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Scarica versione stampabile Deliberazione del Consiglio Regionale

Bur n. 91 del 06 novembre 2012


Materia: Enti locali

Deliberazione del Consiglio Regionale n. 133 del 19 ottobre 2012

Riordino delle province della Regione del Veneto (articolo 17, comma 3, decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 "Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario", convertito con modificazioni dall'articolo 1 della legge 7 agosto 2012, n. 135). (Proposta di deliberazione amministrativa n. 58).

Il Consiglio Regionale del Veneto

Vista la proposta formulata dalla Prima Commissione consiliare relativa all’argomento indicato in oggetto approvata a maggioranza nella seduta del 17 ottobre 2012;

Udita la relazione della Prima Commissione consiliare, relatore il Presidente della stessa, consigliere Costantino TONIOLO, nel testo che segue:

“Signor Presidente, colleghi consiglieri,

lo Statuto del Veneto, recentemente approvato con legge statutaria 17 aprile 2012, n. 1, al Capo II (articoli 11 s.) ha delineato un disegno unitario ed originale del «sistema veneto», nell’ambito del quale, in coerenza con i principi che reggono la riforma del Titolo V del 2001, alla Regione è riconosciuto un ruolo eminentemente normativo e di programmazione, mentre la generalità delle funzioni amministrative attive è in linea di principio imputata al comune.

Tra gli elementi caratterizzanti il disegno istituzionale del Veneto due vanno particolarmente evidenziati: 1) il processo di integrazione socio-economica delle funzioni metropolitane che lo Statuto intende promuovere (articolo 14 “Funzioni metropolitane”); 2) il riconoscimento delle specificità delle singole comunità venete, - in attuazione dei principi costituzionali di differenziazione e adeguatezza, - che la legge regionale può operare conferendo, previe apposite intese, particolari competenze amministrative a province o ad enti locali associati, garantendo speciali condizioni di autonomia ai territori montani. Da quest’ultimo punto di vista, l’articolo 15, comma 5, prevede che la Regione riconosca in particolare alla Provincia di Belluno una distinta specificità, anche in virtù del fatto che confina con territori a statuto speciale; ulteriori specificità sono riconosciute dall’articolo 15, comma 3, alle aree deltizie.

Allo Statuto sarebbe dovuta seguire un’azione complessa di riordino del sistema istituzionale.

È tuttavia intervenuto nel contempo l’articolo 17 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, che ha previsto un riordino delle province secondo criteri generali, fissati con deliberazione del Consiglio dei Ministri 20 luglio 2012 “Determinazione dei criteri per il riordino delle province, a norma dell’articolo 17, comma 2, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95”.

Si tratta di criteri puramente quantitativi, ai sensi dei quali le province che non possiedono i requisiti minimi della dimensione territoriale non inferiore a Kmq 2500 e del numero di abitanti non inferiore a 350.000 debbono essere soppresse.

Il decreto-legge n. 95 del 2012 discende da una logica emergenziale legata al “fine di contribuire al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica imposti”, logica che vizia in modo irrimediabile un processo di “ricostruzione territoriale”, introducendo valutazioni che poco hanno a che fare con ragionamenti gestionali ed economico territoriali ed ancor meno con logiche di competitività e di management territoriale/economico. Si prevede cioè un riordino territoriale degli enti intermedi sulla base di criteri aritmetici, che non tengono conto né delle caratteristiche del Veneto né del percorso di riassetto istituzionale, volto ad integrare quelle realtà istituzionali che preesistono, non solo all’istituzione della Regione, ma anche a quella dello Stato italiano. Non si tengono dunque in alcun conto le esigenze di un territorio impegnato in processi economici su scala europea.

La Regione intende invece procedere ad un riordino territoriale più meditato e partecipato, del resto già avviato, che pervenga ad un assetto più stabile e coerente.

Si ritiene pertanto, in attesa di un’evoluzione amministrativa che, partendo dal territorio e dalle forze economico-sociali presenti, sia necessario in una prima fase procedere senza operare affrettate modificazioni istituzionali che rischierebbero di pregiudicare un equilibrato riassetto complessivo.

Solo in una seconda fase si potrà addivenire alla creazione di due aree metropolitane comprendenti le province di Padova, Rovigo, Treviso, Verona e Vicenza.

