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Scarica versione stampabile Sentenza ed Ordinanza

Bur n. 4 del 11 gennaio 2019


Sentenza

Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri alla Corte Costituzionale per la declaratoria di illegittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3 e 4 della Legge Regionale 4 ottobre 2018, n. 31, recante "Armonizzazione dei fondi del personale regionale ai sensi dell'articolo 1, comma 800, della legge 27 dicembre 2017, n. 205", pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Veneto n. 101 del 9 ottobre 2018.

Ric. n. 85/2018

Ct. 49596/18 (avv. De Bellis)

AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO

ECC. MA CORTE COSTITUZIONALE

RICORSO EX ART. 127 DELLA COSTITUZIONE

per

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici è domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi, 12

contro

la REGIONE VENETO, in persona del Presidente della Giunta regionale protempore, con sede in Palazzo Balbi-Dorsoduro, 3901, 30123 Venezia

PER LA DECLARATORIA DI ILLEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE

degli artt. 1, 2, 3 e 4 della Legge Regionale 4 ottobre 2018, n. 31 pubblicata sul B.U.R. n. 101 del 9.10.2018 recante “Armonizzazione dei fondi del personale regionale ai sensi dell’articolo 1, comma 800, della legge 27 dicembre 2017, n. 205”, come da delibera del Consiglio dei Ministri in data 7.12.2018.

***

Sul B.U.R. Veneto n. 101 del 9.10.2018 è stata pubblicata la L.R. 4 ottobre 2018 n. 31, recante “Armonizzazione dei fondi del personale regionale ai sensi dell’articolo 1, comma 800, della legge 27 dicembre 2017, n. 205”.

All’art. 1 (“Armonizzazione del fondo per il trattamento economico accessorio del personale della Giunta regionale afferente all’area del comparto”) la L.R. dispone che:

1. Ai sensi dell’articolo 1, comma 800, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020”, nonché ai sensi dell’articolo 12 “Finanziamento dei processi di innovazione e di riorganizzazione della struttura regionale”, della legge regionale 16 febbraio 2010, n. 11 “Legge finanziaria regionale per l’esercizio 2010” e dell’articolo 27, comma 4, della legge regionale 17 maggio 2016, n. 14 “Modifiche alla legge regionale 31 dicembre 2012, n. 54 “legge regionale per l’ordinamento e le attribuzioni delle strutture della Giunta regionale in attuazione della legge regionale statutaria 17 aprile 2012, n. 1 “Statuto del Veneto”””, al fine di consentire la progressiva armonizzazione del trattamento economico del personale della Città metropolitana di Venezia e delle altre province transitato nei ruoi della Regionale, il fondo per il trattamento economico accessorio del personale della Giunta regionale afferente all’area del comparto, alla data del 1° gennaio 2018 è determinato nella sua componente stabile in complessivi euro 20.739.637,32.

2. La parte variabile del fondo per il trattamento economico accessorio del personale della Giunta regionale afferente all’area del comparto, è rideterminato annualmente ai sensi delle disposizioni normative e contrattuali vigenti.

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L’art. 2 (“Armonizzazione del fondo per il trattamento economico di posizione e di risultato del personale della Giunta regionale con qualifica dirigenziale”)

dispone che:

Ai sensi dell’articolo 1, comma 800, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, il fondo per il trattamento economico di posizione e di risultato del personale della Giunta regionale con qualifica dirigenziale, alla data del 1° gennaio 2018 è determinato in complessivi euro 8.161.791,93.

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L’art. 3 (“Variazioni quantitative dei fondi per il trattamento economico accessorio del personale della Giunta regionale”) prevede che:

Gli importi individuati all’articolo 1, comma 1 e all’articolo 2 possono essere modificati a seguito di processi di riorganizzazione da cui conseguano il trasferimento di funzioni da o verso la Regione o altri enti pubblici anche strumentali, ovvero per effetto di rinnovi contrattuali.

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L’art. 4 (“Attuazione del Contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale del comparto funzioni locali per il triennio 2016-2018”) prevede infine che:

La Giunta regionale, con propria deliberazione, procede alla rideterminazione dell’importo unico consolidato di cui all’articolo 1, in attuazione delle specifiche previsioni del Contratto collettino nazionale di lavoro relativo al personale del comparto funzioni locali, applicando dall’anno 2018 la disposizione di cui all’articolo 67, comma 2, lettera b), e dall’anno 2019 anche quella dell’articolo 67, comma 2, lettera a), nonché ponendo a carico del bilancio regionale le risorse dei fondi destinate nell’anno 2017 alla retribuzione di posizione e di risultato delle posizioni organizzative

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Orbene, ritiene il Presidente del Consiglio che le disposizioni sopra riportate si pongano in contrasto con l’art. 117 secondo comma lettera l) Cost. e con l’art. 3 Cost.

