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Scarica versione stampabile Sentenza ed Ordinanza

Bur n. 95 del 03 ottobre 2014


Ricorsi

Ricorso n. 68 del governo alla Corte Costituzionale per la declaratoria di illegittimità costituzionale della legge regionale 19 giugno 2014, n. 17 "Tutela degli animali da affezione e prevenzione dal randagismo", pubblicata nel BUR n. 62 del 24 giugno 2014.

Pubblicazione disposta dal Presidente della Corte costituzionale a norma dell’art. 20 delle Norme integrative per i giudizi davanti la Corte costituzionale

Ricorso n. 69

Depositato il 2 settembre 2014

Per il Presidente del Consiglio dei Ministri, pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, (C.F. 80224030587, FAX 06/96514000 e PEC ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it) presso i cui uffici in Roma alla via dei Portoghesi n. 12 è domiciliato ex lege

CONTRO

La Regione VENETO, in persona del suo Presidente p.t.

PER LA DECLARATORIA DELLA ILLEGITTIMITA’

COSTITUZIONALE

della Legge della Regione VENETO 19.7.2014 n. 17, pubblicata nel BUR n. 62 del 24/6/2014, recante modifica della legge regionale 28.XII.1993 n. 60 “Tutela degli animali da affezione e prevenzione dal randagismo”, limitatamente all’art. 2 che, dopo il co. 6 dell’art. 8 L. Reg. 60/93, ha aggiunto il comma 6 ter, come delibera del Consiglio dei Ministri 31.7.2014,

per violazione dell’art. 117 comma 1 e 2 lettera e) Cost.

FATTO

In data 24 giugno 2014, sul n. 62 del BUR, è stata pubblicata la Legge della Regione Veneto 19.7.2014 n. 17, recante le norme sulla “Tutela degli animali da affezione e prevenzione dal randagismo”.

La legge, nel disciplinare le modalità di realizzazione delle strutture e delle recinsioni per il ricovero dei cani e dei gatti nonché della custodia degli animali di affezione in genere, vietando l’utilizzo della catena o di qualunque altro strumento di contenzione similare, salvo che per ragioni sanitarie o per misure di sicurezza certificata dal veterinario curante, ha previsto all’art. 2 di modificare l’art. 8 della L. Reg. 60/93, introducendovi un comma 6 ter in base al quale “le strutture e le recinzioni realizzate secondo le modalità di cui al co. 6 bis sono sempre consentite, anche in deroga alla normativa regionale e agli strumenti territoriali, ambientali, urbanistici ed edilizi”

L’art. 2 della L. Reg. 17/2014 ora richiamato si pone in contrasto con la costituzione per i seguenti

MOTIVI

Illegittimità dell’art. 2 L. Reg. 17/2014 per violazione dell’art. 117 co. 1 e co. 2 lett. S, sotto il profilo dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali, nonché sotto il profilo della tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali regolati dalla normativa nazionale.

  1. Sotto il primo profilo si rileva che l’ampiezza della deroga consentita dall’art. 2 della L. Reg. 17/2014 per la realizzazione delle strutture e delle recinzioni destinate ad accogliere gli animali da affezione, deroga che può operare sia rispetto alla normativa regionale sia rispetto a tutti gli strumenti territoriali ed ambientali (oltre che urbanistici ed edilizi) va necessariamente a confliggere con la normativa comunitaria recepita nel nostro ordinamento attraverso l’art. 5 del dpr 357/1997, vale a dire la direttiva 92/43/CEE “habitat” riguardante le aree appartenenti alla Rete Natura 2000 (SIC/ASC/205).

In particolare l’art. 6 co. 3 della Dir. 92/43/CEE dispone che un qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito (zona speciale di conservazione di cui ai commi 1 e 2) ma che possa avere su di esso incidenze significative deve essere oggetto di una valutazione circa l’incidenza sul sito, operata tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo e che solo all’esito delle conclusioni di tale valutazione le autorità nazionali competenti possono dare il loro accordo (benestare, autorizzazione) al piano o progetto, purché sussista la certezza che non sarà pregiudicata l’integrità del sito stesso, richiedendo persino, se ritenuto necessario, il previo parere dell’opinione pubblica.

