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Il Consiglio regionale ha approvatoIl Presidente della Giunta regionalepromulga
la seguente legge regionale:
La presente legge sarà pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione veneta. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione veneta.
Venezia, 21 settembre 2007
Galan
CAPO I - Principi generali
Art. 1 - Finalità.
Art. 2 - Campo di applicazione
Art. 3 - Definizioni
CAPO II - Requisiti per l’esercizio dell’attività
Art. 4 - Requisiti per l’esercizio dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande
CAPO III - Esercizio dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande
Art. 5 - Tipologia degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande
Art. 6 - Limitazioni alla vendita e alla somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche
Art. 7 - Informazione e promozione della consapevolezza dei rischi conseguenti all’abuso di bevande alcoliche
Art. 8 - Esercizi di somministrazione di alimenti e bevande
Art. 9 - Attività di somministrazione di alimenti e bevande non soggette ad autorizzazione
Art. 10 - Somministrazione non assistita
Art. 11 - Autorizzazioni temporanee
Art. 12 - Autorizzazioni stagionali
Art. 13 - Somministrazione con apparecchi automatici
Art. 14 - Denominazione degli esercizi di somministraione di alimenti e bevande
Art. 15 - Subingresso
Art. 16 - Gestione di reparto
Art. 17 - Decadenza, sospensione e revoca
CAPO IV - Orari
Art. 18 - Orari degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande
Art. 19 - Deroga per particolari periodi ed occasioni
Art. 20 - Limitazioni degli orari per esigenze pubbliche
Art. 21 - Orario degli esercizi misti
Art. 22 - Orario degli esercizi posti in autostrade e stazioni
Art. 23 - Orari di altri esercizi di somministrazione di alimenti e bevande
Art. 24 - Esercizi di somministrazione collocati in aree particolari
Art. 25 - Orari di particolari attività di vendita
Art. 26 - Scelta dell’orario
Art. 27 - Deroghe generali all’orario minimo
Art. 28 - Chiusura settimanale e ferie
Art. 29 - Cartello orario
CAPO V - Pubblicità dei prezzi ed attività accessorie
Art. 30 - Pubblicità dei prezzi
Art. 31 - Attività accessorie
CAPO VI – Sanzioni
Art. 32 – Sanzioni
CAPO VII - Programmazione delle attività di somministrazione di alimenti e bevande
Art. 33 - Criteri regionali
Art. 34 - Programmazione comunale
Art. 35 - Monitoraggio
CAPO VIII - Disposizioni transitorie e finali
Art. 36 - Norme di attuazione
Art. 37 - Abrogazioni e norme finali
Art. 38 - Norme transitorie
Dati informativi concernenti la legge regionale 21 settembre 2007, n. 29
Il presente elaborato ha carattere meramente informativo, per cui è sprovvisto di qualsiasi valenza vincolante o di carattere interpretativo. Pertanto, si declina ogni responsabilità conseguente a eventuali errori od omissioni.
Per comodità del lettore sono qui di seguito pubblicati a cura del direttore:
1. Procedimento di formazione
2. Relazione al Consiglio regionale
Signor Presidente, colleghi consiglieri,
il comparto della somministrazione di alimenti e bevande, disciplinato dalla legge 25 agosto 1991, n. 287, è rimasto per più di quindici anni privo di regole certe a causa della mancata emanazione del relativo regolamento di attuazione. Nel frattempo le abitudini alimentari degli italiani sono radicalmente cambiate con il costante sviluppo dei pranzi veloci fuori casa, mentre le problematiche del settore, sotto il profilo della disciplina dei subentri, dei trasferimenti di sede, delle autorizzazioni temporanee, degli ampliamenti, ecc.. hanno continuato ad aggravarsi, soprattutto in seguito all’abrogazione del decreto ministeriale n. 375/1988 operata dal decreto legislativo n. 114/1998. L’assenza di un regolamento di attuazione della legge n. 287/1991 aveva indotto alcuni comuni a tenere dei comportamenti arbitrari, non concedendo autorizzazioni a fronte di nuove richieste, con gravi danni per l’economia. A questo si deve aggiungere che la maggior parte delle regioni, ivi inclusa la Regione Veneto, non ha provveduto ad indicare ai comuni i criteri e i parametri per determinare il numero delle autorizzazioni rilasciabili per l’apertura di nuovi esercizi. Per superare lo stallo del settore il legislatore statale intervenne con vari provvedimenti e, da ultimo, con la legge n. 25/1996 il cui scopo precipuo era quello di permettere ai comuni di programmare, sia pure temporaneamente, il settore dei pubblici esercizi in assenza, sia del regolamento di attuazione della legge n. 287/1991, che delle direttive regionali.
In attesa dell’emanazione del regolamento di esecuzione della legge n. 287/1991, una parte rilevante della materia, vale a dire la somministrazione effettuata all’interno dei circoli privati in favore dei propri soci, veniva disciplinata autonomamente con il DPR n. 235/01 che, comunque, non ha risolto il problema del diffuso abusivismo presente in tale ambito.
Tutti i tentativi di emanare l’atteso regolamento sono definitivamente naufragati con la sentenza della Corte Costituzionale del 6 giugno 2001, n. 206, che ha sancito la competenza regolamentare delle regioni in materia di pubblici esercizi. Infine, con la riforma del titolo V della Costituzione la materia del commercio interno e della polizia amministrativa e, quindi, dei pubblici esercizi, si è vista confinata nell’ambito della competenza residuale esclusiva delle regioni che si trovano, pertanto, a normare il settore in assenza della cornice di una legislazione di principi, ferma restando l’esigenza di non violare la normativa in materia di tutela della concorrenza lasciata alla competenza esclusiva del legislatore statale.
Proprio al fine dichiarato di garantire la libertà di concorrenza e il corretto ed uniforme funzionamento del mercato, nonché di assicurare ai consumatori finali un livello “minimo ed uniforme” di condizioni di accessibilità all’acquisto di prodotti e servizi sul territorio nazionale, il legislatore statale è intervenuto nel settore della somministrazione al pubblico di alimenti e bevande con il decreto legge 4 luglio 2006, n. 283, convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.
