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Bur n. 63 del 08 maggio 2020


Ricorso

Conflitto fra enti n. 3/2020 relativo al ricorso in azione suppletiva per conflitto di attribuzione tra Stato e Regioni ex art. 39 L. n. 87/1953.

ECC.MA CORTE COSTITUZIONALE
RICORSO
in azione suppletiva
PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE TRA STATO E REGIONI
EX ART.39 L. N. 87/1953

Per: CODACONS- Coordinamento delle associazioni e dei comitati di tutela dell'ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori, (C.F. 97102780588), in persona del legale rappresentante p.t., Avv. Giuseppe Ursini (C.F. RSNGPP49A29H7981), rappresentato e difeso, giusta delega in calce al presente atto, dagli Avv.ti Prof. Carlo Rienzi (C.F. RNZCRL46R08H703I), Gino Giuliano (C.F. GLNGNI65A02D636M) e Guglielmo Saporito (C.F. SPRGLLS3B09F839L), con domicilio eletto presso l'Ufficio Legale Nazionale del CODACONS, in Viale G. Mazzini n. 73, Roma 
(PEC carlorienzi@ordineavvocatiroma.org , fax: 06/3701 709) 

contro

REGIONE LOMBARDIA, in persona del Presidente p.t.;

REGIONE VENETO, in persona del Presidente p.t.;

e nei confronti di

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente p.t.

per l’accertamento in azione suppletiva

dell’illegittimità costituzionale

- dei comportamenti formali posti in essere dalla Regione Lombardia e dalla Regione Veneto in violazione delle attribuzioni costituzionalmente riservate allo Stato, ex art. 117, comma 2, lett. q, lett. h), lett. d), 117 Cost., comma 3, 120 Cost., con riferimento alla riapertura della attività produttive e commerciali nell’ambito della c.d. fase 2

FATTO

E’ ben nota la tragica situazione che sta vivendo il nostro paese, a causa del COVID19, pertanto, in questa sede ci limiteremo ad evidenziare gli aspetti più importanti ai fini del presente ricorso.

Dalla “Dichiarazione dello stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili” deliberata dal Consiglio dei Ministri il 31 gennaio us, il Governo attraverso una serie di DPCM (legittimati in forza del DL 6/2020) gradualmente ha decretato il c.d. lockdown del Paese.

Dal divieto di uscire da casa per la popolazione, se non per comprovate ragioni lavorative o di salute, alla chiusura delle scuole di ogni ordine e grado,si è arrivati fino all’arresto dell’intero sistema produttivo, salvo quelle filiere ritenute essenziali (come ad es. quella alimentare).

Da ultimo, il DPCM del 10 aprile 2020, ha prorogato tutte le misure messe in atto dal Governo fino al 3 maggio, data nella quale, secondo gli esperti e gli annunci del Governo, dovrebbe iniziare la c.d. fase 2.

Fase in cui gradualmente verrà riattivato il sistema produttivo dell’Italia e verrà ripristinato il diritto di circolazione.

Sarà un momento delicatissimo: alla data del 3 maggio il virus non sarà stato sicuramente debellato e, quindi, si aprirà una fase di convivenza con il COVID 19 con tutti i rischi che ne conseguono.

Sin dall’inizio dell'emergenza forti e aspri sono stati i confronti, o meglio i conflitti, tra il Governo e le Regioni, sulle modalità di gestione dell’emergenza.

In particolare, Veneto e Lombardia, che sono anche le zone più colpite dal contagio, hanno espresso numerose volte dichiarazioni di segno opposto a quelle dello Stato.

Tali conflitti sono diventati più aspri quando è iniziato a discutere della c.d. fase 2.

Da Nord a Sud regna la confusione. Le Regioni procedono in ordine sparso, senza alcun coordinamento, e ogni ora c’è un governatore che alza il dito e fa una fuga in avanti o indietro, a seconda delle necessità. Ecco, sulla riapertura, dell'allentamento della serrata, il disordine istituzionale sembra essere la costante e non si intravede nemmeno la possibilità di ricomporre il quadro delle competenze. C’è chi desidera aprire tutto e subito, chi preferisce affidarsi agli scienziati, chi invoca la data del 4 maggio e chi, invece, leggi alla voce Vincenzo De Luca, è pronto a chiudere i confini del suo territorio. Siamo ad un passo dal caos.

