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Scarica versione stampabile Sentenza ed Ordinanza

Bur n. 92 del 16 agosto 2019


Ricorso

Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri alla Corte Costituzionale per l'impugnazione della legge della Regione Veneto 16 maggio 2019 n. 15 recante: "Legge regionale di adeguamento ordinamentale 2018 in materia di affari istituzionali" pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione del Veneto n. 51 del 21 maggio 2019.

Ct 32524/2019 - V.A.G. Pignatone

AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO
CORTE COSTITUZIONALE
Ricorso ai sensi dell’art. 127 Cost.

del Presidente del Consiglio dei Ministri in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato (cod. fisc. 80224030587, n. fax 0696514000 e PEC per il ricevimento degli atti ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it) nei cu uffici è domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi 12

contro

la Regione Veneto, in persona del Presidente della Regione pro tempore, domiciliato per la carica presso la sede della Regione di Venezia, Palazzo Balbi, Dorsoduro 3901 (CAP 30123)

per l’impugnazione

della legge della Regione Veneto 16 maggio 2019 n. 15 pubblicata sul B.U.R. n. 51 del 21 maggio 2019, recante: “Legge regionale di adeguamento ordinamentale 2018 in materia di affari istituzionali”, quanto all’articolo 19, rubricato “Graduatorie concorsuali delle aziende ed enti del servizio sanitario regionale”, come da delibera del Consiglio dei Ministri adottata nella seduta n.     del               2019.

FATTO

L’articolo 19 della legge regionale in epigrafe così dispone “1. Le aziende ed enti del servizio sanitario regionale utilizzano le graduatorie concorsuali per il reclutamento del personale a tempo indeterminato, nel termine di vigenza di tre anni decorrente dalla data di pubblicazione, oltre che per la copertura dei posti messi a concorso, anche per l’assunzione di idonei non vincitori nei limiti del fabbisogno triennale di personale e della relativa dotazione organica. 2. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche per l’utilizzo delle graduatorie di avvisi pubblici per assunzioni a tempo determinato”.

Le disposizioni riportate divergono da quelle della normativa nazionale in materia, contenute nei commi 361 e 365 dell’articolo 1 della legge 145/2018 e successive modifiche.

Infatti il comma 361 dell’articolo 1 della legge n. 145 del 2018, novellato dall’articolo 14-ter, comma 1, del decreto legge n.4 del 2019, stabilisce che: “ Fermo quanto previsto dall’articolo 35, comma 5-ter, del decreto legislativo 30 marzo 2001,  n.165, le graduatorie dei concorsi per il reclutamento del personale presso le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del medesimo decreto legislativo sono utilizzate esclusivamente per la copertura dei posti messi a concorso nonché di quelli che si rendono disponibili, entro i limiti di efficacia temporale delle graduatorie medesime, fermo restando il numero dei posti banditi e nel rispetto dell’ordine di merito, in conseguenza della mancata costituzione o dell’avvenuta estinzione del rapporto di lavoro con i candidati dichiarati vincitori. Le graduatorie possono essere utilizzate anche per effettuare, entro i limiti percentuali stabiliti dalle disposizioni vigenti e comunque in via prioritaria rispetto alle convenzioni previste dall’articolo 11 della legge 12 marzo 1999, n.68, le assunzioni obbligatorie di cui agli articoli 3 e 18 della medesima legge n.68 del 1999, nonché quelle dei soggetti titolari del diritto di collocamento obbligatorio di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 23 novembre 1998, n. 407, sebbene collocati oltre il limite dei posti ad essi riservati nel concorso”.

A sua volta il successivo comma 365, come da ultimo modificato dalla legge 11/2019 n. 12, così dispone: “La previsione di cui al comma 361 si applica alle graduatorie delle procedure concorsuali bandite successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge. Le previsioni di cui ai commi 361, 363 e 364 si applicano alle procedure concorsuali per l’assunzione di personale medico, tecnico-professionale e infermieristico, bandite dalle aziende e dagli enti del Servizio sanitario nazionale a decorrere dal 1 gennaio 2020.”

