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Scarica versione stampabile Sentenza ed Ordinanza

Bur n. 50 del 19 giugno 2009


Ordinanza

N. 132 Reg. ordinanze 2009. Ordinanza del 23 febbraio 2009 emessa dal Tribunale amministrativo regionale per il Veneto sul ricorso proposto da Ndiaye Moussa ed altri c/ Comune di Conegliano ed altra. Ricorso n. 2603 del 2007. Ord. n. 456/09.

REPUBBLICA ITALIANA

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, sezione terza, con l’intervento dei magistrati:

Angelo De Zotti Presidente
Marco Buricelli Consigliere, rel. ed est.
Stefano Mielli Referendario
ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso e sull'atto di motivi aggiunti rubricati sub n. 2603 del 2007, proposti da Ndiaye Moussa e Ndiaye Massire, nella loro qualità di preposto e titolare del Phone Center African Company, Diop Cheikh, titolare del Phone Center SA.SARA Comunication, Faye Mamdou, titolare dell'omonimo Phone Center, Mugnano Luisa, titolare del Phone Center International Phone Center, Ajaz Ahmad, titolare del Phone Center Park International, Begam Must Shanaz, titolare del Phone Center Moon Phone Center, Thiam Assane, titolare del Phone Center Sweet Point e Uwaigboe Ebuwa, titolare del Phone Center Servizi Telefonici; tutti rappresentati e difesi dagli avvocati Luca Mazzero e Cristina Cittolin, e domiciliati presso lo studio dell'avv. Giorgio Pinello in Venezia, S. Polo n. 3080/L;

contro

il Comune di Conegliano, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituitosi in giudizio;

e nei confronti

della Regione Veneto, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ezio Zanon ed Emanuele Mio, con domicilio eletto presso la sede dell'Avvocatura regionale in S. Polo, n. 1429/b);

per l'annullamento
  • quanto al ricorso introduttivo: dell'ordinanza n. 270, a firma del Sindaco di Conegliano, emessa il 25 settembre 2007 e notificata ai ricorrenti il 10, 11 e 12 ottobre 2007, avente a oggetto «requisiti igienici, di pubblica sicurezza degli orari per l'attivazione di centri di telefonia in sede fissa (phone center)», nella parte in cui detta prescrizioni generali in materia (punti 1, 2, 3, 4, 6, 7, 8, 11), estese alle attività già insediate, e prevede che «i phone center attualmente operanti dovranno adeguarsi alle prescrizioni di cui ai precedenti punti 3 e 4, entro novanta giorni a decorrere dal quindicesimo giorno dalla pubblicazione all'albo pretorio e/o dalla notifica. In caso contrario si applicano le disposizioni di cui al punto 7», a mente del quale «in caso di inosservanza dei punti 1, 2, 3, 4 e 5 della presente ordinanza l'attività sarà sospesa per il periodo necessario al realizzo o al ripristino delle condizioni previste dai punti citati»;
  • di ogni altro atto presupposto e/o conseguente, e in particolare, per quanto occorra in parte qua, della d.G.R. 27 luglio 2006 n. 2346, pubblicata sul B.u.r. n. 74 del 22 agosto 2006, contenente le «linee guida regionali in materia di requisiti igienici per l'attivazione di centri di telefonia in sede fissa (Phone Center)»;
    e per la condanna del Comune di Conegliano al risarcimento del danno;
  • quanto al «ricorso per motivi aggiunti», per l'annullamento dell'ordinanza n. 357, emanata dal sindaco di Conegliano il 13 dicembre 2007 e notificata ai ricorrenti il 24-27 dicembre 2007, con la quale è stato disposto: 1) di revocare la propria ordinanza n. 270 del 25 settembre 2007 e 2) di notificare copia della presente ordinanza agli esercenti le attività di «phone center» presenti sul territorio comunale, unitamente alle disposizioni della legge regionale n. 32 del 30 novembre 2007..., affinchè gli stessi provvedano ad adeguarsi alle disposizioni in esse contenute; e per la condanna di comune e regione al risarcimento del danno; previa:
  • disapplicazione, nei limiti di cui in ricorso, delle norme della legge reg. Veneto n. 32 del 2007, per contrasto con norme del Trattato CEE; e/o
  • declaratoria di rilevanza e non manifesta infondatezza, in relazione agli articoli 3, 41, 97 e 117 della Costituzione, della questione di legittimità costituzionale delle norme della legge reg. del Veneto n. 32 del 2007; e/o
  • rinvio in via pregiudiziale della causa alla Corte di giustizia europea ex art. 234 del Trattato CEE.
