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Scarica versione stampabile Sentenza ed Ordinanza

Bur n. 77 del 01 settembre 2006


CORTE DI APPELLO DI VENEZIA

Sentenza n. 1091/06 della Corte di Appello, prima sezione civile, relativa alla causa promossa da Emilio Zamboni contro Sandro Sandri.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D D'APPELLO DI VENEZIA 
Sezione I Civile
Composta dai Sigg.:
 
dr. Gabriella               RADAELLI D’AVINO                   Presidente
dr. Enricomaria         GARBELLOTTO                         Consigliere relatore
dr. Domenico             TAGLIALATELA                          Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 

nella causa introdotta in appello con ricorso prodotto il 23.5.2006

da:
SANDRI    Sandro
rappresentato e difeso dall’avv. Ivone Cacciavillani del Foro di Venezia per mandato in ricorso introduttivo dell'appello
- appellante -

contro:
ZAMBONI Emilio

con il proc. dom. in Venezia avv. Franco Zambelli, via Cavallotti 22, Mestre col patrocinio degli avv.ti Giovanni Sala ed Andrea Leoni del foro di Verona per mandato in comparsa di costituzione e risposta in appello

- resistente -

e nei confronti di:

REGIONE VENETO
 - intimata/non costituita con -l’intervento del P. G.
 

Oggetto: Riforma della sentenza n. 19/06 di data 15.3.2006 del Tribunale di Venezia

in punto: ineleggibilità alla carica di consigliere regionale

Causa trattata all' udienza del 13.7.2006

 
CONCLUSIONI:

il procuratore dell’appellante ha concluso: come in ricorso d' appello e, perciò: “In rito, in riforma della sentenza impugnata, dichiararsi l’inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio; in via gradata, ritenuta la non manifesta infondatezza e la rilevanza dell' eccezione di incostituzionalità, sospendersi il giudizio e rimettersi gli atti alla Corte Costituzionale; nel merito, rigettarsi il ricorso, con vittoria di onorarii e spese dei due gradi”

il procuratore dell’appellato ha concluso: come in comparsa di costituzione e risposta e, perciò: “Respingersi l’appello. Con vittoria delle spese di secondo grado oltre rimborso forfettario come per legge.”

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
 

La causa venne introdotta, davanti al Tribunale di Venezia, da Emilio Zamboni che, con ricorso depositato il 21.10.2005 e ritualmente notificato, nella dichiarata qualità di elettore e primo dei candidati non eletti nella lista provinciale di Verona del partito politico Lega Nord/Liga Veneta all’ultima consultazione elettorale per l’elezione del Consiglio Regionale del Veneto, interpose opposizio­ne alla delibera di convalida dell’elezione di Sandro Sandri, adottata dal Consiglio Regionale nell’adunanza del 21.9.2005, sul presupposto che nei confronti del Sandri ricorresse la causa di ineleggibilità contemplata dall’art. 2 n. 10 della legge 154/1981, giacché al momento dell’elezione il Sandri rivestiva la carica di presidente e legale rappresentante della Veneto Innovazione S.p.A., società al cui capitale la Regione partecipava in proporzione maggioritaria, sollecitando la declaratoria di decadenza del Sandri dalla carica di consigliere regionale.