Propone pertanto questione di legittimità costituzionale ai sensi dell’art. 127 comma 1 Cost. per i seguenti

MOTIVI

Le disposizioni impugnate rideterminano il fondo per il trattamento economico accessorio del personale della Giunta regionale afferente alle aree del comparto nonché a quella dirigenziale.

Tale scelta si fonda su quanto previsto nell’art. 1, comma 880, della legge n. 205 del 2017, che così dispone (enfasi aggiunta):

800. Al fine di consentire la progressiva armonizzazione del trattamento economico del personale delle città metropolitane e delle province transitato in altre amministrazioni pubbliche ai sensi dell’articolo 1, comma 92, della legge 7 aprile 2014, n. 56, e dell’articolo 1, commi 424 e 425, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, con quello del personale delle amministrazioni di destinazione, a decorrere dal 1° gennaio 2018 non si applica quanto previsto dall’articolo 1, comma 96, lettera a), della predetta legge n. 56 del 2014, fatto salvo il mantenimento dell’assegno ad personam per le voci fisse e continuative, ove il trattamento economico dell’amministrazione di destinazione sia inferiore a quello dell’amministrazione di provenienza. Per le medesime finalità di cui al primo periodo, a decorrere dal 1° gennaio 2018 i fondi destinati al trattamento economico accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, degli enti presso cui il predetto personale è transitato in misura superiore al numero del personale cessato possono essere incrementati, con riferimento al medesimo personale, in misura non superiore alla differenza tra il valore medio individuale del trattamento economico accessorio del personale dell’amministrazione di destinazione, calcolato con riferimento all’anno 2016, e quello corrisposto, in applicazione del citato articolo 1, comma 96, lettera a), della legge n. 56 del 2014, al personale trasferito, a condizione che siano rispettati i parametri di cui all’articolo 23, comma 4, lettere a) e b), del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75. Ai conseguenti maggiori oneri le amministrazioni provvedono a valere e nei limiti delle rispettive facoltà assunzionali. Le regioni possono alternativamente provvedere ai predetti oneri anche a valere su proprie risorse, garantendo, in ogni caso, il rispetto dell’equilibrio di bilancio.

***

Come di vede, la norma nazionale prevede – “Al fine di consentire la progressiva armonizzazione del trattamento economico del personale delle città metropolitane e delle province transitato in altre amministrazioni pubbliche…. Con quello del personale delle amministrazioni di destinazione, a decorrere dal 1° gennaio 2018” – che :

a) non si applichi quanto previsto nell’art. 1, comma 96, lett. a) della legge n. 56/2014, il quale disponeva che il suddetto personale transitato conservasse “la posizione giuridica ed economica, con riferimento alle voci del trattamento economico fondamentale e accessorio, in godimento all’atto del trasferimento, nonché l’anzianità di servizio maturata”;

b) che tuttavia veniva fatto salvo “il mantenimento dell’assegno ad personam per le voci fisse e continuative, ove il trattamento economico dell’amministrazione di destinazione sia inferiore a quello dell’amministrazione di provenienza”;

c) che per la medesima finalità (consentire la progressiva armonizzazione del trattamento economico), a decorrere dal 1°.1.2018 “i fondi destinati al trattamento economico accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, degli enti presso cui il predetto personale è transitato in misura superiore al numero del personale cessato” potessero essere incrementati, in una certa misura (“non superiore alla differenza tra il valore medio individuale del trattamento economico accessorio del personale dell’amministrazione di destinazione, calcolato con riferimento all’anno 2016, e quello corrisposto, in applicazione del citato articolo 1, comma 96, lettera a), della legge n. 56 del 2014, al personale trasferito”).

***

Come si è detto, la Regione Veneto con le disposizioni impugnate ha appunto ritenuto di incrementare i suddetti fondi.

Tuttavia la Regione non sembra avere considerato che l’esercizio di tale facoltà era subordinato, dal medesimo art. 1 comma 800 richiamato negli artt. 1 e 2 della L.R., al rispetto dei “parametri di cui all’articolo 23, comma 4, lettera a) e b), del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75”.

