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Scarica versione stampabile Sentenza ed Ordinanza

Bur n. 99 del 04 dicembre 2009


SENTENZE E ORDINANZE

Ricorso del Governo alla Corte Costituzionale per la dichiarazione di illegittimità costituzionale della legge regionale 31 luglio 2009 n. 15, recante "Norme in materia di gestione stragiudiziale del contenzioso sanitario", pubblicata nel Bur n. 63 del 4 agosto 2009.

Pubblicazione disposta dal Presidente della Corte costituzionale a norma dell’art. 24 delle Norme integrative del 16 marzo 1956 

Ricorso nr 87 depositato il 12.10.2009

Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia ex lege in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12; 

Contro 

la Regione Veneto, in persona del Presidente in carica per la dichiarazione di illegittimità costituzionale della legge regionale 31 luglio 2009, n. 15, recante «Norme in materia di gestione stragiudiziale del contenzioso sanitario» (pubblicata nel B.U. della Regione Veneto n. 63 del 4 agosto 2009) per violazione, nei limiti di seguito indicati, degli articoli 11, 117, primo, secondo comma, lettera l), e terzo comma, della Costituzione.

La legge regionale in epigrafe è finalizzata principalmente, come risulta dall'art. 1 della stessa, alla prevenzione di situazioni di contenzioso in materia sanitaria, attraverso la promozione di modalità di composizione stragiudiziale delle controversie insorte in occasione dell'erogazione delle prestazioni sanitarie (comma 1), l'individuazione e la disciplina di procedure funzionali alla composizione stragiudiziale delle controversie (comma 2). 

A tali scopi la 1.r. istituisce una «Commissione conciliativa regionale» con il compito di comporre in via stragiudiziale le controversie per danni da responsabilità civile derivanti da prestazioni sanitarie erogate dalle aziende sanitarie locali ed ospedaliere, nonchè dalle strutture sanitarie private provvisoriamente accreditate. La legge presenta profili di illegittimità costituzionale con particolare riferimento all'art. 1, comma 2, agli articoli 2 e 3, nonchè con riferimento alle altre disposizioni inscindibilmente connesse ad essi, ed in special modo l'art. 4, per i seguenti 

M o t i v i 

1)            Violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera l) Cost.

Le disposizioni predette eccedono dalla competenza regionale, avendo ad oggetto la disciplina di un Istituto - quello della conciliazione - che, come già ripetutamente affermato da codesta Corte costituzionale (sentenze n. 50 e 384 del 2005), rientra nella materia dell'«ordinamento civile», in quanto concernente la definizione transattiva delle relative controversie, ed in quella della «giurisdizione e norme processuali», per l'incidenza che la previsione e la regolamentazione del tentativo di componimento bonario delle liti possono avere sullo svolgimento del processo. 

Ciò comporta la necessità di una disciplina uniforme su tutto il territorio nazionale, necessità che appare particolarmente evidente ove si consideri l'imprescindibile esigenza di regolamentare i rapporti tra lo svolgimento del procedimento di composizione stragiudiziale della controversia e l'esercizio del diritto di azione in sede giurisdizionale, con particolare riguardo alla decorrenza dei termini di prescrizione e di decadenza durante il tempo occorrente per l'espletamento del tentativo di conciliazione. Le disposizioni regionali in esame, pertanto, violano l'art. 117, secondo comma, lett. l) Cost., risultando lesive di una potestà legislativa esclusiva statale.

Potestà che, peraltro, è stata di recente esercitata dallo Stato attraverso l'adozione della legge 18 giugno 2009, n. 69, («Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonchè in materia di processo civile»), il cui art. 60 contiene una delega al Governo in materia di mediazione e di conciliazione delle controversie civili e commerciali, ed individua una serie di principi e criteri direttivi che risultano violati dalle disposizioni regionali in parola.

Tale contrasto, che risulta comunque assorbito dai rilievi sopra esposti, si evidenzia inoltre per i seguenti aspetti:

a)            l'art. 2, che istituisce la «Commissione conciliativa regionale» (comma 1) e ne disciplina l'ambito di competenza (comma 2) al comma 3 configura tale Commissione come organo di nomina politica (in quanto prevede che essa sia «nominata dalla Giunta regionale») e ne fissa la durata in tre anni. In tal modo la disposizione regionale si pone in contrasto con l'art. 60, comma 3, lett. b) della legge n. 69/2009, in base al quale l'attività di mediazione deve essere svolta da organismi «indipendenti» e «stabilmente destinati all'erogazione del servizio di conciliazione»;

b)            l'art. 3, che disciplina l'attività della Commissione ed indica principi e criteri direttivi cui deve ispirarsi il procedimento dinanzi alla stessa, al comma 2, lett. h), definendo «atto negoziale di diritto privato ai sensi dell'art. 1965 del codice civile» l'accordo che conclude il procedimento di conciliazione, qualifica quest'ultimo come transazione anche laddove non sia caratterizzato - come invece previsto dall'art. 1965 c.c. – da reciproche concessioni. In tale modo la disposizione interferisce con la disciplina del contratto di transazione, violando ulteriormente l'art. 117, secondo comma, lett. l) Cost.

