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Bur n. 111 del 20 novembre 2014


Materia: Urbanistica

Circolare n. 1 del 13 novembre 2014

Legge regionale 29 Novembre 2013, n. 32 "Nuove disposizioni per il sostegno e la riqualificazione del settore edilizio e modifica di leggi regionali in materia urbanistica ed edilizia" di modifica della legge regionale 8 luglio 2009, n. 14 "Intervento regionale a sostegno del settore edilizio e per favorire l'utilizzo dell'edilizia sostenibile e modifiche alla legge regionale 12 luglio 2007, n. 16" in materia di barriere architettoniche". Note esplicative.

Indirizzata ai Signori Sindaci dei Comuni del Veneto; ai Signori Presidenti delle Amministrazioni Provinciali del Veneto; e, p.c. all’ANCI Veneto; all’Unione Province del Veneto

- Loro sedi -

 

Premesse 

Il Consiglio regionale del Veneto con la legge regionale 29 Novembre 2013, n. 32 avente ad oggetto “Nuove disposizioni per il sostegno e la riqualificazione del settore edilizio e modifica di leggi regionali in materia urbanistica ed edilizia” ha apportato alcune rilevanti modifiche alla legge regionale n. 14/2009, meglio conosciuta come “piano casa”. Sul punto va precisato che che la legge regionale n. 32/2013 non ha introdotto nell’ordinamento giuridico un “nuovo piano casa” bensì ha apportato alcuni correttivi a quello disciplinato dalla citata legge regionale n. 14/2009, facendo ovviamente salve le vigenti disposizioni di tutela dell’ambiente e del paesaggio.

Trattandosi di un testo complesso, con la presente circolare si ritiene opportuno fornire alcune indicazioni al fine di superare eventuali dubbi interpretativi e rendere uniforme l’applicazione delle norme di nuova introduzione.

Risulta parimenti opportuno evidenziare che, ai sensi dell’art. 14, comma 1, della citata legge regionale n.  32/2013 la presente circolare sostituisce le precedenti che non trovano pertanto più applicazione.

Si rammenta che gli edifici oggetto di intervento di cui alla presente legge devono ovviamente essere stati realizzati in base a regolare titolo abilitativo, atteso che gli interventi edilizi consentiti dalla legge in esame non implicano alcuna forma di condono o sanatoria. Vanno considerati legittimi anche gli edifici costruiti anteriormente al 1967, pur in assenza di titolo abilitativo, laddove il medesimo non fosse espressamente richiesto dagli strumenti urbanistici locali.

Ai fini di una corretta lettura delle disposizioni in esame, preme evidenziare che gli incrementi volumetrici realizzabili ai sensi del “piano casa” non sono autonomamente cedibili come crediti edilizi, ma ciò non impedisce che possano essere ceduti i manufatti ai quali tali incrementi danno origine.

La cessione può tuttavia avere per oggetto soltanto il volume edificato nel rispetto della normativa vigente; nell’ambito della normativa vigente particolare attenzione va posta all’articolo 1477 Codice Civile in relazione all’agibilità dell’edifico attraverso la quale i Comuni devono verificare l’avvenuta osservanza della conformità dell’opera al progetto approvato, secondo anche quanto previsto dall’articolo 25, comma 1, lett. b), del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, nonché il rispetto della normativa del piano casa.

 

Art. 1 - Finalità.

1. La Regione del Veneto promuove misure per il sostegno del settore edilizio attraverso interventi finalizzati:

a) al miglioramento della qualità abitativa per preservare, mantenere, ricostituire e rivitalizzare il patrimonio edilizio esistente, nonché a favorire l’utilizzo dell’edilizia sostenibile e delle fonti di energia rinnovabili;

b) ad incentivare l’adeguamento sismico e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici esistenti;

c) ad incentivare la demolizione e ricostruzione in area idonea di edifici esistenti che ricadono in aree dichiarate ad alta pericolosità idraulica;

d) a favorire la rimozione e lo smaltimento della copertura in cemento amianto di edifici esistenti.

2. Le disposizioni di cui alla presente legge si applicano anche agli edifici soggetti a specifiche forme di tutela a condizione che gli interventi possano essere autorizzati ai sensi della normativa statale, regionale o dagli strumenti urbanistici e territoriali.

3. Nel caso di edifici che sorgono su aree demaniali o vincolate ad uso pubblico, gli interventi edilizi sono subordinati allo specifico assenso dell’ente tutore del vincolo.

 

Art. 1 Comma 1

Il testo dell’articolo 1 è stato arricchito da nuove finalità, rinvenibili al comma 1, con particolare riferimento al riuso e alla rivitalizzazione del patrimonio edilizio esistente ed all’utilizzo dell’edilizia sostenibile e delle fonti d’energia rinnovabili; nella versione novellata, ulteriori finalità sono state introdotte con riferimento all’eliminazione delle barriere architettoniche, la cui puntuale disciplina si rinviene all’articolo 11 bis; agli interventi di incentivazione dell’adeguamento sismico, anch’esso puntualmente disciplinato all’articolo 2, comma 5 ter ed agli interventi di rimozione e smaltimento dell’amianto, a loro volta disciplinati all’articolo 3 ter

La legge regionale fornisce inoltre una concreta risposta al problema della messa in sicurezza degli edifici esistenti in aree a rischio idraulico e geologico che, oltre a figurare tra le finalità, è oggetto di apposita disciplina all’articolo 3 quater.