Visto il ricorso introduttivo, notificato il 7 dicembre 2007 e depositato in segreteria il 29 dicembre 2007, con i relativi allegati;
Visto il «ricorso per motivi aggiunti», notificato il 21 febbraio 2008 e tempestivamente depositato in segreteria, con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Veneto, con i relativi allegati;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi, nella pubblica udienza del 27 novembre 2008 (relatore il consigliere Marco Buricelli), gli avvocati Mazzero per i ricorrenti e Mio per la Regione Veneto;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
1. - Nel ricorso introduttivo i ricorrenti espongono:
  • di essere titolari, da alcuni anni, delle relative ditte, e ciò in base a regolari licenze prefettizie per la conduzione di pubblici esercizi di internet point e phone center, e che, oltre a gestire centri di telefonia in sede fissa, svolgono attività di trasferimento all'estero di denaro (Money Transfer), quali sub-mandatari di Western Union;
  • che la classificazione più adeguata dell'attività svolta dai phone center è quella di «servizio di comunicazione elettronica», ex art. 2 Dir. 7 marzo 2002 n. 2002/21/CE, definizione riprodotta nell'art. 1 del codice delle comunicazioni elettroniche,approvato con d.lgs. n. 259 del 2003;
  • che l'art. 3, comma 2, del codice stabilisce che la fornitura di reti e servizi di comunicazione elettronica è di preminente interesse generale ed è libera;
  • che i titolari dei phone center colpiti dall'ordinanza impugnata ricavano dal reddito prodotto il sostentamento per sé e per le rispettive famiglie e che nessuno di loro è proprietario dei locali nei quali l'attività si svolge;
  • che l'attenzione del legislatore regionale e dell'autorità amministrativa locale verso il fenomeno dei phone center si è manifestata dapprima in Lombardia, dove è entrata in vigore la legge reg. n. 6 del 2006, dedicata alla materia, e dove alcuni comuni hanno emesso ordinanze di contenuto restrittivo nei confronti dei phone center esistenti e regolarmente autorizzati dalla autorità prefettizia;
  • che in Veneto, con l'impugnata ordinanza n. 270/07, emanata il 25 settembre 2007 e comunicata ai ricorrenti tra il 10 e il 12 ottobre 2007, in data, quindi, precedente a quella della approvazione della legge che regolamenta l'attività dei phone center, il sindaco di Conegliano ha dato disposizioni, per quanto qui più interessa, in materia di dimensioni dei locali, richiedendo il possesso dei requisiti prescritti non solo ai phone center di nuova apertura ma anche a quelli già esistenti: in particolare, l'art. 11 dell'ordinanza n. 270/07 dispone che «i phone center attualmente operanti dovranno adeguarsi alle prescrizioni ... entro novanta giorni a decorrere dal quindicesimo giorno dalla pubblicazione all'albo pretorio e/o dalla notifica. In caso contrario si applicano le disposizioni di cui al punto 7», in base al quale «in caso di inosservanza dei punti 1, 2, 3, 4, e 5 della presente ordinanza l'attività sarà sospesa per il periodo necessario al realizzo o al ripristino delle condizioni previste dai punti citati».
Ciò esposto i ricorrenti, nell'impugnare l'ordinanza del Sindaco n. 270 del 2007 e, per quanto occorra, le linee-guida regionali emesse nel 2006, hanno dedotto numerose censure di illegittimità ordinaria.
Prima che l'ordinanza sindacale n. 270/07 fosse esaminata dalla sezione in sede di sospensiva, il sindaco di Conegliano, con l'ordinanza n. 357/07, meglio in epigrafe indicata, ha revocato il provvedimento precedente e, contestualmente, ha disposto che gli esercenti le attività di phone center sul territorio comunale provvedano ad adeguarsi alle disposizioni contenute nella citata legge reg. n. 32/07.
Avverso l'ordinanza n. 357/07 i ricorrenti hanno proposto ricorso per motivi aggiunti. Nell'atto di motivi aggiunti i ricorrenti segnalano, in via preliminare, che l'ordinanza sindacale n. 357/07, nel disporre che (anche) gli «esercenti le attività di phone center» (esistenti) si adeguino alle disposizioni della legge reg. n. 32 del 2007, vale a dire che rispondano ai requisiti di cui agli articoli 4 e 9 della legge reg. n. 32/07 cit. (cfr. art. 12, commi da 1 a 3: ci si riferisce, in particolare, ai requisiti igienico-sanitari e dimensionali dei locali), e che cessi l'esercizio di altre attività, non strettamente connesse alla telefonia (e il money transfer è il servizio economicamente più rilevante tra quelli (non) «strettamente connessi alla cessione al pubblico di servizi di telefonia»); l'ordinanza n. 357/07, si diceva, risulta idonea a danneggiare i ricorrenti in maniera diretta oltre che grave, «tanto da lasciar supporre l'inevitabile chiusura di tutti i phone center che oggi, anche a Conegliano, sopravvivono grazie all'espletamento di attività economiche ulteriori, come quella di Money Transfer». Su questo argomento, in un altro punto dell'atto di motivi aggiunti si legge che «l'effetto draconiano del divieto di svolgere attività economiche anche non connesse con la telefonia in sede fissa e l'imposizione di requisiti igienici e dimensionali anche a carico dei phone center esistenti avranno di certo effetti esiziali su queste attività già in essere. L'impossibilità di adattare i locali costringerà i ricorrenti a chiudere le attività già insediate in città.».