Tale ultima disposizione prevede che:

A decorrere dal 1° gennaio 2018 e sino al 31 dicembre 2020, in via sperimentale, le regioni a statuto ordinario e le città Metropolitane che rispettano i requisiti di cui al secondo periodo possono incrementare, oltre il limite di cui al comma 2, l’ammontare della componente variabile dei fondi per la contrattazione integrativa destinata al personale in servizio presso i predetti enti, anche di livello dirigenziale, in misura non superiore a una percentuale della componente stabile dei fondi medesimi definita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previo accordo in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo n. 281 del 1997, entro novanta giorni dalla entrata in vigore del presente provvedimento. Il predetto decreto individua i requisiti da rispettare ai fini della partecipazione alla sperimentazione di cui al periodo precedente, tenendo conto in particolare dei seguenti parametri:

a) fermo restando quanto disposto dall’articolo 1, comma 557-quater, della legge n. 296 del 2006, il rapporto tra le spese di personale e le entrate correnti considerate al netto di quelle a destinazione vincolata;

b) il rispetto degli obiettivi del pareggio di bilancio di cui all’articolo 9 della legge 24 dicembre 2012, n. 243;

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La disposizione richiamata nel citato art. 1 comma 800, prevede dunque che venga emanato un D.M. “previo accordo in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo n. 281 del 1997” che individui i requisiti da rispettare tenendo conto in particolare dei parametri indicati alle successive lettere a) e b).

Appare allora evidente che fino a quando il citato D.M. non sia stato adottato, non è possibile per le regioni esercitare la facoltà prevista dal comma 800 di rideterminazione del fondo. In particolare, in assenza del decreto, la lettera a) dell’art. 23 risulta priva di contenuti, non essendo definita quale sia la percentuale indicativa di una situazione di virtuosità finanziaria.

E poiché ad oggi il suddetto D.M. non risulta avere ancora completato il suo iter, non poteva ritenersi consentito alla regione Veneto emanare disposizioni come quelle impugnate.

Occorre da ultimo considerare che ai sensi del citato comma 800, le Amministrazioni possono incrementare i fondi, anche del personale dirigenziale, oltre il tetto stabilito dall’art. 23, comma 2, del citato D.Lgs. n. 75 del 2017, limitatamente alla differenza fra il numero delle unità dei dipendenti transitati e il numero di unità del proprio personale cessato dal servizio, mentre le norme impugnate si limitano a una nuova quantificazione del fondo in valore assoluto, senza alcuna possibilità di verificare le modalità di calcolo e il rispetto dei presupposti della citata disposizione.

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Alla luce di quanto sopra esposto consegue che agli articoli 1, 2, 3 e 4 della L.R. 31 del 2018 sono da ritersi incostituzionali:

a) per violazione dell’art. 127 comma 2 lett. l) Cost., che riserva alla legislazione esclusiva dello Stato la materia dell’ordinamento civile e, quindi i rapporti di diritto privato regolabili dal Codice civile; come si è infatti visto, la normativa statale afferisce al regime giuridico ed economico di tutto il personale proveniente dalle province e dalle città metropolitane e transitato in altre amministrazioni, la cui disciplina non può che avere carattere uniforme sul territorio nazionale;

b) per violazione dell’art. 3 Cost. per contrasto con il principio di eguaglianza fra i cittadini in quanto il personale delle altre pubbliche amministrazioni, nella stessa situazione lavorativa, si troverebbe di fronte ad una diversa qualificazione degli emolumenti.

Da ciò la illegittimità costituzionale delle disposizioni regionali impugnate.

P.Q.M

Si chiede che codesta Ecc.ma Corte Costituzionale vogli dichiarare costituzionalmente illegittimo e conseguentemente annullare gli articoli 1, 2, 3 e 4 della Legge Regione Veneto 4 ottobre 2018, n. 31 recante: “Armonizzazione dei fondi del personale regionale ai sensi dell’articolo 1, comma 800, della legge 27 dicembre 2017, n. 205”, per i motivi illustrati nel presente ricorso.

Con l’originale notificato del ricorso si depositeranno:

1.  Estratto della delibera del Consiglio dei Ministri 7.12.2018.


Roma, 10 dicembre 2018
 

Gianni De Bellis
Avvocato dello Stato

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