 

Art. 1 Commi 2 e 3

Rimane invariata, rispetto al passato, la previsione del comma 2 riferita ad edifici oggetto di specifiche forme di tutela, da leggersi in combinato disposto con l’articolo 9, comma 1.

Invariato, sostanzialmente, anche il comma 3 che prevede la necessità di ottenere l’assenso dall’ente tutore del vincolo nel caso di interventi edilizi su edifici che sorgono su aree demaniali o vincolate ad uso pubblico.

 

Art. 1 bis - Definizioni e modalità applicative.

1. Ai fini della presente legge:

a) per prima abitazione del proprietario o prima casa di abitazione si intendono le unità immobiliari in proprietà, usufrutto o altro diritto reale in cui l’avente titolo o i suoi familiari risiedano oppure si obblighino a stabilire la residenza e a mantenerla;

b) per familiari si intendono il coniuge, i parenti entro il terzo grado in linea retta e collaterale e gli affini entro il secondo grado e altri aventi diritto;

c) per edificio residenziale unifamiliare si intende la costruzione funzionalmente indipendente, anche se a schiera, che disponga di uno o più accessi, destinata all’abitazione di un singolo nucleo familiare.

2. Gli ampliamenti e gli incrementi in termini di volume o di superficie esistenti sono determinati sulla base dei parametri edificatori stabiliti dallo strumento urbanistico.

3. Nei limiti degli ampliamenti e degli incrementi volumetrici consentiti non vanno calcolati i volumi scomputabili ai sensi della normativa vigente.

4. Gli interventi di cui agli articoli 2, 3, 3 ter e 4 sono consentiti una sola volta anche se possono essere realizzati in più fasi, fino al raggiungimento degli ampliamenti o degli incrementi volumetrici e di superficie complessivamente previsti.

 

Art. 1 bis Comma 1

Nel comma 1 di tale articolo il legislatore regionale ha chiarito il significato dei termini e dei concetti fondamentali per la corretta applicazione della legge regionale. In particolare:

  1. La lettera a) mantiene, in parte, la nozione di “prima casa” e “prima casa di abitazione” contenuta nell’articolo 8, comma 1, della legge regionale 9 ottobre 2009, n. 26 ora abrogato, senza tuttavia indicare il periodo per il mantenimento della residenza. Detto periodo lo si può rinvenire all’articolo 7, comma 2 bis, legato alla possibilità di godere della riduzione degli oneri del costo di costruzione e degli incentivi per l’utilizzo di fonti rinnovabili, purchè la residenza sia stabilita e mantenuta per un periodo non “inferiore ai quarantadue mesi successivi al rilascio del certificato di agibilità” L’obbligo deve essere assunto con atto sottoscritto dall’avente titolo all’ampliamento o dal familiare che si impegna a stabilire e mantenere la residenza nell’edificio quale prima casa di abitazione .
  2. La lettera b) fornisce la definizione di “familiari” individuando puntualmente i soggetti che il legislatore intende far rientrare in tale concetto; particolare attenzione va posta alla parte relativa agli “altri aventi diritto”, la quale si ritiene debba essere letta in stretta correlazione al concetto di familiari e quindi non riferita a soggetti esterni al “nucleo familiare” inteso in senso lato.
  3. La lettera c) precisa il concetto di “edificio residenziale unifamiliare” includendo in esso anche le case a schiera, purchè ciascun edificio o casa sia dotato di un proprio accesso e destinato all’abitazione di un singolo nucleo familiare. Il termine “edificio” va dunque inteso come “unità abitativa” autonoma cioè non inserita in un fabbricato costituito da più alloggi tipo condominio, fatta eccezione per il complesso immobiliare di case a schiera.

 

Art. 1 bis Commi 2 e 3

I commi 2 e 3 precisano che gli incrementi in termini di volume o superficie vanno riferiti ai parametri indicati dallo strumento urbanistico e che all’interno di detti incrementi (siano essi ampliamenti o altre tipologie di intervento) non devono essere considerati i volumi che la normativa vigente consente di non computare.

 

Art. 1 bis Comma 4

Infine, il comma 4 ammette interventi frazionati in periodi diversi purchè non sia superato il limite massimo dalla legge per ciascuna tipologia di intervento. Sul punto, si rammenta che gli interventi edilizi realizzati in adempimento ad obblighi di legge diversi dal piano casa non danno luogo ad alcuna premialità.

 

Art. 2 - Interventi edilizi di ampliamento.

1. In deroga alle previsioni dei regolamenti comunali e degli strumenti urbanistici e territoriali comunali, provinciali e regionali, ivi compresi i piani ambientali dei parchi regionali, è consentito l’ampliamento degli edifici esistenti al 31 ottobre 2013 nei limiti del 20 per cento del volume, o della superficie; è comunque consentito un ampliamento fino a 150 metri cubi per gli edifici residenziali unifamiliari da destinarsi a prima casa di abitazione. Resta fermo che sia l’edificio che l’ampliamento devono insistere in zona territoriale omogenea propria.

