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Scarica versione stampabile Sentenza ed Ordinanza

Bur n. 24 del 13 marzo 2015


RICORSO

Ricorso n. 21 del Presidente del Consiglio dei Ministri alla Corte Costituzionale per la declaratoria di illegittimità costituzionale degli artt. 13 e 14, nono comma, della Legge della Regione Veneto del 28 novembre 2014, n. 37 "Istituzione dell'Agenzia veneta per l'innovazione nel settore primario" pubblicata nel BUR n. 116 del 5 dicembre 2014.

Pubblicazione disposta dal Presidente della Corte costituzionale a norma dell’art. 20 delle Norme integrative per i giudizi davanti la Corte costituzionale

Ricorso n. 21

Depositato il 10 febbraio 2015

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici domicilia ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12 (C.F. 80224030458, FAX 06/96514000 e PEC roma@mailcert.avvocaturastato.it.)

contro

la REGIONE VENETO in persona del Presidente della Giunta p.t.

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per la declaratoria di illegittimità costituzionale degli artt. 13 e 14, nono comma, della Legge della Regione Veneto del 28 novembre 2014, n. 37, pubblicata nel BUR n. 116 del 5 dicembre 2014, recante l’“Istituzione dell’Agenzia veneta per l’innovazione nel settore primario”.

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La legge riportata in epigrafe viene impugnata, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri in data 29 gennaio 2015, nelle sopraindicate disposizioni sulla base dei seguenti

 

MOTIVI

Premessa

La legge della Regione Veneto n. 37 del 2015 istituisce la Agenzia veneta per l’innovazione nel settore primario, definita dall’art. 1 della legge regionale quale “ente  strumentale della Regione Veneto, dotata di personalità giuridica di diritto pubblico e di autonomia amministrativa, contabile e patrimoniale, nei limiti previsti dalla legge” (art. 1).

L’Agenzia, nei limiti delle funzioni proprie, come individuate dal successivo articolo 2, subentra nei rapporti giuridici attivi e passivi dell’Azienda regionale per i settori agricolo, forestale e agroalimentare “Veneto agricoltura” – definita quale “ente di diritto pubblico economico dotato di personalità giuridica propria” dall’art. 1 della legge regionale 5 settembre 1997, n. 34 – che viene al contempo soppressa e posta in liquidazione (art. 1, comma 2 e 3 della L.R. n. 37/2014).

A fronte della soppressione di un ente qualificato quale ente pubblico economico viene dunque costituito un ente pubblico strumentale della Regione, esso stesso pubblica amministrazione al pari di essa, ai sensi dell’art. 1 del D.Lgs n. 165 del 2001.

In ordine al personale dipendente dell’Agenzia l’art. 12 prevede che la proposta della pianta organica sarà formulata dal Direttore dell’agenzia sulla base delle indicazioni della Giunta e che, in linea generale, ai dirigenti e dipendenti del nuovo ente si applicano i rispettivi contratti collettivi del comparto regioni-autonomie locali e relativi contratti decentrati regionali. Agli operai delle aziende o gestioni agricole e forestali si applicano i rispettivi contratti collettivi nazionali di lavoro e la relativa previdenza di settore.

L’art. 13 della legge regionale n. 37/2014 intitolato “Norme transitorie”, regola le sorti del personale già in servizio nella soppressa Agenzia regionale Veneto agricoltura disponendo, pertanto, al primo comma, che il personale in servizio nella soppressa azienda regionale “che risulti in possesso dei requisiti richiesti dalla vigente normativa, è inquadrato nella qualifica funzionale del contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto regioni-autonomie locali corrispondente a quella occupata”. “Il restante personale in servizio, non in possesso dei requisiti di legge”, si legge ancora nel secondo comma, “sino alla data di cessazione mantiene il contratto di lavoro in essere e, per quanto attiene al trattamento economico si avrà riguardo al contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto regioni autonomie locali”.