Il decreto legge e la legge di conversione, peraltro impugnati innanzi alla Corte Costituzionale dalla Regione Veneto perché invasivi di una sfera di competenza che l’articolo 117 della Costituzione attribuisce alla competenza legislativa esclusiva delle regioni, contiene una serie di disposizioni immediatamente operative che riguardano:
- l’abolizione del Rec per la somministrazione nelle regioni che non hanno ancora legiferato in materia di somministrazione di alimenti e bevande;
- la “somministrazione non assistita”, vale a dire la possibilità, senza la necessità di una previa autorizzazione, del consumo immediato sul posto dei prodotti di gastronomia per gli esercizi di vicinato o dei propri prodotti per il titolare del panificio;
- la soppressione delle commissioni consultive previste per la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande dalla legge n. 287/1991 e, quindi, la possibilità per i comuni di determinare i parametri numerici senza dover previamente acquisire il parere obbligatorio e vincolante della commissione comunale, per i comuni con più di 10.000 abitanti o provinciale, per quelli sotto i 10.000 abitanti.
Trattasi di novità di cui si è dovuto tener conto nel corso dell’esame del presente progetto di legge e delle quali si è provveduto a dettare una puntuale disciplina, proprio per dare una risposta alle problematiche sorte nel settore della somministrazione in seguito all’entrata in vigore del citato decreto legge sulle “liberalizzazioni”.
Nonostante le difficoltà incontrate, il settore dei pubblici esercizi è una realtà produttiva molto importante per il nostro paese; basti pensare che i ristoranti rappresentano il terzo canale di vendita dei prodotti alimentari, dopo la grande distribuzione e il dettaglio tradizionale. Nel Veneto il mercato della somministrazione è composto da circa 20.000 imprese tra bar e ristoranti, a cui devono aggiungersi i circoli privati e i locali da ballo, con oltre 100.000 addetti ed un volume d’affari di 3 miliardi di euro. Nella nostra Regione è concentrato il 10 per cento delle imprese italiane che si occupano di somministrazione: solo la Lombardia ne ha di più. In particolare, l’elevato numero dei bar rispetto a quello dei ristoranti, è la dimostrazione che i primi hanno saputo cogliere maggiormente il cambiamento dello stile di vita degli italiani. Proprio il modificarsi delle abitudini alimentari hanno determinato il sorgere di molteplici tipologie di esercizi di somministrazione di alimenti e bevande che si sono affiancati ai tradizionali bar e ristoranti, si parla infatti di bar gastronomici, bar pasticceria, bar gelateria, pub, fast food, osteria con cucina, ecc.. I bar sono diventati sempre più, al mattino, luoghi di consumazione di pasti veloci o spuntini al banco, tra un turno di lavoro e l’altro, mentre nelle ore serali si sono trasformati in locali di socializzazione e animazione frequentati per lo più dai giovani. Si è registrata inoltre la necessità di avere punti di ristoro nei locali di intrattenimento e svago, come gli stabilimenti balneari e le sale gioco, nonché all’interno dei centri commerciali.
La nuova normativa regionale che segna la disapplicazione nel Veneto della legge n. 287/1991, vuole ridisciplinare il settore tenendo presenti le trasformazioni intervenute nel corso degli ultimi quattordici anni, ma vuole anche introdurre degli elementi di novità in grado di ammodernare ulteriormente il comparto tenendo sempre presente, comunque, la stretta connessione tra l’attività di somministrazione e l’esigenza di tutelare la salute del consumatore. Proprio per tale motivo, considerando anche i problemi di ordine pubblico, sorvegliabilità e sicurezza che tali attività possono determinare, la scelta è stata quella di mantenere una programmazione di settore di competenza comunale che, in ogni caso, segni il superamento dei semplici parametri numerici di cui alla legge n. 25/1996. Per garantire uniformità ed omogeneità al settore è previsto che la Giunta regionale, entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della legge, emani i criteri e i parametri di programmazione cui i comuni devono attenersi per il rilascio delle autorizzazioni per l’esercizio dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande al fine di assicurare la migliore funzionalità e produttività del servizio da rendere al consumatore tenendo conto anche dei flussi turistici e delle caratteristiche urbanistiche e di accessibilità nonché delle vocazioni delle diverse parti del territorio regionale.
Nell’ambito della programmazione di settore è data ai comuni la facoltà di individuare aree di particolare interesse storico, artistico, archeologico, architettonico ed ambientale, o tipizzate da consolidate tradizioni locali, dove l’attività di somministrazione può essere limitata o vietata per l’incompatibilità della loro natura con l’insediamento di tali attività commerciali ed i problemi di rumorosità, di orari, ecc.. che spesso vi sono connessi.
È utile considerare che nella normativa regionale non appare il tradizionale termine “pubblici esercizi” proprio del t.u.l.p.s. e della stessa legge n. 287/1991, bensì quello di “esercizi di somministrazione di alimenti e bevande” a conferma che la finalità perseguita è quella di dettare una disciplina uniforme per tutto il settore della somministrazione, indipendentemente dal fatto che tale attività venga esercitata in locali aperti al pubblico o nei confronti di una clientela ben determinata. Ciò è facilmente riscontrabile analizzando i requisiti professionali richiesti per l’esercizio dell’attività di somministrazione; in un ottica di qualificazione della figura dell’esercente e di tutela della salute del consumatore, la vecchia iscrizione al Registro esercenti il commercio per la somministrazione è sostituita con l’obbligo di frequenza di corsi di formazione professionale che assicurino, in particolare, la preparazione igienico-sanitaria dell’esercente e la conoscenza delle conseguenze derivanti dall’abuso di bevande alcoliche e superalcoliche, nonché con la previsione di eventuali corsi di aggiornamento per chi già esercita l’attività.
Scompare anche la figura del “delegato Rec” previsto per le società dalla legge n. 287/1991 che nella prassi si è trasformato in un semplice prestanome senza alcun legame con la vita dell’esercizio di somministrazione. Viceversa, viene introdotta la figura del “procuratore all’esercizio dell’attività di somministrazione” definito come colui al quale è conferita la rappresentanza nell’effettiva conduzione dell’esercizio di somministrazione di alimenti e bevande. È inoltre previsto che lo stesso soggetto non possa essere procuratore per più di un esercizio, proprio perché si vuole che chi è responsabile dell’attività di somministrazione risulti effettivamente incardinato nell’azienda, ponendo termine alla attuale situazione di abusivismo dove molto spesso la stessa persona risulta delegato Rec per molteplici società alle quali di fatto è totalmente estranea.
