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Scarica versione stampabile Sentenza ed Ordinanza

Bur n. 34 del 06 aprile 2018


Ricorso

Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri alla Corte Costituzionale per la declaratoria di illegittimità costituzionale dell'art. 67 della Legge Regionale del Veneto 29 dicembre 2017, n. 45 recante il "Collegato alla legge di stabilità regionale 2018", pubblicata nel B.U.R. n. 128 del 29 dicembre 2017,

N. 18 reg. ricorsi 2018

CT 7887/18 Avv. G. Palmieri

AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO

ECC.MA CORTE COSTITUZIONALE

RICORSO EX ART. 127 COSTITUZIONE

Del Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato C.F. 80224030587, Fax 06/96574000 e PEC  roma@mailcert.avvocaturastato.it, presso i cui uffici ex lege domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12

nei confronti

della Regione Veneto, in persona del Presidente della Giunta Regionale pro-tempore, per la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’articolo 67 della Legge Regionale Veneto n. 45 del 29 dicembre 2017, recante il “Collegato alla legge di stabilità regionale 2018”, pubblicata nel B.U.R. n. 128 del 29 dicembre 2017, giusta delibera del Consiglio dei Ministri in data 22 febbraio 2018.

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Con la Legge Regione n. 45 del 29 dicembre 2017, indicata in epigrafe, che consta di 68 articoli, la Regione Veneto ha emanato le disposizioni recanti il “Collegato alla legge di stabilità regionale 2018”.

In particolare, l’articolo 67, la cui rubrica è intitolata “Modifica alla legge regionale 9 dicembre 1993, n. 50 “Norme per la protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio”, inserisce nella Legge Regionale n. 50/1993 citata l’articolo 19-bis contenente il “Sistema regionale di prenotazione e disciplina per l’esercizio della mobilità venatoria dei cacciatori del Veneto”.

E’ avviso del Governo che, con la norma denunciata in epigrafe, la Regione Veneto abbia ecceduto dalla propria competenza in violazione della normativa costituzionale, come si confida di dimostrare in appresso con l’illustrazione dei seguenti

MOTIVI

1) L’Articolo 67 della Legge Regione Veneto 29 dicembre n. 2017, n. 45 viola l’articolo 117, comma 2, lett. s) della Costituzione in riferimento agli articoli 12, comma 5, e 14, comma 5, della legge 11 febbraio 1992, n. 157.

Come si è detto, l’articolo 67, la cui rubrica è intitolata “Modifica alla legge regionale 9 dicembre 1993, n. 50 “Norme per la protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio”, inserisce nella Legge Regionale n. 50/1993 citata l’articolo 19-bis contenente il “Sistema regionale di prenotazione e disciplina per l’esercizio della mobilità venatoria dei cacciatori del Veneto”.

L’articolo prevede, al comma 1, che “La Giunta regionale sviluppa il sistema regionale di prenotazione per il rilascio dell’autorizzazione ai cacciatori del Veneto ad esercitare l’attività venatoria in mobilità alla selvaggina migratoria e di supporto informatico a ricerche, studi, analisi scientifiche e statistiche inerenti la fauna selvatica del Veneto; al comma 2, che “A partire dal 1 ottobre di ogni anno, i cacciatori residenti in Veneto possono esercitare la caccia in mobilità alla selvaggina migratoria fino ad un massimo di trenta giornate nel corso della stagione venatoria anche in Ambiti territoriali di caccia del Veneto diversi da quelli a cui risultano iscritti, con esclusione della Zona Lagunare e Valliva, previa autorizzazione rilasciata dal sistema informativo di cui al comma 1.”; al comma 3, che “Il sistema informativo regionale autorizza l’accesso giornaliero ad un numero di cacciatori comunque non superiore alla differenza tra i cacciatori iscritti all’Ambito territoriale di caccia ed i cacciatori ammissibili sulla base dell’indice di densità venatoria massima stabilito annualmente dalla Giunta regionale.”; e, al comma 4, che “La Giunta regionale, con propria deliberazione, stabilisce le modalità di accesso al sistema regionale di prenotazione, le modalità e le regole di esercizio della mobilità venatoria sul territorio regionale.”.

L’articolo 67 citato inserisce e regola la “mobilità venatoria”, prevedendo la possibilità, per i cacciatori della Regione Veneto, di “esercitare la caccia in mobilità alla selvaggina migratoria fino ad un massimo di trenta giornate nel corso della stagione venatoria anche in ambiti territoriali di caccia del Veneto diversi da quelli a cui risultano iscritti, con esclusione della Zona Lagunare e Valliva, previa autorizzazione rilasciata dal sistema informativo” disciplinato al precedente comma 1”.