Nel merito, i motivi aggiunti si imperniano prima di tutto sulla incostituzionalità, in riferimento agli articoli 3, 41, 97 e 117 Cost., dell'art. 12, comma 4, legge reg. cit., disposizione che prevede che «nei centri di telefonia in sede fissa di cui al comma 1 cessa, dalla data di entrata in vigore della presente legge, ogni attività diversa da quella di cui all'articolo 2, comma 2, lettere b) ed e)» (e ciò sul presupposto che il Money Transfer non rientri nell'ambito della «attività commerciale accessoria ..., riferita a servizi e prodotti strettamente connessi alla cessione al pubblico di servizi di telefonia», cui si riferisce l'art. 2, comma 2, lett. e) legge reg. cit., e sull'assunto che tutti gli odierni ricorrenti svolgano, regolarmente autorizzati, attività di Money Transfer); e inoltre sulla illegittimità costituzionale delle restanti disposizioni dell'art. 12, legge reg. 32/2007 e, in particolare, delle norme di cui all'art. 12, commi 1 e 2, e in definitiva della legge regionale nel suo complesso, in riferimento agli articoli 3, 41 e 117 Cost. Su questo tema i ricorrenti, in memoria, fanno richiamo a quanto statuito di recente dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 350 del 2008, con la quale è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale della intera legge reg. Lombardia n. 6 del 2006. In memoria viene rilevata una ulteriore illegittimità costituzionale della legge reg. n. 32 del 2007, questa volta riguardante l'art. 8 -Disposizioni urbanistiche (l'art. 8, legge reg. 32/2007 verrà dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 25 del 2009, per contrasto con l'art. 117, secondo comma, lett. e) Cost.).
Nell'atto di motivi aggiunti è stata inoltre dedotta la disapplicabilità delle norme contenute nella legge reg. n. 32 del 2007 in quanto incompatibili con alcune norme del Trattato CEE, direttamente applicabili nell'ordinamento interno. Qualora il t.a.r. coltivasse dubbi sull'interpretazione e/o sull'applicazione delle norme del Trattato CEE indicate nel ricorso, si imporrebbe comunque il rinvio pregiudiziale della causa alla CGCE ai sensi dell'art. 234 del Trattato CEE. Infine, è stata chiesta al t.a.r. la condanna di regione e comune al risarcimento dei danni.
La regione, nel costituirsi in giudizio ha, in sintesi, osservato
che:
  • il ricorso al t.a.r. è inammissibile per difetto di interesse, dato che - sostiene la difesa regionale - manca un provvedimento concretamente lesivo nei riguardi dei ricorrenti;
  • la legge reg. n. 32 del 2007 non disciplina il servizio di comunicazione elettronica, ma solo il prodotto di detto servizio, vale a dire il tempo di connessione o, detto altrimenti, «l'accesso-cessione del servizio», attività indubbiamente commerciale. Ben diversa cosa è il servizio di connessione prestato dagli operatori telefonici;
  • l'attività di money transfer può forse ritenersi strettamente connessa alla cessione al pubblico di servizi di telefonia di cui all'art. 2, comma 2, lett. e) della legge reg. n.32/2007;
  • la sentenza della Corte costituzionale n. 350 del 2008 si pone in contrasto con quanto statuito dalla Corte medesima con l'ordinanza n. 103 del 2008 con la quale la Corte ha riconosciuto che, dovendo utilizzare come parametro interposto del giudizio di legittimità costituzionale, norme di diritto comunitario, la cui corretta interpretazione spetta alla Corte di giustizia della CE, compete alla Corte costituzionale sollevare questione pregiudiziale di interpretazione del diritto comunitario dinanzi alla CGCE ex art. 234 Trattato CE;
  • la questione di legittimità costituzionale ipotizzata dai ricorrenti difetta di rilevanza, dato che non risulta che i ricorrenti stessi siano stati sanzionati dal Comune per non avere Osservato il divieto di esercitare l'attività di money transfer. Inoltre, ci si trova ancora in regime di applicazione della normativa transitoria, ex art. 12, comma 1, lett. b), legge reg. cit.