2. L’ampliamento di cui al comma 1 può essere realizzato in aderenza, utilizzando un corpo edilizio già esistente ovvero con la costruzione di un corpo edilizio separato. Il corpo edilizio separato, esistente o di nuova costruzione, deve trovarsi sullo stesso lotto di pertinenza dell’edificio che genera l’ampliamento o su un lotto confinante; l’ampliamento può essere, altresì, realizzato su un altro lotto, purché lo stesso si trovi a non più di 200 metri, misurabili in linea d’aria, rispetto al lotto di pertinenza dell’edificio che genera l’ampliamento e appartenga, già alla data del 31 ottobre 2013, al medesimo proprietario o al di lui coniuge o figlio.

3. Nei limiti dell’ampliamento di cui al comma 1 sono da computare l’eventuale recupero dei sottotetti esistenti al 31 ottobre 2013 aventi le caratteristiche di cui all’articolo 2, comma 1, lettere a) e b) della legge regionale 6 aprile 1999, n. 12“Recupero dei sottotetti esistenti a fini abitativi” con esclusione dei sottotetti esistenti oggetto di contenzioso in qualsiasi stato e grado del procedimento.

4. In caso di edifici composti da più unità immobiliari l'ampliamento può essere realizzato anche separatamente per ciascuna di esse, compatibilmente con le leggi che disciplinano il condominio negli edifici, fermo restando il limite complessivo stabilito al comma 1. In ipotesi di case a schiera l’ampliamento è ammesso qualora venga realizzato in maniera uniforme con le stesse modalità su tutte le case appartenenti alla schiera, ad eccezione delle unità di testa che possono avere forma diversa.

4 bis. omissis

5. La percentuale di cui al comma 1 è elevata di un ulteriore 10 per cento nel caso di utilizzo di tecnologie che prevedano l’uso di qualsiasi fonte di energia rinnovabile con una potenza non inferiore a 3 kW, ancorché già installati.

5 bis. La percentuale di cui al comma 1 è elevata di un ulteriore 15 per cento per gli edifici residenziali, purché vi sia un contestuale intervento di riqualificazione dell’intero edificio che ne porti la prestazione energetica, come definita dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192 “Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell’edilizia” e dal decreto del Presidente della Repubblica 2 aprile 2009, n. 59 “Regolamento di attuazione dell’articolo 4, comma 1, lettere a) e b), del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, concernente attuazione della direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico in edilizia” e successive modificazioni, alla corrispondente classe B.

5 ter. La percentuale di cui al comma 1 è elevata di un ulteriore 5 per cento per gli edifici residenziali e 10 per cento per gli edifici ad uso diverso, qualora l’intervento preveda la messa in sicurezza sismica dell’intero edificio, purché la stessa non sia già obbligatoria per legge. 

 

Art. 2 Comma 1

Il comma 1 dispone che gli interventi edilizi di ampliamento degli edifici esistenti al 31 ottobre 2013 siano realizzati, come in passato, in deroga alle previsioni dei regolamenti comunali e degli strumenti urbanistici e territoriali comunali, regionali e provinciali. Di nuova introduzione è invece la previsione che consente di realizzare tali interventi anche in deroga alla disciplina dei parchi: va da sé che la lettura costituzionalmente orientata della norma impone di ritenere che la deroga si riferisce alle norme urbanistiche ed edilizie contenute nei piani dei parchi e non alle norme di carattere ambientale. La disposizione va peraltro letta in combinato disposto con quella dell’articolo 9, comma 1, lettera c) che esclude dall’applicazione del “piano casa” gli edifici “oggetto di specifiche norme di tutela da parte degli strumenti urbanistici e territoriali che non consentono gli interventi edilizi previsti dai medesimi articoli 2, 3, 3 ter, 3 quater e 4”.

Per quanto concerne il concetto di edificio esistente si precisa che analogamente alla disciplina in materia di condono edilizio ed alla conseguente giurisprudenza formatasi sul punto, per poter essere considerato “esistente” l’edificio deve essere perlomeno caratterizzato dalla presenza delle strutture portanti e della copertura, mentre non ne è richiesta l’agibilità.

In via eccezionale, si rammenta che l’articolo 9, comma 6, consente gli ampliamenti anche agli edifici non ancora realizzati, il cui progetto o la cui richiesta di titolo abilitativo siano stati presentati al Comune entro il 31 ottobre 2013. A tal proposito, tra tali ampliamenti sono assimilabili anche gli interventi che, indipendentemente dalla loro destinazione e dimensione o dalla circostanza che si tratti di edifici principali o pertinenziali, siano riferiti a strumenti urbanistici attuativi già approvati ed in corso di attuazione, previa approvazione di variante di adeguamento, qualora necessaria, in relazione al maggior carico urbanistico ed alla definizione delle caratteristiche dei fabbricati ai fini dell'applicazione dei benefici di legge oppure siano riferiti a progetti di strumenti urbanistici anche soltanto presentati;  in tale ultimo caso di progetti soltanto presentati, l’intervento di ampliamento è autorizzabile solo dopo l’approvazione dello strumento urbanistico attuativo che ne definisce le regole.

