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Scarica versione stampabile Sentenza ed Ordinanza

Bur n. 23 del 08 marzo 2013


Ricorso

Ricorso n. 13 del Presidente del Consiglio dei Ministri alla Corte Costituzionale per la dichiarazione di illegittimità costituzionale in parte qua della legge regionale 3 dicembre 2012 n. 46 "Modifiche di disposizioni regionali in materia di programmazione ed organizzazione socio-sanitaria e di tutela della salute", pubblicata nel BUR n. 100 del 4 dicembre 2012.

Pubblicazione disposta dal Presidente della Corte Costituzionale a norma dell’art. 20 delle Norme integrative per i giudizi davanti la Corte costituzionale

Ricorso n. 13

depositato il 4 febbraio 2013

dal PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici, in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12 è domiciliato;

contro

la Regione Veneto, in persona del Presidente pro-tempore della Giunta regionale;

per la declaratoria

della illegittimità costituzionale in parte qua della legge della Regione Veneto 3 dicembre 2012, n. 46, pubblicata nel Bollettino Ufficiale Regionale Regione Veneto n. 100 del 4 dicembre 2012 e recante il titolo «Modifiche di disposizioni regionali in materia di programmazione ed organizzazione socio-sanitaria e di tutela della salute».

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La presentazione del presente ricorso è stata decisa dal Consiglio dei Ministri nella riunione del 18 gennaio 2013, come da estratto del verbale che si deposita.

La legge della Regione Veneto n. 46 del 4 dicembre 2012, titolata «Modifiche di disposizioni regionali in materia di programmazione ed organizzazione socio-sanitaria e di tutela della salute» presenta i seguenti profili di illegittimità costituzionale, per violazione degli articoli 117, terzo comma, e 97 della Costituzione.

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1) Illegittimità costituzionale dell’articolo 7, che modifica il comma 8-ter dell’articolo 13 della legge regionale n. 56/1994, per violazione dell’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, nella parte in cui stabilisce che l’incarico di direttore generale delle aziende sanitarie regionali di norma ha una durata pari a quella della legislatura regionale e che il mandato del direttore generale scade centottanta giorni dopo l’insediamento della nuova legislatura.

L’articolo 7 della legge in esame modifica il comma 8-ter dell’articolo 13 della legge regionale 14 settembre 1994, n. 56 (secondo il quale l’incarico del direttore generale aveva durata pari a tre anni), stabilendo che "l’incarico di direttore generale di norma ha una durata pari a quella della legislatura regionale. Il mandato del direttore generale scade centottanta giorni dopo l’insediamento della nuova legislatura".

Tale norma regionale contrasta, da un lato, con i principi fondamentali della legislazione statale riguardante gli incarichi dei direttori generali delle aziende e degli enti del servizio sanitario e, dall’altro, con il principio di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione, di cui all’articolo 97 della Costituzione, come precisato da costante giurisprudenza di codesta Ecc.ma Corte Costituzionale.

La durata in carica del direttore generale delle aziende e degli enti del servizio sanitario è, infatti, disciplinata dall’articolo 3-bis, comma 8 del d.lgs. n. 502/1992, secondo il quale "Il rapporto di lavoro del direttore generale, del direttore amministrativo e del direttore sanitario è esclusivo ed è regolato da contratto di diritto privato, di durata non inferiore a tre e non superiore a cinque anni, rinnovabile, stipulato in osservanza delle norme del titolo terzo del libro quinto del codice civile".

Pertanto la norma regionale in esame, nella misura in cui dispone che l’incarico del direttore generale ha durata pari a quella della legislatura regionale, e che il relativo mandato scada decorsi 180 giorni dall’insediamento della "legislatura", contrasta con il richiamato articolo 3-bis, comma 8, del d.lgs. n. 502/1992, recante principi fondamentali in materia di tutela della salute, violando in tal modo l’articolo 117, terzo comma, della Costituzione.

2) Illegittimità costituzionale dell’articolo 7, che modifica il comma 8-ter dell’articolo 13 della legge regionale n. 56/1994, per violazione dell’articolo 97 della Costituzione, nella parte in cui stabilisce che l’incarico di direttore generale scade centottanta giorni dopo l’insediamento della nuova legislatura.

Fermo il rilievo assorbente svolto sub 1), sotto altro profilo la suddetta disposizione regionale, legando l’incarico del direttore generale a quello della legislatura, stabilisce una forma di spoils system nei confronti di una figura manageriale, come appunto è quella del direttore generale delle ASL, che, essendo caratterizzata dal fatto di possedere una professionalità eminentemente tecnica, ed essendo preposta alla gestione di una struttura parimenti caratterizzata da una elevatissimo grado di tecnicità, non può seguire le sorti degli organi politici della regione, perché ciò contrasterebbe con il richiamato principio di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione.

Si richiama, al riguardo, la sentenza n. 104/2007, che ha deciso una analoga questione di legittimità costituzionale, sollevata avverso norme della Regione Lazio contenute nelle leggi regionali n. 1/2004 e m. 9/2005, in base alle quali veniva configurato in tale regione un sistema volto a commisurare la durata delle nomine e degli incarichi dirigenziali, compresi i direttori generali delle ASL, alla durata degli organi di indirizzo politico.

Nell’occasione codesta Ecc.ma Corte pronunciò l’illegittimità costituzionale della norma che prevedeva che i direttori generali delle ASL decadessero dalla carica il novantesimo giorno successivo alla prima seduta del Consiglio regionale, salvo conferma con le stesse modalità previste per la nomina. Si tratta di disposizione del tutto analoga a quella della legge regionale in esame, con l’unica differenza che quest’ultima, dopo aver previsto che l’incarico di direttore generale ha una durata pari a quella della legislatura regionale, specifica, poi, che "il mandato del direttore generale scade centottanta giorni dopo l’insediamento della nuova legislatura".