2. - In diritto, tenuto conto delle Osservazioni formulate dalla difesa regionale, va premesso che:
  • in seguito alla revoca dell'ordinanza n. 270 del 2007 e alla dichiarazione, fatta dalla difesa dei ricorrenti all'udienza del 27 novembre 2008, di rinuncia alla domanda di risarcimento del danno riferita alla ordinanza sopra citata, appare evidente la sopravvenuta carenza di interesse dei ricorrenti a coltivare il ricorso introduttivo, e risulta d'altra parte manifesto che l'interesse delle ditte ricorrenti si è spostato sulla richiesta di annullamento del provvedimento del Sindaco n. 357 del 2007, presentata con l'atto di motivi aggiunti;
  • diversamente da ciò che sostiene la difesa della regione, l'ordinanza n. 357/2007, nel disporre che (anche) i soggetti che attualmente) esercitano le attività di phone center si adeguino alle disposizioni contenute nella legge reg. n. 32 del 2007, con particolare riferimento al possesso dei requisiti previsti dagli articoli 4, comma 3, e 9, legge reg. cit.; e nello stabilire che nei centri di telefonia in sede fissa non sono ammesse attività commerciali non accessorie rispetto alla cessione al pubblico di servizi telefonici (cfr. articoli 2 e 12, comma 4, legge reg. cit.) tra cui, in particolare, il servizio di Money Transfer, appare idonea a produrre effetti gravemente lesivi degli interessi stessi: nella parte in cui prescrive l'obbligo di adeguamento a quanto prevedono gli articoli 4 e 9 della legge, poiché l'ordinanza assoggetta i ricorrenti all'osservanza di requisiti che i ricorrenti stessi non saranno in grado di rispettare; e nella parte in cui, solo implicitamente, è vero, ma non per ciò meno chiaramente e sicuramente, vieta di svolgere il servizio di Money Transfer (cfr. p. 9. ord. cit.), poiché tutti i ricorrenti dichiarano di ricavare, dal servizio stesso, introiti significativi. Il fatto che il Comune non abbia, finora, «coartato i gestori alla dismissione» del servizio di Money Transfer, e che gli stessi non siano stati, fino a questo momento, sanzionati dal Comune per la violazione del divieto anzidetto, non elide il carattere immediatamente e direttamente lesivo della prescrizione dell'ordinanza secondo la quale nei phone center non è ammessa l'attività di money transfer, a fronte di un divieto ex lege che decorre dal 19 dicembre 2007, atteso che risulta evidente come i ricorrenti continuino a svolgere il servizio di trasferimento di denaro all'estero a titolo assolutamente precario. Similmente, la circostanza che l'adeguamento ai requisiti debba avvenire, come prevede l'art. 12, comma 1, lett. b), della legge reg. n. 32/2007, entro un anno dalla data della entrata in vigore della legge medesima, vale a dire entro il 19 dicembre 2008, salvo proroga concessa dal Comune, fino a un massimo di dodici mesi, in caso di comprovata necessità e su istanza motivata, non toglie all'ordinanza il suo carattere precettivo e vincolante per i destinatari dell'atto, e, quindi, la sua idoneità a pregiudicare gli interessati, tenuto conto della dichiarata impossibilità di rispettare i requisiti richiesti, giacché «le dimensioni dei locali a disposizione dei ricorrenti sono tali da non potersi pretendere la benché minima modifica rispetto alle dotazioni esistenti».
    Detto altrimenti, l'applicazione delle disposizioni di cui all'art. 12, commi 1, 3 e 4, della legge. reg. n. 32/2007, richiamate dal sindaco di Conegliano nelle premesse dell'ordinanza n. 357/2007, alle situazioni nelle quali si trovano le parti ricorrenti, risulterebbe capace di determinare la chiusura dei phone center, e ciò sia perché gli esercizi stessi, stando a quanto si legge nell'atto di motivi aggiunti e in memoria, sopravvivono essenzialmente grazie alla prestazione del servizio di trasferimento di denaro all'estero (e comunque, anche se non di chiusura si trattasse, il pregiudizio per i ricorrenti, derivante dalla cessazione dell'attività di money transfer, sarebbe ugualmente grave), e sia perché l'art. 12, ai commi 1 e 3, e l'ordinanza del sindaco, nel prevedere l'assoggettamento dei ricorrenti all'osservanza di prescrizioni alle quali gli stessi ricorrenti non sono in grado di adeguarsi, comporterebbe la chiusura degli esercizi de quibus, proroga o non proroga. Per le ragioni sopra esposte la questione di legittimità costituzionale formulata dai ricorrenti non difetta affatto di rilevanza, a differenza di quanto sembra opinare la difesa regionale;
  • appare esatta la premessa interpretativa dalla quale hanno preso le mosse sia il comune, nell'adottare il provvedimento impugnato, sia le ditte ricorrenti nell'esporre la questione di incostituzionalità. Ci si riferisce al fatto che l'attività di trasferimento di denaro all'estero (Money Transfer) non può essere fatta rientrare, secondo ragionevolezza, nell'ambito della «attività commerciale accessoria, ... riferita a servizi e prodotti strettamente connessi alla cessione al pubblico di servizi di telefonia» (cfr. articoli 2, comma 2, lettera e) e 12, comma 4, legge reg. n. 32/2007). Il servizio di money transfer appare analogo al servizio offerto dal sistema interbancario. Si tratta di un servizio che non implica necessariamente l'utilizzo dei servizi telefonici o telematici del phone center: di qui l'esattezza del presupposto interpretativo dal quale ha preso le mosse il sindaco di Conegliano;
  • l'attività svolta dai centri di telefonia in sede fissa, come statuito dapprima da Corte cost., sent. n. 350 del 2008, con riferimento alla legge reg. Lombardia n. 6 del 2006, avente un contenuto analogo a quello della legge reg. Veneto n. 32 del 2007, e quindi da Corte cost., sent. n. 25 del 2009, dichiarativa della illegittimità costituzionale dell'art. 8 della legge reg. Veneto n. 32/2007, per contrasto con l'art. 117, secondo comma, lett. e) Cost., è qualificabile, alla luce di quanto dispone il codice delle comunicazioni elettroniche, come fornitura al pubblico di servizi di comunicazione elettronica;
  • sull'asserito contrasto tra Corte cost. n. 350/2008 e Corte cost. n. 103/2008, è appena il caso di rilevare che la pronuncia della Corte cost. n. 350 del 2008, sulla quale i ricorrenti, in memoria, fondano la propria tesi difensiva, oltre a riferirsi alla stessa materia e alla medesima questione esposte nell'odierno giudizio, è successiva all'ordinanza Corte cost. n. 103/2008.
