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Il Consiglio regionale ha approvatoIl Presidente della Giunta regionalepromulga
la seguente legge regionale:
La presente legge sarà pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione veneta. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione veneta.
Venezia, 18 maggio 2007
Galan
CAPO I - Disposizioni generali
Art. 1 - Finalità
Art. 2 - Obiettivi
Art. 3 - Oggetto
Art. 4 - Sistema regionale dell’innovazione
CAPO II - Disposizioni organizzative
Art. 5 - Comitato di indirizzo regionale per la ricerca scientifica, lo sviluppo tecnologico e l’innovazione
Art. 6 - Composizione del Comitato di indirizzo regionale per la ricerca scientifica, lo sviluppo tecnologico e l’innovazione
Art. 7 - Osservatorio regionale per la ricerca scientifica, lo sviluppo tecnologico e l’innovazione
Art. 8 - Composizione dell’Osservatorio regionale per la ricerca scientifica, lo sviluppo tecnologico e l’innovazione
Art. 9 - Commissione regionale per la valutazione della trasferibilità economica della ricerca universitaria e pubblica
Art. 10 - Veneto Innovazione Spa
CAPO III - Programmazione regionale
Art. 11 - Piano strategico regionale per la ricerca scientifica, lo sviluppo tecnologico e l'innovazione
Art. 12 - Provvedimenti annuali di intervento
Art. 13 - Principi informatori della programmazione per l’innovazione
Art. 14 - Principi informatori dei criteri di valutazione
Art. 15 - Soggetti valutatori
Art. 16 - Soggetto gestore
CAPO IV - Strumenti, tipologie di intervento e beneficiari
Art. 17 - Strumenti e tipologie di intervento
Art. 18 - Beneficiari
CAPO V - Disposizioni finanziarie
Art. 19 - Norma finanziaria
CAPO VI - Disposizioni transitorie e finali
Art. 20 - Disposizione transitoria in materia di programmazione
Art. 21 - Notifica delle azioni configurabili come aiuti di Stato
Art. 22 - Abrogazioni
(seguono allegati)
Dati informativi concernenti la legge regionale 18 maggio 2007, n. 9
Il presente elaborato ha carattere meramente informativo, per cui è sprovvisto di qualsiasi valenza vincolante o di carattere interpretativo. Pertanto, si declina ogni responsabilità conseguente a eventuali errori od omissioni.
Per comodità del lettore sono qui di seguito pubblicati a cura del direttore:
Procedimento di formazione
Relazione al Consiglio regionale
Signor Presidente, colleghi consiglieri,
nel mondo cresce la concorrenza per attirare investimenti nella ricerca e nell’innovazione. Oltre a Paesi dalla forte attrattiva come gli USA e il Giappone, sono emersi nuovi concorrenti quali la Cina, l’India e il Brasile e il sistema produttivo regionale ne ha inevitabilmente subito i contraccolpi come è facile constatare dalle cronache economiche degli ultimi anni.
Affinché la Regione del Veneto possa rimanere competitiva e mantenere il suo modello sociale occorre quindi dar vita ad un quadro di riforme strutturali capaci di sostenere lo sviluppo contribuendo a trovare soluzioni che concilino la crescita economica, lo sviluppo sociale e la protezione dell’ambiente. Inoltre, poiché le dimensioni della concorrenza sono tali che nessun sistema - nazionale o regionale - può farcela da solo, occorre che le strategie di rilancio valorizzino appieno le sinergie transnazionali e siano compatibili con il contesto europeo.
Nel quadro della politica regionale di sostegno all’impresa, ai distretti produttivi e, più in generale alle aggregazioni tra imprese, la presente proposta di legge regionale per la ricerca scientifica, il trasferimento tecnologico e lo sviluppo dell’innovazione rispecchia la determinazione della Regione del Veneto di conseguire questi obiettivi ponendo al centro della propria strategia lo sviluppo della società della conoscenza, la crescita economica e lo sviluppo sostenibile.
La nuova legge che si intende proporre, razionalizzando ed integrando il quadro normativo vigente, mira a stimolare nelle amministrazioni locali e nel contesto economico-sociale il consolidamento di alcune condizioni utili per individuare in modo autonomo le specifiche esigenze di innovazione e informazione, permettendo così di sfruttare al massimo lo spirito imprenditoriale e le competenze presenti nel Veneto.
A dimostrazione della citata volontà di razionalizzazione e integrazione del quadro normativo, la legge ha provveduto a fare propri, accorpandoli quindi, i contributi in materia e più specificamente quelli contenuti nel PDL 80 “Norme per la diffusione e realizzazione di progetti di ricerca scientifica e applicata delle università e degli istituti di ricerca del Veneto” nel PDL 145 “Disciplina generale degli interventi regionali in materia di innovazione, ricerca e sviluppo per la Regione Veneto” e nel PDL 74 “Disposizioni relative al trasferimento di tecnologie derivanti dalla ricerca universitaria e pubblica alle imprese del Veneto”.
