Menu veloce: Pagina iniziale | Consultazione | Filtri di selezione | Contenuto
Scarica versione stampabile Deliberazione della Giunta Regionale

Bur n. 21 del 28 febbraio 2006


Materia: Servizi sociali

Deliberazione della Giunta Regionale n. 39 del 17 gennaio 2006

Il sistema della domiciliarità. Disposizioni applicative.

la Giunta regionale

(omissis)

delibera

1) di stabilire che la premessa è parte integrante del presente provvedimento;
2) di approvare le disposizioni applicative per la predisposizione del Piano Locale per la Domiciliarità, di cui all'Allegato A, che forma parte integrante del presente provvedimento;
3) di disporre che le Conferenze dei Sindaci predispongano, entro sei mesi dall'esecutività del presente provvedimento, il Piano Locale per la Domiciliarità, che viene sottoposto al visto di congruità regionale per gli aspetti indicati nelle Linee guida, di cui all'Allegato A, prima della sua approvazione definitiva e del recepimento da parte delle Aziende ULSS; gli effetti del Piano Locale per la Domiciliarità decorrono dal successivo anno finanziario.


Allegato A alla DGR n. 39 del 17 gennaio 2006
Il piano locale per la domiciliarità. Disposizioni applicative.
Premessa
Nella Regione del Veneto la promozione della domiciliarità delle persone anziane e, in parallelo, l'integrazione sociosanitaria affondano le radici nei primi anni di costituzione della stessa Regione, con la previsione dell'istituzione di consorzi socio-sanitari tra Comuni (LR 64/1975), denominati Unità locali per i servizi sociali e sanitari, per la gestione e l'organizzazione di attività integrate sociali e sanitarie a favore dei cittadini, e in particolare della popolazione anziana, dirette a favorire la permanenza a domicilio. Con l'avvio del servizio sanitario nazionale e la costituzione delle Unità sanitarie locali, la Regione del Veneto ha confermato la scelta di politica sociale orientata all'integrazione, assegnando anche funzioni sociali ai nuovi organismi, che sono stati denominati Unità locali socio sanitarie (ULSS, LR 55/1982), e valorizzando il ruolo dei Comuni nella programmazione sociale e sanitaria locale.
Questa linea strategica, assunta poi a livello nazionale sia sul versante sanitario (D.Lgs. 229/1999) sia sul versante sociale (L. 328/2000), è stata confermata nel tempo dalla stessa Regione del Veneto, attraverso un percorso di progressive precisazioni delle linee organizzative in relazione all'aziendalizzazione delle ULSS, con la conferma della presenza del Direttore dei Servizi Sociali (LR 56/1994) e con la necessità di una pianificazione locale sociosanitaria integrata Comuni _ Azienda ULSS attraverso la elaborazione del Piano di Zona (LR 5/1996), in relazione alla valutazione multidimensionale e multiprofessionale del bisogno assistenziale (DGR 2034/1994 e DGR 561/1998), in relazione alla definizione dello strumento di valutazione multidimensionale nel settore degli anziani (scheda per la valutazione multidimensionale dell'anziano S.VA.M.A.) utilizzato dall'Unità di valutazione multidimensionale distrettuale (UVMD, DGR 3979/1999), in relazione al rafforzamento dei Distretti socio sanitari come punti di accesso dei cittadini alla rete dei servizi sanitari e sociosanitari (DGR 3242/2001).
In ambito locale, i servizi per la domiciliarità hanno trovato nella programmazione territoriale del Piano di Zona lo strumento operativo di individuazione degli obiettivi di integrazione sociosanitaria.
In questo quadro è andato consolidandosi nel territorio un modello organizzativo di prestazioni e di servizi, alla realizzazione del quale partecipano i diversi soggetti istituzionali (Comuni, Aziende ULSS, Regione) in base al ruolo e alle competenze ad essi attribuite dalla normativa:
- i Comuni, con riguardo al servizio di assistenza domiciliare, al sostegno economico alle persone e alle famiglie, all'attivazione del telesoccorso e telecontrollo;
- le Aziende ULSS, per le attività di ADI e per il sostegno alle famiglie che assistono persone con demenza accompagnata da gravi disturbi comportamentali;
- la Regione, che ha attivato specifiche linee politiche di intervento, realizzate per il tramite dei Comuni e delle Conferenze dei Sindaci, volte a sostenere le famiglie che assistono in casa persone non autosufficienti, a supportare le famiglie che si avvalgono di assistenti familiari e a promuovere interventi per il sollievo delle famiglie gravate da pesanti carichi di cura.
Tale modello organizzativo permette a circa 70.000 persone anziane della Regione del Veneto, parzialmente o totalmente non autosufficienti, di usufruire di servizi e di interventi di sostegno alla permanenza nel proprio domicilio.
Punti di forza di questo modello organizzativo sono:
- valutazione multidimensionale
- integrazione sociosanitaria
- centralità del distretto sociosanitario
Infatti, elemento importante che caratterizza il sistema dei servizi oggi presente nel territorio regionale è costituito dal fatto che l'ambito territoriale omogeneo per la programmazione dei servizi e degli interventi personalizzati domiciliari è il distretto sociosanitario. E' presso il distretto, infatti, che viene costituita l'UVMD competente ad effettuare la valutazione multidimensionale e multiprofessionale e la progettazione personalizzata degli interventi. L'integrazione sociosanitaria trova la sua dimensione operativa nell'articolazione delle funzioni distrettuali, che focalizzano l'attenzione sulla persona e sui suoi bisogni, per una presa in carico globale e unitaria.
Tuttavia tale modello organizzativo degli interventi domiciliari e territoriali, per come è andato concretizzandosi nei diversi territori regionali, presenta alcune dimensioni di criticità, che richiedono di essere affrontate e superate attraverso una nuova fase di sviluppo e di crescita del sistema dei servizi nel suo insieme.
Le dimensioni della criticità riguardano:
a) settorializzazione e parcellizzazione degli interventi. Le diverse politiche sviluppate nell'ultimo decennio hanno prodotto maggiori opportunità di risposta, ma spesso si sono affiancate l'un l'altra, moltiplicando per la stessa persona percorsi di valutazione, diversità di istruttoria, richieste diverse di accesso ai servizi e percorsi diversificati di accesso ai servizi stessi.
b) mancanza di una presa in carico unitaria. Spesso la persona non autosufficiente deve fare riferimento a operatori appartenenti a professionalità, servizi ed enti diversi, in relazione alla distribuzione delle competenze per le linee di intervento richieste, con la conseguenza che di fatto il raccordo tra servizi, invece di essere un'opportunità che alleggerisce i compiti della famiglia, diventa un ulteriore onere di cui la famiglia deve farsi carico. Si rileva, in particolare, che relativamente agli strumenti e alle modalità previste per la valutazione integrata sono evolute nel tempo sia le indicazioni regionali sia l'effettiva applicazione delle stesse a livello territoriale, arrivando a una situazione di fatto piuttosto articolata e confusa. Significativa al riguardo è la dicotomia che attualmente esiste rispetto alla scheda SVAMA, regolarmente utilizzata per gli inserimenti di persone non autosufficienti in strutture residenziali e poco usata nell'attivazione dell'assistenza domiciliare integrata (ADI, DGR 5273/1998). La stessa disciplina di funzionamento dell'unità di valutazione multidimensionale distrettuale, di cui alla DGR 561/1998, è stata di fatto modificata in occasione dell'approvazione delle scheda SVAMA e, successivamente, con la definizione dell'articolazione dei Distretti operata con la citata DGR 3242/2001.
c) carenza di riferimenti normativi relativi standard organizzativi e professionali dei servizi della domiciliarità. Infatti, gli standard e i requisiti dei servizi che possono essere rintracciati nel regolamento regionale 8/1984 e nella LR 22/1989, punto 4.2 del documento di piano, considerando il lungo lasso di tempo intercorso, richiedono di essere ridefiniti, anche alla luce della interessante e articolata esperienza operativa di interventi sociali e di interventi integrati che, in tutto il territorio regionale, è andata realizzandosi in questi anni, e delle diverse modalità di integrazione che i Comuni e le Aziende ULSS hanno tra loro concordato in sede di accordi di programma per l'ADI.
1. Le finalità
La qualità di vita delle persone si fonda sulla promozione della salute fisica, relazionale, affettiva, del ruolo sociale, della propria identità percepita da sé e dagli altri, del miglioramento delle condizioni economiche e abitative, sulla implementazione dei livelli e delle modalità di soddisfazione dei bisogni primari e dei bisogni sociali e relazionali. Una buona qualità di vita è particolarmente a rischio per le persone in condizioni di non autosufficienza, di precarietà psicofisica, di fragilità.
Per il sostegno della qualità di vita delle persone in condizioni di fragilità, la Regione del Veneto promuove nell'intero territorio regionale un complesso di interventi finalizzato alla domiciliarità, caratterizzato da un elevato grado di integrazione sociale e sanitaria, pianificato e gestito tramite il Piano Locale per la Domiciliarità (PLD).
La finalità del PLD è la promozione e la tutela della qualità di vita dei cittadini in situazione di fragilità, in particolare delle persone che rischiano l'esclusione da un contesto familiare. Tale finalità viene perseguita attraverso la creazione e lo sviluppo continuo di una rete, composita ed organizzativamente ordinata, di politiche, di risorse e di interventi a sostegno della domiciliarità e delle famiglie che si fanno carico della cura, dell'assistenza e della tutela delle persone fragili.
Il PLD è strumento per la domiciliarità, finalizzato a rendere il mantenimento della persona non autosufficiente in famiglia meno difficile, più conveniente e più soddisfacente anche sotto il profilo delle relazioni affettive intrafamiliari e delle relazioni sociali.
2. Gli obiettivi
Il Piano Locale per la Domiciliarità è articolazione del Piano di Zona e persegue l'obiettivo di rendere esigibili i diritti dei cittadini nello stesso esplicitati, individuandone forme e modalità.