Ai fini di una ricostruzione del quadro normativo rilevante in materia va premesso inoltre:
  • che la legge regionale n. 32 del 2007, recante regolamentazione dell'attività dei centri di telefonia in sede fissa (phone center)», all'art. 12 - norma transitoria, dispone che:
«1. I titolari dei centri di telefonia in sede fissa che già esercitano attività di cessione al pubblico di servizi telefonici alla data di entrata in vigore della presente legge sono tenuti a:
a) richiedere l'autorizzazione di cui all'articolo 4 al comune competente per territorio entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge;
b) porsi in regola con le prescrizioni previste dall'articolo 4, comma 3 e dall'articolo 9 entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, salvo proroga concessa dal comune, fino ad un massimo di dodici mesi, in caso di comprovata necessità e su istanza motivata.
2. Il comune dispone la chiusura immediata dei centri di telefonia in sede fissa di cui al comma 1 quando il titolare o il gestore o gli altri soggetti indicati dall'articolo 3, comma 3, non risultano in possesso dei requisiti previsti dall'articolo 3, comma 1.
3. Il comune effettua la ricognizione dei centri di telefonia in sede fissa di cui al comma 1 e ne dispone la chiusura in caso di decorrenza del termine di cui al comma 1, lettera b), senza che il titolare abbia provveduto a porsi in regola con le prescrizioni previste dall'articolo 4, comma 3 e dall'articolo 9.
4. Nei centri di telefonia in sede fissa di cui al comma 1 essa, dalla data di entrata in vigore della presente legge, ogni attività diversa da quella di cui all'articolo 2, comma 2, lettere) ed e)»;
- che l'art. 4 della legge. reg. n. 32/2007 - funzioni autorizzatorie dei comuni, stabilisce che:
«1. L'apertura e il trasferimento di sede di un centro di telefonia in sede fissa sono soggetti ad autorizzazione rilasciata dal comune competente per territorio.
2. La domanda di rilascio dell'autorizzazione contiene tra l'altro copie della dichiarazione di inizio attività presentata al Ministero delle comunicazioni ai sensi dell'articolo 25 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259 "Codice delle comunicazioni elettroniche" e della licenza rilasciata dal questore ai sensi dell'articolo 7 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144 convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155 "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, recante misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale».
3. Il comune rilascia l'autorizzazione previa verifica del possesso dei requisiti di cui all'articolo 3 (vale a dire dei requisiti morali) nonché:
a) della disponibilità, all'atto della presentazione della domanda, del locale nel quale s'intende esercitare l'attività;
b) dell'indicazione del gestore preposto all'esercizio, se diverso dal richiedente l'autorizzazione;
c) del rispetto delle vigenti norme legislative e regolamentari in materia edilizia, urbanistica, igienico-sanitaria, di tutela dall'inquinamento acustico, di sicurezza e prevenzione incendi nonché di destinazione d'uso dei locali e degli edifici e di sorvegliabilità;
d) del possesso della documentazione attestante la conformità delle apparecchiature di comunicazione utilizzate ai requisiti previsti dalla normativa comunitaria...»;
- che l'art. 9 disciplina i requisiti igienico-sanitari dei locali.
Tutto ciò premesso, il collegio è prima di tutto dell'avviso che la 1egge reg. n. 32 del 2007 e, in particolare, la disciplina transitoria per i centri di telefonia in sede fissa già operativi, nella parte in cui prescrive l'obbligo dell'autorizzazione comunale, nel rispetto dei requisiti di cui agli articoli 3, 4 e 9 legge cit., anche per i titolari di centri di telefonia in sede fissa che già esercitano attività di cessione al pubblico di servizi telefonici alla data di entrata in vigore della legge reg. n. 32/2007, sembra porsi in contrasto con l'art. 117 della Costituzione, in relazione al sistema di riparto delle competenze legislative Stato-regione.