Tutto sembra affidato a defatiganti quanto inconcludenti cabine di regia dove il Governo cerca di mediare al fine di assicurare unità di condotta sull’intero territorio nazionale, anche in nome della irrinunciabile funzione che ad esso assegna la Costituzione, all’art. 120, erigendolo a garante dell’unità di azione e indirizzo dello Stato nelle particolari e rilevanti materie ivi indicate, tra cui la salute, l'economia e i diritti civili e sociali dei cittadini. Inoltre, lo stesso art. 117 Cost., assegna alla potestà esclusiva dello Stato la materia della profilassi internazionale, dell’ordine pubblico e della sicurezza dello Stato, materie tutte che vengono in rilievo nella vicenda in esame.

A nessuno sfugge poi la stringente ed imperativa esigenza di una gestione unitaria in capo al Governo della fase delle riaperture, essendo questo l’unico soggetto istituzionale tra quelli in campo che può fare una valutazione valida per l’intero territorio nazionale, da cui non si può recedere. Infatti, ove si consideri che nel caso venisse tollerato il fai da te delle singole Regioni, la scelta di riapertura delle attività produttive e commerciali di una sola di esse costringerebbe le altre a subire gli effetti di una tale scelta senza che vi sia stato alcun loro consenso, su cui pure ricadono gli effetti di una tale scelta, tenuto conto del rischio contagio connesso alla drammatica pandemia in atto.

Del resto, la stessa idea trapelata sugli organi di stampa di gestire la “fase 2” dividendo il Paese in macro aree (Nord, Centro e Sud), a seconda dell’entità del contagio, presuppone necessariamente una gestione unitaria in capo al Governo.

Ma basta scorrere le agenzie e accorgersi che ogni Regione marcia per conto suo, incurante del ruolo e dei poteri che la Costituzione assegna al Governo. Il Governatore della Lombardia, ad esempio, negli ultimi giorni ha ondeggiato fra misure stringenti, l’obbligatorietà della mascherina per i cittadini lombardi, e fughe in avanti: “Riapriamo tutto e subito”. Se pensiamo che solo domenica scorsa si diceva contrario alla riapertura delle libreria e soltanto 72 ore dopo si presentava in conferenza stampa al grido “di riapriamo tutto dal 4 maggio”.

Insomma, un cambio di rotta per la Regione locomotiva del Nord che creare ulteriore confusione e desta allarme in molti cittadini del nostro Paese.

Per non parlare del Veneto il cui Presidente, Luca Zaia, annuncia: “Se dipendesse da me aprirei tutto il 4, con gradualità e senso di responsabilità”. Con tanto di Piano autonomo di riapertura di ben 17 pagine. Ancor più aperturista il governatore delle Marche, Luca Ceriscioli, che è convinto che non occorre aspettare maggio ma “lo dico al governo: consentiamo chi è in grado di garantire la sicurezza dei lavoratori di ripartire ancora prima”, a un certo punto le parole di Vincenzo De Luca diventano un caso. Insomma, Ceriscioli alzerebbe le saracinesche domattina. A sua volta De Luca nei panni di sceriffo della Campania afferma: “Se dovessimo avere corse in avanti in regioni dove c’è il contagio così forte, la Campania chiuderà i confini. Faremo un’ordinanza per vietare l'ingresso dei cittadini provenienti da quelle regioni”.

Da ultimo lo scontro Nord/Sud sul Coronavirus, Zaia: “E' Sud contro Nord, il 4 maggio la linea ultima oltre la quale sole riaperture” (La Repubblica, del 19 aprile)

AI caos si somma caos. Da Palazzo d’Orleans, sede della presidenza della Regione siciliana, l’imperativo categorico è: “Prudenza massima fino al 3 maggio”. Anche la Calabria non si sbilancia sulla fase due. Da cui filtra che sarebbero al vaglio, misure che terranno conto dell’entità del contagio delle prossime settimane. Un'altra regione del Mezzogiorno apre all’ipotesi della ripartenza dopo il 4 maggio. Si tratta della Basilicata. “Siamo in grado di ripartire. Seppur con tutte le misure di sicurezza del caso”.

Siamo al disordine istituzionale. Ognuno tira acqua al suo mulino. La riapertura si è già trasformato in una vera battaglia politica. Regioni contro Stato, Regioni contro Regioni, Comuni contro Regioni. Insomma, tutti contro tutti, il caos.