Il nono comma del successivo art. 14, inoltre, dispone che le funzioni della soppressa Azienda non attribuite all’Agenzia e non oggetto di dismissione sono esercitate dalle competenti strutture della Giunta regionale, prevedendo altresì l’assegnazione a dette strutture delle corrispondenti risorse umane e strumentali.

Gli artt. 13 e 14 comma 9 della L. R. n. 37 del 2014 si pongono innanzitutto in contrasto con l’art. 97 della Costituzione sotto il profilo del buon andamento e dell’imparzialità della pubblica amministrazione nonché avuto riguardo al principio per cui agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante pubblico concorso.

Tale parametro costituzionale stabilisce, in linea generale che l’accesso nei ruoli delle pubbliche amministrazioni possa avvenire, salvo i casi stabiliti dalla legge, solo per pubblico concorso. Come più volte ribadito dalla giurisprudenza costituzionale il concorso pubblico, quale meccanismo di imparziale selezione tecnica e neutrale dei più capaci sulla base del criterio del merito, costituisce la forma generale e ordinaria di reclutamento per le pubbliche amministrazioni. (In tal senso, ex multis, Corte Cost. sentenze n. 127 del 2011, n. 59 del 2005, n. 205 e n. 39 del 2004). La selezione concorsuale pubblica è, infatti, posta a presidio delle esigenze di imparzialità e di efficienza dell’azione amministrativa e, dunque, anche a tutela del buon andamento della P.A. tutelato dalla medesima disposizione (In tal senso anche Corte Cost. sent. n. 363 del 2006).

Stante la portata generale del principio così affermato a livello costituzionale, la possibilità di introdurre deroghe a tale principio da parte del legislatore regionale deve essere “delimitata in modo rigoroso” e tali deroghe possono considerarsi legittime solo quando funzionali esse stesse alle esigenze di buon andamento dell’Amministrazione e ove ricorrano “peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarle (in tal senso: Corte Cost n. 9 e 10 del 2010 e sent. 293 del 2009), circostanze che tuttavia, non risultano neanche enunciate dalla legge regionale oggetto di impugnazione.

Nel caso di specie, attraverso dal combinato disposto delle due norme si evince che il personale della soppressa Azienda regionale sarà chiamato, in parte, a svolgere le funzioni proprie dell’Agenzia presso l’ente pubblico di nuova istituzione, e in parte assegnato alle competenti strutture della Giunta per ivi svolgere funzioni, già di competenza della soppressa azienda, non attribuite all’Agenzia e sopravvissute alla procedura di liquidazione.

 

I) Illegittimità costituzionale dell’art. 13 della L.R. n. 37 del 2014.

Violazione dell’art. 97 Cost.; dei principi generali e in particolare, dell’art. 35 del D.Lgs. n. 165 del 2001; dell’art. 1, comma 563, della legge 27 dicembre 2013, n. 147

a)  Sulla base delle previsioni di cui all’art. 13, il personale già in servizio presso la soppressa Azienda in possesso  dei requisiti richiesti dalla vigente normativa nel transitare nei ruoli del nuovo ente pubblico regionale beneficia di un illegittimo cambiamento di status, in contrasto con l’art. 97 Cost e con i generali principi del D. Lgs. n. 165 del 2011, che nel rispetto di tale principio costituzionale, “disciplinano l’organizzazione degli uffici e i rapporti di lavoro e di impiego alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche” (art. 1).

I rapporti di lavoro costituiti dalla soppressa Azienda regionale (ente pubblico economico secondo la stessa legge regionale  istitutiva n. 37 del 1997), con i propri dipendenti, sono infatti rapporti di lavoro di diritto privato, integralmente disciplinati dalle norme privatistiche sui rapporti di lavoro e dai contratti collettivi di lavoro di settore (CCNL dei servizi ambientali, art. 14 L.R. Veneto, n. 35 del 1997) e, comunque, non rientranti nella nozione di amministrazione pubblica ai fini della applicazione della disciplina di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001 siccome non ricompresi nell’elencazione contenuta nell’art. 1, comma 2, del citato decreto (che si riferisce a “tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali”).