Nello stesso modo e con lo stesso significato razionalizzante, nel titolo della legge così come nell’articolato viene utilizzato il termine ricerca scientifica in senso onnicomprensivo delle varie definizioni di ricerca contenute e nell’articolo 3 e, soprattutto, nel quadro definitorio che viene allegato alla medesima. Mentre pertanto il termine sviluppo economico è da intendersi nella sua trasversalità ed il termine innovazione va declinato secondo le tipologie descritte all’articolo 3, il termine ricerca scientifica comprende anche le categorie della ricerca industriale, di quella cooperativa e di quella collettiva.
La nuova legge, infine, cerca anche di far propri alcuni spunti derivanti dall’impegno della Regione del Veneto, in particolare negli ultimi mesi sul fronte della competitività del proprio sistema socio-economico.
Segue una breve descrizione del contesto di riferimento a livello europeo e nazionale nel quale qualsiasi proposta di riforma regionale deve necessariamente iscriversi. Vengono quindi delineate e motivate le linee guida - frutto di un esercizio di benchmarking eseguito dall’amministrazione regionale - che si sono seguite per la stesura dell’articolato normativo.
Chiude la predetta relazione una sintetica rappresentazione dell’articolato normativo.
QUADRO PROGRAMMATICO DI RIFERIMENTO
- LE POLITICHE EUROPEE
Nella definizione delle politiche per l’innovazione degli Stati membri emerge con chiarezza, sia a livello nazionale, sia a livello regionale, la centralità del contesto comunitario e la funzione di indirizzo svolta dall’Unione europea. Conseguentemente, una chiara visione ed un aggancio diretto alle politiche comunitarie per la ricerca e l’innovazione costituiscono la premessa indispensabile per l’elaborazione della linea politica del Governo regionale.
Fin dai tempi del celebre Libro Bianco “Crescita, competitività e occupazione”, presentato nel 1993 dalla Commissione Delors, l’Unione europea è consapevole che il miglioramento della competitività del proprio sistema produttivo e della qualità della vita dei suoi cittadini dipendendo, in larga misura dai progressi delle conoscenze e dalla capacità del sistema produttivo di trasformarli in processi, prodotti e servizi.
L’attuazione di questo grande progetto di modernizzazione sociale ed economica dell’Unione Europea, noto come Strategia di Lisbona, trova inizio con il Consiglio Europeo del marzo 2000. In essa si riconosce il ruolo fondamentale della società della conoscenza quale strumento per favorire lo sviluppo sostenibile e viene fissato l’obiettivo di far diventare l’Europa, entro il 2010, l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare crescita economica, nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale. A questo scopo, gli Stati membri concordano anche sulla necessità di raggiungere un livello di spesa complessiva del 3 per cento del Pil comunitario per gli investimenti in Ricerca e Sviluppo.
A metà percorso tuttavia, il Rapporto della Commissione Kok (Novembre 2004), relativo allo stato di attuazione della strategia di Lisbona, ha constatato il sostanziale insuccesso del percorso fino a quel momento seguito e la permanenza di un ampio divario in termini di crescita rispetto all’America Settentrionale e all’Asia. Secondo il Consiglio europeo del marzo 2005, questa situazione, sommata alla bassa natalità e all’invecchiamento della popolazione in Europa, impone di considerare la realizzazione della società della conoscenza come la massima priorità dell’UE e di applicare con maggiore efficacia la strategia delineata a Lisbona al fine di recuperare il tempo perduto. Allo stato attuale infatti, l’UE consacra solo l’1,96 per cento del suo PIL alla ricerca e allo sviluppo, rispetto al 2,59 per cento degli Stati Uniti e al 3,12 per cento del Giappone (cfr. Dati Eurostat: Key Figures 2005 on Science, Technology and Innovation). In particolare, il divario tra gli Stati Uniti e l’UE è pari a circa 130 miliardi di euro l’anno che, per l’80 per cento, è da attribuire al divario della spesa del sistema privato nel settore della ricerca e dello sviluppo. In questo contesto la situazione italiana è ancora più critica collocandosi tra gli ultimi posti del quadro europeo con solo l’1,40 per cento di investimenti in RST di cui oltre il 50 per cento a carico del sistema pubblico.
Nella revisione che ne è derivata, la Commissione ha proposto il rilancio della strategia di Lisbona concentrando gli sforzi dell’Unione europea su due obiettivi principali: assicurare una crescita più stabile e duratura e creare nuovi e migliori posti di lavoro. Per conseguire tale duplice obiettivo secondo la Commissione “gli unici strumenti sono la conoscenza e l’innovazione” considerate il vero fulcro della crescita europea.