A fronte di tale grave caos, che in termini giuridici, si sta traducendo nella ormai quotidiana violazione di fondamentali principi costituzionali, con le Regioni che da un lato pongono in essere atti comportamenti gravemente lesivi delle attribuzioni dello Stato e dall’altro il Governo quale rappresentante dello Stato che assiste inerte a questa continua invasione delle sue competenze, che rischia di infrangere l’unità dello Stato, ci inducono ad agire col presente ricorso a tutela delle attribuzioni che la Costituzione assegna allo Stato con riferimento alla riapertura della attività produttive e commerciali nell’ambito della c.d. fase 2. Ciò al fine di evitare che vengano arrecate lesioni gravissime a tali interessi, con conseguenti gravissimi danni per l’intero Paese.

DIRITTO

1. Sul potere della Corte ex art. 134 Cost. e art. 39 L. 11 marzo 1953 n. 87 e sulla configurabilità di un’azione suppletiva.

E’ pacifica la struttura del ricorso per conflitto di attribuzioni tra Stato e Regioni nonché tra Regioni.

Nell’inerzia dei soggetti titolari, l'odierno ricorrente ritiene di poter agire in via suppletiva, rimediando a ritardi dell'Autorità centrale, in una logica applicazione del proprio ruolo di soggetto interlocutore con dignità pubblica.

La funzione suppletiva è adiacente alla titolarità che fa capo a Stato e Regioni consente un qualsiasi momento al soggetto originariamente titolare di recuperare l’inerzia assumendo in proprio la titolarità del conflitto.

Con questa premessa si formulano le osservazioni che seguono.

2. Sull’ammissibilità, sotto il profilo soggettivo, del presente ricorso. Sulla legittimazione del CODACONS a sollevare in via incidentale e suppletiva il conflitto di attribuzione tra Stato e Regione.

Codesta Corte ha già avuto modo di affermare che anche soggetti ed organi diversi dallo Stato-apparato possono essere parti di un conflitto tra poteri, ai sensi dell'art. 134 della Costituzione e del citato art. 37 della n. 87 del 1953, qualora risultino titolari di una «pubblica funzione costituzionalmente rilevante e garantita» (ordinanza n. 17 del 1978; ordinanza n. 256 del 2016).

II Codacons è in possesso dei suddetti requisiti, essendo titolare di pubbliche funzioni di rilevanza costituzionale e garantite dalla Costituzione.

Sulla rilevanza costituzionale delle funzioni svolte dal Codacons:

Si premetta che il CODACONS, per legge è chiamato a tutelare gli interessi ed i diritti di consumatori e utenti, tra cui il loro “diritto alla salute”, ai sensi dell’art. 2 Cod. Cons. e art. 32 Cost. nonché si pone quale garante del buon andamento della p.a. (cfr. Statuto dell’ente).

Il CODACONS, infatti, è un’ Associazione senza fini di lucro, che si propone di “tutelare con ogni mezzo legittimo, ivi compreso il ricorso allo strumento giudiziario, i diritti e gli interessi dei consumatori ed utenti [...] tale tutela si realizza nei confronti dei soggetti pubblici e privati, produttori e/o erogatori di beni e servizi, anche al fine di contribuire ad eliminare le distorsioni del mercato determinate dalla commissione di abusi e di altre fattispecie di reati contro la PA".

Il CODACONS persegue inoltre la tutela del “diritto alla trasparenza, alla corretta gestione delle pubbliche amministrazioni” (Cfr. art 2 Statuto) nonché si pone quale associazione che persegue anche il fine di garantire con i mezzi a disposizione “l'incolumità pubblica"(Cfr. art. 2.3 Statuto)

Al CODACONS, così come alle altre Associazioni di consumatori, inoltre, “è stato effettivamente conferito un compito di un certo rilievo pubblicistico”, come riconosciuto dalla nota sentenza dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, n. 1 del 2007.

Emblematica poi delle finalità e del ruolo delle Associazioni dei consumatori e utenti è la sentenza della Corte di Cassazione, n. 17351, del 18 agosto 2011, laddove statuisce che compito degli Enti esponenziali degli interessi collettivi è quello di “far valere l’interesse generale e comune ad un’intera categoria di utenti o di consumatori... allo scopo non di sostituirsi alle iniziative dei singoli, ma di spianare ad esse la strada, tramite il superamento degli ostacoli di ogni genere di cui tale strada potrebbe essere disseminata, ove ad agire fosse il singolo: non ultimo quello insito nelle remore del cittadino isolato ad affrontare costose controversie per somme relativamente modeste, nei confronti di avversari agguerriti”.