Per contro, il disposto inquadramento secondo la Contrattazione collettiva del comparto Regioni – autonomie locali, sostanzialmente, finisce per convertire detti rapporti privatistici in rapporti di lavoro di pubblico impiego (sia pure privatizzato) propri dei dipendenti della regione e dei suoi enti strumentali, tra cui va ricompresa l’Agenzia di nuova istituzione (anche essa, dunque, Pubblica amministrazione ai sensi dell’art. 1 del D.Lgs. n. 165 del 2001).

Tanto il passaggio del personale già in servizio presso la soppressa Azienda nella dotazione organica del nuovo ente, implicitamente affermato dalla disposizione in esame e confermato dal subentro nei rapporti attivi e passivi della Azienda regionale, quanto l’inquadramento del medesimo personale secondo il Contratto collettivo regioni-autonomie locali, proprio dei dipendenti regionali, avviene a seguito di un mero riscontro della sussistenza dei “requisiti previsti dalla vigente normativa” in capo ai lavoratori che, una volta definita la pianta organica del nuovo ente, saranno chiamati a formare il personale dell’ente regionale di nuova istituzione e beneficeranno del predetto inquadramento, secondo le qualifiche proprie del pubblico impiego. Nel caso di insussistenza di tali requisiti, inoltre, il Contratto collettivo regioni-autonomie locali viene comunque o preso a riferimento ai fini del trattamento economico.

Tale generico riscontro, tuttavia, non è tale da sostituire l’unico requisito imprescindibile alla stregua del canone costituzionale ricordato che, ai fini dell’accesso al pubblico impiego richiede il previo superamento di un pubblico concorso in condizioni di parità con altri possibili aspiranti e sulla base di merito.

b)  La disposizione, inoltre, non distingue tra personale a tempo determinato e indeterminato già in servizio presso l’Azienda e oggetto di inquadramento secondo il comparto regioni-autonomie, ponendosi in ulteriore contrasto con il principio di cui all’art. 97 Cost. nell’ipotesi in cui la mancata limitazione dell’inquadramento ai soli titolari di contratto a tempo indeterminato sia, in realtà, diretta ad introdurre inammissibili procedure di stabilizzazione del personale precario in assenza di previo superamento di una prova concorsuale pubblica (ex plurimis, Corte Cost. sentt. n. 277 del 2013; n. 51 del 2012; n. 7 del 2011).

c)  Oltretutto, in assenza di una corrispondenza predefinita tra le qualifiche funzionali dell’uno e dell’altro comparto di contrattazione collettiva, la norma oggetto di impugnativa, nella sua generica formulazione, è tale da non escludere anche possibili inquadramenti in qualifiche superiori a quella di riferimento, sempre in deroga al medesimo art. 97 Cost. oltre che ai principi generali dettati in materia di progressione di carriera dal D.Lgs. n. 165 del 2001. In ragione dell’ampiezza del principio di cui all’art. 97 Cost, infatti, anche la progressione nei pubblici uffici deve avvenire, in linea di principio, per concorso (da ultimo, sentenza n. 30 del 2012), come si legge anche in Corte Cost. n. 90 del 2012: “A tale riguardo si è infatti sottolineato, relativamente alla possibilità di riserva di quote al personale interno e di deroga al principio del pubblico concorso, con non ha alcun “rilievo la circostanza che, fra i requisiti che si debbono avere per potere godere della progressione in carriera vi sia quello di essere stati in precedenza assunti presso l’amministrazione di appartenenza a seguito di un pubblico concorso, trattandosi, evidentemente, di concorso bandito per una qualifica diversa ed inferiore rispetto a quella cui si accederebbe per effetto della disposizione censurata” (sentenza n. 30 del 2012; n. 90 del 2012)”.

d)  Di qui il contrasto, sotto gli esposti profili, dell’art. 13 della L.R. n. 37/2014 tanto con l’art. 97 Cost. primo comma, che fissa il principio di buon andamento ed di imparzialità delle pubbliche amministrazioni, quanto con il terzo comma, che cristallizza il generale principio di accesso agli impieghi presso Pubbliche Amministrazioni mediante concorso, salvo i casi previsti dalla legge, oltre che con i richiamati principi generali di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, dovendosi ritenere ricompreso nell’ambito dell’art. 97 Cost. sia le ipotesi di assunzione di soggetti precedentemente estranei alle pubbliche amministrazioni sia i casi di nuovo inquadramento di dipendenti già in servizio (sentenze n. 150 del 2010; n. 293 del 2009; n. 205 del 2004; n. 90 del 2012).