La seconda parte del comma 1 introduce una nuova disposizione per quanto riguarda gli edifici residenziali unifamiliari da destinarsi a prima casa di abitazione che possono essere ampliati fino a 150 metri cubi, anche qualora la percentuale di ampliamento superi il 20 per cento del volume esistente. Resta fermo che l’edificio che abbia già utilizzato i bonus volumetrici offerti dalla legge regionale n. 14/2009 (prima delle recenti modifiche) può essere ampliato solo nei limiti necessari per raggiungere il massimo consentito di 150 metri cubi, avendo comunque come riferimento il volume originario. L’edificio è ampliabile in termine di volume o superficie a seconda che lo strumento urbanistico comunale lo consideri per l’appunto in termini di volume o di superficie. Resta fermo che l’ampliamento forfettario di 150 mc. non è cumulabile con quello proporzionale previsto dal medesimo comma, ma alternativo ad esso.

L'ultima parte del comma 1 precisa altresì che sia l'edificio da ampliare sia l'ampliamento devono insistere in zona territoriale omogenea propria.

Per “zona propria” deve intendersi non la medesima zona territoriale omogenea, secondo la definizione tradizionale riconducibile al noto D.M. 2 aprile 1968 n. 1444, perché altrimenti la legge regionale avrebbe utilizzato simile o analoga espressione: il termine va riferito, invece, a zone di territorio aventi analoga destinazione e analoghe caratteristiche insediative.

Ciò significa che gli ampliamenti possono essere realizzati in zone di completamento edilizio con riferimento a fabbricati in zona di espansione e viceversa, aventi analoga destinazione d’uso, mentre non possono avvenire contaminazioni, per esempio, tra zone di completamento o di espansione residenziale e zone agricole o zone produttive; ugualmente, attese le caratteristiche specifiche del centro storico, non vi possono essere eseguiti ampliamenti di fabbricati edificati in zone di completamento o di espansione.

In applicazione della medesima regola, all’interno di zone miste o di zone produttive con utilizzazioni diverse, gli ampliamenti possono avvenire anche in zone differenti da quella di insediamento del fabbricato che ne dà titolo, a condizione che la destinazione dell’ampliamento sia compatibile o complementare con quelle consentite nelle zone di realizzazione del nuovo volume.

Il concetto guida è, dunque, quello della compatibilità dell’intervento con la zona o area in cui l’ampliamento deve essere realizzato .

La realizzazione dell’incremento volumetrico all’interno di area coincidente con l’ambito territoriale di un PUA non incide né sul procedimento, né sui requisiti di volume e di superficie previsti dall’art. 20 della L.R. 11/2004 per la sua approvazione: ciò significa che il PUA può e deve essere approvato senza che siano presi in considerazione la superficie utilizzata per la realizzazione dell’incremento volumetrico e l’incremento volumetrico stesso.

Conseguentemente,il titolo per l’esecuzione dell’ampliamento volumetrico e l’approvazione del PUA sono formati e/o rilasciati senza alcuna reciproca interferenza e cioè senza che sull’ampliamento possano esprimersi i titolari dei terreni soggetti a PUA e senza che l’ambito o il progetto di PUA siano modificati.

Resta ferma la verifica, da parte del Comune, della sufficienza delle opere di urbanizzazione ai sensi dell’art. 9, comma 4, della legge.

Ne consegue che gli edifici situati in zona impropria non possono generare ampliamenti. Nel caso di fabbricati aventi destinazione d'uso mista, l'ampliamento generato dovrà rispettare le percentuali stabilite per ciascuna destinazione dallo strumento urbanistico comunale.

 

Art. 2 Comma 2

Il comma 2 indica le modalità di realizzazione degli ampliamenti graduando le diverse ipotesi: in aderenza; utilizzando un corpo edilizio separato già esistente; costruendo un corpo edilizio separato. Il legislatore specifica che il corpo edilizio separato realizzato mediante l’utilizzo del bonus volumetrico può trovarsi: a) sullo stesso lotto di pertinenza dell’edificio che ha generato l’ampliamento; b) su un lotto confinante; c) su altro lotto non confinante purchè lo stesso si trovi “a non più di 200 metri misurabili in linea d’aria” e appartenga, già alla data del 31 ottobre 2013, al medesimo proprietario ovvero sia di proprietà del coniuge o del figlio.

Va sottolineato che il comma, relativamente alla misurazione della distanza, fa riferimento al lotto di pertinenza che genera l’ampliamento, avendo, dunque, riguardo non al perimetro della costruzione esistente, bensì alla sua area di pertinenza.

Qualora per l’edificio principale che dà luogo all’intervento non sia possibile individuare  un lotto di pertinenza, la distanza fra il lotto di nuova edificazione del corpo edilizio separato a seguito dell’ampliamento e l’area di pertinenza dell’edifico principale va calcolata sulla base dello strumento urbanistico vigente alla data dell’edificazione.

Si ritiene che la facoltà di realizzare l’ampliamento previsto dalla legge con la costruzione di un “corpo edilizio separato” vada inteso in senso letterale: cioè ogni edificio che genera ampliamento può consentire l’edificazione di un solo corpo separato.

Infine, può ipotizzarsi come legittimo l’accorpamento in unico fabbricato di corpi edilizi separati prodotti da più edifici di un unico proprietario o di quest’ultimo e/o di coniuge e figli: tale facoltà appare conforme alla funzione della legge e diretta a favorire il risparmio di suolo libero.