Il Parlamento europeo ha avallato questa proposta nella sua risoluzione del marzo 2005 concernente gli orientamenti per la futura politica comunitaria di sostegno alla ricerca. Analogamente negli ultimi Consigli europei del 2005, i Capi di Stato e di Governo hanno annunciato la loro intenzione di incrementare il potenziale di crescita economica e rafforzare la competitività europea investendo soprattutto nella conoscenza, nell’innovazione e nel capitale umano.
Ai fini della programmazione regionale qui discussa, l’elemento di vero rilievo del rilancio della strategia di Lisbona è la revisione della sua struttura di ‘governance’, mirata a definire più precisamente le responsabilità e competenze a livello nazionale e comunitario. Essa parte dall’assunto che l’attuazione della politica per la ricerca e l’innovazione fa parte delle competenze degli Stati membri che spesso le esercitano a livello regionale o locale. Spetta quindi a questi ultimi adottare specifici Programmi nazionali per la crescita e l’occupazione. Compito della Commissione è quello di affiancare gli sforzi degli Stati membri ed elaborare strumenti complementari di sostegno (quali il Programma quadro di ricerca e sviluppo tecnologico, i Fondi strutturali europei, i Centri Relay di Innovazione-IRC, la rete delle Regioni Innovative d’Europa-IRE, ecc.) ma il successo della Strategia di Lisbona dipende in primo luogo dai Governi nazionali e regionali e dalla loro determinazione nell’introdurre le necessarie riforme strutturali. In tale prospettiva, la Commissione ha già presentato, come complemento ai programmi nazionali, un “Programma comunitario di Lisbona” contemplante tutte le azioni a livello comunitario suddivise in tre settori principali:
- porre la conoscenza e l'innovazione al servizio della crescita;
- rendere l'Europa più capace di attrarre investimenti e lavoro;
- creare nuovi e migliori posti di lavoro.
Nel quadro di questa nuova strategia i progressi compiuti e l’attuazione dei programmi - sia in ambito nazionale che comunitario - saranno monitorati mediante un’unica relazione annuale UE sullo stato di avanzamento. Sulla base di questa valutazione annuale la Commissione individuerà le ulteriori azioni eventualmente necessarie a livello comunitario e rivedrà di conseguenza il programma successivo della strategia di Lisbona.
- LE POLITICHE NAZIONALI
Come si è detto, per raggiungere una crescita forte e sostenibile occorre una vigorosa risposta politica integrata, possibile solo attraverso un coordinamento tra i livelli europeo, nazionale e regionale, in modo da mobilitare una miscela coerente di strumenti attinenti alla ricerca, all'innovazione e ad altre politiche correlate (cd. policy mixes).
L’originario Piano d’azione comunitario finalizzato ad aumentare gli investimenti nella ricerca ed il correlato obiettivo del 3 per cento , hanno avuto un effetto trainante sulle economie degli Stati membri. Quasi tutti hanno fissato obiettivi che - se raggiunti - porteranno entro il 2010 l'investimento nella ricerca UE al 2,6 per cento del PIL. Ciò nonostante, l’intensità della ricerca nell’UE, invece di aumentare appare più o meno stagnante (cfr. Dati Eurostat: Key Figures 2005 on Science, Technology and Innovation). Nella maggior parte degli Stati membri l’ambizione delle iniziative politiche e l’aumento degli investimenti pubblici e privati per la ricerca e l’innovazione rimangono ben al di sotto di quanto richiederebbero i loro obiettivi nazionali. Non solo l’innovazione europea non è aumentata a sufficienza ma ciò che continua a rimanere particolarmente esiguo è il livello dell’investimento privato (cfr. Trendchart in European Innovation Scorebord) che, secondo lo schema di Lisbona, dovrebbe invece rappresentare i due terzi degli investimenti.
Tra i rimedi proposti nella nuova concezione della strategia di Lisbona le azioni politiche a livello comunitario e degli Stati membri sono state diversificate in agende di lavoro complementari ma ben distinte. L’azione europea deve coadiuvare ed integrare gli sforzi delle autorità nazionali e del settore privato. Gli Stati membri sono chiamati invece a riformare e rafforzare i loro sistemi pubblici di ricerca e innovazione, agevolare partenariati pubblico-privati, assicurare un contesto normativo favorevole, contribuire a sviluppare mercati finanziari propizi e creare condizioni attraenti in materia di istruzione, formazione e carriere.
Per questo, nelle istruzioni impartite dal Consiglio europeo è stato chiesto ai Paesi membri di presentare un Piano nazionale di attuazione tenendo conto, da un lato, delle loro peculiarità economiche e sociali e dall’altro, di 24 linee guida elaborate dagli organi dell’Unione.
Partendo da questi presupposti, anche l’Italia ha elaborato il proprio Piano per l’Innovazione, la Crescita e l’Occupazione - denominato PICO. che introduce alcune scelte mirate a far avanzare la frontiera della conoscenza e della tecnologia su quanto è stato fatto finora in attuazione della strategia di Lisbona (il testo integrale del documento può essere consultato sul sito del Governo italiano: “www.politichecomunitarie.it”).