La violazione dell’art. 97 Cost. è palese tenuto conto che l’inquadramento secondo le corrispondenti qualifiche proprie di rapporti di lavoro di pubblico impiego descritto dall’art. 13, ha carattere:

1 – automatico, in quanto subordinato alla mera verifica dei “requisiti richiesti dalla vigente normativa” ma senza prevedere l’unico primario requisito previsto dal D.Lgs. n. 165 del 2001 (art. 35) in attuazione dell’art. 97 Cost., ovvero il previo esperimento di procedure concorsuali pubbliche e la previa verifica della professionalità dei dipendenti già in servizio presso la soppressa azienda;

2 – ed altresì riservato, in quanto destinato al solo personale già in servizio presso l’azienda regionale e, dunque, in violazione del principio di accesso ai pubblici concorsi previo pubblico concorso in condizioni di parità con gli altri aspiranti, affinché siano selezionate le migliori professionalità, nell’interesse pubblico al buon andamento della pubblica amministrazione, come si ricava anche tanto dall’art. 97 primo e terzo comma quanto dai principi generali di cui al decreto legislativo n. 165 del 2001 che ne rappresentano l’attuazione.

e)  Oltre alla diretta violazione dell’art. 97 Cost., sussiste anche la violazione dell’art. 35 del D.Lgs. n. 165 del 2001 secondo cui in attuazione del medesimo principio costituzionale sopra richiamato, il reclutamento del personale nelle pubbliche amministrazioni può avvenire solo attraverso procedure concorsuali o attraverso particolari procedure selettive (nei soli casi ivi previsti), e, in ogni caso, con l’osservanza dei principi di imparzialità, parità di genere, pubblicità e trasparenza ivi richiamati.

f)  La disposizione in esame si pone, inoltre, in contrasto con quanto previsto dall’art. 1 della legge di stabilità per il 2014, approvata con legge del 27 dicembre 2013, n. 147, ove si è espressamente disposto che la mobilità non possa comunque avvenire tra le società di cui al medesimo comma 563 (controllate direttamente o indirettamente da pubbliche amministrazioni) e le pubbliche amministrazioni.

Al di là della formale limitazione della disposizione in esame alle sole società controllate da pubbliche amministrazioni, la norma non può essere considerata applicabile anche al caso di passaggio da un ente pubblico economico, il cui personale sia legato all’ente da rapporti di lavoro di diritto privato, verso pubbliche amministrazioni (l’Agenzia per l’innovazione essendo, come già osservato, ente strumentale della Regione e, dunque, essa stessa pubblica amministrazione ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001), i cui rapporti di lavoro sono riconducibili alla nozione di pubblico impiego.

La ratio normativa che ha ispirato la legge di stabilità del 2014 vale anche nel presente caso in quanto ciò che il legislatore ha voluto evitare è che si verifichino illegittimi passaggi di personale di diritto privato secondo inquadramenti e qualifiche propri del pubblico impiego. Ciò basta, infatti, ad escludere che il relativo personale sia stato, a sua volta, individuato e reclutato sulla base di una procedura concorsuale pubblica oltre che nel rispetto dei richiamati principi di pubblicità, di trasparenza, di pari opportunità di cui al comma 3 dell’articolo 35 del D.Lgs. n. 165 del 2001. (In tal senso Corte Cost. sent. 23.7.2013 n.227 ove si ritiene illegittimo il trasferimento automatico di personale ove lo stesso presupponga un passaggio di status da dipendenti privati a dipendenti pubblici).

Di qui il contrasto anche con la norma da ultimo richiamata, oltre che con i principi sopra descritti.