Questa speciale attenzione della norma comunitaria – che si spiega in considerazione della rilevanza della finalità della direttiva che ha voluto impegnare i paesi europei nella tutela della biodiversità e degli habitat naturali e delle specie animali minacciate – ha trovato una puntuale attuazione nel dpr 357/97 che all’art. 5 ha demandato alle Regioni e alle province la definizione di modalità di presentazione degli studi, l’individuazione delle autorità competenti, la previsione dei tempi di attuazione ai fini della valutazione di incidenza dei piani e degli interventi.

Tale ampia ed accurata rete di tutela predisposta dalle autorità comunitarie e dal legislatore nazionale viene semplicisticamente evitata ed elusa dalla legge regionale qui impugnata per le strutture e le recinzioni degli animali di affezione alla sola condizione che essi siano realizzate secondo le indicazioni tecniche e con i requisiti stabiliti dalla Giunta regionale sentita la competente commissione consiliare.

Sembra evidente che la disposizione qui impugnata viola allora l’art. 117 co. 1 Cost. non rispettando i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario ed in particolare quello previsto dalla Dir. 92/43 CEE art. 6 recepita con il dpr 357/1997 art. 5.

  1. Sotto un secondo profilo, come si è premesso, l’illegittimità costituzionale si pone in relazione all’art. 117 co 2 lett. S), che attribuisce allo Stato la competenza esclusiva a legiferare in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.

Ripetutamente codesta Corte si è pronunciata in proposito per sancire che le disposizioni legislative statali adottate in tale ambito fungono da limite alla disciplina che le Regioni, anche a statuto speciale, possono dettare nei settori di loro competenza, essendo ad esse consentito eventualmente di incrementare il livello di tutela ambientale, purchè non venga compromesso il punto di equilibrio espressamente individuato dalle norme dello Stato (cfr. le sentenze 225/2009, 66/2012 e 58, 300/2013 e recentemente 210/2014).

Già in linea generale pertanto una norma come quella in esame che consente la realizzazione di opere, quale che siano, sul territorio in deroga agli strumenti territoriali ed ambientali risulta viziata, prescindendo essa da tutti i controlli e le cautele che la disciplina nazionale prevede o prevederà per la verifica della compatibilità con la tutela dell’interesse ambientale, che è ritenuto uno dei valori fondanti della Repubblica, dai principi fondamentali della Costituzione (art. 9).

Di tale importanza l’art. 117 co. 2 lett. S costituisce la riprova e l’applicazione concreta, dal momento che l’esclusività dal potere legislativo in materia determina la costituzione di una preclusione assoluta alle Regioni dall’interferire in alcun modo con questa legittimazione dello Stato, sia contrastando la normativa già vigente sia anticipandone l’adozione con previsioni pregiudizievoli anche solo potenzialmente della tutela unitaria, uniforme ed inderogabile.

La deroga che la L. Reg. 17/2014 introduce può avere una sua giustificazione rispetto alla normativa regionale, ma nessuna validità od efficacia rispetto a strumenti di tutela del territorio e dell’ambiente di matrice nazionale.

Più specificamente possono essere considerate le situazioni di contrasto con la disciplina nazionale di riferimento indicate nella delibera del Consiglio dei Ministri 31.7.2014, che richiama in primis la normativa in materia di pianificazione del bacino quale strumento vincolante per le amministrazioni e gli Enti pubblici, evidenziandone la sovra ordinazione ai piani territoriali ed ai programmi regionali.