In conformità al principio, ribadito recentemente dal Ministero dell’interno con una nota del 31 gennaio 2006, dell’obbligatorietà della conduzione personale dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande, è stata codificata la figura del “preposto” inteso come la persona a cui è affidata l’effettiva conduzione del singolo esercizio di somministrazione quando il titolare, se persona fisica, o il legale rappresentante o il delegato, in caso di società, siano in possesso di più autorizzazioni. Il preposto dovrà possedere i requisiti morali e professionali richiesti per l’esercizio dell’attività di somministrazione, ma non sarà responsabile delle violazioni di norme materialmente commesse.
Per quanto riguarda i requisiti morali, è stata fatta la scelta di mantenere essenzialmente fermi quelli già individuati dalla legge n. 287/1991 sia perché conformi a quelli previsti dagli articoli 11 e 92 del t.u.l.p.s., sia perché meglio rispondenti agli aspetti igienico-sanitari e di ordine pubblico necessariamente connessi all’esercizio dell’attività di somministrazione.
L’adeguamento della normativa regionale all’evolversi delle abitudini alimentari e alla sempre maggiore quantità di pasti consumati fuori casa è, comunque, rappresentato dall’individuazione degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande in un’unica tipologia precisata come ”esercizi per la somministrazione di alimenti e bevande, comprese quelle alcoliche di qualsiasi gradazione”. Sarà il possesso dei requisiti igienico-sanitari, disciplinati dalle norme vigenti in materia, a determinare il tipo di attività che effettivamente ogni esercizio potrà svolgere. Con l’entrata in vigore della legge regionale, gli esercenti l’attività di somministrazione in possesso di un’autorizzazione, rilasciata ai sensi dell’articolo 5, comma 1, lettere a), b) e d) della legge n. 287/1991, potranno estendere la propria attività alle diverse tipologie di alimenti e bevande senza dover convertire il titolo autorizzatorio nel rispetto, comunque, della vigente normativa igienico-sanitaria.
Al fine di non stravolgere la programmazione comunale è prevista l’unificazione nella nuova tipologia unica delle autorizzazioni di cui alla legge n. 287/1991 intestate alla stessa persona fisica o società e relative ad un unico esercizio.
L’introduzione della tipologia unica richiede anche un’adeguata informazione all’utente che deve servire ad individuare le peculiarità dell’esercizio come ad esempio i bar gastronomici, i bar-caffè, i bar pasticceria, ecc.. Sempre ai fini di una tutela del consumatore, ma anche di valorizzazione e promozione delle tradizioni enogastronomiche locali, è prevista l’introduzione delle denominazioni di prodotto.
Sul fronte della semplificazione delle procedure amministrative vengono distinti gli esercizi di somministrazione soggetti ad autorizzazione, in quanto rientranti nella programmazione comunale, da quelli sottoposti a semplice dichiarazione di inizio attività ai sensi dell’articolo 19 della legge 241/1990, tra i quali rientrano anche i ristoranti “didattici”, vale a dire le esercitazioni aperte al pubblico svolte, con finalità prettamente formative, dagli Istituti Professionali Alberghieri. Inoltre, sono finalmente disciplinate le autorizzazioni stagionali e quelle temporanee, nonché le modalità di trasferimento della titolarità o della gestione di un esercizio per atto tra vivi o mortis causa. Viene infine introdotto anche nel settore della somministrazione l’istituto della gestione di reparto.
Per quanto riguarda la disciplina degli orari di apertura e chiusura degli esercizi di somministrazione, dell’orario minimo giornaliero, della chiusura settimanale e delle ferie è in gran parte confermato il contenuto della legge regionale n. 40/1994, con alcune peculiarità, dovute anche all’introduzione della tipologia unica. La chiusura settimanale diventa infatti facoltativa; l’esercente può facoltativamente chiudere l’esercizio sino ad un massimo di due giorni nell’arco della medesima settimana come può tenere aperto per tutti i giorni della settimana, con facoltà del comune di autorizzare, su motivata richiesta, ulteriori giorni di chiusura.
In ogni caso, per tutti gli esercizi di somministrazione l’orario massimo di chiusura è fissato alle ore 2 antimeridiane, con possibilità per il comune di autorizzarne la proroga alle ore 4 limitatamente agli esercizi in cui la somministrazione è effettuata congiuntamente ad un’attività di trattenimento e svago. Tali limiti di orario sono poi estesi anche a tutti quei esercizi artigianali e commerciali del settore alimentare che, dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 114/1998, possono esercitare la propria attività senza alcuna limitazione di orario, creando non pochi problemi di convivenza con la popolazione residente.
Altra novità importante è la fissazione dell’orario di chiusura delle discoteche, delle sale da ballo, dei circoli privati gestiti in forma imprenditoriale e, comunque, dei locali similari alle ore 3 antimeridiane, con apertura non oltre le ore 22, salva la possibilità per il comune di prorogane la chiusura alle ore 4. L’obiettivo è quello di colpire la “cultura della trasgressione e dello sballo” presente sempre più tra i giovani e che sfocia, tra le altre cose, nelle c.d. stragi del sabato sera.
In questo quadro si inseriscono anche le limitazioni alla vendita e al consumo di bevande alcoliche e superalcoliche, dalle ore 1 alle ore 6 antimeridiane, per tutti gli esercizi commerciali, artigianali e di somministrazione di alimenti e bevande, sia su aree private che su aree pubbliche.
Non si vuole certamente introdurre antiche forme di proibizionismo, bensì fornire un segnale di dissensi rispetto a questa dilagante cultura del bere che si sta affermando nel Veneto. Oggi, il bere è infatti divenuto una moda, ed è sempre più vissuto come “un cerimoniale di gruppo”, consumato tra i giovani che vogliono apparir per nulla intimiditi da tali eccessi, una cultura del bere che non fa differenza tra i due sessi, che vengono omologati nell’unicità del gruppo, nella comitiva con cui si esce, nella cerchia di amici su cui contare. Lo “sballo da alcool” non è soltanto causa delle ben note stragi del sabato sera, ma è sempre più fonte di episodi di aggressività e di teppismo che vedono i giovani come protagonisti e che stanno creando in molte zone dei centri storici delle nostre città gravi problemi di ordine e di sicurezza pubblica anche nei rapporti tra avventori e residenzialità.
