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Scarica versione stampabile Sentenza ed Ordinanza

Bur n. 75 del 31 luglio 2015


Ricorsi

Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri alla Corte Costituzionale per la dichiarazione di illegittimità costituzionale degli articoli 2, 49 e 69 della legge della Regione Veneto 27 aprile 2015, n. 6 "Legge di stabilità regionale per l'esercizio 2015", pubblicata nel BUR n. 41 del 27 aprile 2015.

Pubblicazione disposta dal Presidente della Corte costituzionale a norma dell’art. 20 delle Norme integrative per i giudizi davanti la Corte costituzionale.

Ricorso n. 72

depositato il 2 luglio 2015

per il Presidente del Consiglio dei Ministri (C.F. 80188230587) in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato (C.F. 80224030587 – per il ricevimento degli atti: FAX 06/96514000 e PEC “ agsrm@mailcert.avvocaturastato.it ”), presso i cui Uffici ha legale domicilio in Roma, via dei Portoghesi n. 12

nei confronti

della Regione Veneto, in persona del Presidente della Giunta Regionale, per la carica domiciliato in Venezia, Palazzo Balbi – Dorsoduro, 3901 – 30123 Venezia

per la declaratoria

di illegittimità costituzionale

degli articoli 2, 49 e 69 della legge della Regione Veneto 27 aprile 2015, n. 6, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione n. 41 del giorno 27 aprile 2015, recate “Legge di stabilità regionale per l’esercizio 2015”, giusta delibera del Consiglio dei Ministri del giorno 23 giugno 2015.

*****

L’art. 2 della legge della Regione Veneto n. 6 del 27/4/2015, “Legge di stabilità regionale 2015”, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione n. 41 del giorno 27 aprile 2015, rubricato “Disposizioni in materia di tassa automobilistica” ha previsto, al comma 1, l’esenzione dal pagamento della tassa automobilistica ordinaria per i veicoli e motoveicoli muniti di certificato di interesse storico collezionistico rilasciato da ASI, Storico Lancia, Italiano FIAT, etc., a decorrere dal ventesimo anno dalla loro costruzione.

Il successivo comma 4 ha poi previsto l’istituzione di una “tassa di circolazione forfettaria” sugli stessi veicoli e motoveicoli.

L’art. 49 della richiamata legge regionale, rubricato “Norma in materia di registrazione e promozione di marchi regionali” ha disposto al comma 1: “1. La Regione del Veneto attraverso i marchi collettivi di qualità istituiti ai sensi delle vigenti leggi nazionali e regionali, valorizza il proprio patrimonio produttivo e culturale nonché i prodotti di qualità del territorio veneto.”, prevedendo al successivo comma 2 che “2. Per le finalità di cui al comma 1, la Giunta regionale provvede alla registrazione e alla promozione dei marchi di proprietà della Regione Veneto.”

L’art. 69 della Legge regionale in argomento, rubricato “Norme a garanzia della copertura del Fondo anticipazione di liquidità di cui all’articolo 3 del decreto legge 8 aprile 2013, n. 35 “Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali”, convertito con modificazioni dalla legge 6 giugno 2013, n. 64”, ha così disposto:

“1. Le risorse destinate alla copertura del Fondo anticipazione di liquidità di cui all’articolo 3 del decreto legge 8 aprile 2013, n. 35 “Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali”, convertito con modificazioni dalla legge 6 giugno 2013, n. 64 sono comunque garantite anche mediante l’utilizzo delle risorse destinate al finanziamento del Fondo Sanitario Regionale allocate all’upb U0248 “Spesa sanitaria corrente” (capitolo U/102324).”