Il Piano nazionale italiano - recentemente approvato dal Consiglio europeo del 23-24 marzo 2006 - indica che cosa lo Stato intende fare per migliorare le condizioni dell’ambiente economico e sociale al fine di propiziare crescita e occupazione, ma soprattutto si prefigge di ampliare le libertà di scelta dei cittadini affinché essi possano fare ciò che sanno e vogliono fare.
A seguito delle consultazioni effettuate e dei lavori svolti, il PICO ha raggruppato le 24 linee-guida indicate dal Consiglio europeo in cinque categorie operative prese come obiettivi prioritari del Piano. Esse sono:
- l’ampliamento dell’area di libera scelta dei cittadini e delle imprese;
- l’incentivazione della ricerca scientifica e dell’innovazione tecnologica;
- il rafforzamento dell’istruzione e della formazione del capitale umano;
- l’adeguamento delle infrastrutture materiali e immateriali;
- la tutela ambientale.
A livello operativo, il Piano è stato strutturato su due categorie di interventi: i provvedimenti aventi validità generale per il sistema economico ed i progetti specifici con ricadute positive sulla produttività e competitività dell’economia italiana. Secondo le aspettative del Piano, l’insieme dei provvedimenti e progetti faranno avvicinare le spese in ricerca e sviluppo (R&S) all’obiettivo del 3 per cento del PIL suggerito dalla Commissione (anche se il PICO avanza riserve sulla significatività di questo parametro in generale e in particolare per una struttura economica come quella prevalente in Italia). Più significativa appare invece la stima effettuata sull’impatto macroeconomico derivante dall’attuazione del Piano con un innalzamento del reddito potenziale attuale nell’ordine dell’1 per cento e un parallelo rafforzamento del potere di acquisto salariale. Questi effetti inoltre, anche se non in misura quantificabile a priori, dovrebbero aumentare per le sinergie create dalla simultanea attuazione del rilancio della Strategia di Lisbona negli altri 24 paesi dell’Unione e dell’azione di supporto che la Commissione europea espliciterà nei contenuti dopo la presentazione dei Piani nazionali.
- STRATEGIA DELLA REGIONE DEL VENETO PER LA RICERCA, IL TRASFERIMENTO TECNOLOGICO E LO SVILUPPO DELL’INNOVAZIONE
Con sempre maggior chiarezza la nuova strategia comunitaria per la crescita sta prendendo in considerazione la dimensione regionale come strumento essenziale per fare delle regioni i catalizzatori della ricerca innovativa e gli artefici di un nuovo paradigma di sviluppo socio-economico. Considerando altresì che la Regione costituisce all’interno del sistema interistituzionale l’elemento di snodo del processo di devoluzione amministrativa, molte azioni risultano maggiormente efficaci se concepite a livello regionale, in quanto è a questo livello che risulta possibile percepire al meglio le esigenze del sistema locale.
Nel particolare contesto socio-economico in atto, caratterizzato da una situazione di concorrenza mondiale sempre più aspra, si tratta di un’occasione di rilancio e consolidamento della competitività di sistema che occorre non lasciarsi sfuggire. Come è noto la sempre più accentuata competitività tra territori/sistemi produttivi tende a rendere più importanti la capacità di valorizzare le competenze locali ed attrarre nuove risorse qualificanti lo sviluppo del territorio.
Partendo da queste considerazioni la Regione del Veneto intende operare tramite la proposta di legge regionale per la ricerca scientifica, il trasferimento tecnologico e lo sviluppo dell’innovazione come motore di progettualità ed interfaccia tra le diverse componenti del sistema in modo da integrare le competenze e specificità presenti sul territorio con gli indirizzi comunitari e nazionali in materia, sfruttandone ogni possibile sinergia ed implementandoli in adeguate politiche locali e processi/azioni di innovazione.
- LINEAMENTI DELLA STRATEGIA REGIONALE
Sulla base di queste considerazioni e dell’esercizio di benchmarking delle politiche e prassi utilizzate dai sistemi nazionali e regionali più avanzati, non sembra sufficiente, per dar vita ad una reale economia regionale della conoscenza, cambiare semplicemente alcune parti del sistema ma occorre dar vita ad un nuovo paradigma capace di confrontarsi e rispondere alle nuove sfide che la knowledge society e la globalizzazione hanno prodotto. Se il sostegno della ricerca e la promozione dell’innovazione sono lo strumento essenziale per garantire la competitività del sistema regionale del Veneto, una buona politica deve identificare i fattori sui quali agire per permettere e garantire uno stretto collegamento fra il mondo della ricerca, dell’industria e dell’azione politica, che se opportunamente stimolati, possono offrire opportunità concrete al sistema sociale ed economico. Questi stessi fattori possono altresì portare al superamento del tradizionale dualismo tra “mondo dell’offerta” e “mondo della domanda”, approdando ad un unico sistema dell’innovazione regionale.