Il Sandri si costituì eccependo, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso sul riflesso che lo stesso fosse stato prodotto oltre il termine decadenziale rispetto all’adozione del provvedimento di convalida, sia rispetto al provvedimento espresso che, a maggior ragione, a quello che doveva ritenersi implicitamente adottato in relazione all’inutile decorso del termine posto dall’art. 13 comma terzo del regolamento interno del Consiglio Regionale del Veneto per la pronuncia della convalida degli eletti, e nel merito l’infondatezza dell’azione sul duplice rilievo che la disposizione di legge invocata dal ricorrente si riferiva ad un tipo di società per azioni - nel quale l’assemblea dei soci esercitava un ruolo egemone - non più esistente in relazione alla riforma delle società di capitali introdottacon il d.l.vo 6/2003, e che i principi regolanti l’ipotesi di ineleggibilità data nella specie fossero stati sostanzialmente modificati dall’art. 1/a della legge statale 165/2004 che aveva circoscritto la causa di ineleggibilità alla sola eventualità che “l’attività o le funzioni svolte dal candidato, anche in relazione alle peculiari situazioni delle Regioni, possano turbare o condizionare in modo diretto la libera decisione di voto degli elettori”,  nella specie, secondo il resistente, non ricorrente giacché la Veneto Innovazione S.p.A. era una società legale coattiva la cui finalità, stabilita dalla legge, comportava terzietà rispetto all’organigramma della Regione.

In via subordinata, in relazione al mancato recepimento, nella legislazione della Regione Veneto, del sopra richiamato principio delineato dalla legge 165/2004, eccepì l’illegittimità costituzionale della legge 154/1981 per contrasto con il principio di uguaglianza tra i cittadini appartenenti alle diverse Regioni e di quello della necessaria conformità della legge regionale ai principi stabiliti, con legge statale.

La Regione Veneto, cui il ricorso era pure stato notificato, non si costituì.

 

Il rappresentante del p.M. sollecitò l’accoglimento del ricorso.

Con la sentenza qui impugnata il Tribunale accolse il ricorso e, dichiarata la decadenza del Sandri dalla carica di consigliere regionale, dispose la correzione del risultato delle elezioni, sostituendo lo Zamboni al Sandri nella carica di consigliere Regionale, motivando:

quanto all’eccezione di decadenza dall’azione per tardività della proposizione del ricorso, sostenuta sul presupposto che per effetto della mancata adozione, nel termine posto dall’art. 13 comma terzo del regolamento interno del Consiglio Regionale del Veneto, del provvedimento di convalida si fosse formato un atto giuridico tacito avente natura di provvedimento di convalida, che la stessa andasse disattesa sul triplice riflesso che la previsione degli artt. 19 e 20 della legge 241/1999 si riferisce esclusivamente ai procedimenti amministrativi innescati da istanza di parte, nel novero dei quali non può essere incluso il procedimento di convalida degli eletti, di natura ufficiosa; che l’istituto del silenzio assenso, ispirato all’esigenza di non far ricadere sul richiedente le conseguenze dell’inerzia della p. A., può produrre solo effetti favorevoli al soggetto interessato all’adozione del provvedimento e non a questo dannosi quali l’anticipazione della decorrenza del termine di impugnazione e che in ogni caso, giusta la revisione dell’art. 82 del D.P.R. 570/1960, il termine per l’impugnazione decorre non già dalla data di adozione della delibera, foss’anche tacita, bensì dalla pubblicazione della stessa nel Bollettino Ufficiale della Regione;

quanto al merito:

che i fatti storici allegati dal ricorrente fossero pacifici, e in particolare, che fosse incontroverso che il Sandri si fosse candidato alle elezioni amministrative regionali ricoprendo la carica di presidente e legale rappresentante della Veneto Innovazioni S.p.A., società partecipata maggioritariamente dalla Regione Veneto, dimettendosene soltanto successivamente all’elezione, in data 4.5.2005 e, perciò, oltre il termine posto dalla norma dell’art. 2 comma secondo della legge 154/1981 per l’utile rimozione delle cause di ineleggibilità;

che, pertanto, la fattispecie data ricadesse nella previsione dell’art: 2 n. 10 della legge 154/1981;