 

II) Illegittimità costituzionale dell’art. 14, nono comma, della L.R. n. 37 del 2014.

Violazione dell’art. 97 Cost.; dei principi generali ed in particolare, dell’art. 35 del D.Lgs. n. 165 del 2001; dell’art. 1, comma 563, della legge 27 dicembre 2013, n. 147

1)  Analoghe violazioni devono ravvisarsi con particolare riferimento al successivo art. 14, nono comma della legge regionale impugnata.

Dopo avere descritto le attività di liquidazione della soppressa Agenzia il comma in esame dispone che le funzioni non ricomprese tra quelle attribuite al nuovo ente regionale e non oggetto di dismissione all’esito della fase di liquidazione del soppresso ente, “sono esercitate dalle competenti strutture della Giunta regionale, cui vengono assegnate le corrispondenti risorse umane e strumentali”.

Anche in relazione all’ipotesi in esame è dato ravvisare violazioni analoghe a quelle già rilevate con riferimento all’art. 13 della medesima legge regionale, tenuto conto che il personale chiamato a svolgere le funzioni non assorbite dalla nuova Agenzia è assegnato alle competenti strutture della Giunta il ché si traduce, implicitamente, in un passaggio nell’organico della Regione, anche il tal caso senza previo svolgimento di una procedura concorsuale o selettiva di alcun tipo.

Il comma in esame prefigura, dunque, ancor più chiaramente, un automatico trasferimento del personale già in servizio presso la soppressa azienda nei ruoli della Regione. Le funzioni non trasferite al nuovo ente strumentale e non soppresse in sede di liquidazione saranno infatti svolte dalle strutture della Giunta alla quale saranno assegnate le risorse non solo strumentali ma anche umane necessarie al loro espletamento.

Il personale già di diritto privato della soppressa azienda, dunque, passerà alle dipendenze della Regione e, oltretutto, anche per esso, presumibilmente, si applicherà l’art. 13 e, pertanto, beneficerà dell’inquadramento corrispondente alla qualifica propria del Contratto collettivo regioni-autonomie locali.

L’art. 14, nono comma, configura pertanto un ipotesi di trasferimento automatico e riservato di personale senza previo svolgimento di un concorso e di una prova selettiva pubblica. Di qui il contrasto con il principio che regola l’accesso ai pubblici impieghi secondo la regola del previo concorso pubblico e con i principi costituzionali di efficienza, buon andamento, imparzialità della pubblica amministrazione espressi dall’art. 97 della Costituzione, nonché delle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 165 che improntano la disciplina del pubblico impiego al rispetto di tali principi con particolare riferimento al reclutamento, alla selezione ed alla progressione in carriera del personale.

b)  Anche con riferimento alla fattispecie descritta  nell’articolo in esame, non è possibile dedurre particolari esigenze di interesse pubblico idonee a giustificare l’ingiustificata esclusione di una previa selezione pubblica in contrasto con la giurisprudenza costituzionale sopra ricordata e con l’art. 97 terzo comma Cost., esigenze, peraltro, neanche enunciate dal legislatore regionale che, nel caso in esame, omette anche il richiamo alla pur generica sussistenza dei “requisiti previsti dalla vigente normativa” di cui alla precedente disposizione.

Il trasferimento dai ruoli della soppressa Azienda regionale ex lege n. 35 del 1997 all’organico e, quindi, ai ruoli regionali, comporta un indebito vantaggio per i beneficiari di tale passaggio, in ragione se non altro delle garanzie di maggiore stabilità e di maggiore tutela del rapporto di lavoro proprie del pubblico impiego, in violazione del principio di imparzialità espresso dall’art. 97 primo comma Cost. oltre che dei principi generali sul pubblico impiego, in violazione del principio di imparzialità espresso dall’art. 97 primo comma Cost. oltre che dei principi generali sul pubblico impiego che ne sono espressione (in particolare, art. 35).