La disciplina dei phone center non ricade infatti nella materia del commercio ma rientra nella materia del «servizio di comunicazione elettronica», come definito dal codice delle comunicazioni elettroniche, approvato con il d.lgs. n. 259 del 2003.
Su questo argomento, come è stato riepilogato da Corte cost. al p. 2. del Considerato in diritto della sentenza n. 25 del 2009 (con la quale è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 8 della legge reg. Veneto n. 32 del 2007), la stessa Corte, nel dichiarare, con la sentenza n. 350 del 2008, l'illegittimità costituzionale della legge della regione Lombardia n. 6 del 2006 sull'insediamento e la gestione dei centri di telefonia in sede fissa, «ha riconosciuto che l'attività svolta dai centri di telefonia in sede fissa è qualificabile, alla luce del decreto legislativo l° agosto 2003, n. 259 (Codice delle comunicazioni elettroniche), come fornitura al pubblico di servizi di comunicazione elettronica (si vedano in particolare l'art. 25 e l'Allegato n. 9 del decreto legislativo n. 259 del 2003). Con la succitata sentenza, questa Corte ha precisato che la competenza statale in tema di comunicazioni elettroniche non riguarda solo "la definizione delle tecnologie concernenti gli impianti che, unitariamente, costituiscono la rete delle infrastrutture di comunicazione elettronica" (come asserisce la difesa regionale nel presente giudizio), ma l'intera serie delle infrastrutture relative alle reti ed i relativi servizi pubblici e privati che operano nel settore. Più in generale, questa Corte ha affermato che «le disposizioni del suddetto Codice intervengono in molteplici ambiti materiali, diversamente tra loro caratterizzati in relazione al riparto di competenza legislativa fra Stato e regioni: sono, infatti, rinvenibili in questo settore titoli di competenza esclusiva statale ("ordinamento civile", "coordinamento informativo statistico ed informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale", "tutela della concorrenza"), e titoli di competenza legislativa ripartita ("tutela della salute", "ordinamento della comunicazione", "governo del territorio"). Vengono, infine in rilievo anche materie di competenza legislativa residuale delle regioni, quali, in particolare, l'"industria" ed il "commercio")» (così le sentenze n. 350 del 2008 e n. 336 del 2005).
Inoltre, fin dalla sentenza n. 336 del 2005 questa Corte ha riconosciuto che il codice delle comunicazioni elettroniche, al fine di adeguarsi alla normativa comunitaria, ha inteso perseguire «un vasto processo di liberalizzazione delle reti e dei servizi nei settori convergenti delle telecomunicazioni, dei media e delle tecnologie dell'informazione (...) secondo le linee di un ampio disegno europeo tendente ad investire l'intera area dei servizi pubblici».
Fra i principi fondamentali espressamente enunciati dall'art. 3 del codice, in questa sede assumono particolare rilevanza quello secondo il quale sono garantiti «i diritti inderogabili di libertà delle persone nell'uso dei mezzi di comunicazione elettronica, nonché il diritto di iniziativa economica ed il suo esercizio in regime di concorrenza, nel settore delle comunicazioni elettroniche», e quello secondo cui «la fornitura di reti e servizi di comunicazione elettronica, che è di preminente interesse generale, è libera». Ed è rilevante che, proprio a proposito di questi principi, la citata sentenza n. 350 del 2008 sottolinei come sia «evidente che disposizioni del genere sono espressione della competenza esclusiva dello Stato in tema di "tutela della concorrenza" e di "ordinamento civile", prima ancora di costituire principi fondamentali in tema di "ordinamento della comunicazione"».
Coerentemente con questo assetto, l'art. 25 del codice prevede che i fornitori di servizi di comunicazione elettronica debbano semplicemente ottenere una autorizzazione generale da parte del Ministero delle comunicazioni, secondo il modello della denuncia di inizio attività. L'impresa pertanto è abilitata ad iniziare immediatamente la propria attività, salva la possibilità per il Ministero, che verifica l'esistenza dei presupposti e requisiti richiesti, di vietare motivatamente la prosecuzione dell'attività entro il termine perentorio di sessanta giorni.
Senza dubbio il legislatore, sia statale che regionale, è legittimato a porre limiti alle attività in oggetto: il terzo comma dello stesso art. 3 del codice contempla «limitazioni derivanti da esigenze della difesa e della sicurezza dello Stato, della protezione civile, della salute pubblica e della tutela dell'ambiente e della riservatezza e protezione dei dati personali, poste da specifiche disposizioni di legge o da disposizioni regolamentari di attuazione». Appare, inoltre, evidente - ha proseguito Corte cost. n. 25/2009 - che possono essere fissati anche ulteriori limiti ... diversi da quelli espressi dalla specifica legislazione sulle comunicazioni elettroniche.