Le richiamate norme della legge regionale Veneto n. 6 del 27 aprile 2015 si pongono in contrasto con la Costituzione per i seguenti

MOTIVI

1) Illegittimità dell’art. 2 della l.r. Veneto 27 aprile 2015, n. 6 per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e) dell’art. 119, secondo comma della Costituzione

L’articolo 2 della legge Regione Veneto n. 6 del 27 aprile 2015 prevede l’esenzione dal pagamento della tassa automobilistica ordinaria per i veicoli e motoveicoli muniti di certificato di interesse storico collezionistico rilasciato da ASI, Storico Lancia, Italiano FIAT, etc., a decorrere dal ventesimo anno dalla loro costruzione, in tal modo ponendosi in contrasto con l’articolo 63 della L. n. 342/2000, che nella versione vigente, per effetto delle modifiche apportate dall’art. 1, co. 666 della L. n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015), ha previsto l’esenzione della tassa automobilistica per tali categorie di veicoli e motoveicoli solo a decorrere dal trentesimo anno di costruzione.

Per effetto della disposizione regionale censurata, i veicoli iscritti nei suddetti registri continuerebbero dunque ad essere esenti dal pagamento della tassa automobilistica a decorrere dal ventesimo anno della loro costruzione, diversamente da quanto disposto nella norma statale per tali fattispecie non prevede più alcuna forma di esenzione.

La norma regionale, nel reintrodurre un’esenzione dal pagamento della tassa automobilistica abrogata dalla normativa statale, si pone in netto contrasto con quest’ultima.

In merito, è pertinente il richiamo alla circolare del Dipartimento delle Finanze che recita: “L’abrogazione dei commi 2 e 3 dell’art. 63 della legge n. 342 del 2000, comporta che agli autoveicoli ed ai motoveicoli di particolare interesse storico e collezionistico non è più riconosciuta l’esenzione dal pagamento delle tasse automobilistiche”, aggiungendo che “detto principio, sotteso alle disposizioni dell’art. 1, comma 666, della legge n. 190 del 2014, deve essere naturalmente rispettato anche dalle leggi regionali in materia di tasse automobilistiche”.

* * *

Il comma 4 dell’art. 2 in parola istituisce una “tassa di circolazione forfettaria” sui veicoli e motoveicoli di cui al precedente comma 1, per i quali la normativa statale prevede l’assoggettamento alla tassa automobilistica ordinaria (art. 63 della L. n. 342/2000).

La Regione, quindi, per i predetti veicoli, ha sostituito il regime di tassazione ordinaria, prevista dal sistema statale, con un differente tributo ad hoc.

La tassa automobilistica (disciplinata dal D.P.R. n. 39 del 1953) è stata attribuita dall’art. 23 del d.lgs. n. 504 del 1992 alle regioni, le quali provvedono anche alla riscossione, all’accertamento, al recupero, ai rimborsi ed al relativo contenzioso (art. 17, co. 10 della L. n. 449/1997).

Successivamente l’art. 8, co. 2 del d.lgs. n. 68/2011 ha riconosciuto alle regioni la possibilità di disciplinare la tassa de qua, fermi restando i limiti massimi di manovrabilità previsti dalla legislazione statale.

Il tributo, dunque, non può essere annoverato tra i tributi propri delle regioni, bensì tra i “tributi propri derivati” e dunque istituito con legge statale e manovrabile dalle regioni nei limiti stabiliti dalla legislazione nazionale.

Il punto è stato chiarito con sentenza n. 288 del 2012, con la quale l’Ecc.ma Corte costituzionale, nel delineare il quadro normativo in cui si colloca la tassa automobilistica regionale – anche a seguito delle modifiche introdotte dalla legge n. 42 del 2009 (legge delega in materia di federalismo fiscale) e del relativo decreto attuativo (decreto legislativo n. 68 del 2011) – ha precisato, con riferimento a tale imposta, “che si qualifica come tributo proprio derivato”, che le regioni:

  1. non possono modificare il presupposto e i soggetti d’imposta, attivi o passivi;
  2. possono modificare le aliquote, ma solo entro il limite massimo fissato dal legislatore;
  3. possono disporre esenzioni, detrazioni e deduzioni nei limiti di legge e, quindi, non possono escludere agevolazioni già previste dal legislatore statale.