La norma è poi in linea con la Raccomandazione del Consiglio, del 5 giugno 2001, sul consumo di bevande alcoliche da parte dei giovani, in particolare bambini e adolescenti che invita gli Stati membri ad adottare misure idonee a contenere il consumo di alcol tra i giovani.
A tutela del consumatore è previsto che il prezzo degli alimenti e delle bevande, con l’indicazione del tipo di servizio offerto, al tavolo o al banco, debba essere esposto in modo chiaro e facilmente leggibile anche dall’esterno del locale, onde evitare che il consumatore possa incorrere in sgradite sorprese al momento del pagamento della consumazione.
In conclusione, si può affermare che la normativa in esame da un lato vuole fornire nuovi strumenti ai comuni per arginare i problemi che le nostre città si trovano a vivere, legati alla promiscuità tra esercizi di somministrazione e residenzialità oltre che all’abuso di alcol, dall’altro introduce certamente dei meccanismi di liberalizzazione e di semplificazione del settore che possono consentire agli operatori una maggiore libertà di scelta imprenditoriale in un quadro di regole certe alla cui definizione partecipano attivamente i Comuni e le relative Unioni nell’esercizio delle nuove competenze programmatorie.
- Gli articoli 1, 2 e 3 riguardano rispettivamente le finalità, il campo di applicazione e le definizioni della legge regionale.
- L’articolo 4 delinea i requisiti morali e professionali per l’esercizio dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande.
- L’articolo 5 definisce la nuova tipologia unica.
- L’articolo 6 fissa le limitazioni alla vendita e alla somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche.
- Gli articoli 7 e 8 distinguono gli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande soggetti ad autorizzazione o a semplice dichiarazione di inizio attività.
- L’articolo 9 disciplina il nuovo istituto della somministrazione non assistita.
- Gli articoli 10, 11 e 12 disciplinano le autorizzazioni temporanee o stagionali nonché la somministrazione tramite apparecchi automatici.
- L’articolo 13 attribuisce alla Giunta regionale il compito di determinare le denominazioni di prodotto nonché le denominazioni che possono assumere gli esercizi di somministrazione.
- L’articolo 14 regola le ipotesi di subingresso delle autorizzazioni.
- L’articolo 15 introduce la gestione di reparto anche nel settore della somministrazione.
- L’articolo 16 indica i casi di decadenza, sospensione e revoca delle autorizzazioni o di chiusura dell’esercizio nel caso di attività intrapresa in seguito a d.i.a..
- Gli articoli da 17 a 23 nonché gli articoli 25, 26 e 28 regolamentano gli orari di apertura e di chiusura degli esercizi di somministrazione e le modalità di pubblicità degli stessi.
- L’articolo 24 determina gli orari di particolari attività di vendita del settore alimentare.
- L’articolo 27 disciplina la chiusura settimanale e le ferie.
- L’articolo 29 prevede forme di pubblicità dei prezzi, mentre l’articolo 30 afferisce alle attività accessorie.
- L’articolo 31 riguarda le sanzioni mutuate in parte dal t.u.l.p.s..
- Gli articoli 32 e 33 disciplinano la programmazione nel settore della somministrazione.
- L’articolo 34 descrive le ipotesi di monitoraggio del settore degli esercizi di somministrazione.
- Gli articoli 35 e 36 contengono rispettivamente le norme di attuazione, le abrogazioni e le norme finali.
- L’articolo 37 contiene le norme transitorie.
La Terza Commissione consiliare, nella seduta del 28 novembre 2006 ha espresso parere favorevole, all’unanimità dei presenti, nel testo modificato che si allega.
Hanno votato i rappresentanti dei Gruppi Forza Italia (con delega Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro - UDC), Alleanza Nazionale, Lega Nord-Liga Veneta Padania, Uniti nell’Ulivo-La Margherita e Progetto Nord Est.”.
3. Note agli articoli
Note all’articolo 3
- Il testo dell’art. 7, comma 1, della legge regionale n. 15/2004 è il seguente:
“Art. 7 - Limiti dimensionali riferiti alla superficie di vendita e settori merceologici.
1. Limiti dimensionali su tutto il territorio regionale sono:
a) per gli esercizi di vicinato:
1) superficie non superiore a 250 mq., nei comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti;
2) superficie non superiore a 150 mq. nei comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti;
b) per le medie strutture:
1) superficie oltre 250 mq. e non superiore a 2.500 mq. nei comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti;
2) superficie oltre 150 mq. e non superiore a 1.500 mq. nei comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti;
c) per le grandi strutture:
1) superficie oltre 2.500 mq e non superiore a 15.000 mq. nei comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti;
2) superficie oltre 1.500 mq. e non superiore a 15.000 mq. nei comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti.
- Il testo dell’art. 4, comma 2 ter del decreto legge n. 223/2006 è il seguente:
“4. Disposizioni urgenti per la liberalizzazione dell'attività di produzione di pane.
2-ter. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali e con il Ministro della salute, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, emana un decreto ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, volto a disciplinare, in conformità al diritto comunitario:
a) la denominazione di «panificio» da riservare alle imprese che svolgono l'intero ciclo di produzione del pane, dalla lavorazione delle materie prime alla cottura finale;
b) la denominazione di «pane fresco» da riservare al pane prodotto secondo un processo di produzione continuo, privo di interruzioni finalizzate al congelamento, alla surgelazione o alla conservazione prolungata delle materie prime, dei prodotti intermedi della panificazione e degli impasti, fatto salvo l'impiego di tecniche di lavorazione finalizzate al solo rallentamento del processo di lievitazione, da porre in vendita entro un termine che tenga conto delle tipologie panarie esistenti a livello territoriale;
c) l'adozione della dicitura «pane conservato» con l'indicazione dello stato o del metodo di conservazione utilizzato, delle specifiche modalità di confezionamento e di vendita, nonchè delle eventuali modalità di conservazione e di consumo.
Note all’articolo 4
- Il testo dell’art. 3 della legge n. 1423/1956 è il seguente:
“3. Alle persone indicate nell'art. 1 che non abbiano cambiato condotta nonostante l'avviso orale di cui all'articolo 4, quando siano pericolose per la sicurezza pubblica, può essere applicata, nei modi stabiliti negli articoli seguenti, la misura di prevenzione della sorveglianza speciale della pubblica sicurezza.