che privo di pregio fosse l’argomento del resistente incardinato sulla modificazione introdotta dal d.l.vo 6/2003 al regime delle società di capitali, sia perché l’incremento di autonomia dell’organo amministrativo non aveva eliminato il potere gestorio di questo sia perché, soprattutto, la finalità della norma sull’ineleggibilità non è quella di evitare il pericolo di interferenze della Regione nella gestione della società bensì di scongiurare il ben più grave pericolo di turbamento del buon andamento dell’amministrazione, pubblica per il crearsi di conflitti di interesse e di alterazione della regola democratica della par condicio tra i candidati, suscettibile di rimanere compromessa dall’eventuale captatio benevolentiae o metus publicae potestatis derivanti dal fatto che il candidato continui a rivestire una carica di vertice in una società partecipata dalla Regione anche durante la campagna elettorale;

che nella volontà della legge è irrilevante il dettaglio se in concreto gli effetti perversi che si intendono scongiurare sisiano o meno verificati, giacché la legge, anche in relazione alla rilevanza, di rango costituzionale, degli interessi in gioco, appresta una tutela anticipata ed in via presuntiva;

che in ogni caso nella specie tali effetti si erano verificati giacché nel materiale di propaganda elettorale diffuso dal convenuto la carica da costui rivestita. nella società Veneto Innovazione S.p.A. veniva enfatizzata e posta a sostegno di promesse elettorali;

che la tesi, sostenuta dal convenuto, dell’intervenuta abrogazione dell’art. 2 secondo comma n. 10 della legge 154/1981 per effetto dell’ entrata in vigore della legge 165/2004, fosse priva di pregio giacché la norma che si pretendeva abrogativa è una legge/quadro, non immediatamente autoesecutiva, che per essere applicabile al caso concreto abbisogna dell’adozione, da parte delle singole Regioni, della normativa di dettaglio;

che sulla base di tale rilievo si appalesasse manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità costituzionale, dal resistente incardinata sull’argomento che la mancata adozione della normativa di dettaglio da parte di alcune Regioni si traducesse inuna disparità di trattamento tra i cittadini delle diverse Regioni, giacché l’eventuale violazione del principio di eguaglianza non discenderebbe dalla norma denunciata sibbene dall’inerzia del legislatore regiona­le alla quale la Corte Costituzionale non potrebbe comunque supplire.

Avverso tale sentenza interpose appello il Sandri, a sostegno del gravame deducendo tre articolati motivi di impugnazione.

L’appellato si costituì resistendo al gravame; la Regione Veneto non si costituì.

M’udienza collegiale del 13.7.2006, all’esito della discussione cui il procuratore dell’appellante intervenne soltanto per dichiarare la propria adesione all’astensione proclamata dall’associazione di categoria di appartenenza, il procuratore dell’ appellato. ed il p.M. conclusero come a verbale; la Corte pronunciò sentenza dando pubblica lettura del dispositivo in atti.

MOTIVI DELLA DECISIONE
 

Con il primo motivo di impugnazione l’appellante si duole del rigetto dell’eccezione di inammissibilità dell’azione argomentando per un verso che nella specie, considerata la posizione sostanziale dello Zamboni, non ricorrente popolare ma candidato, l’inizio del decorso del termine per proporre l’impugnazione dovesse collocarsi in coincidenza non già con la pubblicazione della delibera sul Bollettino Ufficiale bensì con la conoscenza del provvedimento da parte dell’interessato, dai fatti dimostrata contestuale all’adozione del provvedimento di convalida, e per altro verso che questa dovesse ritenersi avvenuta alla scadenza del termine posto dalla disposizione dell’art. 13 comma terzo del regolamento interno del Consiglio Regionale del Veneto, assumendo non esservi alcuna ragione per escludere l’applicabilità, al procedimento della convalida degli eletti, del principio, di natura generale, del silenzio assenso.

Allo specifico riguardo contesta la proposizione, sviluppata dal primo giudice, che il silenzio assenso sia istituto finalizzato esclusivamente a produrre effetti favorevoli per il ricorrente, argomentando che, viceversa il bene giuridico con esso perseguito in via generale è la conclusione del procedimento amministrativo; soggiunge che il complesso procedimento elettorale si configura come operazione amministrativa a domanda dei soggetti interessati ad assumere le cariche pubbliche elettive, destinata a concludersi con il provvedimento di convalida che, concretandosi in una mera verifica del rispetto delle regole che presiedono all’esercizio del fondamentale diritto pubblico di elettorato passivo, si configura come atto di licenza.