Definisce le modalità operative per l'attuazione a livello locale dei livelli essenziali di assistenza sanitaria e di assistenza sociale degli interventi territoriali e domiciliari per la non autosufficienza, nel rispetto delle indicazioni fornite dallo Stato (art. 117 cost., comma 1, lett. m), e DPCM 29.11.2001) e dalla Regione (DGR n. 3972 del 30.12.2002). Il Piano Locale per la Domiciliarità esplicita le funzioni territoriali e domiciliari attivate e da attivarsi, il numero e la qualifica professionale degli operatori in riferimento alla popolazione anziana residente, le collaborazioni con il sistema della residenzialità, gli apporti e le intese con gli altri soggetti pubblici e privati del territorio.
Dal punto di vista del cittadino, l'integrazione si fonda sul processo di presa in carico.
La presa in carico, dalla quale può originarsi l'invio e l'accesso ai diversi tipi di prestazioni e di interventi, richiede unitarietà nei momenti della valutazione, della definizione del progetto individualizzato di intervento, della verifica e dell'aggiornamento del progetto medesimo.
Il PLD definisce il sistema delle responsabilità locali nell'attuazione delle politiche sociali e sanitarie per la domiciliarità; individua i processi unitari per la valutazione, la presa in carico, il sostegno e l'accompagnamento della persona fragile e della sua famiglia.
Il PLD precisa le modalità e i contenuti delle intese tra Comuni e/o tra Aziende ULSS (in caso di delega delle funzioni sociali) in merito agli interventi resi a persone domiciliate in un Comune diverso da quello di residenza.
Specifica le caratteristiche organizzative per la realizzazione di un sistema informativo diffuso per la rilevazione delle domande, delle valutazioni multimensionali, dei piani di intervento personalizzati e degli interventi sanitari e sociali effettuati a supporto della domiciliarità.
3. Verso un nuovo modello
Il sistema della domiciliarità si compone di:
A) politiche di promozione della domiciliarità realizzate con le persone anziane, con le loro famiglie e con le loro associazioni
B) politiche di sostegno della domiciliarità delle persone in condizioni di dipendenza assistenziale
Le politiche di promozione della domiciliarità si fondano in una visione unitaria dei bisogni e delle esigenze delle persone in genere anziane, che va oltre la rete dei servizi, e che prende in considerazione le dimensioni del vivere quotidiano: abitare, muoversi, divertirsi, fare sport, mantenersi in buona salute, curarsi, fruire di cultura, socializzare e mantenere relazioni sociali significative, viaggiare, vivere in sicurezza, utilizzare le nuove tecnologie. A titolo esemplificativo, fanno parte delle politiche di promozione della domiciliarità il sostegno alle associazioni di anziani, i centri diurni di tipo sociale, i soggiorni climatici e le attività motorie per le persone autosufficienti.
Le politiche di sostegno della domiciliarità sono costituite da un insieme di opportunità date ai cittadini e alle famiglie di accedere a interventi di natura sociale, socio-sanitaria e sanitaria, per sostenere la scelta della permanenza a domicilio della persona in condizioni di dipendenza assistenziale. Si tratta di un sistema di offerta, nel quale l'integrazione tra le diverse componenti si realizza nell'incontro tra diverse responsabilità in cui, da una parte le professionalità sociali e sanitarie accompagnano il cittadino nella lettura dei bisogni, nell'orientamento alle risorse accessibili e nell'accompagnamento tutelante durante il percorso evolutivo della situazione di bisogno, e dall'altra il cittadino effettua le proprie scelte.
L'insieme delle politiche di sostegno della domiciliarità si caratterizza nell'offerta ai cittadini di tre aree di intervento:
1. interventi erogati a domicilio e di supporto alla famiglia: assistenza domiciliare sociale, sanitaria (comprensiva della fornitura di protesi e ausili) e integrata sociosanitaria (ADI), telesoccorso e telecontrollo, interventi delle reti solidaristiche della comunità locale;
2. interventi di sostegno economico: assegni di cura e contributi economici alle persone e alle famiglie, differenziati a seconda del carico di cura, della tipologia e delle modalità di assistenza fornita, della situazione economica;
3. interventi di sollievo alla famiglia: centri diurni, ricoveri temporanei, soggiorni climatici, etc., per persone in situazione di dipendenza assistenziale.
Presupposto dell'intervento è la presa in carico sociale, che comporta interventi di valutazione, consulenza, orientamento, raccordo con le risorse solidaristiche pubbliche e private del territorio, attivazione di prestazioni proprie (assistenza domiciliare, assistenza economica, etc.), indicazioni per l'accesso ad altre risorse (invalidità civile, riconoscimento di handicap in situazione di gravità, etc.), sostegno alle relazioni familiari, soprattutto quando compromesse a livello di famiglia estesa, etc. . Nelle situazioni complesse, la presa in carico sociale costituisce uno degli elementi portanti del progetto individualizzato definito in UVMD.
La funzione di Servizio Sociale Professionale, che esercita la presa in carico, appartiene al Servizio Sociale dei Comuni, gestito in forma diretta o delegata ad altri enti (Aziende ULSS, Comunità Montane, Unioni di Comuni).
Nell'ambito della presa in carico della persona e della famiglia, il Servizio Sociale esercita la funzione di raccordo degli interventi e delle risorse sociali, sociosanitarie e assistenziali attivabili nella definizione e nella gestione del progetto individualizzato.
La presa in carico viene quindi inquadrata in una visione complessiva di punto di riferimento per la persona e la famiglia, in analogia al ruolo svolto dal Comune, nell'ambito della Conferenza dei Sindaci, di pianificazione e di concertazione delle politiche e degli interventi sociali e sociosanitari assicurati dai Comuni, dai soggetti del terzo settore e dall'Azienda ULSS, attraverso il Piano di Zona e gli altri strumenti programmatori e attuativi ad esso collegati.
Il Servizio Sociale Professionale comunale è funzione propria dell'ente pubblico. In quanto responsabile e decisore, in autonomia o assieme ad altri, dell'accesso dei cittadini alle risorse e alle prestazioni del sistema dei servizi sociali, il Servizio Sociale Professionale è funzione che può essere delegata ad altri soggetti pubblici ma non può essere affidata a soggetti privati. I Comuni che, a causa delle ridotte dimensioni demografiche, non siano in grado di disporre di un proprio Servizio Sociale, individuano modalità di raccordo fra loro e/o di delega all'Azienda ULSS o ad altro ente pubblico per garantire la presenza adeguata del servizio.
4. I destinatari
I destinatari del sistema della domiciliarità sono persone, in prevalenza anziane, residenti o temporaneamente domiciliate in Veneto, che vivono presso il proprio domicilio ovvero presso altro domicilio privato.
In particolare, sono destinatarie delle politiche di sostegno della domiciliarità le persone a rischio di compromissione dell'autosufficienza ovvero in condizioni di dipendenza assistenziale in quanto affette da patologie croniche e/o in condizioni di disabilità temporanea o permanente.
Al fine di garantire uguali opportunità di accesso alle attività ed alle prestazioni assistenziali, sociali e socio-sanitarie a tutti i cittadini che ne necessitano, gli interventi del sistema della domiciliarità sono assicurati anche a persone domiciliate in un Comune diverso da quello di residenza, nei limiti e con le modalità definite nello stesso PLD.
Tutti gli interventi compresi nel sistema della domiciliarità prevedono la valorizzazione e il coinvolgimento dei caregiver, cioè della famiglia in cui vive l'utente o, meglio, delle persone (conviventi, parenti, volontari, etc.) che di fatto si occupano della sua cura.
Per richiedere informazioni e per accedere alle prestazioni ricomprese nel sistema della domiciliarità, il cittadino si rivolge allo sportello unico, di cui al punto 7.
4.1. Situazione economica del richiedente
L'accesso agli assegni di cura e, in generale, ai contributi economici è assicurato con riferimento alla condizione economica della persona e della sua famiglia, rilevata tramite l'ISEE familiare, ai sensi della LR n. 1/2004, art. 33.
Per gli interventi diversi dai contributi economici, la condizione economica non costituisce un requisito di accesso bensì un criterio per determinare l'eventuale compartecipazione al costo del servizio.
Negli interventi di sostegno della domiciliarità, viene determinato in Euro 14.100,00, calcolato sui redditi 2004, incrementato per gli anni successivi dell'indice ISTAT della variazione annua del costo della vita per le famiglie di operai e impiegati, il valore dell'ISEE familiare, al di sopra del quale non si ha diritto all'accesso agli interventi di sostegno economico e al di sotto del quale non si ha l'obbligo di compartecipare al costo delle prestazioni ricevute.
Il PLD indica i criteri in base ai quali i soggetti della valutazione dei bisogni, di cui al capitolo 8, possono derogare dal limite suddetto nel riconoscimento al cittadino di benefici e/o prestazioni per situazioni particolari e contingenti.
5. I soggetti e i livelli di responsabilità
I soggetti istituzionali coinvolti nel processo programmatorio e attuativo del PLD sono i Comuni e le Aziende ULSS. I soggetti del terzo settore partecipano con le modalità stabilite dalla LR 5/1996 e dalla legge 328/2000.
5.1. I Comuni
Per quanto riguarda i Comuni, va fatto riferimento all'attribuzione della generalità delle funzioni e dei compiti nel settore dei servizi sociali, che la legislazione, pur evoluta negli ultimi 30 anni in aspetti anche significativi, ha sempre riconosciuto all'Ente Locale.
Infatti, la normativa statale attribuisce ai Comuni le funzioni e i compiti relativi a:
- compiti trasferiti con DPR 616/1977, art. 22 e 23;
- funzioni attribuite ai sensi del D.Lgs. 112/1998, art. 131 e 132;
- prestazioni sociali a rilevanza sanitaria, di cui all'art. 3-septies del D.Lgs. 502/1992, come modificato dal D. Lgs. 229/1999;
- funzioni attribuite ai sensi della L. 328/2000, art. 6.
In sintesi, "i comuni sono titolari delle funzioni amministrative concernenti gli interventi sociali svolti a livello locale" (L. 328/2000, art. 6).
Il legislatore, precisata la titolarità delle funzioni, ha teso ad assicurare ai servizi sociali un livello organizzativo territoriale compatibile con criteri di efficienza e di efficacia, riconoscendo ai Comuni la facoltà di individuare "gli assetti più funzionali alla gestione, alla spesa ed al rapporto con i cittadini" (art. 6, comma 1, L. 328/2000), secondo le modalità stabilite dal decreto legislativo 267/2000, il cui art. 33 prevede che "al fine di favorire l'esercizio associato delle funzioni dei comuni di minore dimensione demografica, le regioni individuano livelli ottimali di esercizio delle stesse".