Alla sorveglianza speciale può essere aggiunto ove le circostanze del caso lo richiedano il divieto di soggiorno in uno o più comuni, diversi da quelli di residenza o di dimora abituale o in una o più Province.
Nei casi in cui le altre misure di prevenzione non sono ritenute idonee alla tutela della sicurezza pubblica può essere imposto l'obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale.”.
- Il testo dell’art. 2, comma 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 252/1998 è il seguente:
“2. Validità e ambiti soggettivi della documentazione antimafia.
3. Quando si tratta di associazioni, imprese, società e consorzi, la documentazione prevista dal presente regolamento deve riferirsi, oltre che all'interessato:
a) alle società;
b) per le società di capitali anche consortili ai sensi dell'articolo 2615-ter del codice civile, per le società cooperative, di consorzi cooperativi, per i consorzi di cui al libro V, titolo X, capo II, sezione II, del codice civile, al legale rappresentante e agli eventuali altri componenti l'organo di amministrazione, nonché a ciascuno dei consorziati che nei consorzi e nelle società consortili detenga una partecipazione superiore al 10 per cento, ed ai soci o consorziati per conto dei quali le società consortili o i consorzi operino in modo esclusivo nei confronti della pubblica amministrazione;
c) per i consorzi di cui all'articolo 2602 del codice civile, a chi ne ha la rappresentanza e agli imprenditori o società consorziate;
d) per le società in nome collettivo, a tutti i soci;
e) per le società in accomandita semplice, ai soci accomandatari;
f) per le società di cui all'articolo 2506 del codice civile, a coloro che le rappresentano stabilmente nel territorio dello Stato.”.
- Il testo dell’art. 10 bis della legge n. 575/1965 è il seguente:
“10-bis. Con decreto da emanarsi dal Presidente del Consiglio dei Ministri, d'intesa con tutti i Ministri interessati, entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, e da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, sarà costituito un elenco generale degli enti e delle amministrazioni legittimati a disporre le licenze, le concessioni e le iscrizioni, nonché le autorizzazioni, le abilitazioni e le erogazioni indicate nel primo comma dell'articolo 10. Con le stesse modalità saranno effettuati gli aggiornamenti eventualmente necessari.
Le cancellerie dei tribunali, delle corti d'appello e della Corte di cassazione debbono comunicare alla questura nella cui circoscrizione hanno sede, non oltre i cinque giorni dal deposito o, nel caso di atto impugnabile, non oltre i cinque giorni dalla scadenza del termine per l'impugnazione, copia dei provvedimenti emanati rispettivamente in base ai commi quinto, nono e decimo dell'articolo 4 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, nonché dei provvedimenti di cui ai commi 3, 4, 5 e 5-ter dell'articolo 10, e al secondo comma dell'articolo 10-quater. Nella comunicazione deve essere specificato se il provvedimento sia divenuto definitivo.
I procuratori della Repubblica, nel presentare al tribunale le proposte per l'applicazione di una delle misure di prevenzione di cui all'articolo 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, provvedono a darne contestuale comunicazione, in copia, alla questura nella cui circoscrizione ha sede il tribunale stesso.
I questori dispongono l'immediata immissione negli archivi magnetici del centro elaborazione dati di cui all'articolo 8 della legge 1° aprile 1981, n. 121, sia delle comunicazioni previste nei precedenti commi, sia delle proposte che essi stessi abbiano presentato per l'applicazione di una delle misure di prevenzione indicate nel capoverso che precede. Le informazioni predette sono contestualmente trasmesse alle prefetture attraverso i terminali installati nei rispettivi centri telecomunicazione.
Le prefetture comunicano tempestivamente agli organi ed enti indicati dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al primo comma e dai successivi decreti di aggiornamento, che abbiano sede nelle rispettive province, i provvedimenti esecutivi concernenti i divieti, le decadenze e le sospensioni previste nell'articolo 10. Per i provvedimenti di cui al comma 5 dell'articolo 10 la comunicazione, su motivata richiesta dell'interessato, può essere inviata anche ad organi o enti specificamente indicati nella medesima.
Ai fini dell'applicazione delle norme sull'albo nazionale dei costruttori, la comunicazione va, comunque, fatta dalla prefettura di Roma al Ministero dei lavori pubblici, entro e non oltre cinque giorni dalla ricezione del dato; dell'informativa debbono costituire oggetto anche le proposte indicate nel terzo e quarto comma.
Il pubblico amministratore, il funzionario o il dipendente che, malgrado l'intervenuta decadenza o sospensione, non dispone, entro trenta giorni dalla comunicazione, il ritiro delle licenze, autorizzazioni, abilitazioni o la cessazione delle erogazioni o concessioni ovvero la cancellazione dagli albi, è punito con la reclusione da due a quattro anni.
Se il fatto è commesso per colpa, la pena è della reclusione da tre mesi a un anno.
Le stesse pene si applicano in caso di rilascio di licenze, concessioni, autorizzazioni o abilitazioni ovvero di iscrizioni nonché di concessione di erogazioni in violazione delle disposizioni di cui all'articolo precedente.”.
- Il testo dell’art. 18 della legge n. 241/1990 è il seguente:
“18. Autocertificazione.
1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge le amministrazioni interessate adottano le misure organizzative idonee a garantire l'applicazione delle disposizioni in materia di autocertificazione e di presentazione di atti e documenti da parte di cittadini a pubbliche amministrazioni di cui alla legge 4 gennaio 1968, n. 15, e successive modificazioni e integrazioni. Delle misure adottate le amministrazioni danno comunicazione alla Commissione di cui all'articolo 27.
2. I documenti attestanti atti, fatti, qualità e stati soggettivi, necessari per l'istruttoria del procedimento, sono acquisiti d'ufficio quando sono in possesso dell'amministrazione procedente, ovvero sono detenuti, istituzionalmente, da altre pubbliche amministrazioni. L'amministrazione procedente può richiedere agli interessati i soli elementi necessari per la ricerca dei documenti.
3. Parimenti sono accertati d'ufficio dal responsabile del procedimento i fatti, gli stati e le qualità che la stessa amministrazione procedente o altra pubblica amministrazione è tenuta a certificare.”.
- Il testo dell’art. 2 della legge n. 287/1991 è il seguente:
“2. Iscrizione nel registro degli esercenti il commercio.