Tale piano è comunque lo strumento principale con il quale sono pianificate e programmate le attività e le norme finalizzate alla conservazione, alla difesa ed alla valorizzazione del suolo nonché alla corretta utilizzazione delle acque e senza che sia qui necessario riportare i suoi essenziali contenuti regolatori (co. 3), basti ricordare che le sue previsioni hanno carattere immediatamente vincolante per tutte le Amministrazioni pubbliche ed i soggetti privati, condizionando i contenuti dei piani di sviluppo socio-economico e di assetto del territorio e che ad esso devono essere adeguati i piani territoriali e regionali relativi tra l’altro alle attività zootecniche ed agroforestali (co. 5).

Ne consegue che gli stessi strumenti territoriali regionali, intanto possono essere derogati dalla disciplina in esame su strutture e recinzioni, in quanto l’effetto di tali deroghe non si ponga in contrasto con le indicazioni dei piani di bacino e che in definitiva la pur legittima tutela degli animali di affezione e la prevenzione del randagismo perseguito dalla Regione Veneto non possono realizzarsi se non nell’ambito ed in conformità alle discipline statali sulla tutela del territorio e dell’ambiente in generale.

Allo stesso modo viene richiamata dalla PCM la ancora più rilevante possibilità di contrasto sussistente tra la norma regionale qui contestata e la disciplina a tutela delle c.d. aree protette contenute nella L. 394/1991, che conferisce all’Ente Parco il potere di regolamentare la tipologia e le modalità di costruzione di opere e manufatti nell’ambito del territorio del Parco stesso, facendo salvi solo i diritti reali e gli usi civici delle collettività locali, con previsioni talmente vincolanti che i Comuni sono tenuti ad adeguarvisi entro 90 giorni dalla pubblicazione del Regolamento nella G.U. della repubblica.

Vero è che il Regolamento è approvato previo parere degli Enti locali interessati, ma proprio questa fase “concertativa” rafforza la sua tenuta rispetto a previsioni normative sopravvenute, qual è quella che si potrebbe introdurre con la L. Reg. 17/2014 ora all’esame di codesta Corte.

Il successivo art. 12 affida al Piano del Parco la tutela dei valori naturali ed ambientali, storici, culturali, antropologici tradizionali, prevedendo che esso contenga tra l’altro un sistema di organizzazione generale del territorio che lo suddivida secondo il grado di protezione che si voglia dare alle varie aree, stabilendo che tale Piano abbia effetto di dichiarazione di pubblico generale interesse, oltre che di urgenza ed indifferibilità per gli interventi previsti, e che sostituisca “ad ogni livello i piani paesistici, i piani territoriali o urbanistici e ogni altro strumento di pianificazione”.

Questo è il livello di priorità previsto dalla normativa statale, a cui si contrappone indebitamente lo speculare effetto derogatorio contenuto nella ridetta legge regionale qui impugnata, la quale per ciò stesso si conferma assolutamente illegittima, laddove con essa si pretende di scavalcare le competenze legislative dello Stato, introducendo una deroga di carattere generale per la costruzione di strutture e recinzioni, la cui indubbia utilità non giustifica né legittima la contestata invasione di competenza legislativa.

P.Q.M.

Si chiede che codesta Ecc.ma Corte Costituzionale voglia dichiarare costituzionalmente illegittima e conseguentemente annullare, per i motivi tutti ut supra specificati l’art.2 L. Reg. 17/2014, pubblicata nel BUR n. 62 del 24 giugno 2014, e per l’effetto l’art. 8 co. 6 ter della modificata l. Reg. 60/93 della Regione Veneto, come da delibera del Consiglio dei Ministri in data 31.7.2014, per violazione degli artt. 117 commi 1 e 2 lettera S) della Costituzione.

Con l’originale notificato del ricorso si depositeranno:

  1. estratto della delibera del Consiglio dei Ministri 31.7.2014;
  2. copia della Legge regionale impugnata;
  3. relazione del Ministero degli Affari Regionali.

 

Roma, 13.8.2014

 

Gian Paolo Polizzi
Avvocato dello Stato

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