fulgido esempio di interesse, parlo delle associazioni, mentre ho visto maggiore attenzione da parte dei comuni capoluogo che, sapendo di avere il grosso della materia sulle loro spalle, anzi, chiedono all’Assessore di essere maggiormente coinvolti e su questo presenteremo un emendamento perché il cuore del problema sarà come la legge viene applicata dal regolamento di cui si parla all’articolo 4.

Quello che io vorrei è, fatte salve le cose che dicevo prima, che sono poi pregiudiziali perché sono al di là del ruolo di maggioranza o minoranza, ma la possibilità della funzione legislativa di questo Consiglio, ci fosse nei tempi che la legge assegna alla Giunta per costruire la proposta regolamentare, quel lavoro di consultazione e di concertazione che io spero fortemente che sarà accolto anche in termini emendativi.

Ultime due questioni, e ho finito, uno dei punti centrali della legge è l’articolo 4, l’articolo 4 rinvia ad un Regolamento, che è il Regolamento di attuazione dei principi. Voi mi insegnate, soprattutto guardo i più esperti, che la legge che fissa i principi e rinvia ad un Regolamento, la valuti a Regolamento in mano. Il nostro Statuto, se non ricordo male, all’articolo 19, ma credo di ricordare esattamente, prevede che i Regolamenti siano di competenza del Consiglio “salvo”. Qua facciamo il “salvo”, diciamo che sono delegati alla Giunta. Noi abbiamo chiesto all’Assessore, e ci è stato dato, ma diteci almeno com’è fatto questo impianto del Regolamento, perché le strade sono due: o io metto tanta rigidità nell’articolo 4 per cui il Regolamento di fatto è dentro la legge e allora significava che la legge non sarebbe arrivata in Aula oggi, e poi avrebbe avuto delle rigidità maggiori. Sapete benissimo che un Regolamento di Consiglio è più difficile da modificare, oppure diteci almeno com’è fatto l’impianto di questo Regolamento. L’impianto del Regolamento ieri l’abbiamo potuto vedere. È una griglia interessante ma la griglia ha senso quando sai che cosa ci metti sopra perché altrimenti può stare lì solo a far caldo. Quando noi chiediamo che su quel Regolamento, su quella griglia si faccia la consultazione, prima ancora di arrivare in Commissione, vogliamo che diventino numeri, criteri per favorire o per disincentivare. Faccio l’esempi, tanto per capirci, se i comuni, che costruiscono una programmazione, sono favoriti o svantaggiati, quelle cose lì le dobbiamo discutere.

Io sono preoccupato, Presidente, perché lei è garante delle prerogative del Consiglio, - non è una battuta, per richiamare l’attenzione, è una cosa seria - che non ci sia un giusto equilibrio tra la necessità della Giunta di dare delle norme, che siano veloci e operative, e il Consiglio che possa sorvegliare la coerenza di queste norme con l’impianto che le premette, che le delega perché altrimenti noi, di fatto, facciamo una modifica statutaria strisciante che, pur non avendo previsto i decreti legislativi, nei fatti facciamo le delibere legislative perché, arrogando a sé il potere dell’articolo 19 dello Statuto, dal Consiglio alla Giunta, noi rischiamo di avere il Consiglio fa delle leggi quadro e poi il Consiglio diventa lo strumento operativo.

Ricapitolando, e finendo, noi faremo tutto quanto è nelle nostre possibilità per migliorare ulteriormente la legge, siamo profondamente amareggiati e preoccupati per il combinato disposto Bolkestein - centralizzazione, che mina alla radice alcuni dei fondamenti. Siamo un po’ preoccupati, tolgo il “po’”, siamo preoccupati per la tendenza eccessiva della Giunta di avocare a sé le decisioni, che possono condizionare la legge stessa e vorremmo che la fase di concertazione con le forze sociali, con gli imprenditori, con i comuni, con i consumatori fosse maggiormente esercitata con i tempi necessari.

Ecco, queste sono le cose che noi proporremo, ci sono degli altri emendamenti che poi proporrò, man mano che arriveremo, tipo il coinvolgimento dei comuni contermini nella programmazione, etc., che io mi riservo di presentare in Aula e vi prego di credere, ripeto, so per certo che l’Assessore e la struttura, che ha seguito la legge, sa che le cose sono andate così, che per quanto ci riguarda tutto il lavoro che è stato possibile, l’abbiamo fatto in Commissione e anche gli emendamenti, che sono presentati dal Gruppo del Partito Democratico, sono per la grandissima maggioranza già noti alla struttura, non mettono in difficoltà nessuno con colpi dell’ultima ora su questioni improvvisate e sono punti sui quali è lecito esercitare il dissenso, la discussione politica ma che non ci impediranno - ripeto - di dare il nostro contributo il più fattivo possibile affinché la legge arrivi in tempi utili, fatto salvo il problema per il quale io opto: è che noi continuiamo ad esercitare la nostra funzione legislativa, facendoci impugnare i provvedimenti finché qualcuno non si decide a dire se le competenze del commercio fanno parte delle deleghe del Titolo V oppure devono tutte riassegnate al Parlamento centrale, così ci togliamo il problema e ci occupiamo di altro. Grazie.