Questi fattori sono:
La promozione ed il coordinamento delle attività di ricerca.
Il sostegno e l’organizzazione della ricerca richiedono l’adozione di politiche multisettoriali ed una programmazione di lungo respiro, in grado di agire differentemente sulle leve della ricerca di base e di quella industriale. In tale prospettiva, l’obiettivo prioritario diventa il coordinamento e le sinergie fra le università, i parchi scientifici ed i centri di ricerca e gli altri centri quali il CNR, da un lato e la ricerca industriale o precompetitiva dall’altro, per far si che esse producano (direttamente o in collaborazione) e veicolino verso il territorio regionale nuovo sapere e conoscenza da trasformare in prodotti, processi e servizi competitivi. Il risultato finale sarà la crescita economica del territorio ed il benessere dei cittadini ai quali vengono messi a disposizione nuovi ritrovati scientifici per la salute, l’ambiente ecc.
Il miglioramento e la moltiplicazione del trasferimento tecnologico.
Tramontato il modello lineare dello sviluppo dell’innovazione occorre consentire alle imprese un facile accesso alle tecnologie ed alla conoscenza di cui hanno bisogno e coltivare le interazioni tra scienza e industria, dando maggiore slancio anche all’innovazione non tecnologica come il design, la gestione dei processi aziendali ed il marketing.
I risultati della ricerca sia essa prodotta localmente, sia frutto di collaborazioni internazionali, devono essere pertanto tutelati efficacemente e trasferiti all’impresa con strumenti più rapidi e trasversali, che consentano la diffusione ed il trasferimento delle tecnologie e lo sfruttamento dei risultati della ricerca favorendo in particolare la nascita di spin-off e spin-out che permettano di trasferire sul mercato i risultati e le tecnologie sviluppate nell’ambito delle attività di ricerca. Le ragioni per cui l’Università dovrebbe cercare di trasferire sul mercato i risultati della propria attività di ricerca, traendone un profitto economico, sono numerose: tra queste va ricordato come il trasferimento di tecnologia è spesso l’unico modo per trasformare una nuova invenzione in un vero prodotto. Le invenzioni universitarie sono inevitabilmente ai primi stadi di sviluppo, spesso lontane da una realtà commerciale. Un potenziale licenziatario deve essere quindi pronto ad investire delle importanti risorse in ulteriore sviluppo, prototipazione, design, ingegnerizzazione e test qualitativi prima di lanciare il prodotto sul mercato. A meno che il licenziatario non abbia garantita una posizione privilegiata nel mercato, che gli permetta di recuperare l’investimento, l’azienda non è normalmente incentivata a proseguire nel progetto.
La possibilità effettiva di un ritorno economico crea un incentivo per il ricercatore accademico che condividerà i guadagni. Normalmente i ricercatori non amano perdere molto tempo in azioni non direttamente collegate alla ricerca e alle pubblicazioni che sono oggi l’unico elemento di giudizio ai fini della progressione di carriera all’interno dell’Università. Un incentivo economico potrebbe incoraggiare i ricercatori ad effettuare degli sforzi ulteriori per pervenire alle invenzioni, per cooperare nella preparazione delle domande di brevetto ed a fornire un reale supporto alle persone incaricate del trasferimento di tecnologia. Una parte delle royalties dovrebbe andare direttamente a rifinanziare la ricerca nella stessa università o, addirittura, nello stesso dipartimento dove lavora il ricercatore, così come previsto dalla normativa.
Altre, non meno importanti, ragioni per effettuare il trasferimento delle tecnologie a mezzo di un sistema di licenze, possono essere individuate in un migliorato rapporto tra università ed impresa, creazione di posti di lavoro per neo-laureati, e nuove forme di finanziamento della ricerca. Ecco spiegati i motivi che inducono il legislatore regionale ad esplicitare l’importanza della brevettabilità della ricerca universitaria.
In questo contesto il sistema dei Distretti può e deve costituire il substrato naturale sul quale impiantare le nuove conoscenze che favoriscano lo sviluppo di nuove attività produttive, nuove competenze e professionalità compatibili con il profilo imprenditoriale locale. L’obiettivo in tal senso è quello di migliorare la capacità di assorbimento e adattamento alle tecnologiche emergenti, soprattutto da parte delle PMI, mediante una maggiore utilizzazione e sensibilizzazione delle risorse umane, mediante nuove politiche di settore e modelli innovativi di collaborazione tra ricerca e impresa possibilmente sviluppando la convergenza tra ambiti disciplinari differenti e valorizzando competenze presenti sul territorio regionale nonché, infine, favorendo l’accesso alle infrastrutture di servizio (in particolare le strutture miste pubblico-privato e università-impresa, ecc.) e facilitando la creazione di Poli di eccellenza regionali tra Università – Centri di Ricerca e Industrie.