Qualora il lotto nel quale verrà realizzato il corpo separato non sia già presente, si evidenzia la necessità, che già in fase progettuale, specie per gli interventi ricadenti in zona agricola, venga individuato con precisione il lotto di pertinenza che dovrà ospitare il corpo separato, che non potrà comunque essere allocato ad una distanza superiore ai 200 ml rispetto al lotto nel quale ricade l’edificio che genera il bonus.

Si ritiene, infine, che nulla impedisca di realizzare l’ampliamento con corpo edilizio separato nel caso in cui il lotto in cui ci si intende ampliare sia già edificato, con eventuale accorpamento del corpo edilizio separato ad un edificio esistente.

 

Art. 2 Comma 3

Il comma 3 richiama la possibilità di recuperare all’uso normale i sottotetti esistenti alla data del 31 ottobre 2013, purché soddisfino le condizioni minime fissate a suo tempo dalla legge regionale n. 12/1999. Tali sottotetti consumano in tutto o in parte l’ampliamento così determinato. Sono invece espressamente esclusi dall’ambito applicativo della norma in questione i sottotetti “oggetto di contenzioso in corso”, in quanto la legge non può essere utilizzata per legittimare situazioni ancora non definite.

 

Art. 2 Comma 4

Il comma 4 consente l’ampliamento degli edifici composti da piu’ unità immobiliari, anche separatamente, nel rispetto delle norme che disciplinano il condominio, nel limite complessivo previsto dal comma 1, cioè del 20 per cento del volume o della superficie.

Per quanto concerne le case a schiera il comma in esame prevede l’obbligo di estendere il progetto all’intero complesso edilizio – e quindi presentare un progetto unitario concordato al fine di preservarne l’armonia architettonica e formale- ad eccezione delle unità di testa che possono avere forma diversa. In tale ultimo caso, quindi, il progetto edilizio può avere per oggetto la sola unità abitativa di testa.

 

Art. 2 Comma 4 bis

Omissis

 

Art. 2 Comma 5, 5 bis e 5 ter

I limiti all’ampliamento posti dal comma 1 possono essere incrementati per effetto del comma 5, del comma 5 bis e del comma 5 ter.

Nel primo caso, il comma 5 consente di elevare la percentuale del 20 per cento di un ulteriore 10 per cento nel caso di utilizzo di tecnologie che prevedano l’uso di energia da fonti rinnovabili con potenza non inferiore a 3 KW, pur se già installate.

Merita segnalare che il requisito dell’utilizzo, in atto o in progetto, di fonti di energia rinnovabile con potenza non inferiore a 3 Kw deve essere asseverato dal professionista abilitato, ai sensi dell’art. 6, comma 3. Il legislatore, innovando rispetto alla precedente formulazione della norma, precisa che il bonus del 10 per cento si applica per l’uso di “qualsiasi fonte di energia rinnovabile”; sul punto, in relazione alla nozione di fonte rinnovabile si rinvia alla normativa statale vigente. Va altresì precisato che in detta fattispecie può rientrare anche l'impiego di stufe a legna o a pellets, purché vi sia la predetta asseverazione del professionista abilitato che evidenzi che la stufa con potenza non inferiore a 3 kW è collegata all’impianto termico, anche in aggiunta al generatore di calore alimentato da fonte fossile.

Il comma 5 bis, invece, riconosce un diverso e ulteriore incentivo volumetrico del 15 per cento, che può essere anche aggiuntivo a quello previsto dal comma 5, per gli interventi di riqualificazione integrale dell’intero fabbricato capaci di elevare il rendimento energetico degli edifici fino alla classe “B”. Per intero fabbricato va inteso l’edificio che genera l’ampliamento e l’ampliamento stesso.

Infine il comma 5 ter individua un ulteriore bonus del 5 per cento per gli edifici residenziali e del 10 per cento per gli edifici ad uso diverso qualora l’intervento preveda la messa in sicurezza sismica dell’intero edificio con esclusione dell’ipotesi in cui la stessa non sia già obbligatoria per legge; ciò in quanto gli interventi edilizi realizzati in adempimento di un obbligo di legge, come già detto, non danno luogo a premialità.

 

Art. 3 - Interventi per favorire il rinnovamento del patrimonio edilizio esistente.

1. La Regione promuove la sostituzione e il rinnovamento del patrimonio edilizio esistente al 31 ottobre 2013 mediante la demolizione e ricostruzione degli edifici legittimati da titoli abilitativi che necessitano di essere adeguati agli attuali standard qualitativi, architettonici, energetici, tecnologici e di sicurezza.