In coerenza con le indicazioni date dal legislatore nazionale, la Regione del Veneto, con l'art. 130 della LR 11/2001, ha attribuito ai Comuni la generalità delle funzioni e dei compiti relativi all'erogazione dei servizi e delle prestazioni sociali, compresi quelli rivolti agli anziani, di cui alla lett. c) del D.Lgs. 112/1998. Inoltre, con la DGR 3972 del 30.12.2002 relativa ai livelli essenziali di assistenza nell'area dell'integrazione socio-sanitaria, la Regione ha definito le prestazioni sociosanitarie di specifica competenza dei Comuni e, rispettivamente, quelle di competenza dell'Azienda ULSS. Infine, in continuità con il percorso teso all'integrazione sociosanitaria caratteristico della politica sociale veneta, con lo stesso art. 130 della LR 11/2001 la Regione si è impegnata a promuovere la delega da parte dei comuni alle Aziende ULSS delle prestazioni sociali a rilevanza sanitaria e della gestione dei servizi sociali.
5.2. Le Aziende ULSS
Le Aziende ULSS sono enti strumentali attraverso i quali la Regione assicura ai cittadini le prestazioni previste nei livelli uniformi di assistenza stabiliti dal piano socio-sanitario regionale nel rispetto del piano sanitario nazionale (LR 56/1994).
Sono assicurate dalle Aziende ULSS, e sono comprese nei livelli essenziali di assistenza sanitaria, le prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, cioè le attività finalizzate alla promozione della salute e alla prevenzione, individuazione, rimozione e contenimento di esiti degenerativi o invalidanti di patologie congenite e acquisite, nonché le prestazioni sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria, caratterizzate da particolare rilevanza terapeutica e intensità della componente sanitaria (D.Lgs. 502/1992, art. 3-septies).
5.3. I soggetti del terzo settore
Essendo il PLD articolazione del Piano di Zona, va promossa la partecipazione, anche con risorse proprie, dei soggetti del terzo settore alle fasi programmatorie ed elaborative, in linea con le disposizioni di cui alla LR 5/1996, alla L. 328/2000 e alla DGR 1764/2004.
5.4. L'ente coordinatore del PLD
L'Azienda ULSS viene individuata quale ente coordinatore del PLD, cui sono attribuite le seguenti funzioni:
1. coordinare e raccordare tra gli enti l'attuazione degli interventi e delle attività previste nel PLD e nei progetti individualizzati;
2. sollecitare gli enti e i servizi di competenza (singoli Comuni, strutture e unità operative dell'Azienda ULSS, etc.) per affrontare e superare le esigenze e le difficoltà che dovessero emergere nell'attuazione del PLD;
3. coordinare la redazione della 'Carta dei servizi sociali e sanitari per la domiciliarità', secondo le indicazioni metodologiche contenute nel PLD, che focalizza le opportunità offerte per questa tipologia di bisogni e riporta le indicazioni per l'accesso ai servizi a sostegno della domiciliarità, di tipo sanitario e di tipo sociale, dell'intero territorio;
4. essere il referente nei rapporti con la Regione per gli aspetti amministrativi legati al PLD;
5. curare la rilevazione dei dati e delle informazioni sulle attività svolte e la predisposizione di rapporti periodici sullo stato di attuazione del PLD, da presentare alla Conferenza dei Sindaci e alla Regione;
6. assumere ogni altra funzione ad essa attribuita dal PLD.
La gestione dei servizi che compongono il sistema della domiciliarità è assicurata dagli enti che attualmente ne esercitano le competenze. Resta salva la facoltà dei singoli Comuni di decidere, nelle forme di legge, eventuali diverse modalità di gestione, quali ad esempio la gestione associata per il tramite di un'Unione di Comuni o di una Comunità Montana o la delega all'Azienda ULSS.
Il PLD individua per tutto il territorio di competenza gli enti che assicurano lo svolgimento delle attività del PLD, in modo che non esistano zone sprovviste di servizi.
I Comuni e le Aziende ULSS, ottenuto il visto di congruità regionale sulla proposta del PLD, lo adottano in via definitiva e assumono gli opportuni strumenti d'intesa (accordi di programma, protocolli, etc.) per l'avvio operativo del PLD.
Le funzioni di referente dell'Azienda ULSS, quale ente coordinatore del PLD, nei confronti dei Comuni, degli altri enti pubblici e privati e delle strutture e unità operative della stessa Az. ULSS che partecipano alla realizzazione del PLD, sono svolte dal Direttore dei Servizi Sociali, in conformità con le funzioni ad esso assegnate dal Piano Socio-Sanitario Regionale 1996-1998 (cap. 5 dell'allegato alla LR 5/1996) e dalla legge regionale riorganizzativa delle Aziende ULSS (art. 16, co. 3 della LR 56/1994).
6. La presa in carico
Nel cornice della definizione di presa in carico presentata nel capitolo 3, gli ambiti di presa in carico comprendono:
a) l'azione promozionale e preventiva;
b) gli interventi di sostegno ai bisogni ed alle competenze del singolo e della famiglia nelle situazioni di evoluzione/involuzione;
c) gli interventi sul disagio, la tutela, la grave non autonomia.
6.1. L'azione promozionale e preventiva
L'azione promozionale e preventiva parte dalla considerazione che singoli e famiglie non sono soltanto fruitori di servizi sanitari e sociali ma, con il supporto dato da interventi di coordinamento di risorse e tempi, risultano in grado di fornire con competenza soluzioni ai loro bisogni e divenire alleati nel conseguimento di obiettivi di salute e promotori/cooperatori di azioni di solidarietà territoriale.
Tale azione può concretizzarsi nella presa in carico di istanze provenienti dal territorio che diventano esse stesse risorse spendibili.
Ciò avviene anche attraverso la creazione degli "sportelli integrati", di cui al punto 7.A, che svolgono funzioni di segretariato, attività informative sulla rete dei servizi, sul suo funzionamento e sulle modalità di accesso alla stessa, azioni di sviluppo delle competenze dei singoli e delle famiglie nelle gestione della non autonomia attraverso la promozione di gruppi di auto-aiuto e di una rete di solidarietà interconnessa con la rete dei servizi pubblici secondo protocolli procedurali (es. promozione della disponibilità volontaria come amministratore di sostegno, cooperazione nella creazione della rete protettiva di Famiglia Sicura, istruzione delle assistenti familiari _ "badanti").
L'azione si evolve su tempi medio-lunghi, si esprime in percorsi trasversali al sistema dei servizi e prevede forme di collaborazione professionale tra sociale e sanitario finalizzate alla definizione di progettualità integrate a forte caratterizzazione territoriale.
6.2. Il sostegno nelle situazioni di evoluzione/involuzione
Gli interventi di sostegno ai bisogni ed alle competenze del singolo e della famiglia nelle situazioni di evoluzione/involuzione consistono nella presa in carico di situazioni di crisi temporanea o di situazioni in cui il percorso involutivo, associato a carenze relazionali, economiche, abitative, determina la necessità di interventi di sostegno, di integrazione delle competenze esistenti, di orientamento alla conoscenza, all'accesso e alla fruibilità effettiva della rete dei servizi pubblici e privati.
Possono rientrare in tale casistica anche le persone a rischio di non autonomia, con situazioni in cui la concorrenza di più fattori socio-relazionali e sanitari può determinare un'accelerazione del percorso involutivo.
L'intervento tecnico di valutazione, di consulenza, di orientamento, di intervento sociale e sanitario si può esprimere con modalità monoprofessionali ma può anche prevedere forme di integrazione socio-sanitaria.
La presa in carico di situazioni riconducibili a quanto sopra esposto richiama inoltre l'opportunità di individuare "buone prassi" di raccordo tra i servizi che concorrono alla domiciliarità, in particolare per quanto riguarda le dimissioni ospedaliere protette e i percorsi di raccordo tra strutture residenziali e servizi territoriali e tra centri diurni e assistenza domiciliare, nonché la necessità di migliorare e potenziare, con procedure/protocolli formalizzati tra Comuni e Distretti sociosanitari, la collaborazione tra le figure di rilevante importanza negli interventi territoriali e domiciliari quali l'assistente sociale ed il medico di medicina generale.
6.3. Gli interventi sul disagio, la tutela, la grave non autonomia
Gli interventi sul disagio, la tutela, la grave non autonomia appartengono alla presa in carico di situazioni multiproblematiche, particolarmente deprivate o in condizione di cronicità, in cui l'intervento deve caratterizzarsi per l'elevata integrazione tra professioni, risorse e servizi.
I tempi di intervento sono medio-lunghi, prevedono la definizione di obiettivi e progetti di lunga durata, ridefinibili in relazione alle modifiche intercorrenti sia sul sistema famiglia, sia sullo stesso sistema servizi.
Va sottolineata la necessità che, all'interno dei servizi e degli interventi afferenti alla casistica in questione, siano previsti percorsi assistenziali coerenti tra servizi domiciliari, semiresidenziali, residenziali, rendendo il "sistema domiciliarità" realmente sostenibile per i fruitori sia sul piano dei costi, sia sul piano della semplificazione delle procedure di accesso, sia sul piano del coordinamento delle risorse finalizzate ai progetti individualizzati di assistenza.
In tali situazioni la tenuta dei progetti individualizzati è fortemente influenzata non soltanto dalla situazione di rilevante gravità complessiva ma anche dall'impegno temporale richiesto dal caso: a fronte cioè di un periodo di intensità assistenziale costante, la capacità di tenuta delle rete diminuisce in relazione all'avanzare della variabile "tempo". E' determinante in tali casi la figura del responsabile del progetto per le funzioni di referente della rete sociale ma anche come coordinatore delle risorse.
La presa in carico prevede:
- la valutazione, ove necessario tramite UVMD;
- la definizione del progetto individualizzato con definizione dei compiti e delle risorse impiegabili;
- l'individuazione di un responsabile del progetto;
- l'attuazione del progetto individualizzato, verificando tempi, modalità;
- il controllo dei risultati.
Particolare rilevanza assume il ruolo del responsabile del progetto, che va individuato tra gli operatori che interagiscono maggiormente con l'interessato e con la sua rete sociale di riferimento.