3. Note agli articoli

Nota all’articolo 1

- Il testo dell’art. 4, comma 2, del decreto legislativo n. 114/1998 è il seguente:

“4.¿Definizioni e ambito di applicazione del decreto.

1. 2. Il presente decreto non si applica:

a) ai farmacisti e ai direttori di farmacie delle quali i comuni assumono l’impianto e l’esercizio ai sensi della legge 2 aprile 1968, n. 475 , e successive modificazioni, e della legge 8 novembre 1991, n. 362 , e successive modificazioni, qualora vendano esclusivamente prodotti farmaceutici, specialità medicinali, dispositivi medici e presìdi medico-chirurgici;

b) ai titolari di rivendite di generi di monopolio qualora vendano esclusivamente generi di monopolio di cui alla legge 22 dicembre 1957, n. 1293 , e successive modificazioni, e al relativo regolamento di esecuzione, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 14 ottobre 1958, n. 1074 , e successive modificazioni;

c) alle associazioni dei produttori ortofrutticoli costituite ai sensi della legge 27 luglio 1967, n. 622 , e successive modificazioni;

d) ai produttori agricoli, singoli o associati, i quali esercitino attività di vendita di prodotti agricoli nei limiti di cui all’articolo 2135 del codice civile, alla legge 25 marzo 1959, n. 125 , e successive modificazioni, e alla legge 9 febbraio 1963, n. 59 , e successive modificazioni;

e) alle vendite di carburanti nonché degli oli minerali di cui all’articolo 1 del regolamento approvato con regio decreto 20 luglio 1934, n. 1303 , e successive modificazioni. Per vendita di carburanti si intende la vendita dei prodotti per uso di autotrazione, compresi i lubrificanti, effettuata negli impianti di distribuzione automatica di cui all’articolo 16 del decreto-legge 26 ottobre 1970, n. 745 , convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 1970, n. 1034, e successive modificazioni, e al decreto legislativo 11 febbraio 1998, n. 32 ;

f) agli artigiani iscritti nell’albo di cui all’articolo 5, primo comma, della legge 8 agosto 1985, n. 443 , per la vendita nei locali di produzione o nei locali a questi adiacenti dei beni di produzione propria, ovvero per la fornitura al committente dei beni accessori all’esecuzione delle opere o alla prestazione del servizio;

g) ai pescatori e alle cooperative di pescatori, nonché ai cacciatori, singoli o associati, che vendano al pubblico, al dettaglio, la cacciagione e i prodotti ittici provenienti esclusivamente dall’esercizio della loro attività e a coloro che esercitano la vendita dei prodotti da essi direttamente e legalmente raccolti su terreni soggetti ad usi civici nell’esercizio dei diritti di erbatico, di fungatico e di diritti similari;

h) a chi venda o esponga per la vendita le proprie opere d’arte, nonché quelle dell’ingegno a carattere creativo, comprese le proprie pubblicazioni di natura scientifica od informativa, realizzate anche mediante supporto informatico;

i) alla vendita dei beni del fallimento effettuata ai sensi dell’articolo 106 delle disposizioni approvate con regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 , e successive modificazioni;

l) all’attività di vendita effettuata durante il periodo di svolgimento delle fiere campionarie e delle mostre di prodotti nei confronti dei visitatori, purché riguardi le sole merci oggetto delle manifestazioni e non duri oltre il periodo di svolgimento delle manifestazioni stesse;

m) agli enti pubblici ovvero alle persone giuridiche private alle quali partecipano lo Stato o enti territoriali che vendano pubblicazioni o altro materiale informativo, anche su supporto informatico, di propria o altrui elaborazione, concernenti l’oggetto della loro attività.”.

Nota all’articolo 3

- Il testo dell’art. 40 della legge regionale n. 11/2004 è il seguente:

“Art. 40 - Centri storici e beni culturali.

1. Si considerano centri storici gli agglomerati insediativi urbani che conservano nell’organizzazione territoriale, nell’impianto urbanistico o nelle strutture edilizie i segni di una formazione remota e di proprie originarie funzioni economiche, sociali, politiche o culturali.

2. Costituiscono parte integrante di ciascun centro storico le aree in esso ricomprese o circostanti che, pur non avendo le caratteristiche di cui al comma 1, sono ad esse funzionalmente collegate in quanto interessate da analoghi modi d’uso.

3. Il piano di assetto del territorio (PAT) determina:

a) previa analisi dei manufatti e degli spazi liberi esistenti, le categorie in cui gli stessi devono essere raggruppati per le loro caratteristiche tipologiche, attribuendo valori di tutela in funzione degli specifici contesti da tutelare e salvaguardare;

b) per ogni categoria di cui alla lettera a), gli interventi e le destinazioni d’uso ammissibili;

c) i margini di flessibilità ammessi dal piano degli interventi (PI).

4. Il PAT provvede alle determinazioni di cui al comma 3, anche relativamente alle ville individuate nella pubblicazione dell’Istituto regionale per le Ville venete “Ville Venete - Catalogo e Atlante del Veneto” nonché agli edifici ed ai complessi di valore monumentale e testimoniale individuando, altresì, le pertinenze scoperte da tutelare e il contesto figurativo.

5. Il piano degli interventi (PI) attribuisce a ciascun manufatto la caratteristica tipologica di riferimento tra quelle determinate dal PAT, nonché la corrispondente categoria di intervento edilizio ai sensi del comma 3, lettere a) e b).”.