Vale forse aggiungere, alla sintesi sopra trascritta, che la Corte costituzionale, con la citata sentenza n. 350 del 2008, ha altresì statuito:
- che nell'attività posta in essere dai centri di telefonia sono rinvenibili alcuni degli elementi tipici degli esercizi commerciali, ma si tratta, tuttavia, di elementi accessori e strumentali rispetto all'oggetto qualificante l'attività svolta dai centri di telefonia in sede fissa, consistente nella erogazione di un servizio di comunicazione elettronica. «Nei centri di telefonia, invero, lo scambio di un servizio verso la corresponsione di un prezzo afferisce a beni ed esigenze fondamentali della persona e, nel contempo, della comunità, coinvolgendo interessi individuali (correlati alla comunicazione con altre persone) e generali (difesa e sicurezza dello Stato; protezione civile; salute pubblica; tutela dell'ambiente; riservatezza e protezione dei dati personali), diversamente da quanto accade nelle ordinarie attività commerciali di cui all'art. 4 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114...»;
- rispetto al «quadro normativo istituito dallo Stato membro» (v., in particolare, quanto statuito dall'art. 25 del Codice), si pone in contrasto la legge reg. Lombardia n. 6 del 2006 la quale, «in nome della propria competenza legislativa in materia di commercio, pretende di disciplinare organicamente "l'insediamento e la gestione di centri di telefonia in sede fissa" (nuovi o già attivi alla data della entrata in vigore della legge reg. cit., "prevedendo, all'art. 4, la necessità di uno speciale provvedimento autorizzatorio, diverso ed ulteriore rispetto a quello previsto dall'art. 25 del Codice..."»;
- la legge reg. Lombardia subordina il conseguimento dell'autorizzazione alla sussistenza di requisiti alquanto eterogenei i quali - prosegue Corte cost., n. 350/2008 - «si sovrappongono largamente ed in diversi ambiti, ai requisiti previsti dal Codice e dalle leggi a cui questo rinvia e, soprattutto, contraddicono palesemente l'unicità del procedimento autorizzativo e le collegate esigenze di semplificazione e tempestività dei procedimenti»;
- confligge, dunque, con le scelte operate dal legislatore statale in tema di liberalizzazione dei servizi di comunicazione elettronica e di semplificazione procedimentale la introduzione, ad opera del legislatore regionale, di un vero e proprio autonomo procedimento autorizzatorio per lo svolgimento dell'attività dei centri di telefonia; ferma restando la possibilità per i comuni, tramite la loro potestà regolamentare, e le regioni, tramite la loro potestà legislativa, di disciplinare specifici profili incidenti anche su questo settore. Di qui l'illegittimità costituzionale, per violazione dei criteri di riparto delle competenze di cui all'art. 117 Cost., (non solo) delle disposizioni, della legge reg. Lombardia n. 6/2006, «che configurano l'autorizzazione ivi prevista quale nucleo essenziale del prescelto regime amministrativo», (ma anche) della «intera disciplina dei centri di telefonia», dettata dal legislatore lombardo, e ciò per vizio di incostituzionalità derivato ex art. 27 della legge n. 87 del 1953.
Guardando ora più da vicino la fattispecie per cui è causa, appare evidente che le statuizioni poste dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 350 del 2008 si riflettono sulla disciplina - transitoria, ma non solo - introdotta dalla Regione Veneto con l'art. 12 della legge n. 32 del 2007, nel senso che il citato art. 12, nelle parti in cui prescrive l'obbligo di munirsi di autorizzazione comunale, nel rispetto dei requisiti di cui agli articoli 3, 4 e 9 della legge stessa, e pone l'obbligo di porsi in regola entro un anno con tutte le nuove prescrizioni che riguardano la gestione dei phone center, sotto pena della chiusura (cfr. art. 12, comma 1, lett. a) e b), all'osservanza del quale, si noti, il sindaco di Conegliano, al p. 9. dell'ordinanza n. 357/07, richiama gli esercenti le attività di phone center), sembra confliggere con l'art. 117 della Costituzione per le ragioni, sopra riassunte, enunciate nella sentenza n. 350 del 2008 emessa dalla Corte cost. con riferimento, per quanto qui più interessa, alle disposizioni, similari rispetto a quelle che rilevano nel giudizio odierno, di cui agli articoli 1, 4, 9 e 12, legge reg. Lombardia cit.