Da ultimo l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, n. 6 del 2020, ha riconosciuto la legittimazione ad agire del Codacons, quale Associazione dei consumatori iscritta nell’elenco ex art. 137 del Cod. Consumo, anche in assenza di una specifica norma, così esprimendosi in particolare: “Gli enti associativi esponenziali, iscritti nello speciale elenco delle associazioni rappresentative di utenti o consumatori oppure in possesso dei requisiti individuati dalla giurisprudenza, sono legittimati ad esperire azioni a tutela degli interessi legittimi collettivi di determinate comunità o categorie, e in particolare l’azione generale di annullamento in sede di giurisdizione amministrativa di legittimità, indipendentemente da un'espressa previsione di legge in tal senso”.

Tanto esposto, non si può dubitare quindi della rilevanza, sul piano costituzionale, delle funzioni assolte da questa Associazione che svolge un'attività dal rilievo pubblicistico, finalizzata a tutelare con ogni mezzo i cittadini/consumatori o utenti. Atta a garantire anche il loro il supremo diritto alla salute sancito dall'art. 32 Cost.

Bisogna sotto quest’ultimo aspetto sottolineare come il bene della salute sia tutelato dalla Costituzione “non solo come interesse della collettività ma anche e soprattutto come diritto inviolabile dell’individuo (Corte Cost. sent. n. 356 del 1991)”, di cui si impone “piena ed esaustiva tutela” (sent. n. 307 e 445 del 1990), in quanto “diritto primario e assoluto (sent. n. 202 del 1991, n. 559 del 1987, n. 184 del 1986, n. 88 del 1979)”.

Pertanto, alla luce di quanto esposto, ben può dirsi assolto il primo requisito richiesto dalla Corte per sollevare in via suppletiva un conflitto di poteri tra Stato e Regioni ovvero la rilevanza costituzionale delle funzioni assolte dal soggetto promotore del presente ricorso.

3. Sulla natura garantita, sul piano costituzionale, delle funzioni assolte dal Codacons.

La funzione del Codacons, sul piano costituzionale, è stata riconosciuta-e-garantita recepita da ultimo con la Delibera della Corte Costituzionale, dell’8 gennaio 2020, avente ad oggetto modificazioni alle «Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale».

Si premette che la L. n. 87 del 1953 rubricata "Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale." è, secondo autorevole opinione della dottrina (CICCONETTI, elementi di diritto costituzionale, la giustizia costituzionale, Torino, 2003), una legge costituzionale, attuativa dell’art. 135 Cost., e conseguentemente i regolamenti previsti dagli artt. 14 e 22 hanno la stessa valenza delle norme costituzionali.

Ciò posto, il nuovo art. 4 ter delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte Costituzionale, riconosce la possibilità agli enti esponenziali, come il Codacons, di partecipare ai giudizi di legittimità costituzionale sulle leggi, attraverso il deposito di apposite memorie. Costituzionalizzando, per così dire, la posizione degli Enti esponenziali.

Si deve inoltre ritenere che gli Enti esponenziali in virtù degli interessi che rappresentano e delle funzioni di cui le stesse sono titolari (come ben delineate in punto di rilevanza), possano sostituirsi allo Stato, quando questo rimanga del tutto inerte di fronte alle ripetute e gravi violazioni della sua sfera di attribuzioni, astenendosi dall attivare gli strumenti che la Costituzione li mette a disposizione per reagire a tali violazioni.

Al riguardo, si rileva che sono molteplici le norme che regolano i casi in cui si può esercitare un potere sostitutivo:

  1. Innanzitutto viene in rilievo, l’art. 120 co. 2, Cost., che prevede la possibilità per lo Stato di sostituirsi alle Regioni, alle Città Metropolitane, alle Province e ai Comuni per una serie di ipotesi ivi disciplinate.
  2. L’art. 9 del TUEL,che prevede la possibilità per gli Enti esponenziali di far valere in giudizio le azioni e i ricorsi che spettano al Comune e alla Provincia.
  3. Infine, la possibilità disciplinata dall’art. 310 Cod. Ambiente che attribuisce agli enti esponenziali un potere sostitutivo in materia di danno ambientale, quando, ad.es. l’ente locale rimane inerte.