La promozione ed il sostegno all’innovazione ed alle sue dinamiche.
Nel quadro della presente normativa l'innovazione è, innanzitutto, un concetto ampio che può assumere la forma di nuovi prodotti, servizi, applicazioni o modalità di gestione. Può spaziare dallo sviluppo di nuove tecniche, sistemi e ambienti all'integrazione di tecnologie attuati in modi originali. Può comprendere lo sviluppo di processi commerciali innovativi, nuove pratiche organizzative o, più in generale, di nuove forme di interazione tra le persone e l'informazione, sia nell'ambiente di lavoro che nella vita quotidiana.
In secondo luogo, si è considerato che l’attività di innovazione non interessa solamente la ricerca, l’industria ad alta tecnologia e l’imprenditorialità individuale. Ogni settore produttivo, inclusi beni e servizi “tradizionali”, può essere soggetto che manifesta esigenze di innovazione. La presente proposta normativa si basa infatti su di una concezione “sistemica” dell'innovazione, che richiede un approccio strutturale e che richiede di prendere in considerazione una pluralità di fattori: formazione, aspetti normativi, legislativi e fiscali, concorrenza, società dell’informazione, infrastrutture di ricerca e servizi di supporto all'innovazione. In questo quadro lo sviluppo dell’ innovazione va considerata una politica trasversale, in grado di collegare gli ambiti delle politiche tradizionali, come quella economica, quella industriale e della ricerca applicata.
La creazione di poli di eccellenza e di attività produttive ad alto valore aggiunto.
Una volta definito il quadro complessivo entro il quale opera virtuosamente il ciclo ricerca, sviluppo tecnologico ed innovazione occorre innervare selettivamente il territorio di attività produttive ad alto valore aggiunto in aree tecnologiche avanzate. Tali poli di eccellenza possono svolgere un effetto catalizzatore per i distretti tradizionali e le atre imprese, soprattutto PMI, fungendo da spillover tecnologico che riversa i benefici delle attività di ricerca industriale avanzata e sviluppo tecnologico sul territorio circostante con la conseguente nascita di nuove imprese e trasferimento di saperi.
All’interno del contesto europeo il sistema produttivo regionale deve attrezzarsi, anche attraverso organiche forme di partenariato pubblico-privato, per acquisire un adeguato posizionamento competitivo in quei settori che già rappresentano irrinunciabili punti di forza sia per garantirsi una presenza significativa nei settori emergenti ad alta intensità di conoscenza. In tale prospettiva dovrebbe continuare ed essere ampliato in maniera maggiormente selettiva il sostegno alle filiere produttive finalizzate ad aggregare imprese e consorzi misti, mediante specifiche azioni e progetti di sviluppo innovativi e di ricerca, promuovendo in particolare l’interscambio con gli ambienti universitari, il CNR e i poli di ricerca mediante l’utilizzo vasto dello schema di lavoro in atto con il Consiglio Nazionale delle Ricerche nei settori delle biotecnologie e delle nanotecnologie, favorendo un clima legato all’interazione tra il mondo della ricerca e quello delle imprese ed alla realizzazione di prodotti e processi innovativi.
La valorizzazione delle risorse umane e la loro mobilità.
Nessuno degli obiettivi sopra indicati potrà essere conseguito senza risorse umane dotate di talento, ampia preparazione e disponibilità alla mobilità tra il mondo della ricerca e l’impresa. I risultati attesi dalla presente proposta potranno essere conseguito solo mediante l'aumento del numero dei ricercatori nelle Università, nei poli di innovazione e nelle imprese; migliorando la consapevolezza sociale del loro ruolo in termini di innovazione; stimolando gli investimenti in capitale umano ed i percorsi di formazione avanzata, particolarmente nei settori ad alto contenuto innovativo; incentivando l’utilizzazione da parte delle imprese di giovani ricercatori in attività di applicazione e trasferimento tecnologico particolarmente nelle tematiche emergenti in abito comunitario ed internazionale nonché promovendo la mobilità e la circolazione delle persone tra i diversi contesti e particolarmente a livello internazionale e favorendo l'attrattività del sistema dell’innovazione del Veneto nei confronti di studenti, studiosi e ricercatori italiani, europei ed extracomunitari, in particolare dei ricercatori italiani operanti all'estero.
Il miglioramento della attrattività del territorio e dei partenariati internazionali.
Nella misura in cui la competitività tra imprese si è trasformata in competizione tra territori e sistemi produttivi diventa strategico migliorare l’attrattività del territorio regionale attraverso reti di collaborazione internazionale della ricerca, azioni di diffusione delle eccellenze locali e delle sue capacità di produrre innovazione.