1. L'esercizio delle attività di cui all'articolo 1, comma 1, è subordinato alla iscrizione del titolare dell'impresa individuale o del legale rappresentante della società, ovvero di un suo delegato, nel registro degli esercenti il commercio di cui all'articolo 1 della legge 11 giugno 1971, n. 426, e successive modificazioni e integrazioni, e al rilascio dell'autorizzazione di cui all'articolo 3, comma 1, della presente legge.
2. L'iscrizione nel registro di cui al comma 1 è subordinata al possesso dei seguenti requisiti:
a) maggiore età, ad eccezione del minore emancipato autorizzato a norma di legge all'esercizio di attività commerciale;
b) aver assolto agli obblighi scolastici riferiti al periodo di frequenza del richiedente;
c) aver frequentato con esito positivo corsi professionali istituiti o riconosciuti dalle regioni o dalle province autonome di Trento e di Bolzano, aventi a oggetto l'attività di somministrazione di alimenti e di bevande, o corsi di una scuola alberghiera o di altra scuola a specifico indirizzo professionale, ovvero aver superato, dinanzi a una apposita commissione costituita presso la camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, un esame di idoneità all'esercizio dell'attività di somministrazione di alimenti e di bevande.
3. Sono ammessi all'esame previsto al comma 2, lettera c), coloro che sono in possesso di titolo di studio universitario o di istruzione secondaria superiore nonché coloro che hanno prestato servizio, per almeno due anni negli ultimi cinque anni, presso imprese esercenti attività di somministrazione di alimenti e di bevande, in qualità di dipendenti qualificati addetti alla somministrazione, alla produzione o all'amministrazione o, se trattasi di coniuge, parente o affine entro il terzo grado dell'imprenditore, in qualità di coadiutore.
4. Salvo che abbiano ottenuto la riabilitazione, e fermo quanto disposto dal comma 5, non possono essere iscritti nel registro di cui al comma 1 e, se iscritti, debbono essere cancellati coloro:
a) che sono stati dichiarati falliti;
b) che hanno riportato una condanna per delitto non colposo a pena restrittiva della libertà personale superiore a tre anni;
c) che hanno riportato una condanna per reati contro la moralità pubblica e il buon costume o contro l'igiene e la sanità pubblica, compresi i delitti di cui al libro secondo, titolo VI, capo II, del codice penale; per delitti commessi in stato di ubriachezza o in stato di intossicazione da stupefacenti; per reati concernenti la prevenzione dell'alcolismo, le sostanze stupefacenti o psicotrope, il gioco d'azzardo, le scommesse clandestine e la turbativa di competizioni sportive; per infrazioni alle norme sul gioco del lotto;
d) che hanno riportato due o più condanne nel quinquennio precedente per delitti di frode nella preparazione o nel commercio degli alimenti, compresi i delitti di cui al libro secondo, titolo VIII, capo II, del codice penale;
e) che sono sottoposti a una delle misure di prevenzione di cui all'articolo 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, e successive modificazioni, o nei cui confronti è stata applicata una delle misure previste dalla legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni ed integrazioni, ovvero sono sottoposti a misure di sicurezza o sono dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza;
f) che hanno riportato condanna per delitti contro la personalità dello Stato o contro l'ordine pubblico, ovvero per delitti contro la persona commessi con violenza, o per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione.
5. Nelle ipotesi di cui al comma 4, lettere b), c), d) ed f), il divieto di iscrizione nel registro di cui al comma 1 ha la durata di cinque anni a decorrere dal giorno in cui la pena è stata scontata o si sia in qualsiasi altro modo estinta ovvero, qualora sia stata concessa la sospensione condizionale della pena, dal giorno del passaggio in giudicato della sentenza.”.
Note all’articolo 6
- Il testo dell’art. 14 della legge n. 125/2001 è il seguente:
“14. Vendita di bevande superalcoliche sulle autostrade.
1. È vietata la vendita al banco di bevande superalcoliche nelle aree di servizio situate lungo le autostrade dalle ore 22 alle ore 6.
2. La violazione della disposizione di cui al comma 1 è punita con la sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma da lire 5 milioni a lire 10 milioni.”.
- Il testo dell’art. 176 del regio decreto n. 635/1940 è il seguente:
“176. Agli effetti dell'art. 86 della legge, non si considera vendita al minuto di bevande alcoliche quella fatta in recipienti chiusi secondo le consuetudini commerciali, e da trasportarsi fuori del locale di vendita, purché la quantità contenuta nei singoli recipienti non sia inferiore a litri 0,200 per le bevande alcoliche di cui all'art. 89 della legge, ed a litri 0,33 per le altre.
Per le bevande non alcoliche, è considerata vendita al minuto esclusivamente quella congiunta al consumo.”.
Note all’articolo 9
- Il testo dell’art. 19 della legge n. 241/1990 è il seguente:
“19. Dichiarazione di inizio attività.
1. Ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l'esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio dipenda esclusivamente dall'accertamento dei requisiti e presupposti di legge o di atti amministrativi a contenuto generale e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi, con la sola esclusione degli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all'immigrazione, all'amministrazione della giustizia, alla amministrazione delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco, alla tutela della salute e della pubblica incolumità, del patrimonio culturale e paesaggistico e dell'ambiente, nonché degli atti imposti dalla normativa comunitaria, è sostituito da una dichiarazione dell'interessato corredata, anche per mezzo di autocertificazioni, delle certificazioni e delle attestazioni normativamente richieste. L'amministrazione competente può richiedere informazioni o certificazioni relative a fatti, stati o qualità soltanto qualora non siano attestati in documenti già in possesso dell'amministrazione stessa o non siano direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni.
2. L'attività oggetto della dichiarazione può essere iniziata decorsi trenta giorni dalla data di presentazione della dichiarazione all'amministrazione competente. Contestualmente all'inizio dell'attività, l'interessato ne dà comunicazione all'amministrazione competente.