Per il raggiungimento degli obiettivi del progetto è importante che il responsabile del caso, oltre che essere riconosciuto come tale dagli altri operatori coinvolti nel processo assistenziale, sia effettivamente nelle condizioni di monitorare il progetto stesso e di controllare l'esecuzione delle azioni concordate, coordinando le risorse impiegate.
In tal senso sembra opportuno sottolineare la necessità che l'ente coordinatore del PLD, per la generalità dei casi, e il responsabile del caso, per le situazioni singole, promuovano e vigilino sugli strumenti dell'integrazione gestionale, affinché siano definiti i criteri di accesso alle risorse, le procedure e le modalità organizzative che consentano la "tenuta" della presa in carico nei piani assistenziali di domiciliarità.
7. Le prestazioni
7.A. Lo Sportello Integrato
Al fine di agevolare l'accesso dei cittadini alle informazioni sulle opportunità e alle prestazioni del sistema della domiciliarità, nel territorio di ogni distretto socio-sanitario va individuato un punto di accesso unitario, quale sportello informativo e, al contempo, porta di accesso integrata al complesso delle prestazioni e dei servizi afferenti al sistema della domiciliarità.
Sono funzioni dello Sportello Integrato:
- fornire informazioni, aggiornate in tempo reali e disponibili on line per l'operatore, relative alle diverse opportunità, risorse, prestazioni, agevolazioni, servizi del sistema della domiciliarità esistenti e accessibili per gli utenti del territorio;
- raccogliere le domande di accesso a prestazioni e servizi e, se del caso, inoltrarle ai servizi competenti;
- effettuare una prima lettura dei bisogni, proponendo al cittadino le prestazioni e i servizi a lui accessibili in base alla tipologia di bisogno;
- inviare a servizi e operatori specialistici le situazioni complesse e/o delicate, che possono necessitare di una successiva valutazione e presa in carico integrata;
Lo Sportello Integrato costituisce pertanto il primo servizio a disposizione dei cittadini, finalizzato a favorire pari opportunità di accesso alle informazioni e ai servizi da parte di quanti ne hanno bisogno/diritto, a ricondurre ad unità accessi e interventi parcellizzati che lo stesso cittadino effettua presso servizi ed enti diversi, a favorire l'interazione e l'integrazione tra servizi diversi e tra enti diversi, a semplificare le procedure burocratiche a carico del cittadino.
L'attivazione dello Sportello Integrato è elemento importante per l'incremento e la misurazione dell'efficienza, dell'efficacia e della qualità dell'intero sistema della domiciliarità.
Oltre che nella sede del distretto socio-sanitario, le funzioni dello Sportello Integrato possono essere dislocate in sedi decentrate sul territorio (ad esempio presso i Comuni e/o le Circorscrizioni), purchè ogni sede sia dotata di personale e strumentazione tecnologica in grado di assolvere in maniera qualificata e tempestiva a tutte le funzioni proprie dello Sportello Integrato. Lo Sportello Integrato necessita di essere collegato on line almeno con i servizi a favore della domiciliarità organizzati dall'Azienda ULSS, con i servizi sociali dei Comuni e con le segreterie delle UVMD.
Il PLD individua le principali sedi dello Sportello Integrato, le risorse a ciò destinate (gli operatori, gli enti di provenienza degli stessi, ...), le modalità di copertura dei costi legati al suo funzionamento.
7.B. Le tre aree di intervento
Le politiche di sostegno della domiciliarità consistono, come descritto nel capitolo 3, nell'offerta ai cittadini di tre aree di intervento:
1. interventi erogati a domicilio e di supporto alla famiglia: assistenza domiciliare sociale, sanitaria e integrata, fornitura di protesi e ausili, telesoccorso e telecontrollo, interventi delle reti solidaristiche della comunità locale, ...
2. interventi di sostegno economico: assegni di cura e contributi economici alle persone e alle famiglie, differenziati a seconda del carico di cura, della tipologia e delle modalità di assistenza fornita, della situazione economica
3. interventi di sollievo alla famiglia: centri diurni, ricoveri temporanei, soggiorni climatici, ... per persone in situazione di dipendenza assistenziale
Nell'ambito di tali aree di intervento vengono erogati servizi e prestazioni che, opportunamente integrate nel progetto individualizzato, rappresentano il livello di risposta assicurato alle persone non autosufficienti del territorio.
Per quanto riguarda la dotazione di personale assegnato alle funzioni sociali comunali, nelle more delle indicazioni che potranno derivare dalla nuova programmazione socio-sanitaria, si richiamano le disposizioni della normativa vigente (LR 22/1989, punto 4.2 del documento di piano): 1 assistente sociale ogni 6.000 abitanti, 1 operatore sociosanitario ogni 3.000 abitanti.
Al fine di evitare e contenere gli elementi di disomogeneità e di difformità territoriale, gli interventi e servizi domiciliari sono erogati sulla base delle seguenti indicazioni.
7.1. Interventi erogati a domicilio e di supporto alla famiglia
7.1.1. SAD - Servizio di assistenza domiciliare
I SAD sono servizi di carattere socio-assistenziale finalizzati alla prevenzione, al mantenimento e al recupero delle potenzialità residue che permettono alla persona di rimanere nel proprio domicilio e nel proprio contesto di relazione.
Sono servizi rivolti alla cura della persona e dell'ambiente, che comprendono prestazioni quali la fornitura dei pasti, la lavanderia, l'aiuto domiciliare nella cura e nell'igiene personale, etc..
Particolare attenzione va posta alla necessità di sostenere il caregiver, sia esso appartenente o meno alla rete parentale, attraverso una tipologia di intervento domiciliare dell'operatore sociosanitario di supporto educativo, quale sostegno alle iniziative di assistenza privata che le famiglie si auto-organizzano.
I Comuni disciplinano con appositi regolamenti i criteri e le modalità di erogazione dei servizi domiciliari, comprensivi delle modalità di partecipazione alla spesa da parte dei cittadini.
La Conferenza dei Sindaci, nell'ambito del PLD, individua criteri omogenei per la predisposizione dei regolamenti delle Amministrazioni Locali, con particolare riferimento a:
a) modalità di accesso e di valutazione dei bisogni;
b) criteri per la definizione delle priorità;
c) soglie di ISEE per l'eventuale compartecipazione al costo da parte degli utenti;
d) indicatori e metodi per la verifica e la valutazione dei risultati.
Per la valutazione dei bisogni, vengono utilizzate le modalità della valutazione multidimensionale monoprofessionale, descritte nel relativo capitolo. Il tempo della prestazione è stabilito dal progetto personalizzato che viene rivalutato almeno annualmente.
7.1.2. ADI _ Assistenza domiciliare integrata
Le diverse forme di ADI sono disciplinate dalla DGR n. 5273 del 29.12.1998. Specifiche tipologie di ADI sono disciplinate dalla DGR n. 2634 del 27.7.1999 sulla Nutrizione Artificiale Domiciliare (NAD), dalla DGR n. 2989 del 22.9.2000 sulle cure palliative e dalla DGR n. 1384 del 14.5.2004 sull'assistenza domiciliare ventilatoria.
Ai fini della predisposizione del PLD, l'ADI va considerata nella sua unitarietà (comprensiva dell'apporto sanitario e dell'apporto sociale), quale modalità assistenziale in cui diverse figure professionali sanitarie e sociali concorrono presso il domicilio della persona alla realizzazione del progetto individuale di assistenza, che viene approvato per le forme di maggior impegno assistenziale dalla UVMD competente per territorio, a seguito di valutazione SVAMA.
Con l'approvazione del progetto individualizzato di assistenza l'UVMD dovrà individuare l'operatore di riferimento, sia per la persona assistita ed i suoi familiari sia per gli altri operatori che intervengono a domicilio per la realizzazione del piano. Tale compito si sostanzia in una attività di raccordo e di collegamento tra servizi e famiglia che deve essere resa in forma unitaria, evitando fraintendimenti, sovrapposizioni, ed interventi che molto spesso risultano deleteri ai fini assistenziali. Fatta salva l'autonomia della UVMD nell'individuazione dell'operatore più adeguato a svolgere tale funzione nello specifico progetto assistenziale, si ritiene che l'assistente sociale o l'infermiere professionale siano le figure professionali che in misura prevalente dovranno essere implicate nello svolgimento di tale compito.
Con riferimento all'ADI unitaria, come sopra definita, le Conferenze dei Sindaci e le Aziende ULSS disciplinano le modalità organizzative e gestionali del servizio ADI nell'ambito del PLD, determinando le procedure di accesso e di valutazione, le modalità di erogazione dei servizi, gli strumenti di verifica e valutazione degli interventi, le risorse umane e finanziarie necessarie al conseguimento degli obiettivi.
L'estensione nel territorio delle diverse forme di ADI costituisce uno dei risultati più significativi conseguiti dalla Regione per favorire la crescita del sistema della domiciliarità.
Tale obiettivo strategico deve essere perseguito anche nella predisposizione del PLD che, per quanto riguarda le funzioni sociali comunali, in sede di prima attuazione dovrà prevedere il raggiungimento del 2% (utenti ADI delle prestazioni comunali / popolazione ultrasessantacinquenne) quale indicatore di copertura assistenziale, mentre il rapporto operatore socio-sanitario comunale/utente dovrà essere compreso tra 1 a 14 e 1 a 6.
7.1.3. Telesoccorso _ telecontrollo
Sono collegabili al Servizio di TSO-TCO le persone a rischio sociale e/o sanitario, con particolare riferimento agli anziani. Sono collegabili anche persone di età inferiore ai 60 anni, per le quali il servizio sociale competente riconosca la presenza di una situazione di rischio. La richiesta va rivolta allo Sportello Integrato, che la inoltra al Servizio Sociale del Comune di residenza della persona da collegare, ovvero all'ente eventualmente delegato dal Comune (Azienda ULSS, Comunità Montana, Unione di Comuni).
La Regione sostiene tutti i costi connessi con il servizio di telesoccorso e telecontrollo. Agli Enti Locali è riconosciuta la facoltà di richiedere una quota di partecipazione agli utenti del servizio, che resta vincolata a contribuire ai costi sostenuti dall'ente per la gestione dei servizi e degli interventi previsti nel PLD. Con l'adozione del PLD viene decisa in maniera uniforme per l'intero territorio di ULSS l'applicazione delle quote a carico dell'utenza, nel rispetto delle indicazioni di cui al punto 4.1. del presente documento.