2. Gli interventi di cui al comma 1 finalizzati al perseguimento degli attuali standard qualitativi architettonici, energetici, tecnologici e di sicurezza, sono consentiti in deroga alle previsioni dei regolamenti comunali e degli strumenti urbanistici e territoriali, comunali, provinciali e regionali, ivi compresi i piani ambientali dei parchi regionali. La demolizione e ricostruzione, purché gli edifici siano situati in zona territoriale omogenea propria, può avvenire anche parzialmente e può prevedere incrementi del volume o della superficie:

a) fino al 70 per cento, qualora per la ricostruzione vengano utilizzate tecniche costruttive che portino la prestazione energetica dell’edificio, come definita dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192 “Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell’edilizia” e dal decreto del Presidente della Repubblica 2 aprile 2009, n. 59 “Regolamento di attuazione dell’articolo 4, comma 1, lettere a) e b), del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, concernente attuazione della direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico in edilizia” e successive modificazioni, alla corrispondente classe A;

b) fino all’80 per cento, qualora l’intervento comporti l’utilizzo delle tecniche costruttive di cui alla legge regionale 9 marzo 2007, n. 4 “Iniziative ed interventi regionali a favore dell’edilizia sostenibile”. A tali fini la Giunta regionale integra le linee guida di cui all’articolo 2 della legge regionale 9 marzo 2007, n. 4 , prevedendo la graduazione della volumetria assentibile in ampliamento in funzione della qualità ambientale ed energetica dell’intervento.

3. Gli interventi di cui al comma 2, qualora comportino una ricomposizione planivolumetrica che comporti una modifica sostanziale con la ricostruzione del nuovo edificio su un’area di sedime completamente diversa, sono assentiti, in deroga all’articolo 6, mediante rilascio del permesso di costruire, ai sensi del Capo II del Titolo I della Parte I del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia” e successive modificazioni.

4. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche nel caso che gli edifici siano demoliti o in corso di demolizione sulla base di un regolare titolo abilitativo.

 

Art. 3 Comma 1 e 4

Il legislatore, nella nuova formulazione, ha esteso l’applicazione della norma a tutti gli edifici esistenti “alla data del 31 ottobre 2013”, mantenendo invece inalterate le finalità dell’intervento, cioè il perseguimento degli attuali standard qualitativi, architettonici, energetici, tecnologici e di sicurezza. Si ribadisce che questo intervento, così come tutti gli interventi previsti dalla legge regionale, come peraltro desumibile dall’articolo 9, comma 1, lett. e), può essere realizzato su edifici legittimati in base a regolare titolo abilitativo, atteso che gli interventi edilizi consentiti dalla legge in esame non implicano alcuna forma di condono o sanatoria. Sulla legittimazione si richiama quanto previsto nelle premesse cioè che si  considerano legittimati anche gli edifici costruiti anteriormente al 1967, pur in assenza di titolo abilitativo, laddove il medesimo non fosse espressamente richiesto dagli strumenti urbanistici locali.

Ai sensi del comma 4, le disposizioni dell’articolo in commento si applicano inoltre anche agli edifici demoliti o in corso di demolizione sulla base di un regolare titolo abilitativo.

 

Art. 3 Comma 2

Il comma 2 precisa che l’edificio oggetto di intervento deve insistere in zona territoriale propria; gli interventi sono realizzati in deroga alle previsioni dei regolamenti comunali e degli strumenti urbanistici e territoriali comunali, regionali e provinciali. Così come per l’ampliamento, la previsione  consente di realizzare tali interventi anche in deroga alla disciplina dei parchi: va da sé che la lettura costituzionalmente orientata della norma impone di ritenere che la deroga si riferisce alle norme urbanistiche ed edilizie contenute nei piani dei parchi e non alle norme di carattere ambientale.

Anche in questo caso la disposizione va ovviamente letta in combinato disposto con quella dell’articolo 9, comma 1, lettera c) che esclude dall’applicazione del “piano casa” gli edifici “oggetto di specifiche norme di tutela da parte degli strumenti urbanistici e territoriali che non consentono gli interventi edilizi previsti dai medesimi articoli 2, 3,3 ter, 3 quater e 4”.

L’intervento di demolizione di cui al comma 2 può anche essere parziale e quindi riguardare solamente una parte dell’intero edificio. Ne consegue che, in tale ipotesi, l’ampliamento ammesso in fase di ricostruzione, sarà calcolato sulla sola parte demolita con riferimento alle percentuali fissate dalle lettere a) e b) , a seconda della tipologia dell’intervento che sono all’evidenza in alternativa fra loro.

Per quanto riguarda la lettera b), si rammenta quanto già disposto con DGR n. 2499 del 4 settembre 2009, i cui contenuti qui si richiamano e che verranno integrati con successivo provvedimento della Giunta regionale; ad ogni buon conto, nelle more del provvedimento giuntale va precisato che, in virtù dei nuovi incrementi volumetrici ora consentiti, in sede di applicazione del sistema di valutazione alle linee guida redatte ai sensi dell’art. 2 della legge regionale n. 4/07, l’ampliamento consentito dovrà essere calcolato per interpolazione lineare, avendo cura di considerare il valore pari a 80% in sostituzione del precedente 40% ammesso dalla normativa previgente, fermo restando che il valore iniziale rimane invariato al 20%. Infine, avendo la norma vigente abrogato l’obbligo di PUA, non si dovrà ovviamente tenere conto, in sede di applicazione di tale procedura, di quanto indicato per tale fattispecie con la sopra richiamata DGR n. 2499/2009.

Appare utile sottolineare che tanto il comma 1 quanto il comma 2 della norma sono diretti a favorire il rinnovamento del patrimonio edilizio esistente perseguendo la finalità di realizzare standard qualitativi, architettonici, energetici, tecnologici e di sicurezza anche mediante una ricomposizione volumetrica che comporti modifiche sostanziali delle costruzioni esistenti.