- Il testo dell’art. 3 del decreto legislativo n. 285/1992 è il seguente:

“Art. 3¿ Definizioni stradali e di traffico

1. Ai fini delle presenti norme le denominazioni stradali e di traffico hanno i seguenti significati:

1) Area di intersezione: parte della intersezione a raso, nella quale si intersecano due o più correnti di traffico.

2) Area pedonale: zona interdetta alla circolazione dei veicoli, salvo quelli in servizio di emergenza, i velocipedi e i veicoli al servizio di persone con limitate o impedite capacità motorie, nonché eventuali deroghe per i veicoli ad emissioni zero aventi ingombro e velocità tali da poter essere assimilati ai velocipedi. In particolari situazioni i comuni possono introdurre, attraverso apposita segnalazione, ulteriori restrizioni alla circolazione su aree pedonali.

3) Attraversamento pedonale: parte della carreggiata, opportunamente segnalata ed organizzata, sulla quale i pedoni in transito dall’uno all’altro lato della strada godono della precedenza rispetto ai veicoli.

4) Banchina: parte della strada compresa tra il margine della carreggiata ed il più vicino tra i seguenti elementi longitudinali: marciapiede, spartitraffico, arginello, ciglio interno della cunetta, ciglio superiore della scarpata nei rilevati.

5) Braccio di intersezione: cfr. Ramo di intersezione.

6) Canalizzazione: insieme di apprestamenti destinato a selezionare le correnti di traffico per guidarle in determinate direzioni.

7) Carreggiata: parte della strada destinata allo scorrimento dei veicoli; essa è composta da una o più corsie di marcia ed, in genere, è pavimentata e delimitata da strisce di margine.

8) Centro abitato: insieme di edifici, delimitato lungo le vie di accesso dagli appositi segnali di inizio e fine. Per insieme di edifici si intende un raggruppamento continuo, ancorché intervallato da strade, piazze, giardini o simili, costituito da non meno di venticinque fabbricati e da aree di uso pubblico con accessi veicolari o pedonali sulla strada.

9) Circolazione: è il movimento, la fermata e la sosta dei pedoni, dei veicoli e degli animali sulla strada.

10) Confine stradale: limite della proprietà stradale quale risulta dagli atti di acquisizione o dalle fasce di esproprio del progetto approvato; in mancanza, il confine è costituito dal ciglio esterno del fosso di guardia o della cunetta, ove esistenti, o dal piede della scarpata se la strada è in rilevato o dal ciglio superiore della scarpata se la strada è in trincea.

11) Corrente di traffico: insieme di veicoli (corrente veicolare), o pedoni (corrente pedonale), che si muovono su una strada nello stesso senso di marcia su una o più file parallele, seguendo una determinata traiettoria.

12) Corsia: parte longitudinale della strada di larghezza idonea a permettere il transito di una sola fila di veicoli.

13) Corsia di accelerazione: corsia specializzata per consentire ed agevolare l’ingresso ai veicoli sulla carreggiata.

14) Corsia di decelerazione: corsia specializzata per consentire l’uscita dei veicoli da una carreggiata in modo da non provocare rallentamenti ai veicoli non interessati a tale manovra.

15) Corsia di emergenza: corsia, adiacente alla carreggiata, destinata alle soste di emergenza, al transito dei veicoli di soccorso ed, eccezionalmente, al movimento dei pedoni, nei casi in cui sia ammessa la circolazione degli stessi.

16) Corsia di marcia: corsia facente parte della carreggiata, normalmente delimitata da segnaletica orizzontale.

17) Corsia riservata: corsia di marcia destinata alla circolazione esclusiva di una o solo di alcune categorie di veicoli.

18) Corsia specializzata: corsia destinata ai veicoli che si accingono ad effettuare determinate manovre, quali svolta, attraversamento, sorpasso, decelerazione, accelerazione, manovra per la sosta o che presentano basse velocità o altro.

19) Cunetta: manufatto destinato allo smaltimento delle acque meteoriche o di drenaggio, realizzato longitudinalmente od anche trasversalmente all’andamento della strada.

20) Curva: raccordo longitudinale fra due tratti di strada rettilinei, aventi assi intersecantisi, tali da determinare condizioni di limitata visibilità.

21) Fascia di pertinenza: striscia di terreno compresa tra la carreggiata ed il confine stradale. E’ parte della proprietà stradale e può essere utilizzata solo per la realizzazione di altre parti della strada.

22) Fascia di rispetto: striscia di terreno, esterna al confine stradale, sulla quale esistono vincoli alla realizzazione, da parte dei proprietari del terreno, di costruzioni, recinzioni, piantagioni, depositi e simili.

23) Fascia di sosta laterale: parte della strada adiacente alla carreggiata, separata da questa mediante striscia di margine discontinua e comprendente la fila degli stalli di sosta e la relativa corsia di manovra.

24) Golfo di fermata: parte della strada, esterna alla carreggiata, destinata alle fermate dei mezzi collettivi di linea ed adiacente al marciapiede o ad altro spazio di attesa per i pedoni.

25) Intersezione a livelli sfalsati: insieme di infrastrutture (sovrappassi; sottopassi e rampe) che consente lo smistamento delle correnti veicolari fra rami di strade poste a diversi livelli.