Le motivazioni di queste scelte sono ben svolte nella premessa dell’atto, cui si rinvia.

La proposta di deliberazione amministrativa è stata esaminata dalla Commissione Statuto, che l’ha licenziata con parere favorevole a maggioranza.

La Prima commissione ha esaminato nel corso delle sedute del 15, del 16 e del 17 ottobre 2012 la proposta di deliberazione licenziandola a maggioranza per l’inoltro in quest’aula, oggi al Vostro esame, con il voto favorevole dei consiglieri Caner (LV-LN-P), Corazzari (LV-LN-P), Cortelazzo (PDL), Bond (PDL), Toniolo (PDL), l’astensione del consigliere Laroni (PDL), il voto contrario dei consiglieri Bonfante (PDV), Puppato (PDV), Ruzzante (PDV), Grazia (UDC), Franchetto (IDV), Pettenò (Federazione della Sinistra veneta-PRC), Causin (Misto), il consigliere Foggiato non partecipa al voto.”;

Udita la relazione di minoranza della Prima Commissione consiliare, relatore il consigliere Bruno PIGOZZO, nel testo che segue:

“Signor Presidente, colleghi consiglieri,

in sede di conversione del decreto-legge n. 95/2012 sulla Spending Review, la legge n. 135/2012 ha previsto all’articolo 17 il “Riordino delle Province e delle loro funzioni”; la medesima legge, all’articolo 18, prevede altresì l’“Istituzione delle Città metropolitane e soppressione delle province del relativo territorio”.

Pur ritenendo fuori luogo l’aver inserito il tema di un parziale ridisegno istituzionale in uno strumento legislativo, adottato da Governo e Parlamento nazionali, che ha come finalità la riduzione della spesa pubblica, siamo comunque convinti che il nostro Paese abbia bisogno di una complessiva riforma delle Istituzioni democratiche, a cominciare dal superamento del bicameralismo perfetto, dalla riduzione del numero dei Parlamentari, dalla riconsiderazione sulle Regioni a Statuto speciale e delle Province autonome di Trento e Bolzano, passando per la fusione tra i piccoli Comuni e la gestione associata dei servizi. Riteniamo quindi di essere di fronte ad una fase molto importante della vita democratica italiana che ci richiama come regione Veneto ad una prima scelta concreta sulla strada delle riforme.

Ho potuto seguire in prima persona tutto l’iter a livello regionale previsto dal decreto-legge n. 95/2012, dalla sua emanazione ad oggi, in quanto rappresentante di minoranza nominato da questo consiglio insieme al collega Corazzari in seno alla Conferenza Permanente Regione Autonomie Locali.

Come sapete, delle 5 ipotesi sul tavolo, la Conferenza ha approvato quella che prevede il mantenimento delle 6 province attuali e l’istituzione della Città Metropolitana di Venezia, prendendo atto dello spostamento di tre comuni dagli attuali confini.

Già in quella sede ho avuto modo di esprimere il mio voto contrario sull’ipotesi prescelta, ritenendola rinunciataria e di retroguardia rispetto a tutte le altre 4, una delle quali era da me proposta. In verità, questo giudizio negativo abbiamo potuto registrarlo non solo dalle dichiarazioni di rappresentanti del mondo imprenditoriale, economico, culturale e sociale del Veneto, ma anche da autorevoli esponenti politici di questa stessa maggioranza.

Confidavamo quindi in molti che nel passaggio in Consiglio regionale avvenisse un sussulto di responsabilità, considerando questa una buona opportunità per dare un segnale chiaro di riordino della governance istituzionale.

Purtroppo, l’ipotesi approvata dalla Conferenza Regione-Autonomie locali, ovvero il mantenimento delle attuali sei Province più la Città Metropolitana di Venezia, è stata praticamente riconfermata in sede di parere delle commissioni consiliari.

Infatti il provvedimento che oggi viene sottoposto all’esame dell’aula, è una “non proposta” perché lascia inalterato il quadro attuale, operando una “ridelimitazione delle circoscrizioni territoriali delle province ubicate nel territorio della Regione Veneto”. Di fatto questa “ridelimitazione” è solo un’operazione di “microchirurgia” che prende atto delle deliberazioni di tre comuni che chiedono il cambio di provincia, nulla più. Se da un lato è opinabile il fatto che questi spostamenti dei comuni siano considerati validi ai fini del recupero da parte delle province interessate dei requisiti minimi imposti dalla norma nazionale, quello che ci preoccupa di più è il mantenimento dello status quo, e il rinvio ad una fase successiva delle scelte strategiche.