Ove in tale passaggio il Legislatore regionale abbia inteso ricomprendere anche il personale precario già appartenente all’azienda ex lege n. 35 del 1997, inoltre, come già sopra osservato con riferimento alla precedente disposizione, il medesimo incorrerebbe in una ulteriore violazione dell’art. 97 Cost. e del D.Lgs. n. 165 del 2001, dando luogo al una illegittima stabilizzazione di personale titolare di contratti a tempo determinato, oltre i limiti e le condizioni previste dalla normativa in materia e, comunque, più volte sanzionata dalla giurisprudenza costituzionale ove svolta in assenza di previa procedura concorsuale pubblica.

Come ricordato da codesta Ecc.Ma Corte, il principio di cui all’art. 97 Cost. può, in limitati casi, consentire la previsione di condizioni di accesso intese a consolidare pregresse esperienze lavorative maturate nella stessa amministrazione, ma “l’area delle eccezioni” deve essere delimitata in modo rigoroso e subordinata all’accertamento di specifiche necessità funzionali dell’amministrazione e allo svolgimento di procedure di verifica dell’attività svolta (sentenza n. 213 del 2000).

In tal senso anche sent. 90 del 2012 che, nel confermare la illegittimità di arbitrarie restrizioni alla partecipazione alle procedure selettive, ha altresì chiarito ulteriormente che al concorso pubblico deve riconoscersi un ambito di applicazione ampio, tale da non includere soltanto le ipotesi di assunzione di soggetti precedentemente estranei alle pubbliche amministrazioni, ma anche i casi di nuovo inquadramento di dipendenti già in servizio e quelli di trasformazione di rapporti non di ruolo, e non instaurati ab origine mediante concorso, in rapporti di ruolo (sentenze n. 150 del 2010, n. 293 del 2009, n. 205 del 2004)” (sentenza n. 68 del 2011).

c)  Anche nella fattispecie descritta dall’art. 14, nono comma, il passaggio alle strutture della regione avviene in modo automatico e riservato ai dipendenti della soppressa azienda, non essendo prevista una previa procedura di selezione o di verifica, secondo principi di imparzialità e trasparenza della professionalità maturata presso l’ente di provenienza, in condizioni di parità con altri aspiranti.

La mancanza della previsione di una previa prova selettiva di tipo concorsuale viola direttamente il terzo comma dell’art. 97 Cost. che regola l’accesso ai pubblici uffici sulla base della regola del superamento del concorso e, disapplicando un meccanismo volto alla selezione dei migliori, si pone in contrasto con il principio di efficienza e di buon andamento dell’amministrazione di cui al primo comma della medesima disposizione, oltre che con i principi stabiliti nel D.Lgs. n. 165 del 2001 (in particolare quanto al già richiamato art. 35), applicabili a tutto il personale delle Pubbliche amministrazioni, ivi comprese le regioni e i loro enti strumentali, nonché con quanto recentemente stabilito dall’art. 1 comma 563, ultima parte, della legge n. 147/2013.

Al pari del caso prefigurato dalla disposizione di cui alla legge finanziaria del 2014, infatti, in virtù delle previsioni di cui all’art. 14, comma 9 della legge regionale in esame, si realizza un ipotesi di illegittimo accesso nei ruoli della Pubblica amministrazione senza previo svolgimento di un pubblico concorso e, di conseguenza, un illegittimo mutamento del rapporto di lavoro a beneficio del solo personale in servizio presso un ente a vocazione commerciale e imprenditoriale (azienda regionale), in assenza di prova pubblica concorsuale.

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Alla luce di quanto sopra esposto si conclude affinché sia dichiarata l’illegittimità costituzionale degli artt. 13 e 14, nono comma, della Legge della Regione Veneto del 28 novembre 2014, n. 37, pubblicata nel BUR n. 116 del 5 dicembre 2014, recante l’“Istituzione dell’Agenzia veneta per l’innovazione nel settore primario”, per i motivi sopra esposti.

Si produce in allegato copia della delibera di impugnativa in data 29 gennaio 2014 ed allegata relazione del Ministro proponente.

 

Roma, 2.2.2014


Paola Palmieri
Avvocato dello Stato

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