3. L'amministrazione competente, in caso di accertata carenza delle condizioni, modalità e fatti legittimanti, nel termine di trenta giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 2, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione dei suoi effetti, salvo che, ove ciò sia possibile, l'interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro un termine fissato dall'amministrazione, in ogni caso non inferiore a trenta giorni. È fatto comunque salvo il potere dell'amministrazione competente di assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies. Nei casi in cui la legge prevede l'acquisizione di pareri di organi o enti appositi, il termine per l'adozione dei provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione dei suoi effetti sono sospesi, fino all'acquisizione dei pareri, fino a un massimo di trenta giorni, scaduti i quali l'amministrazione può adottare i propri provvedimenti indipendentemente dall'acquisizione del parere. Della sospensione è data comunicazione all'interessato.
4. Restano ferme le disposizioni di legge vigenti che prevedono termini diversi da quelli di cui ai commi 2 e 3 per l'inizio dell'attività e per l'adozione da parte dell'amministrazione competente di provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione dei suoi effetti.
5. Ogni controversia relativa all'applicazione dei commi 1, 2 e 3 è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.”
- Il testo dell’art. 24 della legge regionale n. 15/2004 è il seguente:
“Art. 24 - Esercizi polifunzionali nei centri minori.
1. Sono esercizi polifunzionali i punti di vendita che comprendono il commercio al dettaglio di prodotti del settore merceologico alimentare, unitamente ad almeno tre diverse attività commerciali, economiche, amministrative o di servizi complementari organizzati secondo modalità e criteri stabiliti dalla Giunta regionale.
2. Nei centri a minore consistenza demografica i comuni, con provvedimento motivato in ordine alla carenza della distribuzione commerciale locale, per l'intero territorio o per parti di esso, possono rilasciare autorizzazioni all'apertura di esercizi polifunzionali aventi una superficie di vendita non superiore a mq. 250 in deroga alle disposizioni e ai criteri generali della programmazione regionale.
3. Gli esercizi polifunzionali, mediante apposita convenzione stipulata con il comune, devono garantire orari settimanali e periodi di apertura concordati. La Regione promuove il convenzionamento con enti pubblici o società di servizio anche private, riconoscendo l'utilità sociale delle attività di tali esercizi.
4. Nei centri di cui al comma 2, i comuni possono concedere a titolo gratuito e per un periodo convenuto l'uso di immobili in disponibilità ad aziende commerciali che ne facciano richiesta per l'attivazione di esercizi polifunzionali.
5. Per la durata del rapporto convenzionale agli esercizi polifunzionali è fatto divieto di trasferire la sede dell'attività in zone diverse da quelle in cui gli stessi risultano insediati. 6. Al fine di incentivare gli interventi di recupero edilizio, il miglioramento e l'inserimento di esercizi polifunzionali nei centri di cui al comma 2 gli oneri di urbanizzazione per la destinazione d'uso commerciale relativi all'insediamento degli stessi possono essere ridotti al cinquanta per cento rispetto ai valori calcolati ai sensi dell'articolo 82 della legge regionale 27 giugno 1985, n. 61 e successive modificazioni. I comuni stabiliscono la quota del contributo del costo di costruzione avendo particolare riguardo alle finalità del presente articolo.”.
Nota all’articolo 13
- Per il testo dell’art. 19 della legge n. 241/1990 vedi nota all’articolo 9
Nota all’articolo 20
- Il testo dell’art. 54, comma 3 del decreto legislativo n. 267/2000 è il seguente:
“54. Attribuzioni del sindaco nei servizi di competenza statale.
3. In casi di emergenza, connessi con il traffico e/o con l'inquinamento atmosferico o acustico, ovvero quando a causa di circostanze straordinarie si verifichino particolari necessità dell'utenza, il sindaco può modificare gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonché, d'intesa con i responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio, adottando i provvedimenti di cui al comma 2.”.
Note all’articolo 32
- Il testo degli artt. 17 bis, 17 ter e 17 quater del regio decreto n. 773/1931 è il seguente:
“17-bis. 1. Le violazioni alle disposizioni di cui agli articoli 59, 60, 75, 75-bis, 76, se il fatto è commesso contro il divieto dell'autorità, 86, 87, 101, 104, 111, 115, 120, comma secondo, limitatamente alle operazioni diverse da quelle indicate nella tabella, 121, 124 e 135, comma quinto, limitatamente alle operazioni diverse da quelle indicate nella tabella, sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire un milione a lire sei milioni.
2. La stessa sanzione si applica a chiunque, ottenuta una delle autorizzazioni previste negli articoli indicati nel comma 1, viola le disposizioni di cui agli articoli 8 e 9.
3. Le violazioni alle disposizioni di cui agli articoli 76, salvo quanto previsto nel comma 1, 81, 83, 84, 108, 113, quinto comma, 120, salvo quanto previsto nel comma 1, 126, 128, 135, escluso il comma terzo e salvo quanto previsto nel comma 1, e 147 sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire trecentomila a lire due milioni.
17-ter. 1. Quando è accertata una violazione prevista dall'art. 17-bis, commi 1 e 2, e dall'art. 221-bis il pubblico ufficiale che vi ha proceduto, fermo restando l'obbligo del rapporto previsto dall'art. 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689, ne riferisce per iscritto, senza ritardo, all'autorità competente al rilascio dell'autorizzazione o, qualora il fatto non concerna attività soggette ad autorizzazione, al questore.
2. Nei casi in cui è avvenuta la contestazione immediata della violazione, è sufficiente, ai fini del comma 1, la trasmissione del relativo verbale. Copia del verbale o del rapporto è consegnata o notificata all'interessato.
3. Entro cinque giorni dalla ricezione della comunicazione del pubblico ufficiale, l'autorità di cui al comma 1 ordina, con provvedimento motivato, la cessazione dell'attività condotta con difetto di autorizzazione ovvero, in caso di violazione delle prescrizioni, la sospensione dell'attività autorizzata per il tempo occorrente ad uniformarsi alle prescrizioni violate e comunque per un periodo non superiore a tre mesi. Fermo restando quanto previsto al comma 4 e salvo che la violazione riguardi prescrizioni a tutela della pubblica incolumità o dell'igiene, l'ordine di sospensione è disposto trascorsi trenta giorni dalla data di violazione. Non si dà comunque luogo all'esecuzione dell'ordine di sospensione qualora l'interessato dimostri di aver sanato le violazioni ovvero di aver avviato le relative procedure amministrative.
4. Quando ricorrono le circostanze previste dall'art. 100, la cessazione dell'attività non autorizzata è ordinata immediatamente dal questore.