Tutto questo ci lasci allibiti perché è quanto di più conservatore si possa immaginare. Ciò impedisce di intraprendere con coraggio la strada di un vero rinnovamento degli enti locali come i cittadini ci chiedono oggi con forza; una strada cioè di maggiore efficienza, più risparmio e meno burocrazia. Ancora una volta il Veneto rischia di ritrovarsi in ultima posizione tra le Regione del nord: Piemonte, Lombardia ed Emilia Romagna hanno già deliberato il riordino delle proprie Province decidendo da subito nuovi assetti istituzionali, o almeno diversi rispetto allo status quo.

Di fatto in Commissione l’unica vera proposta presentata, alternativa alla “non proposta” della maggioranza, è stata quella del Partito Democratico.

Due “Province Metropolitane”, ovvero la Verona-Vicenza e la Padova-Treviso, il mantenimento della Provincia dolomitica di Belluno e la richiesta di deroga per la Provincia di Rovigo oltre, ovviamente, alla Città Metropolitana di Venezia, già individuata con il decreto sulla spending review, è il quadro d’insieme che con apposito emendamento ripresentiamo anche in aula, come proposta di riordino delle Province, che il Consiglio regionale è tenuto a trasmettere al governo entro il prossimo 23 ottobre.

La proposta è frutto di un lavoro di confronto che ha raccolto numerosi consensi tra i sindaci delle maggiori città capoluogo, le categorie economiche, da Confindustria ad Unioncamere, e le organizzazioni sindacali. Il tutto guardando con un occhio di riguardo all’obiettivo del riordino stesso, che è quello di migliorare la qualità dei servizi erogati ai cittadini e di contenere la spesa. Un riordino che risponde al criterio dell’omogeneità dei territori, tiene conto delle dinamiche socio-economiche già in essere e, soprattutto, rimane in linea con lo Statuto regionale, con la nuova legge delle funzioni associate tra i Comuni, con gli indirizzi dell’Unione europea.

Province Metropolitane è una dicitura che sa fotografare meglio di ogni altra la realtà di un territorio veneto nel quale esistono già nei fatti queste due aree metropolitane (appunto la Verona-Vicenza e la Padova-Treviso) fortemente integrate sotto vari punti di vista, a cominciare da quello dei nodi infrastrutturali, dei poli di sviluppo scientifico, tecnologico e sanitario, dei centri universitari e di ricerca, degli assi di spostamento quotidiano di lavoratori e studenti.

Il riconoscimento poi della specificità di Belluno, già sancita dallo Statuto regionale, tiene conto delle sue peculiarità orografiche; inoltre la vicinanza di territori a Statuto speciale, come il Trentino Alto Adige ed il Friuli Venezia Giulia, aggiunge ulteriori motivazioni, oltre a quelle logistiche, nel richiedere un proprio ambito provinciale per consentire un efficace esercizio unitario delle funzioni.

Per quanto riguarda la Provincia di Rovigo riteniamo motivata una richiesta di deroga, date le specificità territoriali del Polesine.

Infine si confermano gli attuali confini della Provincia di Venezia coincidenti con la nuova Città Metropolitana di Venezia come istituita dall’articolo 18 del decreto-legge n. 95 del 2012.

È quindi questa una visione che costituisce la struttura portante per una nuova definizione delle funzioni dei diversi livelli di governo in Veneto assegnando alle nuove Province, intese come enti territoriali intermedi di area vasta, un ruolo strategico nel coordinamento dei servizi al cittadino che vanno dalla tutela dell’ambiente alla gestione dell’edilizia scolastica e delle strade provinciali. Ecco perché vogliamo questo modello innovativo di governance territoriale e non soluzioni che tengano in piedi enti di secondo livello di scarsa incisività. In questo quadro andranno poi ristrutturati, semplificati ed accorpati gli attuali livelli di gestione, eliminando quella pletora di parcellizzazioni che grava su tutti in termini di costi e di sovrapposizione di competenze e di scarsa efficacia.