L’indiscutibile divergenza fra la norma regionale impugnata e le disposizioni legislative statali riportate impone la presente impugnazione, per violazione dei parametri costituzionali che si verranno  ad indicare.

MOTIVI

Violazione dell’articolo 117, secondo comma, lettera l e dell’articolo 3 della Costituzione.

Preliminarmente, appare opportuno evidenziare che la disciplina dei rapporti di diritto privato regolati dal codice civile e dai contratti collettivi e, quindi, anche la disciplina generale degli atti funzionali alla loro instaurazione, come le graduatorie concorsuali, è materia che attiene all’”ordinamento civile”, in relazione al quale sussiste, ex articolo 117, secondo comma, lettera l), Costituzione, la competenza legislativa esclusiva dello Stato.

La disciplina contenuta nell’articolo 1 , comma 361, della legge regionale n. 145 del 2018, in quanto finalizzata a regolare la disciplina del reclutamento del personale in una fase anteriore all’espletamento della singola procedura concorsuale, è espressione di un principio generale di organizzazione enucleato dal legislatore statale nell’esercizio della sua funzione di garanzia dell’unitarietà e uniformità dell’ordinamento.

In altri termini, la previsione fissa, nell’intero settore del pubblico impiego, un principio generale in materia di reclutamento del personale fondato sull’esigenza, connessa al principio costituzionale di eguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzione, di garantire l’uniformità nel territorio nazionale delle regole fondamentali di diritto che disciplinano l’accesso alle pubbliche amministrazioni che, in quanto tale, vincola anche le regioni che ad esso devono adeguare i propri ordinamenti.

Esclusivamente entro i limiti e principi definiti dalla disciplina statale, trova spazio la regolamentazione delle dettagliate e specifiche modalità di accesso al lavoro pubblico regionale riconducibile alla materia dell’organizzazione amministrativa delle Regioni e degli enti pubblici regionali, attribuita alla competenza delle Regioni ai sensi del quarto comma del medesimo articolo 117 della Costituzione.

Violazione dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), nonché degli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione.

Anche l’attività amministrativa  (e quindi, pure i procedimenti amministrativi in genere), può qualificarsi come “prestazione” in relazione alla quale emerge l’esigenza di fissare un “livello essenziale” a fronte di una specifica protesta di individui, imprese, operatori economici e, in generale, di soggetti privati (così Corte Cost. sentenza n. 207 del 2012), ragion per cui anche i moduli procedimentali destinati a dare attuazione concreta ai principi di uguaglianza, imparzialità e buon andamento di cui agli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione devono ritenersi rientranti nella competenza legislativa esclusiva statale ex art. 117, secondo comma, lettera m), per propria natura non costituente una “materia” in senso stretto, in quanto configurante una competenza del legislatore statale di carattere trasversale, suscettibile di investire tutte le materie in relazione alle quali si avverte l’esigenza di assicurare un uniforme godimento, sul territorio nazionale, di prestazioni garantite, non limitabile o condizionabile dal legislatore regionale (così Corte Cost. n. 62 del 2013).

Ne deriva che anche la determinazione dei limiti soggettivi di efficacia delle graduatorie, tendendo ad assicurare per tutti i candidati ai pubblici uffici un trattamento eguale, rispettoso dei principi di imparzialità e buon andamento di cui agli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione, nell’ottica della valorizzazione delle professionalità al servizio della Nazione unitariamente intesa, deve ritenersi afferente alla competenza esclusiva statale ex art. 117, secondo comma, lett. m).