26) Intersezione a raso (o a livello): area comune a più strade, organizzata in modo da consentire lo smistamento delle correnti di traffico dall’una all’altra di esse.

27) Isola di canalizzazione: parte della strada, opportunamente delimitata e non transitabile, destinata a incanalare le correnti di traffico.

28) Isola di traffico: cfr. Isola di canalizzazione.

29) Isola salvagente: cfr. Salvagente.

30) Isola spartitraffico: cfr. Spartitraffico.

31) Itinerario internazionale: strade o tratti di strade facenti parte degli itinerari così definiti dagli accordi internazionali.

32) Livelletta: tratto di strada a pendenza longitudinale costante.

33) Marciapiede: parte della strada, esterna alla carreggiata, rialzata o altrimenti delimitata e protetta, destinata ai pedoni.

34) Parcheggio: area o infrastruttura posta fuori della carreggiata, destinata alla sosta regolamentata o non dei veicoli.

34-bis) Parcheggio scambiatore: parcheggio situato in prossimità di stazioni o fermate del trasporto pubblico locale o del trasporto ferroviario, per agevolare l’intermodalità (20).

35) Passaggio a livello: intersezione a raso, opportunamente attrezzata e segnalata ai fini della sicurezza, tra una o più strade ed una linea ferroviaria o tramviaria in sede propria.

36) Passaggio pedonale (cfr. anche Marciapiede): parte della strada separata dalla carreggiata, mediante una striscia bianca continua o una apposita protezione parallela ad essa e destinata al transito dei pedoni. Esso espleta la funzione di un marciapiede stradale, in mancanza di esso.

37) Passo carrabile: accesso ad un’area laterale idonea allo stanziamento di uno o più veicoli.

38) Piazzola di sosta: parte della strada, di lunghezza limitata, adiacente esternamente alla banchina, destinata alla sosta dei veicoli.

39) Pista ciclabile: parte longitudinale della strada, opportunamente delimitata, riservata alla circolazione dei velocipedi.

40) Raccordo concavo (cunetta): raccordo tra due livellette contigue di diversa pendenza che si intersecano al di sotto della superficie stradale. Tratto di strada con andamento longitudinale concavo.

41) Raccordo convesso (dosso): raccordo tra due livellette contigue di diversa pendenza che si intersecano al di sopra della superficie stradale. Tratto di strada con andamento longitudinale convesso.

42) Ramo di intersezione: tratto di strada afferente una intersezione.

43) Rampa di intersezione: strada destinata a collegare due rami di un’intersezione.

44) Ripa: zona di terreno immediatamente sovrastante o sottostante le scarpate del corpo stradale rispettivamente in taglio o in riporto sul terreno preesistente alla strada.

45) Salvagente: parte della strada, rialzata o opportunamente delimitata e protetta, destinata al riparo ed alla sosta dei pedoni, in corrispondenza di attraversamenti pedonali o di fermate dei trasporti collettivi.

46) Sede stradale: superficie compresa entro i confini stradali. Comprende la carreggiata e le fasce di pertinenza.

47) Sede tranviaria: parte longitudinale della strada, opportunamente delimitata, riservata alla circolazione dei tram e dei veicoli assimilabili.

48) Sentiero (o Mulattiera o Tratturo): strada a fondo naturale formatasi per effetto del passaggio di pedoni o di animali.

49) Spartitraffico: parte longitudinale non carrabile della strada destinata alla separazione di correnti veicolari.

50) Strada extraurbana: strada esterna ai centri abitati.

51) Strada urbana: strada interna ad un centro abitato.

52) Strada vicinale (o Poderale o di Bonifica): strada privata fuori dai centri abitati ad uso pubblico.

53) Svincolo: intersezione a livelli sfalsati in cui le correnti veicolari non si intersecano tra loro.

53-bis) Utente debole della strada: pedoni, disabili in carrozzella, ciclisti e tutti coloro i quali meritino una tutela particolare dai pericoli derivanti dalla circolazione sulle strade (24).

54) Zona a traffico limitato: area in cui l’accesso e la circolazione veicolare sono limitati ad ore prestabilite o a particolari categorie di utenti e di veicoli.

55) Zona di attestamento: tratto di carreggiata, immediatamente a monte della linea di arresto, destinato all’accumulo dei veicoli in attesa di via libera e, generalmente, suddiviso in corsie specializzate separate da strisce longitudinali continue.

56) Zona di preselezione: tratto di carreggiata, opportunamente segnalato, ove è consentito il cambio di corsia affinché i veicoli possano incanalarsi nelle corsie specializzate.

57) Zona di scambio: tratto di carreggiata a senso unico, di idonea lunghezza, lungo il quale correnti di traffico parallele, in movimento nello stesso verso, possono cambiare la reciproca posizione senza doversi arrestare.

58) Zona residenziale: zona urbana in cui vigono particolari regole di circolazione a protezione dei pedoni e dell’ambiente, delimitata lungo le vie di accesso dagli appositi segnali di inizio e di fine.

2. Nel regolamento sono stabilite altre definizioni stradali e di traffico di specifico rilievo tecnico.”.

- Il testo dell’art. 19 della legge n. 241/1990 è il seguente:

“19. Segnalazione certificata di inizio attività - Scia.

1. Ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l’esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi, è sostituito da una segnalazione dell’interessato, con la sola esclusione dei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali e degli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all’immigrazione, all’asilo, alla cittadinanza, all’amministrazione della giustizia, all’amministrazione delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco, nonché di quelli previsti dalla normativa per le costruzioni in zone sismiche e di quelli imposti dalla normativa comunitaria. La segnalazione è corredata dalle dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell’atto di notorietà per quanto riguarda tutti gli stati, le qualità personali e i fatti previsti negli articoli 46 e 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, nonché, ove espressamente previsto dalla normativa vigente, dalle attestazioni e asseverazioni di tecnici abilitati, ovvero dalle dichiarazioni di conformità da parte dell’Agenzia delle imprese di cui all’ articolo 38, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, relative alla sussistenza dei requisiti e dei presupposti di cui al primo periodo; tali attestazioni e asseverazioni sono corredate dagli elaborati tecnici necessari per consentire le verifiche di competenza dell’amministrazione. Nei casi in cui la normativa vigente prevede l’acquisizione di atti o pareri di organi o enti appositi, ovvero l’esecuzione di verifiche preventive, essi sono comunque sostituiti dalle autocertificazioni, attestazioni e asseverazioni o certificazioni di cui al presente comma, salve le verifiche successive degli organi e delle amministrazioni competenti. La segnalazione, corredata delle dichiarazioni, attestazioni e asseverazioni nonché dei relativi elaborati tecnici, può essere presentata mediante posta raccomandata con avviso di ricevimento, ad eccezione dei procedimenti per cui è previsto l’utilizzo esclusivo della modalità telematica; in tal caso la segnalazione si considera presentata al momento della ricezione da parte dell’amministrazione.

2. L’attività oggetto della segnalazione può essere iniziata dalla data della presentazione della segnalazione all’amministrazione competente.

3. L’amministrazione competente, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti di cui al comma 1, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della segnalazione di cui al medesimo comma, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa, salvo che, ove ciò sia possibile, l’interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro un termine fissato dall’amministrazione, in ogni caso non inferiore a trenta giorni. È fatto comunque salvo il potere dell’amministrazione competente di assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies. In caso di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaci, l’amministrazione, ferma restando l’applicazione delle sanzioni penali di cui al comma 6, nonché di quelle di cui al capo VI del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, può sempre e in ogni tempo adottare i provvedimenti di cui al primo periodo.

4. Decorso il termine per l’adozione dei provvedimenti di cui al primo periodo del comma 3 ovvero di cui al comma 6-bis, all’amministrazione è consentito intervenire solo in presenza del pericolo di un danno per il patrimonio artistico e culturale, per l’ambiente, per la salute, per la sicurezza pubblica o la difesa nazionale e previo motivato accertamento dell’impossibilità di tutelare comunque tali interessi mediante conformazione dell’attività dei privati alla normativa vigente.

4-bis. Il presente articolo non si applica alle attività economiche a prevalente carattere finanziario, ivi comprese quelle regolate dal testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e dal testo unico in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.

5. abrogato

6. Ove il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, nelle dichiarazioni o attestazioni o asseverazioni che corredano la segnalazione di inizio attività, dichiara o attesta falsamente l’esistenza dei requisiti o dei presupposti di cui al comma 1 è punito con la reclusione da uno a tre anni.

6-bis. Nei casi di Scia in materia edilizia, il termine di sessanta giorni di cui al primo periodo del comma 3 è ridotto a trenta giorni. Fatta salva l’applicazione delle disposizioni di cui al comma 4 e al comma 6, restano altresì ferme le disposizioni relative alla vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia, alle responsabilità e alle sanzioni previste dal decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e dalle leggi regionali.

6-ter. La segnalazione certificata di inizio attività, la denuncia e la dichiarazione di inizio attività non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili. Gli interessati possono sollecitare l’esercizio delle verifiche spettanti all’amministrazione e, in caso di inerzia, esperire esclusivamente l’azione di cui all’art. 31, commi 1, 2 e 3 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104.”.

Nota all’articolo 19

- Il testo dell’art. 7, comma 7, della legge regionale n. 15/2004 è il seguente:

“Art. 7 - Limiti dimensionali riferiti alla superficie di vendita e settori merceologici.

7. Il settore non alimentare a grande fabbisogno di superficie comprende la vendita esclusiva dei prodotti appartenenti alle seguenti categorie merceologiche: mobili, autoveicoli, motoveicoli, legnami, materiali edili, nautica.”.

Nota all’articolo 20

- Il testo dell’art. 71 del decreto legislativo n. 59/2010 è il seguente:

“Art. 71¿ Requisiti di accesso e di esercizio delle attività commerciali

1. Non possono esercitare l’attività commerciale di vendita e di somministrazione:

a) coloro che sono stati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza, salvo che abbiano ottenuto la riabilitazione;

b) coloro che hanno riportato una condanna, con sentenza passata in giudicato, per delitto non colposo, per il quale è prevista una pena detentiva non inferiore nel minimo a tre anni, sempre che sia stata applicata, in concreto, una pena superiore al minimo edittale;

c) coloro che hanno riportato, con sentenza passata in giudicato, una condanna a pena detentiva per uno dei delitti di cui al libro II, Titolo VIII, capo II del codice penale, ovvero per ricettazione, riciclaggio, insolvenza fraudolenta, bancarotta fraudolenta, usura, rapina, delitti contro la persona commessi con violenza, estorsione;

d) coloro che hanno riportato, con sentenza passata in giudicato, una condanna per reati contro l’igiene e la sanità pubblica, compresi i delitti di cui al libro II, Titolo VI, capo II del codice penale;

e) coloro che hanno riportato, con sentenza passata in giudicato, due o più condanne, nel quinquennio precedente all’inizio dell’esercizio dell’attività, per delitti di frode nella preparazione e nel commercio degli alimenti previsti da leggi speciali;

f) coloro che sono sottoposti a una delle misure di prevenzione di cui alla legge 27 dicembre 1956, n. 1423, o nei cui confronti sia stata applicata una delle misure previste dalla legge 31 maggio 1965, n. 575, ovvero a misure di sicurezza;

2. Non possono esercitare l’attività di somministrazione di alimenti e bevande coloro che si trovano nelle condizioni di cui al comma 1, o hanno riportato, con sentenza passata in giudicato, una condanna per reati contro la moralità pubblica e il buon costume, per delitti commessi in stato di ubriachezza o in stato di intossicazione da stupefacenti; per reati concernenti la prevenzione dell’alcolismo, le sostanze stupefacenti o psicotrope, il gioco d’azzardo, le scommesse clandestine, nonché per reati relativi ad infrazioni alle norme sui giochi.

3. Il divieto di esercizio dell’attività, ai sensi del comma 1, lettere b), c), d), e) ed f), e ai sensi del comma 2, permane per la durata di cinque anni a decorrere dal giorno in cui la pena è stata scontata. Qualora la pena si sia estinta in altro modo, il termine di cinque anni decorre dal giorno del passaggio in giudicato della sentenza, salvo riabilitazione.

4. Il divieto di esercizio dell’attività non si applica qualora, con sentenza passata in giudicato sia stata concessa la sospensione condizionale della pena sempre che non intervengano circostanze idonee a incidere sulla revoca della sospensione.

5. In caso di società, associazioni od organismi collettivi i requisiti morali di cui ai commi 1 e 2 devono essere posseduti dal legale rappresentante, da altra persona preposta all’attività commerciale e da tutti i soggetti individuati dall’articolo 2, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 3 giugno 1998, n. 252. In caso di impresa individuale i requisiti di cui ai commi 1 e 2 devono essere posseduti dal titolare e dall’eventuale altra persona preposta all’attività commerciale.

6. L’esercizio, in qualsiasi forma e limitatamente all’alimentazione umana, di un’attività di commercio al dettaglio relativa al settore merceologico alimentare o di un’attività di somministrazione di alimenti e bevande è consentito a chi è in possesso di uno dei seguenti requisiti professionali:

a) avere frequentato con esito positivo un corso professionale per il commercio, la preparazione o la somministrazione degli alimenti, istituito o riconosciuto dalle regioni o dalle province autonome di Trento e di Bolzano;

b) avere, per almeno due anni, anche non continuativi, nel quinquennio precedente, esercitato in proprio attività d’impresa nel settore alimentare o nel settore della somministrazione di alimenti e bevande o avere prestato la propria opera, presso tali imprese, in qualità di dipendente qualificato, addetto alla vendita o all’amministrazione o alla preparazione degli alimenti, o in qualità di socio lavoratore o in altre posizioni equivalenti o, se trattasi di coniuge, parente o affine, entro il terzo grado, dell’imprenditore, in qualità di coadiutore familiare, comprovata dalla iscrizione all’Istituto nazionale per la previdenza sociale;

c) essere in possesso di un diploma di scuola secondaria superiore o di laurea, anche triennale, o di altra scuola ad indirizzo professionale, almeno triennale, purché nel corso di studi siano previste materie attinenti al commercio, alla preparazione o alla somministrazione degli alimenti.

6-bis. Sia per le imprese individuali che in caso di società, associazioni od organismi collettivi, i requisiti professionali di cui al comma 6 devono essere posseduti dal titolare o rappresentante legale, ovvero, in alternativa, dall’eventuale persona preposta all’attività commerciale.

7. Sono abrogati i commi 2, 4 e 5 e 6 dell’articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e l’articolo 2 della legge 25 agosto 1991, n. 287.”.

Nota all’articolo 23

- Il testo dell’art. 68 del decreto legislativo n. 59/2010 è il seguente:

“Art. 68¿ Vendita per corrispondenza, televisione o altri sistemi di comunicazione

1. La vendita al dettaglio per corrispondenza, o tramite televisione o altri sistemi di comunicazione, di cui all’articolo 18 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, è soggetta a segnalazione certificata di inizio di attività da presentare allo sportello unico per le attività produttive del comune nel quale l’esercente, persona fisica o giuridica, intende avviare l’attività, ai sensi dell’articolo 19 della legge

7 agosto 1990, n. 241.

2. Al comma 3, dell’articolo 18 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, la parola: «comunicazione» è sostituita dalle seguenti: «segnalazione certificata di inizio di attività».

3. Il comma 1 dell’articolo 18 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, è abrogato.”.

Nota all’articolo 26

- Il testo dell’art. 34 del decreto legislativo n. 267/2000 è il seguente:

“34. ¿Accordi di programma.