5. Chiunque non osserva i provvedimenti previsti dai commi 3 e 4, legalmente dati dall'autorità, è punito ai sensi dell'art. 650 del codice penale.
17-quater. 1. Per le violazioni previste dall'art. 17-bis e dall'art. 221-bis consistenti nell'inosservanza delle prescrizioni imposte dalla legge o impartite dall'autorità nell'esercizio di attività soggette ad autorizzazione, l'autorità amministrativa con l'ordinanza-ingiunzione può applicare la sanzione amministrativa accessoria della sospensione dell'attività per un periodo non superiore a tre mesi.
2. La sanzione accessoria è disposta dal giudice penale con la sentenza di condanna nell'ipotesi di connessione obiettiva della violazione amministrativa con un reato di cui all'art. 24 della legge 24 novembre 1981, n. 689.
3. Nell'esecuzione della sanzione accessoria, si computa l'eventuale periodo di sospensione eseguita ai sensi dell'art. 17-ter.”.
Note all’articolo 38
- Il testo dell’art. 3 della legge n. 287/1991 è il seguente:
“3. Rilascio delle autorizzazioni.
1. L'apertura e il trasferimento di sede degli esercizi di somministrazione al pubblico di alimenti e di bevande, comprese quelle alcoliche di qualsiasi gradazione, sono soggetti ad autorizzazione, rilasciata dal sindaco del comune nel cui territorio è ubicato l'esercizio, sentito il parere della commissione competente ai sensi dell'articolo 6, con l'osservanza dei criteri e parametri di cui al comma 4 del presente articolo e a condizione che il richiedente sia iscritto nel registro di cui all'articolo 2. Ai fini del rilascio dell'autorizzazione il sindaco accerta la conformità del locale ai criteri stabiliti con decreto del Ministro dell'interno, ovvero si riserva di verificarne la sussistenza quando ciò non sia possibile in via preventiva. Il sindaco, inoltre, accerta l'adeguata sorvergliabilità dei locali oggetto di concessione edilizia per ampliamento.
2. L'autorizzazione ha validità fino al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello del rilascio, è automaticamente rinnovata se non vi sono motivi ostativi e si riferisce esclusivamente ai locali in essa indicati.
3. Ai fini dell'osservanza del disposto di cui all'articolo 4 del decreto-legge 9 dicembre 1986, n. 832 , convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1987, n. 15, i comuni possono assoggettare a vidimazione annuale le autorizzazioni relative agli esercizi di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande ubicati in aree a particolare interesse storico e artistico.
4. Sulla base delle direttive proposte dal Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato - dopo aver sentito le organizzazioni nazionali di categoria maggiormente rappresentative - e deliberate ai sensi dell'articolo 2, comma 3, lettera d), della legge 23 agosto 1988, n. 400 , le regioni - sentite le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative, a livello regionale - fissano periodicamente criteri e parametri atti a determinare il numero delle autorizzazioni rilasciabili nelle aree interessate. I criteri e i parametri sono fissati in relazione alla tipologia degli esercizi tenuto conto anche del reddito della popolazione residente e di quella fluttuante, dei flussi turistici e delle abitudini di consumo extradomestico.
5. Il comune, in conformità ai criteri e ai parametri di cui al comma 4, sentita la commissione competente ai sensi dell'articolo 6, stabilisce, eventualmente anche per singole zone del territorio comunale, le condizioni per il rilascio delle autorizzazioni.
6. I limiti numerici determinati ai sensi del comma 4 non si applicano per il rilascio delle autorizzazioni concernenti la somministrazione di alimenti e di bevande:
a) al domicilio del consumatore;
b) negli esercizi annessi ad alberghi, pensioni, locande o ad altri complessi ricettivi, limitatamente alle prestazioni rese agli alloggiati;
c) negli esercizi posti nelle aree di servizio delle autostrade e nell'interno di stazioni ferroviarie, aeroportuali e marittime;
d) negli esercizi di cui all'articolo 5, comma 1, lettera c), nei quali sia prevalente l'attività congiunta di trattenimento e svago;
e) nelle mense aziendali e negli spacci annessi ai circoli cooperativi e degli enti a carattere nazionale le cui finalità assistenziali sono riconosciute dal Ministero dell'interno;
f) esercitata in via diretta a favore dei propri dipendenti da amministrazioni, enti o imprese pubbliche;
g) in scuole; in ospedali; in comunità religiose; in stabilimenti militari, delle forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
h) nei mezzi di trasporto pubblico.
7. Le attività di somministrazione di alimenti e di bevande devono essere esercitate nel rispetto delle vigenti norme, prescrizioni e autorizzazioni in materia edilizia, urbanistica e igienica-sanitaria, nonché di quelle sulla destinazione d'uso dei locali e degli edifici, fatta salva l'irrogazione delle sanzioni relative alle norme e prescrizioni violate.”.
- Il testo dell’art. 5, comma 1 della legge n. 287/1991 è il seguente:
“5. Tipologia degli esercizi.
1. Anche ai fini della determinazione del numero delle autorizzazioni rilasciabili in ciascun comune e zona, i pubblici esercizi di cui alla presente legge sono distinti in:
a) esercizi di ristorazione, per la somministrazione di pasti e di bevande, comprese quelle aventi un contenuto alcoolico superiore al 21 per cento del volume, e di latte (ristoranti, trattorie, tavole calde, pizzerie, birrerie ed esercizi similari);
b) esercizi per la somministrazione di bevande, comprese quelle alcooliche di qualsiasi gradazione, nonché di latte, di dolciumi, compresi i generi di pasticceria e gelateria, e di prodotti di gastronomia (bar, caffè, gelaterie, pasticcerie ed esercizi similari);
c) esercizi di cui alle lettere a) e b), in cui la somministrazione di alimenti e di bevande viene effettuata congiuntamente ad attività di trattenimento e svago, in sale da ballo, sale da gioco, locali notturni, stabilimenti balneari ed esercizi similari;
d) esercizi di cui alla lettera b), nei quali è esclusa la somministrazione di bevande alcooliche di qualsiasi gradazione.”.
- Per il testo dell’art. 2 della legge n. 287/1991 vedi nota all’articolo 4.
4. Leggi regionali abrogate
L’art. 37 abroga le seguenti leggi regionali:
- 14 settembre 1994, n. 40;
- 19 novembre 1996, n. 38.
5. Struttura di riferimento
Direzione commercio
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