A ciò va aggiunto che l'art. 12, comma 4, della legge reg. n. 32 del 2007 (o, per essere più precisi, il combinato disposto di cui agli articoli 12 comma 4 e 2, comma 2, lett. e), legge reg. cit.), secondo cui è vietato, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge reg. n. 32 cit., lo svolgimento di attività commerciali non accessorie a quella di telefonia, tra le quali rientra quella di trasferimento di denaro all'estero (Money Transfer - altra norma che il sindaco richiama nelle premesse dell'ordinanza vietando ai gestori di phone center di svolgere il servizio di money transfer), sembra introdurre una discriminazione che si traduce in una restrizione ingiustificata al principio costituzionale di libera iniziativa economica, e sembra porsi quindi in contrasto con gli articoli 3 e 41 della Costituzione, dato che viene introdotto un elemento di rigidità del sistema - una «prescrizione eccessivamente penalizzante per gli operatori economici, in specie per quelli già presenti sul mercato» -, che si concretizza in una limitazione quantitativa dell'offerta economica di servizi, in danno dei gestori di phone center nei riguardi dei quali, diversamente da quanto avviene per altri operatori economici, è ingiustificatamente preclusa la possibilità di cumulare l'esercizio dell'attività di cessione al pubblico di servizi telefonici con lo svolgimento di un'altra attività economica - il trasferimento all'estero di denaro, appunto - pienamente compatibile e liberamente esercitatile dai titolari di attività non disomogenee (come rivendite di tabacchi, ricevitorie e internet point).
Vale richiamare, su quest'ultimo tema, la segnalazione/parere dell'Autorità garante per la concorrenza e il mercato AS 443 del 24 gennaio 2008 con la quale si rileva quanto segue: «il divieto di svolgimento, nei centri di telefonia fissa, di servizi diversi dalla cessione al pubblico di servizi telefonici e dell'attività commerciale accessoria ... rappresenta una ingiustificata limitazione quantitativa e qualitativa della offerta, in contrasto con le esigenze di salvaguardia della concorrenza e, peraltro, con l'art. 3, lett. c), del d.-1. n. 223/2006 che, in una prospettiva di liberalizzazione degli accessi al mercato, esclude l'applicazione di limitazioni quantitative all'assortimento merceologico offerto negli esercizi commerciali, fatta salva la distinzione tra settore alimentare e non alimentare».
Sotto un diverso profilo, il combinato disposto degli articoli 12, comma 4, e 2, comma 2, lett. e) della legge. reg. n. 32 del 2007 appare in contrasto con gli articoli 3 e 97 Cost., sotto l'aspetto della irragionevolezza, connessa al carattere sostanzialmente retroattivo del divieto di cumulo tra le diverse attività economiche.
Di per sé, come ha affermato la giurisprudenza costituzionale, il divieto di retroattività della legge, pur costituendo un fondamentale valore di civiltà giuridica non ha dignità costituzionale al di fuori dell'ambito penale. Tuttavia, non devono essere sacrificati altri valori e interessi costituzionalmente protetti, tra i quali «l'affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica che, quale essenziale elemento dello Stato di diritto, non può essere leso da disposizioni retroattive, le quali trasmodino in un regolamento irrazionale di situazioni sostanziali fondate su leggi precedenti» (cfr. Corte cost., n. 416/99, 274/06 e 282/05). Nel caso di specie, le aspettative dei titolari e dei gestori dei phone center, già attivi, di poter svolgere, e continuare a svolgere, anche altre attività, e non solo le attività accessorie alla telefonia, appaiono essere state irragionevolmente frustrate. Non si riesce a vedere, infatti, per quale ragione plausibile si debba vietare ai gestori di phone center di espletare, insieme alla telefonia, anche altri servizi, come il money transfer, al pari di ciò che avviene per altri operatori economici presenti sul mercato.
In base alle considerazioni su esposte, il collegio Ritiene che sussistano le condizioni indicate dall'art. 23 della 1egge n. 87 del 1953 per la proposizione della questione di legittimità costituzionale dell'art. 12, della legge reg. Veneto 30 novembre 2007, n. 32, e, ove occorra, del combinato disposto di cui agli articoli 12, comma 4, e 2, comma 2, lett. e), legge reg. cit., in riferimento agli articoli 3, 41, 97 e 117 della Costituzione.
Si deve quindi disporre la sospensione del presente giudizio e la rimessione della questione all'esame della Corte costituzionale, in base a quanto dispone l'art. 23 della 1egge 11 marzo 1953, n. 87, per la decisione sulla prospettata questione di costituzionalità.

P. Q. M.

Il Tribunale amministrativo regionale per il veneto, terza sezione, solleva questione di legittimità costituzionale dell'art. 12 della 1egge reg. Veneto 30 novembre 2007, n. 32, e, ove occorra, del combinato disposto di cui agli articoli 12, comma 4, e 2, comma 2, lett. e), legge reg. cit., per contrasto con gli articoli 3, 41, 97 e 117 della Costituzione, secondo quanto stabilito in motivazione.
Sospende il giudizio in corso e dispone che, a cura della segreteria della sezione, gli atti dello stesso siano trasmessi alla Corte costituzionale per la risoluzione della prospettata questione, e che la presente ordinanza sia notificata alle parti e al Presidente della Giunta regionale, e comunicata al Presidente del Consiglio regionale del Veneto.
Così deciso in Venezia, nella Camera di consiglio del 27 novembre 2008.
Il Presidente: De Zotti L'estensore: Buricelli Il Segretario:

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