Quindi Il potere sostitutivo, è un rimedio ben conosciuto dal nostro Ordinamento e soprattutto vede come destinatari privilegiati proprio gli enti esponenziali, come il Codacons, le cui funzioni ed il cui ruolo è garantito dall’art. 2 Cost., potere la cui ratio risposta all'esigenza di far sì che certe funzioni sono così rilevanti ed importanti che in caso di inerzia del suo titolare, ci debba essere qualcuno che possa agire al suo posto.

Pertanto, tale potere sostitutivo deve essere riconosciuto anche nel caso in cui organi dello Stato assistano inerti alla violazione delle proprie attribuzioni costituzionali, quando in gioco vi sono interessi fondamentali dello Stato-Apparato, preservando così gli equilibri costituzionali, presidio irrinunciabile della sovranità popolare.

Come, appunto, sta avvenendo nel caso di specie, in cui numerose Regioni, in particolare Lombardia e Veneto, si stanno auto-attribuendo nella drammatica situazione pandemica in atto, funzioni in materia di riapertura delle attività produttive e commerciali, appartenenti all’esclusiva potestà statale, nell’inerzia assoluta del Governo, con gravissime conseguenze in punto di contenimento dell'emergenza COVID. Non passa giorno ormai in cui non vi sia una Regione che offra un suo piano riapertura.

Ci sia consentito di dire: la misura è colma, le Regione vanno in ordine sparso, rispondendo a frazionati interessi politici, minando così il Paese nelle sue fondamenta, nel momento in cui servirebbe maggior unità e collaborazione istituzionale.

Su tutti gli episodi successi, basti ricordare uno, ESEMPLARE.

Era l’8 marzo quando la bozza del DPCM (adottato il 10 Marzo) - trasmessa alle Regioni per il principio di leale collaborazione prima della sua pubblicazione in G.U. - che di fatto decretava il lockdown del paese venne divulgato prima della sua pubblicazione in G.U. dalla Regione Lombardia (come ha ammesso la CNN 
https://www.giornalettismo.com/bozza-dpem-cnn-lombardia/ ), con l’effetto di far fuggire verso il Sud migliaia di cittadini meridionali, diversi infetti dal COVID, che si trovavano in Lombardia, allargando così l’ulteriore diffondersi dell’infezione.

E lo Stato che sta facendo di fronte a questo disfattismo istituzionale?

Sta assistendo inerte ed in silenzio al caos creato dalle varie fazioni politiche rappresentative dei diversi enti locali che ogni giorno da tre mesi a questa parte esprimono un’opinione diversa e contrastante con quella del Governo

Le conseguenze? di fatto lo Stato sta decretando lo svuotamento delle proprie prerogative costituzionali, con il rischio enorme che così si “sfascino” i delicati equilibri disegnati dai nostri Costituenti.

Fatto che, questa Ecc.ma Corte, garante suprema della Costituzione, non può assolutamente permettere.

Per tutte queste ragioni, sopra elencate, in forza dell’art. 2 Cost., questa Corte deve riconoscere che, in situazioni delicate, come quella che stiamo vivendo, in cui in gioco visone diritti fondamentali della persona e della collettività, la stessa collettività e per essa le associazioni che la rappresentino possano e debbono ovviare all’inerzia dello Stato nel far valere le sue prerogative costituzionali, al fine di evitare quella che noi osiamo definire, utilizzando un’iperbole, una “necrosi” della Carta Costituzionale.

4. Sull’ammissibilità, sotto il profilo oggettivo, della questione relativa al conflitto di attribuzione.

Preliminarmente, bisogna osservare come dinanzi a codesta Ecc.ma Corte, in sede di conflitto di attribuzioni tra Stato e Regioni, possano essere sindacati anche i comportamenti di organi istituzionali.

Sul punto sia consentito richiamare un precedente (Corte Costituzionale, 15/01/2013, n.1) in cui, proprio in materia di conflitto di attribuzione, codesta Corte ritenne ammissibile esprimersi nel merito anche a fronte di comportamenti formali posti in essere dall'organo istituzionale, coinvolto nel giudizio.

Tanto premesso, in punto di fatto abbiamo evidenziato come la Regione Veneto abbia già adottato un programma perla c.d. fase 2 della crisi, senza che lo Stato abbia dettato i principi base e le norme precettive di sua diretta competenza.

Tale programma contiene puntuali prescrizioni, che hanno come destinatari cittadini e aziende, sul “come” si dovrà affrontare la fase 2.