Tale sistema informativo, quindi, “autorizza l’accesso giornaliero ad un numero di cacciatori comunque non superiore alla differenza tra i cacciatori iscritti all’Ambito territoriale di caccia ed i cacciatori ammissibile sulla base dell’indice di densità venatoria massima stabilito annualmente dalla Giunta regionale” (comma 3).

Queste previsioni – e più in generale l’articolo 19-bis novellato, che introduce, appunto, la “mobilità venatoria”, devono ritenersi costituzionalmente illegittime per violazione dell’articolo 117, comma 2, lett. s), della Costituzione, in riferimento ala normativa interposta di cui agli articoli 12, comma 5, e 14, comma 5, della legge 11 febbraio 1992, n. 157, contenente le “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”.

La prima di tali disposizioni statale, “esercizio dell’attività venatoria”, infatti, prevede che, “fatto salvo l’esercizio venatorio con l’arco o con il falco, l’esercizio venatorio (…) può essere praticato in via esclusiva in una delle seguenti forme: a) vagante in zona Alpi; b) da appostamento fisso; c) nell’insieme delle altre forme di attività venatoria consentite dalla presente legge e praticate nel rimanente territorio destinato all’attività venatoria programmata”.

In base alla seconda delle predette norme, “gestione programmata della caccia”, “ogni cacciatore, previa domanda all’amministrazione competente, ha diritto all’accesso in un ambito territoriale di caccia o in un comprensorio alpino compreso nella regionale in cui risiede e può avere accesso ad altri ambiti o ad altri comprensori anche compresi in una diversa regione, previo consenso dei relativi organi di gestione”.

La norma regionale, dunque, in primo luogo consente l’attività venatoria in forme e con modalità ulteriori rispetto a quelle individuate, dall’art. 12, comma 5, della legge n. 157 del 1992 citato, ponendosi, quindi, in contrasto con tale disposizione.

In secondo luogo, se è vero che il singolo cacciatore può essere autorizzato all’esercizio venatorio in un ATC diverso da quello al quale è iscritto solo in presenza di due requisiti espressamente previsti:

a) di un provvedimento dell’amministrazione competente, e b) previo consenso degli organi di gestione.

La norma di cui all’articolo 67 citato, invece, costruisce un sistema “automatizzato” che certamente non contempla il requisito indicato sub b) e, cioè, il previo consenso degli organi di gestione. Anche il requisito sub a), il provvedimento dell’Amministrazione competente, peraltro, non risulta soddisfatto, poiché l’autorizzazione è rilasciata per espressa previsione legislativa “in automatico”, con il solo limite numerico desumibile dal comma 3 della disposizione de qua, mentre, invece, la “riserva di amministrazione” prevista dalla norma statale richiede che l’Amministrazione competente valuti caso per caso, in relazione alle circostanze del momento, ciascuna richiesta autorizzatoria.

Poiché le norme statali sopra citate sono poste a tutela della fauna selvatica e, dunque, a tutela dell’ambiente, il contrasto con le medesime si traduce senz’altro in una violazione dell’articolo 117, comma 2, lett. s), della Costituzione nelle materie di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema.

La giurisprudenza costituzionale è costante nell’affermare che la materia “tutela dell’ambiente” rientra nella competenza legislativa esclusiva dello Stato, appunto, ai sensi dell’articolo 117, comma 2, lett. s), della Costituzione e inerisce a un interesse pubblico di valore costituzionale primario ed assoluto.

Come ormai costantemente affermato dalla giurisprudenza costituzionale, si tratta di una “materia trasversale”, titolo che legittima lo Stato ad adottare disposizioni a tutela di un valore costituzionalmente protetto, anche in “campi di esperienza” – le cosiddette “materie” in senso proprio – attribuiti alla competenza legislativa regionale.

Ne deriva che le disposizioni legislative statali adottate in tale ambito fungono da limite alla disciplina che le Regioni, anche a statuto speciale, e le Province autonome, dettano nei settori di loro competenza, essendo a esse consentito soltanto, eventualmente, incrementare i livelli della tutela ambientale, senza, però, compromettere il punto di equilibrio fra esigenze contrapposte espressamente individuato dalla norma statale (ex multis sentenza n. 197 del 2014, punto 3.2. del Considerato in diritto).

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Per i suesposti motivi si conclude perché l’articolo 67 della Legge Regionale Veneto n. 45 del 29 dicembre 2017, recante “Modifica della legge regionale 9 dicembre 1993, n. 50 “Norme per la protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio”, indicata in epigrafe, sia dichiarato costituzionalmente illegittimo.

Si produce l’estratto della deliberazione del Consiglio dei Ministri del 22 febbraio 2018.


Roma, 26 febbraio 2018


Il Vice Avvocato Generale dello Stato
Gabriella Palmieri


L’Avvocato dello Stato
Francesca Morici

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