 

2)            Violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost.

Le disposizioni regionali indicate risultano eccedere dalla competenza regionale anche in relazione ad un secondo profilo. Esse, istituendo la «Commissione conciliativa regionale» (art. 2 comma 1), e prevedendone competenze, criteri di formazione, composizione, struttura, attività, modalità operative, etc., creano e disciplinano una nuova figura professionale - di «conciliatore» o «mediatore» - diversa da quella profilata nel menzionato art. 60, violando in tal modo l'art. 117, terzo comma, Cost., con riferimento alla materia «professioni». Codesta Corte ha più volte chiarito che «la potestà legislativa regionale nella materia concorrente delle "professioni" deve rispettare il principio secondo cui l'individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e i titoli abilitanti, è riservata, per il suo carattere necessariamente unitario, allo Stato, rientrando nella competenza delle regioni la disciplina di quegli aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realtà regionale. Tale principio, al di là della particolare attuazione ad opera di singoli precetti normativi, si configura quale limite di ordine generale, invalicabile dalla legge regionale» (sent. n. 153/2006). Ne consegue pertanto che «non è nei poteri della Regione dar vita a nuove figure professionali» (sent. n. 300/2007).

Tale giurisprudenza è stata pienamente recepita nel D.lgs n. 30/2006, che in attuazione della delega n. 131/2003, ha provveduto alla ricognizione dei principi fondamentali della materia «professioni».

Le disposizioni regionali censurate, che non possono in alcun modo incidere in tale ambito normativo, risultano in contrasto con i principi regolatori dettati, anche in materie di «professioni»,

dall'art. 60 della legge n. 69/2009.

Tale ultima norma, infatti, nel prevedere espressamente che l'attività di mediazione, finalizzata alla conciliazione delle controversie in materia civile e commerciale, «sia svolta da organismi professionali e indipendenti, stabilmente destinati all'erogazione del servizio di conciliazione» (comma 3, lett. b), ha istituito una nuova figura professionale, dettando i criteri direttivi cui dovrà attenersi il legislatore delegato nel disciplinare l'ambito dell'attività del mediatore. Essa, prevedendo la creazione di un apposito registro degli organismi di conciliazione sottoposto alla vigilanza del Ministero della giustizia (comma 3, lett. c), e rinviando ad apposito decreto del Ministro della giustizia la fissazione dei requisiti per l'iscrizione nel registro (comma 3, lett. d), ha regolamentato anche l'accesso alla professione.

3)            Violazione degli artt. 11 e 117, primo comma, Cost.

Le disposizioni regionali citate si pongono, inoltre, in

contrasto anche con i principi contenuti nella direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008, relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale, per il cui recepimento è già stata conferita delega al Governo dell'art. 1 della legge 7 luglio 2009, n. 88 (legge comunitaria 2008).

Anche la normativa comunitaria, infatti, analogamente a quella italiana, pone quale condizione per lo svolgimento dell'attività di mediazione i requisiti di imparzialità e di competenza del mediatore (art. 3); impone agli Stati membri di adottare misure per consentire che gli accordi risultanti dalla mediazione abbiano efficacia esecutiva (art. 6); impone di salvaguardare il diritto delle parti che abbiano fatto ricorso al procedimento di mediazione dagli effetti pregiudizievoli della prescrizione e della decadenza (art. 8).

La contrarietà delle disposizioni regionali censurate alle predette disposizioni della direttiva costituisce, perciò, evidente violazione dell'art. 11 Cost. e dell'art. 117, primo comma, Cost., il quale stabilisce che la potestà legislativa regionale dev'essere esercitata nel rispetto dei vincoli derivanti all'ordine comunitario. 

* * * * 

Pertanto, sulla base degli esposti motivi, si chiede che, in accoglimento del presente ricorso, codesta Ecc.ma Corte voglia dichiarare l'illegittimità Costituzionale delle norme impugnate della legge regionale 31 luglio 2009, n. 15, recante «Norme in materia di gestione stragiudiziale del contenzioso sanitario» (pubblicata nel B.U. della Regione Veneto n. 63 del 4 agosto 2009) e, comunque, delle norme della stessa menzionate nel presente ricorso.

 

Roma, 28 settembre 2009 

Danilo Del Gaizo


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