La doglianza è destituita di fondamento.

L’istituto del silenzio assenso opera, infatti, in materia di autorizzazioni e, perciò, di provvedimenti rispondenti alla funzione di rimuovere un ostacolo giuridico all’esercizio di un diritto ovvero allo svolgimento di un’attività e sempre ed esclusivamente con funzione positiva, nel senso che, decorso inutilmente, dall’istanza o dichiarazione dell’interessato al rilascio del provvedimento, il termine previsto dalla legge, il provvedimento autorizzativo si intende senz’altro adottato, con conseguente rimozione dell’ostacolo giuridico al compimento dell’attività di cui si chiede l’autorizzazione.

In tutte le ipotesi nelle quali è previsto (art. 19 della legge 7.4.1990 n. 241, art. 35 della legge 28.2.1985 n. 47, art. 1 del D.M. 19.4.1994 n. 701) esso viene prospettato come conseguenza all’inerzia dell’amministrazione di fronte ad un’istanza ovvero ad una dichiarazione dell’interessato intesa all’emissione di provvedimento autorizzativo e si concretizza nel sostanziale accoglimento dell’istanza.

L’inapplicabilità al caso di specie di un meccanismo congegnato nei termini sopra descritti risulta del tutto evidente ove solo si rifletta che il procedimento preordinato all’adozione del provvedimento di convalida degli eletti non è ad impulso di parte ma ufficioso e che ha ad oggetto non già la rimozione di un ostacolo giuridico all’esercizio di un diritto ovvero al compimento di un’attività sibbene la verifica della regolarità di svolgimento delle operazioni elettorali, del possesso, negli eletti, delle qualità richieste dalla legge nonché dell’insussistenza di cause di ineleggibilità.

Con il secondo mezzo di impugnazione l’appellante nuove censura, sotto vari profili, all’affermazione del primo giudice in ordine alla configurabilità della causa di ineleggibilità rispetto alla carica da esso appellante rivestita nella società partecipata dalla Regione

In primo luogo si duole, infatti, della ritenuta irrilevanza delle modifiche introdotte dal d.l.vo 6/2003 nel regime delle società di capitali, ribadendo il concetto che il rafforzato potere dell’organo gestorio della società elide il rischio che le scelte operative di questa possano essere fatte risalire alla volontà dei soci - e quindi dell’ente territoriale - rimuovendo la possibilità che l’ingerenza del socio pubblico possa essere diretta a favorire il candidato che in essa ricopre cariche sociali.

La censura, al limite dell’ammissibilità (nella sostanza l’appellante si limita a riproporre gli argomenti svolti, in primo grado ed esaminati dal primo giudice, mancando di incontrare, confutandole, le ragioni poste a sostegno della decisione sul punto) è palesemente infondata.

La finalità perseguita dalla legge con la previsione dell’ineleggibilità non è certo quella di preservare la società partecipata dall’ingerenza dell’ente pubblico (finalità che riuscirebbe del tutto irrazionale ed incomprensibile giacché è assolutamente fisiologico che l’ente pubblico che partecipa in posizione maggioritaria ad una società di capitali orienti le scelte gestorie di questa in coerenza con gli scopi e le finalità che giustificano la partecipazione) ma semmai, quella, inversa, di impedire che nel momento determinativo della volontà dell’ente pubblico si possa verificare un’inversione del corretto ordine di priorità degli interessi: in altre parole che l’interesse dell’ente pubblico possa, a causa della partecipazione al processo di formazione della volontà dell’ente pubblico del soggetto ricoprente cariche nella società partecipata, essere sviato venendo subordinato a quello della società partecipata.