7.1.4. Le reti solidaristiche della comunità locale
Il sistema della domiciliarità è sostenuto e realizzato con il concorso di tutte le risorse della comunità locale, con le associazioni di volontariato e con le altre forme di partecipazione sociale. Il PLD costituisce l'occasione per mettere in rete tali opportunità, attraverso una sinergica azione di integrazione con i servizi erogati e attraverso la realizzazione di specifiche iniziative progettuali che implementano e completano l'offerta di servizi in risposta ai bisogni delle persone.
Nel territorio Ulss si dovrà procedere ad una ricognizione delle associazioni e formazioni sociali presenti nel territorio e che operano nel campo dell'assistenza domiciliare attraverso varie modalità: trasporto, aiuto a domicilio, compagnia, disbrigo di piccole commissioni, ecc.
A seguito di tale ricognizione, il PLD stabilisce le modalità di raccordo e di collaborazione a livello territoriale specificando:
­ le collaborazioni dirette che si intendono attivare con appositi protocolli o accordi al fine di sostenere e migliorare il sistema di offerta dei servizi domiciliari;
­ le modalità di attivazione della rete territoriale, esplicitando le forme di comunicazione e di informazione all'utenza.
Alla realizzazione di tale modalità di collaborazione il PLD deve dedicare almeno lo 0,5% delle risorse assegnate.
7.2. Interventi di sostegno economico
Gli interventi economici sono finalizzati a supportare le famiglie nelle necessità di assistenza della persona non autosufficiente, contribuendo ad evitare il ricorso precoce al ricovero in istituto e a mantenere la persona nel suo ambiente di vita e di relazione.
Tale modalità di intervento risulta essere consolidata e diffusa nel territorio regionale ed extra regionale, anche se con denominazioni diverse (assegni di cura, contributi ai non autosufficienti, contributi per l'assistenza familiare, ecc.) e con importi diversificati in ragione degli obiettivi perseguiti.
Gli interventi economici di supporto alle famiglie devono inserirsi nel progetto individualizzato di assistenza, in un'ottica di integrazione e di sinergia con gli altri servizi presenti nella rete. Il PLD deve superare la logica meramente amministrativa e burocratica dell'erogazione dell'intervento coniugandolo invece con gli obiettivi di salute e di assistenza della persona. L'accesso a tali contributi pertanto deve avvenire attraverso l'utilizzo degli strumenti di valutazione come individuati nel presente documento e comunque assicurando livelli assistenziali in un'ottica di globalità e di unitarietà.
Gli interventi economici di supporto alle famiglie si articolano in 2 tipologie, in ragione degli obiettivi perseguiti dal progetto individuale di assistenza approvato dalla UVMD:
a) intervento temporaneo o straordinario, finalizzato ad affrontare situazioni di emergenza o di difficoltà ad assicurare la continuità dell'assistenza;
b) assegno di cura (ex LR 28/1991, contributo badanti, LR 5/2001, ecc.) finalizzato ad integrare le risorse economiche necessarie ad assicurare la continuità dell'assistenza alla persona non autosufficiente. L'importo mensile dell'assegno di cura può raggiungere un massimo di Euro 520,00, indicizzato al costo della vita a partire dall'anno 2007, assicurando il rispetto del principio della proporzionalità in relazione alle condizioni di gravità e alle condizioni economiche del nucleo familiare determinate secondo le disposizioni del presente documento.
Con proprio provvedimento, la Giunta Regionale determina i criteri per la graduazione dei contributi, definiti sulla base di una proposta elaborata da una apposita commissione costituita dal Dirigente regionale e composta da rappresentanti delle Aziende ULSS, dei Comuni e della Direzione Regionale per i Servizi Sociali.
Considerato che negli interventi di cui al precedente punto b) confluiscono interventi che sinora utilizzano strumenti di valutazione specifici (scheda tecnica per la LR 28/91, scheda NPI per i contributi Alzheimer), con l'attuazione dei PLD la valutazione delle condizioni di non autosufficienza, ai fini della predisposizione del progetto individualizzato di assistenza, dovrà avvenire con la scheda SVAMA attraverso le modalità di seguito indicate.
Tale passaggio richiede una specifica sperimentazione che permetta di assicurare omogeneità di punteggi e di valutazioni nell'intero territorio regionale. Con successivo atto, da emanarsi entro 60 giorni dall'adozione del presente documento, la Giunta Regionale approva criteri e modalità per lo svolgimento di tale sperimentazione, al termine della quale la Giunta Regionale disporrà l'avvio operativo nell'intero territorio regionale. Sino a tale data le UVMD e i Servizi Sociali Comunali ai fini del progetto individualizzato di assistenza utilizzano gli strumenti di valutazione in vigore.
Tutte le domande di intervento economico, comprese quelle per i contributi previsti dalla LR 5/2001, vanno presentate allo Sportello Integrato.
Ai fini della erogazione dei contributi economici alle famiglie dovranno essere predisposte graduatorie di ambito Ulss, previa valutazione tecnica della non autosufficienza, secondo le suddette modalità, utilizzando la rete informatica messa a disposizione dalla Regione.
Gli interventi economici alle famiglie vengono erogati dagli enti di competenza, come individuati dal PLD ai sensi del precedente punto 5.4., previa verifica del possesso dei requisiti nel periodo considerato.
I Comuni possono integrare con loro risorse incrementando le disponibilità finanziare rispetto a quanto assegnato con riparto regionale.
Nella predisposizione del PLD le Conferenze dei Sindaci determinano modalità, criteri ed indirizzi per l'accesso da parte dei cittadini e la gestione a livello locale degli interventi economici alle persone non autosufficienti, nel rispetto delle indicazioni di cui sopra.
7.3. Interventi di sollievo alla famiglia
Le attività di assistenza e cura delle persone non autosufficienti da parte delle famiglie richiedono di essere supportate e sostenute da una rete di servizi sul territorio, attraverso i quali sia possibile accedere a servizi e prestazioni che integrano gli oneri assistenziali sostenuti dalla famiglia.
Fanno parte di questa area di intervento servizi quali i centri diurni, ma anche tutte le altre forme di offerta che nel territorio si sono diffuse sotto denominazione di accoglienza temporanea, ricoveri sollievo, ecc.
Tali tipologie di intervento si caratterizzano per il forte raccordo che presentano con il sistema della residenzialità, con il quale devono realizzare modalità di integrazione e di sinergia al fine di assicurare risposte adeguate ai bisogni delle persone.
7.3.1. Centro Diurno Socio-sanitario
E' una struttura diurna destinata all'accoglienza, riabilitazione e recupero delle autonomie residue di persone non autosufficienti o con ridotta autonomia psico-fisica e relazionale che vivono nel proprio ambiente familiare.
Il fabbisogno di posti nei centri diurni è stabilito dalla programmazione regionale.
Alle persone frequentanti i Centri diurni socio-sanitari viene riconosciuta una quota di rilievo sanitario secondo le indicazioni e le disposizioni della normativa vigente regionale.
La conferenza dei sindaci nell'ambito del PLD individua criteri omogenei che nel territorio assicurino pari opportunità di accesso, i criteri di priorità e le modalità per la predisposizione dei regolamenti comunali di integrazione della quota a carico della persona non autosufficiente.
7.3.2. Accoglienza temporanea nei servizi residenziali
E' una tipologia di offerta che permette il ricovero temporaneo presso un centro servizio residenziale al fine di venire incontro alle necessità e alle emergenze che la famiglia si trova ad affrontare nell'assistenza della persona non autosufficiente.
Tale servizio va disciplinato con appositi accordi locali con i servizi residenziali del territorio.
Il PLD individua i criteri e le modalità per la predisposizione di tali accordi, attraverso il coinvolgimento dei soggetti gestori dei servizi residenziali.
7.3.3. Progettualità sperimentali
Nella predisposizione del PLD può essere prevista la realizzazione di progettualità sperimentali che permettano di migliorare la rete di offerta nei confronti delle famiglie attraverso l'attivazione di sinergie e collaborazione dei diversi soggetti presenti nel territorio.
Alla realizzazione di tali progettualità può essere destinato al massimo lo 0,5% delle risorse finanziarie regionali assegnate complessivamente al territorio di Ulss.
8. La valutazione dei bisogni
8.1. I soggetti della valutazione
La valutazione dei bisogni è premessa per la definizione e l'attuazione di politiche e di interventi mirati ed efficaci.
La valutazione dei bisogni sociali dell'individuo, della famiglia e della comunità locale, appartiene alle funzioni proprie dell'Ente Locale, che è chiamato a pianificare e organizzare interventi e a promuovere l'attivazione di risorse a livello di singolo Comune e, congiuntamente con gli altri Enti Locali, a livello più ampio, coincidente con il territorio dell'ULSS (Piano di Zona, di cui è parte integrante il Piano Locale per la Domiciliarità).
Nelle situazioni individuali complesse, che richiedono la presa in carico integrata e l'attivazione di risorse sia sociali che sanitarie, è compito dell'Ente Locale attivarsi congiuntamente con l'Azienda ULSS per effettuare la valutazione multidimensionale e multiprofessionale. In sede di UVMD (unità valutativa multidimensionale), i livelli istituzionali sono rappresentati dai professionisti che intervengono nella valutazione e che dispongono circa l'utilizzo delle risorse dell'Ente che rappresentano.
La valutazione multidimensionale della persona in stato di bisogno socio-sanitario costituisce requisito fondamentale per garantire, al momento dell'accesso dell'utente alla rete dei servizi, il rispetto del principio di equità nelle possibilità di accesso e una risposta appropriata, che utilizza al meglio i servizi e le risorse presenti nel concreto contesto di vita della persona.
8.2. Valutazione UVMD