Pertanto esso costituisce l’espressione di un comportamento formale.

Con riguardo alla Regione Lombardia, essa sin dall’inizio della crisi ha preso con dichiarazioni, comunicati stampa e interviste televisive, proprie e personali posizioni sulla gestione della crisi. Queste prese di posizioni sono state così insistenti, da costringere un autorevole esponente della maggioranza a “minacciare” il commissariamento della Regione.

Evidentemente, anche quelli adottati. dalla Regione Lombardia sono comportamenti formali.

Ciò posto, possiamo passare ad illustrare le norme attributive di poteri statali, violate dalla Regione Veneto e dalla Regione Lombardia:

- Art. 117 co 2 lett. q)

Com'è noto tale norma riserva la materia della profilassi internazionale allo Stato.

Per quest’ultima, comunemente e pacificamente, si intende l’insieme di norme e di metodi intesi a evitare o prevenire il diffondersi di malattie. In particolare, le norme e i provvedimenti che si devono adottare, collettivamente o da parte di singoli, per la difesa contro una determinata malattia, e la loro applicazione pratica (ex multis Corte Costituzionale, 18/07/2019, (ud. 05/06/2019, dep. 18/07/2019), n.186).

Pertanto, appare fuori di dubbio che l’emergenza COVID ricada sotto l’alveo della lettera q) dell’art. 117 co 2 Cost.

Ed invero, evidentemente, ogni misura finalizzata alla prevenzione del diffondersi del contagio è di pertinenza esclusiva dello Stato, pertanto, comportamenti e programmi delle Regioni che esprimono un orientamento diverso da quello del governo, o comunque ne anticipano le decisioni, costituiscono una chiara invasione della sfera di competenza riservata allo stato in subiecta materia.

- Art. 117 co 2 lett h)

L’ordine pubblico e la sicurezza sono di competenza esclusiva statale.

Codesta Corte ci insegna che tale norma «riserva allo Stato [...] le funzioni primariamente dirette a tutelare beni fondamentali, quali l’integrità fisica o psichica delle persone, la sicurezza dei possessi ed ogni altro bene che assume primaria importanza per l'esistenza stessa dell’ordinamento (sent. 285/19)».

Orbene appare evidente che l’emergenza COVID investa chiaramente profili attinenti all’ordine pubblico e alla sicurezza, minacciando beni fondamentali quali il diritto alla salute dei cittadini.

Quindi è di competenza esclusiva dello Stato dettare norme per affrontare l'emergenza COVID e ogni comportamento delle Regioni, difforme da esse o anticipatorio rispetto ad esse, invade la competenza esclusiva dello Stato in subiecta materia.

- Art. 117 co 2 lett. d)

Codesta Corte ci insegna che la sicurezza dello Stato investe la sua personalità in quanto tale che può essere minacciata dall’esterno o dall’interno.

L'emergenza COVID sta piegando il paese con il rischio che nel caso l’intervento dello Stato non giunga in tempo o si sostituisca ad esso il disordine degli interventi Regionali, ci siano sommosse popolari, accenni di ribellione ecc..

Basti prendere ad es. il tentato assalto ad un supermercato a Palermo (Coronavirus, a Palermo tentato assalto al supermarket: “Non abbiamo soldi”. Forze dell’ordine presidiano i centri commerciali
- https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/03/27/coronavirus-a-palermo-tentatoassalto-al-supermarket-non-abbiamo-soldi-forze-dellordine-
presidiano-i-centricommerciali/5751393/) per avvedersi come se l’emergenza non viene affrontata adeguatamente è rischio la stessa sicurezza della Repubblica Italiana.

Pertanto, anche per questa ragione ogni misura per fronteggiare la crisi è di esclusiva competenza statale.

- art. 117 co. 3 la competenza concorrente in materia di salute.

Secondo l’insegnamento di codesta Corte in subiecta materia spetta allo Stato la definizione dei principi fondamentali e la definizione delle prestazioni essenziali (c.d. LEA). Tale orientamento è stato trasfuso agli artt. 1 e 2 del D.lgs. n. 502 del 1992 che, in breve, attribuiscono, da un lato, allo Stato la predisposizione del Piano Sanitario Nazionale che definisce obiettivi attesi, i programmi, le aree d’intervento e le prestazioni essenziali e, dall’altro lato, attribuiscono alle Regioni la gestione diretta della sanità attraverso le ASL e le altre strutture ospedaliere pubbliche o private accreditate.