Sotto un ulteriore profilo, premesso che la finalità perseguita dalla legge 154/1981 è quella di evitare la creazione di posizioni di vantaggio per il candidato che rivesta una carica in una società pubblica, apprestando una tutela anticipata, l’appellante sostiene che nell’ottica di una lettura costituzionalmente orientata della norma la causa di ineleggibilità possa ritenersi configurata soltanto in relazione alla sussistenza di una concreta possibilità di turbamento della competizione elettorale, a suo modo di vedere nella specie insussistente.

Allo specifico riguardo rappresenta che la società di cui esso appellante era presidente è una società legale coattiva, il cui oggetto sociale è costituito da attività di supporto allo sviluppo della ricerca e dell’innovazione in campo economico, perseguite con l’offerta di supporto ad iniziative utili allo sviluppo della ricerca e dell’innovazione dei processi produttivo; in detto contesto, essa, a dire dell’appellante, non elargisce contributi a privati ma spende danaro pubblico per attuare o sostenere attività che possono contribuire alla ricerca, di talché degli investimenti di danaro effettuati non si giovano le attività dei privati che sono solo destinate a ricevere gratuitamente i benefici dei risultati degli studi e ricerche costituenti lo scopo della società partecipata dalla Regione.

Con ulteriore profilo di censura lamenta che il giudice di prime cure trascurò di esaminare in concreto la potenzialità lesiva della libera concorrenza elettorale connessa alla carica ricoperta da esso appellante nella società.

Nei profili di censura appena riassunti il gravame è manifestamente infondato.

Quanto alla dedotta inidoneità, in ragione dello scopo sociale e delle finalità perseguite dalla società partecipata, della carica in questa ricoperta dall’odierno appellante a trasformarsi in indebito strumento di acquisizione di consenso elettorale, appare sufficiente il rilievo che il dato di esperienza desumibile dalle ricorrenti vicende di abusi perpetrati da pubblici amministratori indica come, viceversa, proprio le società e gli enti non mossi da finalità di lucro siano gli strumenti di preferenza utilizzati per la formazione di clientele politiche ed elettorali, per le possibilità, che essi offrono, di impegnare risorse e fondi senza alcun ritorno economico.

Quanto alla censura di mancato esame in concreto della potenzialità lesiva della libera concorrenza elettorale della carica ricoperta dal Sandri, appare sufficiente il rilievo che, giusto quanto riportato nella narrativa della presente motivazione, il giudice di prime cure, pur non ritenendolo decisivo, esaminò in concreto tale aspetto, ponendo in risalto, con motivazione coerente ed inappuntabile, come in realtà nello svolgimento della campagna elettorale il Sandri avesse enfatizzato la propria qualità di presidente della società partecipata, formulando promesse elettorali specificamente correlate a tale qualità e da essa sostenute.

L’ulteriore motivo di impugnazione, incentrato sull’inconferenza della possibilità di coincidenza, in capo all’appellante, della posizione di controllore e di controllato, rimane logicamente superata ed assorbita.

Tali le ragioni che impongono il rigetto dell’appello.

Le spese del grado vanno poste a seguito della soccombenza.

P.Q.M.

La Corte, definitivamente decidendo sull’appello proposto da Sandro Sandri contro Emilio Zamboni, avverso la sentenza n. 19/06 di data 15.3.2006 del Tribunale di Venezia, lo rigetta;

condanna l’appellante, Sandro Sandri, alla rifusione, in favore di Emilio Zamboni, delle ulteriori spese del grado, liquidate in complessivi € 3.600,00, di cui € 700,00 per diritti, € 2.500,00 per onorari ed il resto per spese e rimborso forfettario oltre I.V.A e C.P.A.

 
Così deciso in Venezia il 13 Luglio 2006
 
Il Consigliere Estensore
dr. Enricomaria Garbellotto
 
Il Presidente
dr. Gabriella Radaelli D’Avino

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