Preannuncio che anche le altre forze politiche di minoranza presenteranno ulteriori emendamenti, utili a superare questo pericoloso appiattimento della maggioranza e rinvio alla loro puntuale illustrazione da parte dei proponenti.

A nostro parere i cittadini del Veneto ci chiedono questo riordino vero. Possiamo fare finta di nulla? Possiamo mantenere lo status quo? Possiamo rinunciare a governare il cambiamento oggi rinviando al domani le scelte vere?

Può il nostro presidente che si proclama alfiere del “prima il Veneto” limitarsi al “Veneto di prima”?

Sarebbe una pessima soluzione per tutti noi.”;

Premesso che:

-      l’articolo 17 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 “Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario”, convertito con modificazioni dall’articolo 1 della legge 7 agosto 2012, n. 135, prevede un riordino delle province secondo criteri generali, fissati con deliberazione del Consiglio dei Ministri 20 luglio 2012 “Determinazione dei criteri per il riordino delle province, a norma dell’articolo 17, comma 2, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95”, secondo modalità puramente quantitative precisando che il riordino delle province deve avvenire nel rispetto dei requisiti minimi della dimensione territoriale non inferiore a Kmq 2.500 e del numero di abitanti non inferiore a 350.000;

-      i dati relativi alle province del Veneto sono i seguenti*:

Provincia

Residenti

Superficie (Kmq)

Numero comuni

Belluno

210.277

3.678

69

Padova

921.659

2.142

104

Rovigo

242.409

1.790

50

Treviso

877.905

2.477

95

Venezia

850.523

2.466

44

Verona

903.564

3.121

98

Vicenza

859.987

2.725

121

Totale

4.866.324

18.399

581

*Dati provvisori censimento 2011

-      la Conferenza permanente Regione-Autonomie locali, organo individuato dall’articolo 17, comma 3, del citato decreto-legge, quale organo di raccordo tra la Regione e gli Enti locali, nella seduta del 1 ottobre 2012, ha deliberato di non aderire all’impianto normativo statale, che prevede un riordino complessivo delle province italiane, ritenendo non idonea l’applicazione dei criteri individuati dallo Stato, formulando una ipotesi che, pertanto, da tali criteri si discosta (Allegato A);

Dato atto che

-      lo Statuto del Veneto, approvato con legge statutaria 17 aprile 2012, n. 1, al Capo II (articoli 11 s.), delinea un disegno del «sistema veneto» all’interno del quale, in coerenza con i principi che reggono la riforma del Titolo V del 2001, alla Regione è riconosciuto un ruolo eminentemente normativo e di programmazione, mentre la generalità delle funzioni amministrative attive è, in linea di principio, imputata al comune. Vi si dice, infatti, che: «I comuni, anche in forma associata, esercitano la generalità delle funzioni amministrative», mentre alle province sono conferite le sole funzioni che richiedono un esercizio strettamente legato all’ambito territoriale di area vasta;

-      tra gli elementi caratterizzanti il disegno istituzionale del Veneto due vanno particolarmente evidenziati: 1) il processo di integrazione socio-economica delle funzioni metropolitane che lo Statuto intende promuovere (articolo 14 “Funzioni metropolitane”); 2) il riconoscimento delle specificità delle singole comunità venete, - in attuazione dei principi costituzionali di differenziazione e adeguatezza, - che la legge regionale può operare conferendo, previe apposite intese, particolari competenze amministrative a province o ad enti locali associati, garantendo speciali condizioni di autonomia ai territori montani. Da quest’ultimo punto di vista, l’articolo 15, comma 5, prevede che la Regione riconosca in particolare alla Provincia di Belluno una distinta specificità, anche in virtù del fatto che confina con territori a statuto speciale; ulteriori specificità sono riconosciute dall’articolo 15, comma 3, alle aree deltizie;

-      nelle more dell’approvazione definitiva dello Statuto è intervenuto l’articolo 23, comma 14, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 “Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici”, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, prevedendo che spettano alla provincia esclusivamente le funzioni di indirizzo e di coordinamento delle attività dei comuni nelle materie e nei limiti indicati con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze, funzioni successivamente ridefinite dall’articolo 17, comma 10, del decreto-legge n. 95/2012, convertito dalla legge n. 135/2012, che trasforma, restringendo gli spazi di democrazia rappresentativa, le province in enti di secondo grado;