Per i casi più complessi, la valutazione multidimensionale viene effettuata in maniera multidisciplinare, coinvolgendo direttamente i professionisti che possono essere concretamente chiamati a prestare la loro opera nel processo di presa in carico (medico, assistente sociale, infermiere, geriatra, ed anche _ quando necessario _ terapista della riabilitazione, operatore socio-sanitario, altri specialisti). La composizione minima dell'UVMD è di tre persone: il medico di medicina generale della persona, l'assistente sociale competente per la presa in carico sociale, in rappresentanza dell'Ente Locale, lo specialista geriatra o infermiere o altro operatore distrettuale che interviene in caso di assistenza domiciliare sanitaria, in rappresentanza dell'Azienda ULSS.
Questa composizione consente l'importante vantaggio di evitare la separazione del momento della valutazione da quello della presa in carico; questa opzione è particolarmente funzionale all'obiettivo di privilegiare l'assistenza domiciliare rispetto a quella residenziale. Ogni qualvolta, infatti, anche in caso di valutazione originata da una richiesta di assistenza residenziale, in UVMD si verifica la possibilità di offrire un supporto assistenziale domiciliare alternativo alla residenzialità, o anche solo in grado di procrastinare questa scelta, i professionisti hanno la possibilità, in caso di accettazione della proposta da parte della famiglia, di intervenire direttamente ovvero di disporre delle risorse necessarie all'intervento domiciliare. Inoltre, ciò favorisce il rafforzamento dell'integrazione fra le diverse figure che operano nel Distretto.
La valutazione UVMD è indispensabile quando il progetto assistenziale predisposto comprenda uno o più dei seguenti servizi:
a) assistenza domiciliare integrata, con interventi sanitari di tipo riabilitativo e/o medico specialistico
b) ospitalità temporanea o definitiva in struttura residenziale o diurna per non autosufficienti
c) servizi specifici (compresi assegni di cura) per persone affette da demenza e per le loro famiglie
La valutazione UVMD può inoltre essere effettuata quando richiesto dal responsabile di uno dei servizi che compongono la rete locale.
Responsabile della valutazione UVMD è la persona incaricata dal Direttore Generale dell'Azienda ULSS alla funzione di responsabile dell'UVMD (in genere il direttore del distretto sociosanitario). L'assistente sociale comunale è responsabile per la parte di competenza comunale.
8.3. Valutazione multidimensionale multidisciplinare semplificata
Per situazioni meno complesse la valutazione multidimensionale viene condotta dai professionisti in maniera semplificata, in modo da snellire le procedure e garantire la necessaria tempestività nelle risposte. Tale semplificazione riguarda il numero dei professionisti e le modalità di integrazione delle informazioni, che viene affidata ad un unico servizio sulla base delle informazioni raccolte e delle valutazioni effettuate dai singoli professionisti, preferibilmente utilizzando un supporto informatico.
Si effettua la valutazione multidimensionale semplificata nei seguenti casi:
d) contributi economici a sostegno della domiciliarità
e) assistenza domiciliare integrata, con interventi sanitari di tipo infermieristico e con assistenza medica programmata
f) erogazione di "pacchetti assistenziali ADI" volti a supportare in condizioni di urgenza la permanenza a domicilio di una persona non autosufficiente (valutazione operata da assistente sociale e responsabile UVMD)
Responsabile della valutazione semplificata diretta all'assegnazione di contributi economici e all'assistenza domiciliare (limitatamente alla parte socio-assistenziale) è l'assistente sociale comunale. Responsabile della valutazione semplificata diretta all'erogazione di prestazioni sanitarie è il responsabile dell'UVMD.
8.4. Valutazione multidimensionale monoprofessionale
Per le situazioni meno complesse la valutazione multidimensionale è condotta dai singoli professionisti, in modo da semplificare le procedure e garantire la necessaria tempestività nelle risposte.
La valutazione multidimensionale viene effettuata da un singolo professionista quando il progetto assistenziale non prevede i servizi ricompresi nei casi precedenti, quali:
g) assistenza domiciliare socio-assistenziale;
h) interventi domiciliari volti a fornire supporto e affiancamento formativo alle persone di assistenza privata, siano esse appartenenti alla rete parentale o meno, che assistono a domicilio una o più persone non autosufficienti;
i) telesoccorso e telecontrollo.
Responsabile della valutazione monoprofessionale è l'assistente sociale comunale, che si avvale della collaborazione del medico di medicina generale per la valutazione del rischio sanitario delle persone alle quali viene proposto il servizio di telesoccorso e telecontrollo, ovvero che lo richiedono.1
8.5. Risorse e standard attesi
La strategicità della funzione di valutazione e della presa in carico al momento dell'accesso alla rete dei servizi richiede che in ogni realtà distrettuale vengano destinate risorse sufficienti, sia in termini di quantità che di qualità professionale, in modo da ottimizzare l'utilizzo della rete locale dei servizi, sia in termini di appropriatezza che di efficacia che di efficienza.
Il PLD definisce i contenuti e gli obiettivi degli interventi formativi destinati agli operatori sociali e sanitari coinvolti nei suddetti processi valutativi, rinviandone l'organizzazione ad un piano annuale di formazione e aggiornamento continuo realizzato a livello di distretto sociosanitario.
Il PLD stabilisce le risorse da destinare in maniera vincolata alla funzione di valutazione multidimensionale, di presa in carico e di verifica dei progetti personalizzati.
Il PLD precisa gli standard attesi relativi ai tempi della valutazione da parte dell'UVMD; a titolo esemplificativo si propone la seguente suddivisione:
a) la salute (fisica, psichica, sociale) del paziente è messa in pericolo da un ritardo nella valutazione: urgente à ¿UVMD il prima possibile (al massimo entro 3 gg lavorativi)
b) dimissione protetta à ¿UVMD entro 5 giorni totali
c) la rete informale è in grave difficoltà nell'assicurare assistenza à ¿UVMD entro 10 giorni
d) domanda di valutazione per consulenza sul progetto assistenziale richiesta da uno dei servizi della rete; necessità di coordinamento fra servizi (in casi che non rientrano fra i precedenti) à ¿entro 3 settimane
e) domanda cautelativa (da evitare il più possibile) à ¿UVMD entro 8 settimane (Le domande "cautelative" sono quelle presentate dalle famiglie di ingresso del loro congiunto in struttura residenziale prima di averne effettivamente bisogno, solo per "cautelarsi" nel caso di un futuro aggravamento. Poiché gli ingressi in struttura avvengono secondo una priorità data dalla gravità, le valutazioni delle domande cautelative non servono in quanto vanno ripetute se e quando si verifica l'aggravamento, e quindi vanno disincentivate).
I tempi sopra riportati costituiscono l'obiettivo del servizio, da rispettare nell'80% dei casi.
8.6. I metodi e gli strumenti della valutazione
8.6.1. Metodi
Ogni valutazione richiede:
a) capacità di effettuare un'analisi del bisogno socio-sanitario complesso, a partire dalla domanda espressa dall'utente e dalla sua famiglia (il "sintomo" portato), utilizzando le proprie competenze per una valutazione complessiva dei bisogni;
b) capacità di individuare, all'interno della rete, il servizio o i servizi più idonei a soddisfare i bisogni rilevati con le risorse a disposizione della rete dei servizi;
c) capacità di modulare sul singolo caso l'offerta di servizi a seconda dell'evoluzione del bisogno.
In considerazione di ciò, l'UVMD non si pone in una logica autorizzativa, bensì di presa in carico globale. Non è pertanto possibile distinguere a priori le sedute dell'UVMD in base al possibile esito della valutazione ("UVMD per ADI", "UVMD per Casa di Riposo").
8.6.2. Strumenti
a) dimensioni oggetto della valutazione
In ogni caso la valutazione deve essere multidimensionale e prendere in considerazione le seguenti dimensioni:
- situazione sanitaria
- autonomia negli spostamenti
- autonomia nelle altre attività di base della vita quotidiana (ADL)
- situazione cognitiva
- situazione familiare
- relazioni sociali e integrazione nel contesto di vita
Nelle singole situazioni, questa valutazione di base sarà integrata con una valutazione più approfondita di dimensioni specifiche:
- autonomia nelle iADL (attività strumentali della vita quotidiana), da approfondire nelle situazioni in cui la persona risulti "autonoma o quasi" nelle ADL
- disturbi comportamentali e stress dei caregiver nel caso di persone con demenza
- livello di ansia (del paziente e della sua famiglia) e di dolore nel caso di soggetti in cure palliative
Per ciascuna dimensione il livello di autonomia o dipendenza va definito secondo una scala a 3 o 4 livelli.
b) livello di approfondimento della valutazione
Al fine favorire la semplificazione delle procedure di valutazione, ed assicurare la tempestività delle stesse, il livello di approfondimento da raggiungere nelle singole valutazioni deve essere modulato a seconda di qual è il soggetto deputato alla valutazione e di quali sono i servizi previsti nel progetto personalizzato di assistenza:
1. valutazione UVMD: va utilizzata per la valutazione base la scheda SVAMA; l'eventuale valutazione delle iADL va effettuata mediante la scheda specifica; la valutazione dei disturbi comportamentali va effettuata mediante la scheda NPIA; la valutazione del soggetto in cure palliative va effettuata mediante la scheda STASS. Tutte le schede citate vanno considerate quali moduli aggiuntivi della scheda SVAMA, dei quali vengono a costituire parte integrante.
2. valutazione multidimensionale interdisciplinare semplificata e valutazione monoprofessionale: va utilizzata per la valutazione base la scheda semplificata (in calce al presente capitolo); qualora il progetto personalizzato preveda il ricorso a servizi per i quali è prevista una valutazione specifica, tale valutazione deve essere effettuata utilizzando la forma estesa della scheda specifica.
Qualora il progetto personalizzato preveda il ricorso a servizi per i quali:
- è stabilita una compartecipazione alla spesa sulla base di un criterio economico
- è definito un criterio economico minimo per l'accesso al servizio
la valutazione è effettuata mediante l'ISEE.
La tabella seguente descrive e riassume la necessità di utilizzo delle forme estese delle schede di valutazione, a seconda dei servizi previsti nel progetto personalizzato di presa in carico:

ISEE Scheda semplificata SVAMA Moduli aggiuntivi
Sanitaria Cognitivo-funzionale Sociale
ADI A, D, H X X X
Ingresso in servizio residenziale o semiresidenziale per non autosufficienti X X X
Hospice X X X STASS
Qualsiasi servizio specifico per soggetti dementi NPIA
Contributi economici a sostegno della domiciliarità X X
Telesoccorso e telecontrollo X iADL
..............
..............


SCHEDA SEMPLIFICATA

PROFILO DELL'AUTONOMIA
SITUAZIONE COGNITIVA
PROFILO COGNITIVO (a)
1 lucido
2 confuso
3 molto confuso o stuporoso
4 problemi comportamentali prevalenti
MOBILITA' NECESSITA' DI ASSISTENZA SANITARIA
PROFILO MOBILITA' (a) PROFILO SANITARIO (a)
1 si sposta da solo 1 bassa
2 si sposta assistito 2 intermedia
3 non si sposta 3 elevata
SITUAZIONE FUNZIONALE
(ATTIVITA' DI BASE)
SUPPORTO DELLA RETE SOCIALE
PROFILO FUNZIONALE (a) PROFILO SOCIALE (a)
1 autonomo o quasi 1 ben assistito
2 dipendente 2 parzialmente assistito
3 totalmente dipendente 3 non sufficientemente assistito
(a) indicare con una X