Codesta Ecc.ma Corte nella menzionata sentenza n. 104/2007 ha precisato, a tal riguardo, che "le Asl, in quanto strutture cui spetta di erogare l’assistenza, i servizi e le prestazioni sanitarie nell’ambito dei servizi sanitari regionali, assolvono compiti di natura essenzialmente tecnica, che esercitano con la veste giuridica di aziende pubbliche, dotate di autonomia imprenditoriale, sulla base degli indirizzi generali contenuti nei piani sanitari regionali e negli indirizzi applicativi impartiti dalle Giunte regionali".

Pertanto, il Direttore generale delle ASL viene qualificato dalle norme "come una figura tecnico-professionale che ha il compito di perseguire, nell’adempimento di un’obbligazione di risultato (oggetto di un contratto di lavoro autonomo), gli obiettivi gestionali e operativi definiti dal piano sanitario regionale (a sua volta elaborato in armonia con il piano sanitario nazionale), dagli indirizzi della Giunta, dal provvedimento di nomina, e dal contratto di lavoro con l’amministrazione regionale".

Sulla base di ciò, codesta Ecc.ma Corte ha dichiarato l’illegittimità della norma regionale esaminata, osservando che "nell’assetto organizzativo regionale vi è una molteplicità di livelli intermedi lungo la linea di collegamento che unisce l’organo politico ai direttori generali delle Asl […]. Dunque, non vi è un rapporto istituzionale diretto e immediato fra organo politico e direttori generali".

Peraltro, ad avviso della Corte, sulla base della disciplina regionale censurata, "la decadenza automatica del direttore generale è collegata al verificarsi di un evento – il decorso di novanta giorni dall’insediamento del consiglio regionale – che è indipendente dal rapporto tra organo politico e direttori generali di Asl. Dunque, il direttore generale viene fatto cessare dal rapporto (di ufficio e di lavoro) con la Regione per una causa estranea alle vicende del rapporto stesso, e non sulla base di valutazioni concernenti i risultati aziendali o il raggiungimento degli obiettivi di tutela della salute e di funzionamento dei servizi, o – ancora – per una delle altre cause che legittimerebbero la risoluzione per inadempimento del rapporto".

Di conseguenza, secondo codesta Ecc.ma Corte, la previsione della decadenza automatica dei direttori delle ASL, una volta decorsi novanta giorni dalla prima seduta del Consiglio Regionale (ma considerazioni analoghe possono riferirsi alla legge in esame, secondo cui il mandato del direttore generale scade centottanta giorni dopo l’insediamento della nuova legislatura) viola l’art. 97 della Costituzione sotto il duplice profilo dell’imparzialità e del buon andamento dell’amministrazione, in quanto "la selezione dei pubblici funzionari non ammette ingerenze di carattere politico, «espressione di interessi non riconducibili a valori di carattere neutrale e distaccato» (sentenza n. 333 del 1993), unica eccezione essendo costituita dall’esigenza che alcuni incarichi, quelli dei diretti collaboratori dell’organo politico, siano attribuiti a soggetti individuati intuitu personae, vale a dire con una modalità che mira a «rafforzare la coesione tra l’organo politico regionale (che indica le linee generali dell’azione amministrativa e conferisce gli incarichi in esame) e gli organi di vertice dell’apparato burocratico (ai quali tali incarichi sono conferiti ed ai quali compete di attuare il programma indicato), per consentire il buon andamento dell’attività di direzione dell’ente (art. 97 Cost.)".

Secondo codesta Ecc.ma Corte, in definitiva, "l’imparzialità e il buon andamento dell’amministrazione esigono che la posizione del direttore generale sia circondata da garanzie; in particolare, che la decisione dell’organo politico relativa alla cessazione anticipata dall’incarico del direttore generale di Asl rispetti il principio del giusto procedimento. La dipendenza funzionale del dirigente non può diventare dipendenza politica. Il dirigente è sottoposto alle direttive del vertice politico e al suo giudizio, ed in seguito a questo può essere allontanato. Ma non può essere messo in condizioni di precarietà che consentano la decadenza senza la garanzia del giusto procedimento". Per i suddetti motivi, è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale delle norme della regionale Lazio nella parte in cui prevedevano che i direttori generali delle Asl decadessero dalla carica il novantesimo giorno successivo alla prima seduta del Consiglio regionale, salvo conferma con le stesse modalità previste per la nomina; che tale decadenza operasse a decorrere dal primo rinnovo, successivo alla data di entrata in vigore dello Statuto; che la durata del contratti dei direttori generali delle Asl venisse adeguata di diritto al termine di decadenza dall’incarico.

Appare di tutta evidenza, pertanto, che la norma regionale in esame, per la sua evidente affinità con quella della Regione Lazio testé richiamata, si pone in stridente contrasto con i principi di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione, incorrendo conseguentemente nella palese violazione anche dell’articolo 97 Cost.

P.Q.M.

Si chiede che sia dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’articolo 7 della legge della Regione Veneto n. 46 del 3 dicembre 2012, titolata «Modifiche di disposizioni regionali in materia di programmazione ed organizzazione socio-sanitaria e di tutela della salute» per violazione degli articoli 117, terzo comma e 97 della Costituzione…

Con ogni consequenziale statuizione.

Roma li 22 gennaio 2013

Raffaele Tamiozzo

Avvocato dello Stato

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