-      in coerenza con quanto previsto dallo Statuto del Veneto ed in attuazione del citato articolo 23, sono già stati presentati, rispettivamente il 2 agosto 2012 ed il 28 settembre 2012, i progetti di legge n. 294 e n. 303, per la disciplina delle funzioni provinciali ed il conferimento ai comuni della generalità delle funzioni amministrative, il cui esame è attualmente in corso;

Preso atto che:

-      nel corso del processo di riordino delle funzioni sono intervenuti gli articoli 17 e 18 del decreto-legge n. 95/2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 135/2012, prevedendo un riordino territoriale degli enti intermedi tra Stato e Regione sulla base di criteri aritmetici, che non tengono conto né delle caratteristiche del Veneto né del percorso di riassetto istituzionale, volto ad integrare quelle realtà istituzionali che preesistono, non solo all’istituzione della Regione, ma anche a quella dello Stato italiano, non armonizzandosi con un disegno di riassetto istituzionale basato su criteri rispondenti alle esigenze di un territorio impegnato in processi economici su scala europea e globale e commisurato alle funzioni definitivamente assegnate;

-      viceversa, a prescindere dal dettato del decreto-legge n. 95/2012, già da diversi anni il Veneto si sta interrogando su quale sia la struttura istituzionale più confacente alla sua realtà socio-economica. Evidente traccia di questo complesso riassetto è reperibile anche negli atti ufficiali di programmazione, nei quali è offerto un disegno del quadro istituzionale che è ritenuto più confacente al territorio veneto;

-      tale riassetto complessivo non appare compatibile con la tempistica eccessivamente stretta, imposta dalla normativa statale;

-      per quanto riguardo il complessivo riassetto viene in rilievo innanzi tutto il PRS “Programma regionale di sviluppo” (legge regionale 9 marzo 2007, n. 5), dove, tra l’altro, si sottolinea “la funzione di centri di servizi (ai cittadini e alle imprese) espressa dai capoluoghi di provincia, ma anche da alcuni altri importanti agglomerati urbani, che corrisponde ad una richiesta di prestazioni sempre più specializzate ed evolute, genera una domanda di accessibilità molto elevata, sia sotto il profilo quantitativo, sia sotto l’aspetto qualitativo”. Il Programma evidenzia la “trasformazione del tradizionale policentrismo, imperniato su sistemi gravitazionali a base provinciale e sub-provinciale, in un assetto di relazioni di tipo reticolare”, la “costituzione di una dorsale, disposta in senso Est-Ovest (parte della più vasta direttrice che dal Friuli prosegue fino in Lombardia), comprendente le cinque città centrali venete, che rappresenta l’elemento portante delle relazioni interne e il principale distributore di quelle esterne, anche in senso Nord-Sud”, la “generazione di una mobilità nell’area centrale che riflette condizioni di tipo metropolitano”;

-      parimenti il Programma operativo regionale POR 2007-2013 “Obiettivo competitività ed occupazione regionale” conferma l’analisi compiuta nel PRS, ad esempio laddove afferma che: “sistema policentrico e territori aperti disegnano nel modello veneto nuovi sistemi di relazioni dove emergono, come nodi del processo competitivo, da un lato le città metropolitane Venezia-Padova e Verona, assieme alla città estesa della pedemontana, assumendo in modo paradigmatico la funzione di città del Veneto, dall’altro il territorio aperto assume la funzione non più di semplice connettivo ma di vero e proprio territorio delle nuove economie soft, quelle del paesaggio della cultura e degli spazi ricreativi”;

-      anche lo schema di Piano territoriale regionale di coordinamento, attualmente in fase di rielaborazione, riprende il disegno tracciato dal PRS laddove precisa che: “Il Veneto è un’esemplare realtà territoriale di tipo policentrico, dove le funzioni direzionali ed economiche tipiche della grande città non sono concentrate in un unico agglomerato urbano, ma risultano distribuite in più centri di dimensioni ed importanza equilibrate. Nello scenario nazionale ed europeo questo può rappresentare un vantaggio e uno svantaggio. L’assetto policentrico veneto richiede, infatti, un forte coordinamento delle politiche territoriali per valorizzare la complementarietà tra le diverse realtà urbane. La visione del Piano tiene conto, nello stabilire le linee guida per il futuro governo del territorio e per prefigurare una capitale plurale del Veneto, dell’esistenza di questi due nuclei di polarizzazione destinati a consolidarsi anche grazie ai corridoi europei” (cfr. DGR n. 2587/2005 - Documento preliminare del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento, Relazione, p. 13 s.);