Ciò posto, è evidente che per l'emergenza COVID, involgendo il diritto primario alla salute, i principi fondamentali per la c.d. fase 2 spettano allo Stato, e solo norme dal carattere integrativo spettano alle Regioni.

- art. 120, co 2 Cost.

Tale norma, posta a presidio di interessi fondamentali dello Stato, assegna al Governo il ruolo di garante dell’unità di azione e indirizzo dello Stato nelle particolari e rilevanti materie ivi indicate, tra cui la salute, i diritti civili e sociali dei cittadini, l'economia.

Ebbene, anche tale norma appare violata dalle reiterate condotte poste in essere dalla Regione Lombardia e della Regione, che stanno ogni giorno di più minando l’unità dello Stato nella gestione di questa gravissima pandemia e sta mettendo in pericolo l’uniforme erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni fondamentali, tra le quali spiccano ovviamente quelle sanitarie.

Quindi, anche per questa ragione ci troviamo in presenza di un’invasione della sfera di attribuzione statale, da parte delle Regioni de quibus.

Istanza cautelare, ex art. 40, L. Cost., n. 871953

Sul fumus bonis iuris, valgono le considerazioni sopra esposte

Quanto al periculum in mora, esso appare di tutta evidenza, ove si consideri che contestati comportamenti formali posti in essere dalle Regioni Veneto e Lombardia, minacciano gravemente le attribuzioni costituzionali dello Stato centrale, tese a garantire l’unità di indirizzo e di azione allorché si tratti di affrontare emergenze che coinvolgono interessi vitali e fondamentali quali quelli connessi alla tutela della salute dell’intera collettività nazionale, nonché dei diritti civili e sociali dei cittadini, nonché alla tutela dell'Economia nazionale.

Invero, non crediamo serva spendere molte parole sul pericolo che sta correndo lo Stato Italiano a causa del COVIDI9. 

Tutto ciò, peraltro, in un difficilissimo quadro che prevede una contrazione del PIL del 9%, un calo della produzione industriale pari all’8%, oltre a tutte le migliaia di persone già decedute a causa di questa grave pandemia e che vede inoltre un duro e serrato confronto con l’Europa, per la scelta sul piano europeo degli strumenti da utilizzare per combattere la gravissima crisi economica che la pandemia ha già aperto.

Per ciò l’unità di azione dello Stato in questo delicatissimo momento rappresenta il bene supremo che deve essere preservato, in nome del rispetto delle sfere di attribuzioni disegnate dalla Costituzione, su cui Codesta Ecc.ma Corte è chiamata a vegliare.

Il termine sta scadendo, il 4 maggio dovrebbe aprirsi la fase 2. 

Il pregiudizio è imminente, se nel frattempo le Regioni portassero ad ulteriore esecuzione i comportamenti formali da esse già posti in essere.

Per tutte queste ragioni, appare necessario disporre, in via d’urgenza, la sospensione dei gravati comportamenti formali posti in essere dalle Regioni Veneto e Lombardia, ordinando alle stesse di astenersi dal porre in essere ulteriori comportamenti lesivi delle attribuzioni statali in subiecta materia.

PQM

Si chiede alla Ecc.ma Corte Costituzionale adita:

preliminarmente, di atto della posizione suppletiva dell’odierno ricorrente nel giudizio per conflitto di attribuzione, saldo il potere di intervento dello Stato.

In via cautelare:

di voler disporre, in via d’urgenza, la sospensione dei gravati comportamenti formali posti in essere dalle Regioni Veneto e Lombardia, ordinando alle stesse di astenersi dal porre in essere ulteriori comportamenti lesivi delle attribuzioni statali in subiecta materia, definendo, in via provvisoria, a chi spettano le attribuzioni, tra Stato e Regioni, per la gestione della c.d. fase 2, nell’ambito dell’emergenza COVIDI9.

Nel merito:

1) Di voler, in sede di definizione del sollevato conflitto di attribuzioni tra Stato e Regione, accertare e dichiarare a chi spettano, in base alle norme costituzionali sopra richiamate, le attribuzioni per la gestione della c.d. fase 2, nell’ambito dell'emergenza COVID19.

Roma, 21 aprile 2020

Avv. Prof. Carlo Rienzi
Avv. Gino Giuliano
Avv. Guglielmo Saporito

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