1. Per la definizione e l’attuazione di opere, di interventi o di programmi di intervento che richiedono, per la loro completa realizzazione, l’azione integrata e coordinata di comuni, di province e regioni, di amministrazioni statali e di altri soggetti pubblici, o comunque di due o più tra i soggetti predetti, il presidente della Regione o il presidente della provincia o il sindaco, in relazione alla competenza primaria o prevalente sull’opera o sugli interventi o sui programmi di intervento, promuove la conclusione di un accordo di programma, anche su richiesta di uno o più dei soggetti interessati, per assicurare il coordinamento delle azioni e per determinarne i tempi, le modalità, il finanziamento ed ogni altro connesso adempimento.

2. L’accordo può prevedere altresì procedimenti di arbitrato, nonché interventi surrogatori di eventuali inadempienze dei soggetti partecipanti.

3. Per verificare la possibilità di concordare l’accordo di programma, il presidente della Regione o il presidente della provincia o il sindaco convoca una conferenza tra i rappresentanti di tutte le amministrazioni interessate.

4. L’accordo, consistente nel consenso unanime del presidente della Regione, del presidente della provincia, dei sindaci e delle altre amministrazioni interessate, è approvato con atto formale del presidente della Regione o del presidente della provincia o del sindaco ed è pubblicato nel bollettino ufficiale della Regione. L’accordo, qualora adottato con decreto del presidente della Regione, produce gli effetti della intesa di cui all’articolo 81 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, determinando le eventuali e conseguenti variazioni degli strumenti urbanistici e sostituendo le concessioni edilizie, sempre che vi sia l’assenso del comune interessato.

5. Ove l’accordo comporti variazione degli strumenti urbanistici, l’adesione del sindaco allo stesso deve essere ratificata dal consiglio comunale entro trenta giorni a pena di decadenza.

6. Per l’approvazione di progetti di opere pubbliche comprese nei programmi dell’amministrazione e per le quali siano immediatamente utilizzabili i relativi finanziamenti si procede a norma dei precedenti commi. L’approvazione dell’accordo di programma comporta la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza delle medesime opere; tale dichiarazione cessa di avere efficacia se le opere non hanno avuto inizio entro tre anni.

7. La vigilanza sull’esecuzione dell’accordo di programma e gli eventuali interventi sostitutivi sono svolti da un collegio presieduto dal presidente della Regione o dal presidente della provincia o dal sindaco e composto da rappresentanti degli enti locali interessati, nonché dal commissario del Governo nella Regione o dal prefetto nella provincia interessata se all’accordo partecipano amministrazioni statali o enti pubblici nazionali.

8. Allorché l’intervento o il programma di intervento comporti il concorso di due o più regioni finitime, la conclusione dell’accordo di programma è promossa dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, a cui spetta convocare la conferenza di cui al comma 3. Il collegio di vigilanza di cui al comma 7 è in tal caso presieduto da un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei Ministri ed è composto dai rappresentanti di tutte le regioni che hanno partecipato all’accordo. La Presidenza del Consiglio dei Ministri esercita le funzioni attribuite dal comma 7 al commissario del Governo ed al prefetto.”.

- Il testo dell’art. 35 della legge regionale n. 11/2004 è il seguente:

“Art. 35 - Perequazione urbanistica.

1. La perequazione urbanistica persegue l’equa distribuzione, tra i proprietari degli immobili interessati dagli interventi, dei diritti edificatori riconosciuti dalla pianificazione urbanistica e degli oneri derivanti dalla realizzazione delle dotazioni territoriali.

2. Il piano di assetto del territorio (PAT) stabilisce i criteri e le modalità per l’applicazione della perequazione urbanistica.

3. Il piano degli interventi (PI), i piani urbanistici attuativi (PUA), i comparti urbanistici e gli atti di programmazione negoziata attuano la perequazione disciplinando gli interventi di trasformazione da realizzare unitariamente, assicurando un’equa ripartizione dei diritti edificatori e dei relativi oneri tra tutti i proprietari delle aree e degli edifici interessati dall’intervento, indipendentemente dalle specifiche destinazioni d’uso assegnate alle singole aree.

4. Ai fini della realizzazione della volumetria complessiva derivante dall’indice di edificabilità attribuito, i piani urbanistici attuativi (PUA), i comparti urbanistici e gli atti di programmazione negoziata, individuano gli eventuali edifici esistenti, le aree ove è concentrata l’edificazione e le aree da cedersi gratuitamente al comune o da asservirsi per la realizzazione di servizi ed infrastrutture, nonché per le compensazioni urbanistiche ai sensi dell’articolo 37.”.

Nota all’articolo 28

- Il testo dell’art. 4 della legge regionale n. 30/2011 è il seguente:

“Art. 4 - Disposizioni transitorie in materia di procedimenti amministrativi per il rilascio di autorizzazioni commerciali per grandi strutture di vendita e parchi commerciali.