In tal senso occorrerà integrare maggiormente le imprese ed il sistema di ricerca regionale nel contesto europeo ed internazionale, attirando sul territorio regionale imprese internazionali ad elevata tecnologia e con adeguate capacità di ricerca industriale in modo da aumentare il valore aggiunto dei poli di eccellenza e delle filiere regionali di ricerca al fine di acquisire una posizione di leadership in aree scientifiche e tecnologiche fondamentali.
È infine strategico, individuare idonee politiche di collaborazione e partenariato con altre regioni, in primo luogo dell’UE ma anche delle aree estere con cui esistono, anche potenzialmente, forti interscambi relativamente ad aree tematiche di ricerca o a problemi industriali che vengono ritenuti fondamentali per lo sviluppo del sistema regionale.
Realizzazione dell’obiettivo 3 per cento.
Puntare all’obiettivo del 3 per cento degli investimenti in ricerca è un obiettivo strategico della strategia di Lisbona. Si tratta quindi di una condizio sine qua non per stimolare la crescita attraverso la ricerca e l’innovazione. Esso diventa quindi un obiettivo prioritario della politica di sviluppo del sistema produttivo veneto il quale, nonostante le grandi potenzialità, non è comparabile ad altre grandi regioni innovatrici, sue dirette concorrenti, in Europa. Secondo i dati Istat/Eurostat 2004, la quota di investimento per R&S nel Veneto è attualmente intorno allo 0,8 per cento del Pil - in costante aumento negli ultimi anni - di cui oltre il 60 per cento in spesa pubblica.
In tale prospettiva per raggiungere l’obiettivo occorre favorire la complementarità degli interventi, la concentrazione delle risorse e l’amplificazione degli investimenti regionali e promuovere la compartecipazione di più attori nelle politiche di R&S, sia tra enti pubblici (Commissione Europea, Governo nazionale, Regione, Enti locali ed enti territoriali) sia tra pubblico e privato sostenendo quanto più possibile la domanda di innovazione non solo attraverso azioni di co-finanziamento che stimolino l’intervento privato ma anche attraverso l’ampliamento del mercato locale dell’innovazione stimolando l’utilizzo di nuovi materiali e processi innovativi da parte delle imprese, della pubblica amministrazione e della stessa società civile. La pubblica amministrazione dovrebbe in tal senso comportarsi da Lead users, guidando la richiesta con il risultato ulteriore di migliorare anche l’accessibilità ai servizi pubblici.
Better regulation.
L’Unione europea ha fatto una priorità del riordino normativo e della semplificazione delle procedure pubbliche a sostegno della ricerca e dell’innovazione.
Conformemente a questi indirizzi il sistema pubblico regionale dovrà rivedere ove possibile le regole amministrative adattandole a criteri di flessibilità e razionalizzazione.
Ai temi predetti vengono dedicate le osservazioni di cui al Titolo Primo della legge, che contengono pertanto la descrizione dei fini generali e degli obiettivi strategici che con essa si intendono perseguire per stimolare e promuovere la ricerca e l’innovazione del territorio regionale e quindi contribuire alla creazione di un sistema economico-sociale basato sulla conoscenza, la crescita e lo sviluppo sostenibile.
L’articolo quattro fornisce in particolare il novero dei soggetti che compongono il citato sistema regionale dell’innovazione.
- L’ASSETTO ORGANIZZATIVO
Recentemente la Regione ha compiuto notevoli sforzi nell’individuazione di nuove risorse e nello sviluppo di nuovi strumenti e strutture dedicati alle politiche di ricerca ed innovazione. La nuova proposta di legge è l’occasione ulteriore per perfezionare questa architettura e favorire il dialogo tra pubblica amministrazione, impresa e scienza.
Per il conseguimento degli obiettivi strategici sopra illustrati la proposta di legge è stata strutturata intorno a tre nuclei fondamentali:
a) la creazione di un’architettura istituzionale che, tenendo conto dell’attuale processo di devoluzione di competenze in tutti i settori chiave dello sviluppo economico e sociale regionale, sarà incaricata della pianificazione e del coordinamento in materia di ricerca, sviluppo tecnologico ed innovazione;
b) la definizione di un sistema di pianificazione che definisca le linee e gli obiettivi prioritari da attuare in relazione con le risorse disponibili ed in stretto coordinamento con i Programmi comunitari per la ricerca e l’innovazione e con i Piani di attuazione dello sviluppo regionale;
c) l’individuazione di una serie di criteri e strumenti di sostegno diretti a promuovere e incentivare la ricerca, lo sviluppo tecnologico e l’innovazione.
In particolare:
Il Capo I - Disposizioni generali - determina le finalità e gli obiettivi della legge, definisce le attività oggetto di finanziamento ed individua i soggetti del sistema regionale dell’innovazione (articoli da 1 a 4).