9. Il sistema informativo
Attualmente coesistono diversi sistemi informativi, che trattano specifici segmenti del sistema della domiciliarità e che raramente sono in grado di interfacciarsi per lo scambio di informazioni.
Oltre all'anagrafe comunale e sanitaria, che necessitano di essere portate ad un maggiore livello di interoperabilità, rispetto al quale sono in atto specifiche iniziative regionali, nel settore della domiciliarità sono operativi:
- un modello di raccolta dei dati relativi all'ADI (modulo SID-ADI) che assolve al debito informativo regionale sulle prestazioni rese;
- tre procedure informatiche interattive su web (Iseenet) per la raccolta e l'elaborazione dei dati dei richiedenti contributi economici (procedura "LR 28", procedura "badanti" e procedura "Alzheimer");
- un sistema operativo del gestore del Telesoccorso per l'erogazione del servizio di telesoccorso e telecontrollo;
- sistemi operativi delle singole aziende ULSS e dei singoli Comuni per la gestione delle attività di loro pertinenza.
Gli obiettivi del sistema informativo della domiciliarità sono essenzialmente i seguenti:
1) sostenere l'attività degli sportelli integrati, sia per l'accesso on line in tempo reale delle informazioni richieste dai cittadini, sia per il caricamento e l'elaborazione dei dati nelle procedure informatiche interattive, sia per l'interazione con i diversi servizi afferenti al sistema della domiciliarità e l'inoltro delle richieste di accesso ai servizi stessi;
2) produrre in tempo reale agli operatori coinvolti nei processi di valutazione, di presa in carico e di intervento, le informazioni utili e necessarie relative alla persona che necessita dell'intervento e alla sua famiglia; le informazioni riguardano principalmente la situazione personale e familiare e i relativi bisogni sotto i profili sanitari e sociali, le prestazioni in atto, compresi i contributi economici, il progetto individualizzato di assistenza e lo stato di attuazione dello stesso;
3) fornire ai Comuni e all'Azienda ULSS i dati di sintesi sulle risorse impegnate, le attività svolte, gli utenti, i risultati conseguiti;
4) assolvere al debito informativo verso la Regione per la conoscenza e la valutazione dei bisogni, delle risorse impegnate a livello locale e delle attività, ai fini della ripartizione dei contributi e della programmazione regionale.
Nel PLD vanno specificate le azioni da intraprendere a livello locale affinché vengano perseguiti gli obiettivi suesposti, individuando i soggetti a cui viene assegnata la funzione informativa, i tempi previsti, le risorse a ciò destinate.
Per quanto riguarda la Regione:
1) si confermano le modalità di trasferimento dalle Aziende ULSS alla Regione delle informazioni relative all'ADI; alcune informazioni contenute nel "tracciato record", di cui alla DGR n. 1722/2004, quali ad esempio quelle relativi agli interventi economici fruiti dal cittadino, potranno essere modificate in conseguenza dell'adozione dei PLD;
2) si procederà all'unificazione, per la parte generale, delle tre procedure informatiche presenti in Iseenet per la gestione dei contributi economici ai cittadini; la nuova procedura potrà essere calibrata per singolo territorio di ULSS, in rapporto alle scelte effettuate in sede di PLD per quanto riguarda il periodo e l'entità dei contributi, nonché i criteri e le modalità di assegnazione degli stessi;
3) potranno essere richiesti ai singoli territori ulteriori informazioni, come finora avvenuto.
Inoltre la Regione, nell'ambito dei propri compiti di monitoraggio e coordinamento dell'attuazione del sistema della domiciliarità, porrà fornire ai territori specifiche indicazioni tecniche per incrementare le capacità di interscambio e qualificare l'interazione informatica fornita a sostegno dell'attività degli sportelli integrati.
10. I risultati attesi
Con il PLD vanno perseguiti i seguenti risultati:
1) salvaguardia dello standard attuale di servizi e prestazioni, in termini di risorse impegnate, utenti presi in carico, interventi effettuati;
2) incremento dello standard attuale dei servizi e prestazioni che risultino al di sotto della media regionale per quanto riguarda utenti presi in carico e interventi effettuati.
La gamma dei servizi e prestazioni considerati nei risultati attesi di cui sopra sono quelli descritti nel cap. 3, suddivisi nelle tre grandi aree di intervento e nelle singole tipologie.
E' opportuno che il PLD indichi ulteriori risultati attesi, correlati alla specificità dei singoli territori, che possono inerire sia le tipologie di servizio e di utenza, sia le modalità di partecipazione e coinvolgimento delle risorse della comunità locale.
Per ogni risultato atteso vanno specificate le azioni in atto o da attuarsi per il suo conseguimento.
La Regione valuterà la congruità delle proposte di PLD presentate in rapporto ai risultati attesi e agli interventi previsti per il conseguimento di tali risultati.
Sono indicatori di struttura e di risultato, da rilevarsi in maniera uniforme nell'intero territorio regionale tramite il sistema informativo della domiciliarità:
- n. di operatori, per tipologia di qualifica professionale, in rapporto alla popolazione residente e all'utenza servita;
- n. di utenti, per tipologia di prestazione/servizio, in rapporto alla popolazione residente;
- n. di prestazioni, per tipologia di intervento, in rapporto alla popolazione residente;
- le risorse economiche impiegate, a livello complessivo e di singola tipologia di intervento, in rapporto alla popolazione residente.
Il fondo per la domiciliarità verrà ripartito dalla Regione, secondo criteri determinati dalla Giunta Regionale, in un primo tempo tenuto conto dell'assegnazione storica e, a regime, sulla base dei suddetti indicatori di struttura e di risultato. La Regione potrà riservare una parte del fondo per la domiciliarità per sostenere i territori di ULSS che propongono innovazioni coerenti con le linee di politica socio-sanitaria regionale.
Il PLD indicherà ulteriori risultati attesi, in rapporto agli specifici obiettivi e azioni in esso previsti.
11. Le risorse
Le risorse finanziarie regionali confluite nel fondo per la domiciliarità sono state ripartite negli ultimi due anni nella seguente misura: 65% contributi economici alle famiglie (LR 28, badanti, Alzheimer), 10% progetti di sollievo e 25% contributi ai Comuni per le prestazioni ADI.
Tenuto conto di ciò, nonché dell'esigenza di garantire la prosecuzione degli interventi già attuati, prescritta dalla LR 9/2005, art. 26, il PLD definisce i criteri di riparto delle risorse economiche regionali provenienti dal fondo per la domiciliarità trasferite agli enti che partecipano alla realizzazione dello stesso PLD, nel rispetto dei seguenti vincoli:
- almeno il 20% è destinato agli interventi erogati a domicilio e di supporto alla famiglia, di cui ai punti 7.1.1 e 7.1.2;
- almeno lo 0,5% è destinato alla collaborazione delle reti solidaristiche della comunità locale, di cui al punto 7.1.4;
- almeno il 45% è destinato agli interventi di sostegno economico, di cui al punto 7.2;
- almeno il 7% è destinato agli interventi di sollievo alla famiglia, di cui al punto 7.3;
- almeno lo 0,5% è destinato alle progettualità sperimentali, di cui al punto 7.3.3;
- almeno l'1% è destinato all'aggiornamento e alla formazione continua degli operatori dei servizi afferenti al sistema della domiciliarità, con particolare riguardo agli operatori coinvolti nelle UVMD e negli sportelli integrati;
- la restante disponibilità va destinata alla salvaguardia dei livelli di servizio attuali, al rafforzamento del sistema della domiciliarità e al riequilibrio delle offerte di prestazioni/interventi nell'ambito della rete dei servizi.
Inoltre, il PLD precisa le risorse di personale e finanziarie che gli enti che partecipano al PLD si impegnano a impiegare nel sistema della domiciliarità.
Con proprio provvedimento, la Giunta Regionale definisce le modalità amministrativo-contabili di trasferimento agli enti territoriali delle risorse finanziarie finalizzate all'attuazione del PLD.


SOMMARIO

PREMESSA
1. LE FINALITA'
2. GLI OBIETTIVI
3. VERSO UN NUOVO MODELLO
4. I DESTINATARI
4.1. Situazione economica del richiedente
5. I SOGGETTI E I LIVELLI DI RESPONSABILITÀ
5.1. I Comuni
5.2. Le Aziende ULSS
5.3. I soggetti del terzo settore
5.4. L'ente coordinatore del PLD
6. LA PRESA IN CARICO
6.1. L'azione promozionale e preventiva
6.2. Il sostegno nelle situazioni di evoluzione/involuzione
6.3. Gli interventi sul disagio, la tutela, la grave non autonomia
7. LE PRESTAZIONI
7.A. Lo Sportello Integrato
7.B. Le tre aree di intervento
7.1. Interventi erogati a domicilio e di supporto alla famiglia
7.1.1. SAD - Servizio di assistenza domiciliare
7.1.2. ADI _ Assistenza domiciliare integrata
7.1.3. Telesoccorso _ telecontrollo
7.1.4. Le reti solidaristiche della comunità locale
7.2. Interventi di sostegno economico
7.3. Interventi di sollievo alla famiglia
7.3.1. Centro Diurno Socio-sanitario
7.3.2. Accoglienza temporanea nei servizi residenziali
7.3.3. Progettualità sperimentali
8. LA VALUTAZIONE DEI BISOGNI
8.1. I soggetti della valutazione
8.2. Valutazione UVMD
8.3. Valutazione multidimensionale multidisciplinare semplificata
8.4. Valutazione multidimensionale monoprofessionale
8.5. Risorse e standard attesi
8.6. I metodi e gli strumenti della valutazione
8.6.1. Metodi
8.6.2. Strumenti
9. IL SISTEMA INFORMATIVO
10. I RISULTATI ATTESI
11. LE RISORSE

(1) In sede di Patto Aziendale tra MMG e Azienda ULSS verrà trattata la collaborazione fornita dai MMG al Servizio Sociale per la valutazione del rischio sanitario dei richiedenti il telesoccorso-telecontrollo.

(segue Allegato)

Torna indietro