1. Ai fini di assicurare un maggior livello di tutela degli interessi pubblici generali di cui all’articolo 2, comma 1, lettere a), b) e c), nelle more dell’approvazione della nuova normativa regionale in materia di commercio al dettaglio su area privata e comunque entro e non oltre il termine di un anno dall’entrata in vigore della presente legge, sono sospesi i procedimenti amministrativi per il rilascio di autorizzazioni commerciali relativi a grandi strutture di vendita e parchi commerciali, ivi compresi quelli pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge, fatta eccezione per le ipotesi di trasferimento di sede e di modificazione delle autorizzazioni rilasciate, di cui all’articolo 20, comma 1, lettere a) e d) della legge regionale 13 agosto 2004, n. 15 “Norme di programmazione per l’insediamento di attività commerciali nel Veneto” e successive modificazioni.”.

- Il testo dell’art. 8, comma 1, lettere a) e b), della legge regionale n. 15/2004 è il seguente:

“Art. 8 - Definizioni.

1. Agli effetti della presente legge si definiscono:

a) concentrazione: la riunione in una nuova struttura di vendita di medie e/o grandi strutture preesistenti ed operanti da almeno tre anni nell’ambito delle stesso comune, di medesima titolarità al momento di presentazione della domanda;

b) accorpamento: l’ampliamento della superficie di media o grande struttura di vendita con le superfici di altre medie o grandi strutture di vendita preesistenti, operanti da almeno tre anni nell’ambito delle stesso comune e di medesima titolarità al momento di presentazione della domanda; possono essere oggetto di ampliamento con medie e grandi strutture di vendita anche gli esercizi di vicinato preesistenti ed operanti da almeno tre anni nell’ambito del medesimo comune purché rientranti nei limiti della programmazione commerciale rispettivamente delle medie e delle grandi strutture di vendita;”.

- Il testo degli articoli 1, 2 e 3 della legge regionale n. 42/2012 è il seguente:

“Art. 1 - Interpretazione autentica dell’articolo 8 della legge regionale 13 agosto 2004, n. 15 “Norme di programmazione per l’insediamento di attività commerciali nel Veneto” e successive modificazioni.

1. L’articolo 8, comma 1, lettera a), della legge regionale 13 agosto 2004, n. 15 “Norme di programmazione per l’insediamento di attività commerciali nel Veneto” si interpreta nel senso che la nuova struttura di vendita, in cui si riuniscono medie e/o grandi strutture preesistenti ed operanti da almeno tre anni nell’ambito dello stesso comune, di medesima titolarità al momento della presentazione della domanda, è ubicata in un luogo diverso dalle strutture oggetto di concentrazione.”.

“Art. 2 - Interpretazione autentica dell’articolo 10 della legge regionale 13 agosto 2004, n. 15 “Norme di programmazione per l’insediamento di attività commerciali nel Veneto” e successive modificazioni.

1. L’articolo 10 della legge regionale 13 agosto 2004, n. 15 e successive modificazioni si interpreta nel senso che:

a) agli esercizi di vicinato e alle medie strutture di vendita ubicate all’interno dei parchi commerciali oggetto di ricognizione ai sensi del comma 7 dell’articolo 10 della legge regionale 13 agosto 2004, n. 15 , si applicano le disposizioni di cui all’articolo 22 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 “Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell’articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59” e successive modificazioni;

b) le modifiche della ripartizione interna della superficie di vendita dei parchi commerciali, richieste nei limiti della superficie di vendita complessiva del parco commerciale, non sono assoggettate agli obiettivi di sviluppo della programmazione regionale di cui all’allegato B alla legge regionale 13 agosto 2004, n. 15 e successive modificazioni.”.

“Art. 3 - Interpretazione autentica dell’articolo 12 della legge regionale 13 agosto 2004, n. 15 “Norme di programmazione per l’insediamento di attività commerciali nel Veneto” e successive modificazioni.

1. L’articolo 12 della legge regionale 13 agosto 2004, n. 15 e successive modificazioni si interpreta nel senso che il rilascio dell’autorizzazione commerciale relativa all’outlet è consentito anche a favore dei soggetti che operano in nome e per conto dell’azienda produttiva.”.

4. Struttura di riferimento

Direzione commercio


1Fonte: Rapporto statistico  regionale 2011
2Fonte: Indagine Veneto Congiuntura realizzata da Unioncamere del Veneto su un campione  di 609 imprese con almeno tre dipendenti, diffuse sul territorio regionale.
3Fonte: Rapporto statistico regionale 2012
4Secondo qualificate fonti dottrinarie, la più recente localizzazione di un grande polo commerciale al di fuori del centro urbano negli Stati Uniti risale al 2007.
5Vedasi in tal senso la Dichiarazione di Toledo del 22 Giugno 2010 approvata dalla conferenza dei Ministri responsabili per lo Sviluppo Urbano e le Politiche Abitative degli Stati membri dell’Unione Europea.
6Comunicazione del 3 marzo 2010, COM(2010) 2020
7L’articolo 7 della legge regionale n. 15 del 2004 differenzia infatti i limiti dimensionali delle strutture di vendita a seconda della consistenza demografica (superiore o inferiore a 10.000 abitanti)  del comune in cui sono ubicate .
8La legge regionale n. 15 del 2004 prevede infatti l’applicazione del regime autorizzatorio per le medie strutture di vendita a partire dal limite di mq. 151 nei comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti.
9Trattasi di una procedura semplificata atta a stabilire, al di fuori delle ipotesi di assoggettamento alla VIA, se l’impatto ambientale connesso ad un insediamento commerciale sia suscettibile, o meno, di essere sottoposto alla VIA medesima

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