-      in questa prospettiva interregionale e transnazionale la realtà delle cose sembra indirizzata verso una maggiore integrazione con regioni italiane e di altri stati in uno scenario di macroregioni;

-      del resto, il dibattito in corso nella comunità scientifica anche internazionale indica la centralità del fenomeno metropolitano nei nuovi processi di sviluppo economico e territoriale: le aree metropolitane sono le leve dei processi di sviluppo e crescita economica contemporanea; le metropoli sono oggi sistemi a rete, con diversi centri integrati tra loro e spazialmente ben connessi. Le forme moderne dello sviluppo urbano, e le morfologie complesse che queste producono, chiamano in causa nuove articolazioni spaziali del governo territoriale: i confini ‘contengonò sempre meno le dinamiche;

Considerato che:

-      la disciplina statale, in un primo tempo, ha obbligato le regioni ad una ricomposizione delle funzioni amministrative secondo il principio di sussidiarietà, in conformità con quanto aveva già previsto lo Statuto del Veneto; in un secondo tempo, tuttavia, ha previsto l’eliminazione di alcune province, secondo criteri puramente numerici, in contrasto, tra gli altri, con i principi costituzionali di differenziazione ed adeguatezza che, invece, lo Statuto ha recepito in modo significativo ed originale;

-      l’articolazione dei territori degli enti locali ed, in particolare, delle province, deve seguire e non precedere la definizione del sistema istituzionale regionale nel suo complesso, e in particolare l’attribuzione della generalità delle funzioni amministrative ai vari livelli di governo;

-      le specificità presenti nella Regione del Veneto evidenziano la presenza di realtà territoriali che per caratteristiche territoriali ed economiche non sono omogenee ed assimilabili alle realtà delle province limitrofe, in particolare quella dell’area montana della provincia frontaliera di Belluno, evidenziate anche dalle amministrazioni comunali interessate; ulteriori specificità, evidenziate anche dalle amministrazioni comunali interessate, sono presenti in Provincia di Rovigo;

-      i seguenti comuni hanno manifestato la volontà di cambiare provincia: il Comune di San Pietro in Gu ha deliberato il passaggio da Padova a Vicenza; il Comune di Scorzè ha deliberato di non aderire alla città metropolitana e di voler aderire alla Provincia di Treviso; il Comune di Vigonovo ha deliberato di non aderire alla città metropolitana e di voler aderire alla Provincia di Padova;

-      in considerazione della volontà manifestata da tali comuni di mutare provincia, la situazione territoriale risulta essere la seguente:

Provincia

Residenti

Sup. (Kmq)

N. comuni

Osservazioni

Belluno

210.277

3.678

69

Specificità a. 15, c. 5, St.

Padova

926.995

2.137

104 (+1-1)

Rovigo

242.409

1.790

50

Specificità a. 15, c. 3, St.

Treviso

896.830

2.510

96 (+1)

Venezia

821.688

2.420

42 (-2)

Capoluogo, città metr.

Verona

903.564

3.121

98

Vicenza

864.561

2.743

122 (+1)