La Corte ha aggiunto che, con la formulazione dell’articolo 8 del decreto legislativo n. 68 del 2011 e, soprattutto, dalla diversificazione operata tra i commi 2 e 3 del predetto articolo, si intende “non già la natura di tributo proprio della tassa automobilistica regionale, ma solo la volontà del legislatore di riservare ad essa un regime diverso rispetto a quello stabilito per gli altri tributi derivati, attribuendone la disciplina alle regioni, senza che questo comporti una modifica radicale di quel tributo, come confermato dall’inciso “fermi restando i limiti di manovrabilità previsti dalla legislazione statale”.

Pertanto, alla luce delle argomentazioni espresse dalla Corte costituzionale, sia con riferimento alla natura giuridica della tassa di circolazione (tributo proprio derivato), sia ai limiti del potere delle regioni di disciplinare con propria legge tale tributo (ai sensi dell’articolo 8 del D.lgs. n. 68 del 2011), appare evidente come le regioni non possano intervenire nella disciplina del tributo con la modifica della soggettività attiva e passiva, con l’introduzione di esenzioni non previste dalla normativa statale, ovvero con la sostituzione del regime di tassazione statale.

L’articolo 2 della legge Veneto n. 6 del 2015 si pone dunque in contrasto con l’articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, che riserva alla competenza esclusiva dello Stato la materia del sistema tributario e con l’articolo 119, comma 2, della Costituzione, che subordina la possibilità per le regioni e gli enti locali di stabilire ed applicare tributi ed entrare proprie al rispetto dei principi (statali) di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario.

2) Illegittimità dell’art. 49 della l.r. Veneto 27 aprile 2015, n. 6 per violazione degli artt. 117, primo comma e 120, primo comma della Costituzione

L’articolo 49 della legge in argomento si propone di valorizzare il patrimonio produttivo e culturale del Vento, nonché i prodotti di qualità di quel territorio, attraverso la registrazione e promozione di marchi collettivi di qualità, istituiti ai sensi delle vigenti leggi nazionali e regionali, di proprietà della stessa Regione.

L’istituzione e la conseguente disciplina di siffatti marchi collettivi di qualità da parte della Regione Veneto, si pone in conflitto con il diritto dell’Unione europea – in relazione a quanto disposto, fra l’altro, dagi artt. 34 e 35 del T.F.U.E. (Trattato sul Funzione dell’Unione Europea), che fanno divieto agli Stati membri di porre in essere restrizioni quantitative all’importazione e all’esportazione, nonché qualsiasi misura di effetto equivalente, e, quindi, determina violazione dell’art. 117, primo comma, della Costituzione, che impone, nell’esercizio della potestà legislativa, il rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario.

In diverse occasioni la Corte di Giustizia ha sottolineato che una legislazione nazionale che regoli o applichi misure di marcatura di origine, siano i marchi obbligatori o volontari, è contraria agli obiettivi del marcato interno, perché può rendere più difficile la vendita in uno Stato membro della merce prodotta in un altro Stato membro, ostacolando gli scambi intracomunitari e facendo così venir meno i benefici del mercato interno. Nella sentenza del 5 novembre 2002 (C-325/00), la Corte ha ritenuto che un sistema di marcatura, seppure facoltativo, nel momento in cui esso è imputabile ad autorità pubblica, ha, almeno potenzialmente, effetti restrittivi sulla libera circolazione delle merci tra Stati membri, in quanto l’uso del marchio “favorisce, o è atto a favorire, lo smercio dei prodotti in questione rispetto ai prodotti che non possono fregiarsene”.

L’articolo 49 contrasta, altresì, con l’art. 120, primo comma, della Costituzione, in quanto le misure adottate dalla Regione Veneto possono potenzialmente ostacolare la libera circolazione delle merci, anche all’interno del mercato nazionale, inducendo i consumatori a preferire i prodotti veneti rispetto a quelli provenienti da altre Regioni.