 

Art. 3 Comma 3

Il comma 3, nella versione novellata, assoggetta a permesso di costruire gli interventi che comportino una ricomposizione planivolumetrica che implichi una modifica sostanziale con la ricostruzione del nuovo edificio su un’area di sedime completamente diversa. In tale ipotesi, il titolo abilitativo edilizio richiesto è il permesso di costruire che dovrà altresì prevedere l’adeguamento delle opere di urbanizzazione. Preme evidenziare che la localizzazione dell’edificio ricostruito deve mantenere un rapporto con la sua localizzazione originaria; in altri termini, la ricostruzione, pur senza vincolo di sedime, deve avvenire all’interno del lotto di pertinenza dell’edificio esistente, ubicato in ZTO propria. Nel caso non sia individuabile un lotto di pertinenza, potrà essere eventualmente fatto riferimento al mappale o ai mappali catastali sui quali insiste l’edificio esistente ovvero riferirsi alla situazione di fatto (recinzioni, corti pavimentate, ecc….).

Tale tipologia di intervento dovrà quindi da un lato intervenire sulla qualità architettonica del nuovo edificio, migliorandone allo stesso tempo anche la prestazione energetica, tecnologica e di sicurezza, dall’altro dovrà necessariamente mantenere uno stretto rapporto tipologico/architettonico con l’edificio ed il contesto urbanistico/paesaggistico dell’edificio soggetto a demolizione. In coerenza con le finalità di contenimento del consumo di suolo perseguito dal piano casa attraverso il riuso e la rivitalizzazione, la valorizzazione del patrimonio edilizio esistente, dovranno preferirsi le soluzioni progettuali che evitino ulteriore consumo di suolo, la parcellizzazione e la frammentazione edilizia.

Va ribadito che anche in caso di demolizione e ricostruzione è possibile la riedificazione di un solo corpo separato rispetto a quello che dà origine all’ampliamento.

 

Art. 3 bis - Interventi nelle zone agricole.

1. Nelle zone agricole gli interventi di cui agli articoli 2 e 3 sono consentiti limitatamente agli edifici a destinazione residenziale e a quelli funzionalmente destinati alla conduzione del fondo agricolo.

2. Per gli edifici residenziali in zona agricola l’ampliamento, qualora realizzato sulla prima casa di abitazione, è calcolato sulla volumetria massima assentibile ai sensi della vigente normativa. Limitatamente agli edifici composti da due unità immobiliari, anche se sovrapposte, e ai soli fini del calcolo dell’ampliamento, la volumetria massima assentibile è riferita a ciascuna unità immobiliare anziché all’intero edificio, fermo restando il rispetto di quanto previsto dall’articolo 2, comma 4.

3. L’ampliamento di cui all’articolo 2 e l’eventuale ampliamento previsto dall’articolo 44, comma 5, della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11“Norme per il governo del territorio e in materia di paesaggio” e successive modificazioni, possono essere realizzati recuperando la struttura agricolo-produttiva non più funzionale alla conduzione del fondo, ancorché separata dall’edificio principale, o con la costruzione di un corpo edilizio separato, ai sensi dell’articolo 2, comma 2.

 

Art. 3 bis Comma 1

Con la norma in esame il legislatore ha voluto individuare gli interventi consentiti nelle zone agricole al fine di dare risposta ad alcuni dubbi sorti in sede di applicazione del “piano casa”. Infatti, la norma non introduce nuove tipologie di interventi limitandosi ad elencare quelli consentiti in relazione alla specificità della zona; a dimostrazione di ciò il comma 1 richiama gli interventi di ampliamento (art. 2) e quelli per favorire il rinnovamento del patrimonio edilizio esistente (art.3), precisando che gli stessi si applicano sia agli edifici a destinazione residenziale sia a quelli già esistenti funzionalmente destinati alla conduzione del fondo agricolo.

Preme sottolineare che tali interventi sono ammissibili anche in assenza dei requisiti soggettivi di imprenditore agricolo e del piano aziendale di cui all’articolo 44, legge regionale n. 11/2004.

In ogni caso, così come previsto dall’articolo 9, comma 1, lett. c), per gli interventi sugli edifici ricadenti in zona agricola devono essere rispettate le norme contenute nelle schede d'intervento  approvate ai sensi della legislazione previgente in materia di edificabilità nelle zone agricole con particolare riferimento ai  gradi di intervento ammessi e alle destinazioni d'uso consentite. Va altresì precisato che per gli  interventi di cui all’art. 3, comma 3, in caso di demolizione e ricostruzione di edificio esistente in altra area di sedime, la nuova edificazione deve avvenire all’interno del medesimo fondo agricolo, cioè di pertinenza territoriale dell’edificio esistente o a servizio del quale quest’ultimo risulta costruito.