Ciò posto in linea generale, va detto che la previsione, opportunatamente sancita dalla normativa statale, di limiti di efficacia soggettiva delle graduatorie delle procedure selettive per l’accesso all’impiego nella pubblica amministrazione ai soli vincitori è diretta a garantire che siano reclutati i migliori tra i candidati risultati, all’esito della procedura, in possesso dei requisiti tecnico-culturali richiesti per le figure professionali messe a concorso e garantisce all’amministrazione di dotarsi del personale maggiormente qualificato.

La previsione, poi, di utilizzo della graduatoria per la copertura, oltre che per i posti messi a concorso, anche di quelli che si rendono disponibili, in conseguenza della mancata costituzione e dell’avvenuta estinzione del rapporto di lavoro con i candidati dichiarati vincitori, risponde alla duplice esigenza di dotare immediatamente l’amministrazione del personale necessario allo svolgimento dei compiti istituzionali, consentendo all’amministrazione di attingere alla graduatoria efficace in relazione al numero dei posti messi a concorso.

Si tratta, dunque, di una finalità intimamente correlata con l’attuazione del principio di efficienza e buon andamento dell’amministrazione.

Debordando da tali limiti, la norma regionale impugnata non solo invade l’area di competenza del legislatore nazionale, ma lo fa violando i principi di uguaglianza, di parità delle condizioni di accesso ai pubblici impieghi e di buon andamento sanciti dalle norme costituzionali in epigrafe,

Né sembra – sia detto per prevenire infondate eccezioni avversarie – che la disciplina contenuta nella legge statale sia contrari al principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni.

Al riguardo, è sufficiente richiamare il consolidato orientamento giurisprudenziale della Corte Costituzionale, secondo cui l’esercizio della funzione legislativa sfugge alle procedure di leale collaborazione (ex plurimis, sentenze nn. 249, 232, 225, 107 e 88 del 2009).

Pertanto, considerato che si fa questione nella specie di norma di legge, che non delega il Governo ad una riforma di settori in cui si assiste ad un intreccio inestricabile di competenze regionali e statali, ma che detta una disciplina puntuale sui limiti soggettivi di efficacia delle graduatorie concorsuali con previsione, dunque, riconducibile alla competenza esclusiva statale, comunque prevalente, deve escludersi che sia ipotizzabile la necessità di una sorta di “approvazione” regionale della disciplina in parola.

Violazione dell’articolo 117, terzo comma, nonché degli articoli 3, 52 e 97 della Costituzione.

Infine, si ritiene opportuno evidenziare che la materia delle procedure concorsuali pubbliche, tendendo ad assicurare (come già evidenziato) il rispetto dei principi costituzionali di cui agli articoli 3, 51 e 97 della  Cost. ed a regolare la spesa per l’accesso ai pubblici uffici (evitando il reclutamento secondo modalità differenziate – cfr. Corte cost., sentenza 18 gennaio 2013, n. 3 sull’articolo 17, comma 10, del decreto legge n. 78 del 2009 convertito dalla legge 3 agosto 2009, n. 102), appare riconducibile anche alla materia del coordinamento  della finanza pubblica di cui all’articolo 117, terzo comma della Costituzione, non potendosi ammettere usi di risorse pubbliche diverse da quelle a livello uniforme sul piano nazionale per consentire l’assunzione (con correlativa spesa) alle dipendenze della Pubblica Amministrazione.

Spetta, quindi, al legislatore statale l’attuazione del principio costituzionale di cui agli articoli 3, 51 e 97 Cost., anche dettando modalità uniformi di utilizzo delle graduatorie concorsuali per l’accesso al pubblico impiego, traducendosi la relativa disciplina altresì in un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica.

Con specifico riguardo alla disciplina contenuta nella legge regionale in oggetto, si osserva che essa, analogamente a quanto previsto in alcuni testi di legge recentemente approvati da altre Regioni, consente l’utilizzo delle graduatorie per il reclutamento del personale a tempo indeterminato e a tempo determinato “oltre che pe la copertura dei posti messi a concorso, anche per l’assunzione di idonei non vincitori nei limiti del fabbisogno triennale di personale e della relativa dotazione organica”.