Il Capo II - Disposizioni organizzative - è dedicato agli Organismi che contribuiscono al coordinamento dell’intero sistema regionale dell’innovazione. Nella prospettiva sistemica cui si è fatto ampio cenno, la gestione di una strategia per l’innovazione richiede una stretta correlazione tra imprese, mondo della ricerca e pubblica amministrazione.
A questo scopo la programmazione pluriennale per la ricerca e l’innovazione e i provvedimenti attuativi previsti dalla legge saranno elaborati e condivisi da due organismi in grado di rappresentare tutte le istanze del sistema regionale:
- un Comitato regionale di indirizzo della ricerca, lo sviluppo tecnologico e l’innovazione, chiamato a definire insieme alla Giunta regionale e sulla base degli orientamenti espressi dalla legge, la programmazione pluriennale regionale;
- un Osservatorio per la ricerca, lo sviluppo tecnologico e l’innovazione che svolgerà funzioni di assistenza tecnica ed amministrativa nella fase propositiva della programmazione e, successivamente, in quella di implementazione.
Le Disposizioni ricomprendono la composizione e soprattutto, le finalità dei predetti organismi, cui spetta in particolare il compito di razionalizzare, orientare, programmare e monitorare gli interventi afferenti il sistema veneto dell’innovazione (articoli da 5 a 8). In questa parte viene anche prevista la costituzione di una Commissione regionale, con compiti specifici, per la valutazione e la trasferibilità economica della ricerca universitaria e pubblica (articolo 9); inoltre vengono anche definite le funzioni dell’Ente strumentale Veneto Innovazione (articolo 10), i cui compiti si articolano in operazioni di supporto, attuazione e sperimentazione delle politiche di innovazione promosse, definite e adottate dalla regione.
Il Capo III - Programmazione regionale - è dedicato al processo di pianificazione dell’azione amministrativa e della strategia regionale sul presupposto che una adeguata programmazione costituisce il miglior strumento per conseguire un livello adeguato di coordinamento non solo tra i diversi organi amministrativi chiamati ad operare ma soprattutto tra la pubblica amministrazione, le imprese e gli organismi pubblici e privati che si occupano della ricerca e dello sviluppo tecnologico (articoli 11 e 12).
In questa prospettiva, la programmazione strategica regionale va intesa come lo strumento che deve permettere, su di una base realistica e condivisa tra tutti gli attori coinvolti, la promozione ed il coordinamento delle risorse e degli strumenti in materia, coordinandoli con gli omologhi programmi nazionali, europei ed internazionali.
In tal contesto vengono dunque approfonditi: i principi fondamentali della programmazione per l’innovazione; i principi informatori dei criteri di valutazione delle proposte progettuali; i soggetti valutatori e infine il soggetto gestore della strumentazione attivata dalla legge (articoli da 13 a 16).
Il Capo IV - Strumenti, tipologie di intervento e beneficiari - è dedicato agli strumenti e tipologie d’intervento riferiti agli orientamenti di cui all’art. 2 e ai beneficiari degli interventi medesimi (articoli 17 e 18).
Il Capo V - Disposizioni finanziarie - contempla la norma finanziaria a supporto degli interventi previsti della legge (articolo 19).
Il Capo VI - Disposizioni transitorie e finali - prevede disposizioni transitorie in materia di programmazione (articolo 20); la notifica alla Commissione europea delle azioni configurabili come aiuti di stato (articolo 21) e l’abrogazione dell’articolo 6 della legge regionale n. 12/1992 (articolo 22).
Le Commissioni consiliari Terza e Sesta in seduta congiunta, a seguito rinvio in Commissione con deliberazione n. 37 del 18 aprile 2007, all’unanimità, hanno espresso parere favorevole al testo unificato modificato anche nel titolo, che si dimette ora all’esame dell’Assemblea consiliare, risultante dall’accorpamento dei progetti di legge sopra richiamati.
Hanno votato i rappresentanti dei gruppi Forza Italia, Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro (UDC), Lega Nord-Liga Veneta Padania, l’Ulivo-Partito Democratico Veneto, Progetto Nordest e Nuovo Partito Socialista Italiano (PSI).”
Note agli articoli
Nota all’articolo 15
- Il testo dell’art. 31 della legge regionale n. 35/2001 è il seguente:
“Art. 31 - Nucleo di valutazione.
1. Il Nucleo di valutazione istituito ai sensi della legge 17 maggio 1999, n. 144, e successive modificazioni, valuta i progetti di investimento sotto il profilo tecnico, finanziario-economico, amministrativo e procedurale in relazione ai tempi di conclusione della fase progettuale ed a quelli di cantierabilità.
2. I progetti dichiarati congrui sotto il profilo tecnico e immediatamente cantierabili hanno una priorità di finanziamento all'interno della disponibilità del PAS.”.
Struttura di riferimento
Direzione sviluppo economico, ricerca e innovazione
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