Sul tema si è recentemente (e con chiarezza) espressa l’Ecc.ma Corte Costituzionale con sentenza 8 aprile 2013, n. 66 ribadendo l’orientamento giurisprudenziale secondo cui l’istituzione di un marchio regionale (nella specie collettivo, di qualità , dei prodotti agricoli ed agroalimentari) è incostituzionale, poiché induce i consumatori a preferire i prodotti contraddistinti con il marchio in questione rispetto ad altri similari e, dunque, viola il divieto di misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative all’importazione e all’esportazione, previsto dal Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, oltre a rischiare di frammentare il mercato interno nazionale.

Per i motivi sopra enunciati, l’art. 49 della legge regionale n. 6 del 27 aprile 2015, nella parte in cui prevede la possibilità di istituire i marchi collettivi di qualità dei prodotti del Veneto, contrasta con l’art. 117 , comma 1, Costituzione sotto il profilo dell’interferenza nei rapporti dello Stato con l’Unione europea e con l’art. 120, primo comma, Costituzione in quanto suscettibile di limitare la libera circolazione delle merci anche all’interno del mercato nazionale.

3) Illegittimità dell’art. 69 della l.r. Veneto 27 aprile 2015, n. 6 per violazione dell’art. 81, terzo comma della Costituzione.

L’articolo 69 della l.r. Veneto n. 6 del 2015 stabilisce che le risorse destinate alla copertura delle anticipazioni di liquidità, acquisite dalla regione per il pagamento dei debiti sanitari pregressi, ai sensi dell’articolo 3 del D.L. n. 35/2013, convertito, con modificazioni dalla legge n. 64/2013, siano comunque garantite anche mediante l’utilizzo delle risorse destinate al finanziamento del fondo sanitario regionale, vale a adire del finanziamento sanitario corrente.

Al riguardo, si rappresenta che la Regione Veneto ha avuto accesso alle anticipazioni di liquidità per il pagamento dei debiti pregressi in conseguenza, fra l’altro, della predisposizione, espressamente richiesta dal richiamato articolo 3, comma 5, del D.L. n. 35/2013, di idonee e congrue misure di copertura del rimborso allo Stato delle anticipazioni stesse, oggetto di verifica da parte del Tavolo di verifica degli adempimenti regionali. Il Tavolo di verifica degli adempimenti non avrebbe positivamente riscontrato una copertura finanziaria effettuata a valere sulle risorse correnti del Servizio sanitario regionale, in quanto già finalizzate, ai sensi della legislazione vigente, a garantire l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA).

Ora, la disposizione della legge regionale dispone invece che la copertura dei rimborsi di cui trattasi avvenga anche attingendo alle risorse destinate al finanziamento sanitario corrente (con ciò intervenendo sulle coperture già adottate e positivamente verificate ai fini della sottoscrizione dei contratti di prestito con il Ministero dell’Economia e delle Finanze).

La disposizione introduce quindi, a carico del Servizio sanitario regionale, in palese contrasto con l’articolo 3 del DL n. 35/2013 e con l’articolo 81 della Costituzione, un onere del tutto improprio (rimborso di prestiti) ed ulteriore rispetto agli oneri finanziati a carico del Servizio sanitario nazionale, senza indicare le necessarie fonti di copertura.

Pertanto, l’articolo 69 si pone in contrasto con l’articolo 81, terzo comma, della Costituzione sotto il profilo della mancata copertura finanziaria.

* * * * *

Per i suesposti motivi si conclude perché gli articoli 2, 49 e 69 della legge regionale Veneto n. 6 del 27 aprile 2015, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione n. 41 del 27 aprile 2015, siano dichiarati costituzionalmente illegittimi.

Si produce l’estratto della delibera del Consiglio dei Ministri del giorno 23 aprile 2015 e la relazione del Dipartimento per gli Affari regionali.


Roma, 25 giugno 2015
 

Rosario di Maggio
Avvocato dello Stato

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