Come già rilevato, il comma 361 dell’articolo 1 della legge n. 145 del 2018, come novellato dall’articolo 14-ter, comma 1, del decreto legge n. 4 del 2019, individua le ipotesi in cui è possibile reclutare gli idonei, circoscrivendole, fermi i limiti temporali triennali di vigenza delle graduatorie medesime, ai casi in cui il posto si sia reso disponibile “in conseguenza della mancata costituzione o dell’avvenuta estinzione del rapporto di lavoro con i candidati dichiarati vincitori”.   

In sostanza, l’assunzione degli idonei è possibile soltanto per sostituire i vincitori del concorso, laddove, nella vigenza triennale della graduatoria approvata, essi abbiano rinunciato all’assunzione ovvero abbiano interrotto per qualsiasi motivo il rapporto di lavoro con l’amministrazione.

Inoltre, non può non evidenziarsi come:

a) il comma 361 dell’articolo 1 della legge n.145 del 2018 si riferisca tout court al reclutamento del personale presso una pubblica amministrazione, ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, senza operare alcuna distinzione tra assunzioni a tempo indeterminato e a tempo determinato;

b) ai sensi del comma 365 dell’articolo 1 della legge n. 145 del 2018, le previsioni di cui al comma 361  del medesimo articolo 1 si applichino esclusivamente “alle graduatorie delle procedure concorsuali bandite successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge” e, limitatamente alle procedure concorsuali per l’assunzione di personale medico, tecnico-professionale e infermieristico, bandite dalle aziende e dagli enti del Servizio sanitario nazionale, a decorrere dal 1 gennaio 2020.

Orbene, l’articolo 19 della legge regionale in oggetto, nel consentire l’utilizzazione delle graduatorie “anche per l’assunzione di idonei non vincitori nei limiti del fabbisogno triennale di personale e della relativa dotazione organica”, indiscutibilmente prevede una modalità di utilizzazione delle graduatorie concorsuali (bandite a far data dal 1° gennaio 2019 e, limitatamente alle assunzioni del personale medico, tecnico-professionale e infermieristico, a far data dal 1° gennaio 2020) molto diversa da quella individuata dall’articolo 1, commi 361 e 365, della legge n. 145 del 2018 e, comunque, incompatibile con la disciplina contenuta nelle prefate disposizioni.

Ne deriva che, alla stregua delle suesposte considerazioni, l’articolo 19 della legge regionale in oggetto è suscettibile di suscettibile di annullamento da parte di codesta Eccellentissima Corte costituzionale per violazione degli articoli 3, 51, primo comma, e 97, quarto comma, della Costituzione nonché per violazione dell’articolo 117, secondo comma, lettere l) e m), e articolo 117, terzo comma, della Costituzione.

Per quanto sopra esposto, si ritiene, pertanto, di promuovere la questione di legittimità costituzionale della legge regionale in esame e si chiede che

Voglia codesta Ecc.ma Corte Costituzionale

dichiarare costituzionalmente illegittima e conseguentemente annullare la legge della Regione Veneto 16 maggio 2019 n. 15 pubblicata sul B.U.R. n. 52 del 21 maggio 2019 recante “Legge regionale di adeguamento ordinamentale 2018 in materia di affari istituzionali” quanto all’articolo 19, rubricato “Graduatorie concorsuali delle aziende ed enti del servizio sanitario regionale”, come da delibera del Consiglio dei Ministri adottata nella seduta del 18 luglio 2019.

Con l’originale del ricorso si depositeranno:

  1. copia della L.R. Veneto n. 15 del 2019;
  2. estratto della delibera del Consiglio dei Ministri del 18 luglio 2019.

Roma, 19 luglio 2019.

 

Gianfranco Pignatone
(Vice Avvocato Generale dello Stato)

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