Totale

4.866.324

18.399

581

-      le ragioni di natura geografica, socio-economica, storica che hanno portato al riconoscimento della specificità della provincia montana di Belluno, giustificano il mantenimento della stessa, seppur in deroga al requisito minimo della popolazione non inferiore a 250.000 abitanti. In vero, nel territorio montano, dovrebbe essere valorizzata maggiormente la dimensione della densità demografica: quanto più basso è il rapporto tra popolazione e territorio abitato, tanto maggiori vengono, infatti, ad essere le difficoltà nella erogazione dei servizi che possano raggiungere tutti i cittadini in maniera efficace. Un governo del territorio che non tenesse conto delle peculiarità, delle difficoltà anche logistiche nell’esercizio delle funzioni, delle specificità di ampio genere che lo stesso evidenzia, finirebbe non solo con il divenire antieconomico ma addirittura non efficace e non efficiente. A giustificare, pertanto, la permanenza della provincia di Belluno vi sono sia ragioni sostanziali che giuridiche (la sussistenza di una norma quale quella contenuta nello Statuto sopra citata). Debbono, inoltre, essere tenute in debita considerazione anche le istanze provenienti da ben 64 amministrazioni comunali, (sostenute dalle ACLI del territorio), che hanno evidenziato la volontà che la Provincia di Belluno venga salvaguardata proprio in ragione della propria specificità, statutariamente riconosciuta dalla Regione, nonché delle caratteristiche proprie e peculiari del territorio bellunese;

-      nel quadro complessivo, deve essere adeguatamente valorizzata la istanza di spostamento di provincia del Comune di Scorzè che non intende aderire alla provincia di Venezia. L’adesione alla Provincia di Treviso richiesta da Scorzè comporta, per la provincia stessa, il raggiungimento dei requisiti minimi previsti dal decreto-legge n. 95/2012 e dalla deliberazione del Consiglio dei Ministri. In ragione di ciò viene ritenuta “salva” anche la Provincia di Treviso;

-      anche la Provincia di Rovigo non potrà subire alcun accorpamento in ragione delle peculiarità proprie della realtà territoriale e sociale del Polesine. Importante segnale da tenere in debita considerazione è la volontà espressa dalle amministrazioni comunali in grande maggioranza, che hanno formalizzato alla Regione la richiesta di salvaguardare la Provincia di Rovigo, evidenziandone la peculiarità sociale e territoriale;

-      del tutto evidente è, infine, la peculiarità di una Provincia quale quella di Padova che, seppur non capoluogo di Regione, ha un’importanza e una identità del tutto distintiva per numerose ragioni tra le quali: l’essere polo culturale e universitario di eccellenza; presenza di strutture sanitarie e ospedaliere (quali l’azienda ospedaliera) di estrema importanza; nodo viario fondamentale;

-      rimangono poi di diritto le Province di Verona, Vicenza e Venezia (città metropolitana). Il riordino così ipotizzato va a ridefinire le circoscrizioni provinciali in ragione delle istanze provenienti dai comuni e delle iniziative dagli stessi avviate. In particolare, si tiene conto della richiesta di Scorzè (che ha deliberato di non aderire alla città metropolitana di Venezia e di voler aderire alla Provincia di Treviso), di San Pietro in Gu (che ha deliberato il passaggio da Padova a Vicenza), e di Vigonovo (che ha deliberato di non aderire alla città metropolitana di Venezia e di voler aderire alla Provincia di Padova). Non viene, quindi, ridotto il numero delle province che continuano a rimanere in numero di 7 (rectius, sei province e una istituenda città metropolitana), per un territorio regionale complessivo di 18.399 chilometri quadrati e con una popolazione complessiva di 4.866.324 abitanti;

-      appare del tutto evidente come il numero di province risulti adeguato ad un territorio così ampio e ad una popolazione del pari tanto numerosa, la proposta viene, inoltre, avallata, in considerazione dei parametri oggettivi di virtuosità ed economicità delle sette province della Regione del Veneto in riferimento alla media nazionale;

Ritenuto che:

-      i decreti-legge n. 201/2011 e n. 95/2012 discendono da una logica emergenziale legata al “fine di contribuire al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica imposti”, logica che vizia in modo irrimediabile un processo di “ricostruzione territoriale”, introducendo valutazioni che poco hanno a che fare con ragionamenti gestionali ed economico territoriali ed ancor meno con logiche di competitività e di management territoriale/economico;

-      la Regione del Veneto intende recepire lo spirito della nuova disciplina statale finalizzata ad economie di spesa, ma soltanto attraverso un complessivo riordino del territorio veneto, coinvolgendo i diversi livelli di governance. Ha infatti da tempo dato avvio, anche per il tramite di provvedimenti normativi, ad un complessivo ed articolato riordino territoriale e non intende dar vita ad operazioni frammentarie;

-      in attesa di una evoluzione amministrativa che, partendo dal territorio e dalle forze economico-sociali presenti, proponga un assetto più stabile e coerente, sia necessario in una prima fase procedere senza operare affrettate modificazioni istituzionali che rischierebbero di pregiudicare un equilibrato riassetto complessivo mantenendo le circoscrizioni provinciali come enti a rappresentatività di primo grado, con un consiglio eletto a suffragio diretto;

-      sia necessario avviare, in una seconda fase, la creazione di due aree metropolitane comprendenti da un lato le Province di Padova, Rovigo e Treviso, integrate con la città metropolitana di Venezia, dall’altro le Province di Verona e Vicenza;

Visti:

-      gli articoli 5, 114, 118, 119 e 133 della Costituzione;

-      il decreto legislativo 267 del 2000 “Testo unico degli enti locali” e in particolare l’articolo 21 concernente la revisione delle circoscrizioni provinciali;

-      l’articolo 23 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, recante “Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici” convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214;

-      gli articoli 17 e 18 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 “Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini” convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 135;

-      la deliberazione del Consiglio dei Ministri 20 luglio 2012 (con la quale, ai sensi dell’articolo 17 del citato decreto-legge n. 95/2012, è stato previsto che il riordino delle province debba avvenire nel rispetto dei seguenti requisiti minimi: dimensione territoriale non inferiore a Kmq 2.500 e numero di abitanti non inferiore a 350.000);

-      gli articoli 1, 11, 12, 13, 18 e 19 della legge regionale statutaria 17 aprile 2012, n. 1 “Statuto del Veneto”;

-      il verbale della seduta del 1° ottobre 2012 della Conferenza permanente Regione-autonomie locali;

con votazione palese,

delibera

-      di approvare, ai fini della successiva trasmissione al Governo, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, del decreto-legge n. 95/2012, la seguente proposta di ridelimitazione delle circoscrizioni territoriali delle province ubicate nel territorio della Regione del Veneto:

PROVINCIA

Note

VENEZIA

Diviene, in ragione di quanto disposto dall’art. 18 D.L. 95/2012, Città Metropolitana

Il territorio escluderà i comuni che, sulla base di quanto disposto dall’art. 18, comma 2, ed ai sensi dell’art. 133, c. 1, Cost., avranno deliberato l’adesione alla città metropolitana o in alternativa a una provincia limitrofa.

(esclusione dei comuni di Scorzè e Vigonovo)

VERONA

Confermata ex lege

VICENZA

Confermata ex lege

Inclusione del Comune di San Pietro in Gu.

BELLUNO

Confermata in ragione della specificità riconosciuta dallo Statuto

TREVISO

Confermata in ragione della adesione del Comune di Scorzè

ROVIGO

Confermata in ragione della specificità riconosciuta dallo Statuto

PADOVA

Viene confermata per le caratteristiche peculiari della realtà territoriale. Esclusione di San Pietro in Gu e inclusione di Vigonovo.

-      di invitare il Governo, anche in ragione dei limitati tempi assegnati dall’articolo 17 del decreto-legge n. 95/2012 convertito dalla legge n. 135/2012, ad individuare per le Regioni un ulteriore termine di almeno sei mesi finalizzato all’adozione di una proposta di riforma organica del sistema Province, che tenga conto sia della riallocazione delle funzioni, come previsto dal decreto-legge n. 201/2011 convertito dalla legge n. 214/2011, sia del piano di riordino territoriale, già avviato dalla Regione del Veneto a seguito dell’approvazione della legge regionale 27 aprile 2012, n. 18 “Disciplina dell’esercizio associato di funzioni e servizi comunali”, nonché di un confronto sistematico con le realtà territoriali e istituzionali della Regione del Veneto;

-      di invitare, altresì, il Governo, nel ridisegno istituzionale degli enti territoriali, a prevedere la rappresentatività di primo grado nei medesimi enti attraverso un sistema elettorale basato sul suffragio universale e nel rispetto delle garanzie procedurali già individuate dagli articoli 132 e 133 della Costituzione;

-      di invitare il Governo a procedere con un disegno costituzionale alla soppressione delle Regioni a Statuto speciale che non hanno più le caratteristiche per giustificare norme speciali ed enormi stanziamenti che continuano a determinare sprechi di risorse pubbliche.

(seguono allegati)

134a seduta - DACR 133 - pda 058 riordino province_243540.pdf

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