 

Art. 3 bis Comma 2

Il comma 2 prevede che, nell’ipotesi di prima casa di abitazione, l’ampliamento è calcolato sulla volumetria massima assentibile ai sensi della vigente normativa. Nell’ipotesi che l’edificio sia composto da due unità immobiliari, il calcolo della volumetria per l’ampliamento è assentibile con riferimento a ciascuna di esse anziché all’intero edificio. In detto ultimo caso, la  norma richiama la disposizione del comma 4 dell’articolo 2 in tal senso riferendosi, da un lato, all’obbligo del rispetto delle norme su condominio; dall’altro alla necessità di realizzare l’ intervento in maniera uniforme come disposto da tale ultima disposizione richiamata.

Per quanto riguarda l’area su cui deve insistere l’ampliamento, si richiama quanto già affermato all’articolo 2, comma 1, parte finale, per quanto riguarda il concetto di zona territoriale omogenea propria: considerata la natura particolare della zona agricola, gli edifici in essa esistenti possono essere ampliati soltanto all’interno di essa, mentre non può essa accogliere ampliamenti di edifici esistenti in altre zone anche se confinanti o vicine.

Va altresì rammentato che, per prassi, la norma in esame non riguarda le sottozone classificate E4 “centri rurali” dal vigente piano regolatore generale comunale in quanto esse, pur essendo formalmente agricole, non presentano le caratteristiche tipiche delle zone E.

 

Art. 3 bis Comma 3

Ai sensi del comma 3, l’ampliamento di cui all’articolo 2 e l’eventuale ampliamento previsto dall’articolo 44, comma 5, della legge regionale n. 11/2004 possono essere realizzati recuperando la struttura agricolo-produttiva non più funzionale alla conduzione del fondo, ancorché separata dall’edificio principale, o con la costruzione di un corpo edilizio separato, ai sensi dell’articolo 2, comma 2.

La norma da ultimo citata dispone che il corpo edilizio separato possa essere costruito  a condizione che siano rispettati i requisiti previsti dall’articolo 2, comma 2 della legge regionale; l’ampliamento può essere realizzato  anche su un altro lotto, purché lo stesso si trovi a non più di 200 metri, misurabili in linea d’aria, rispetto al lotto di pertinenza dell’edificio che genera l’ampliamento e appartenga, già alla data del 31 ottobre 2013, al medesimo proprietario o al di lui coniuge o figlio, senza escludere che, nel rispetto di tali requisiti,  l’edificazione possa avvenire anche su territorio di altro Comune se la nuova edificazione è prevista in funzione dell’attività agronomica e a servizio di un’azienda agricola, in analogia con quanto previsto dalla legislazione precedente in materia di edilizia nelle zone rurali.

 

Art. 3 ter - Interventi per favorire la rimozione e lo smaltimento dell’amianto.

1. Per gli interventi sugli edifici esistenti che comportano la rimozione e lo smaltimento della copertura in cemento amianto, qualora ciò non sia già obbligatorio per legge, è concesso un ampliamento fino al 10 per cento del volume o della superficie, anche in deroga ai parametri dello strumento urbanistico comunale.

 

Art. 3 ter Comma 1

In coerenza con la finalità di cui all’articolo 1, comma 1, lettera d), è previsto un ulteriore bonus del 10 per cento del volume o della superficie qualora l’intervento comporti la rimozione e lo smaltimento della copertura in cemento amianto. Nell’ipotesi che la copertura in cemento amianto, oggetto di rimozione e smaltimento, riguardi solo parte del tetto, la misura premiale è calcolata con riferimento alla sola parte dell’edificio effettivamente interessata dalla suddetta copertura.

Il bonus è previsto solo nell’ipotesi che si operi sia la rimozione sia lo smaltimento e che ciò non sia già obbligatorio per legge. Invero, come si è già avuto modo di precisare, gli interventi edilizi realizzati in adempimento di un obbligo di legge non danno luogo a premialità.

 

Art. 3 quater - Interventi  su aree dichiarate ad alta pericolosità idraulica e idrogeologica

1. Per gli edifici ricadenti nelle aree dichiarate ad alta pericolosità idraulica o idrogeologica è consentita l’integrale demolizione e la successiva ricostruzione in zona territoriale omogenea propria non dichiarata di pericolosità idraulica o idrogeologica, anche in deroga ai parametri dello strumento urbanistico comunale, con un incremento fino al 50 per cento del volume o della superficie.

2. Limitatamente agli edifici a destinazione residenziale, la ricostruzione di cui al comma 1 è consentita anche in zona agricola, purché caratterizzata dalla presenza di un edificato già consolidato e sempre che l’area non sia oggetto di specifiche norme di tutela da parte degli strumenti urbanistici o territoriali che ne impediscano l’edificazione.

3. La demolizione dell’edificio deve avvenire entro tre mesi dal rilascio del certificato di agibilità per gli edifici ricostruiti; in caso di mancata demolizione trovano applicazione le disposizioni di cui all’articolo 31 del DPR n. 380/2001.

4. Agli edifici ricostruiti ai sensi del presente articolo non si applicano le disposizioni di cui agli articoli 2, 3 e 4.

 

Art. 3 quater Comma 1

Nel riformulare l’articolo 1, il legislatore ha annoverato tra le finalità della legge in esame la promozione di interventi finalizzati “ad incentivare la demolizione e ricostruzione in area idonea di edifici esistenti che ricadono in aree dichiarate ad alta pericolosità idraulica”.

A tal proposito, con questo articolo il legislatore prevede una misura premiale  di “incremento fino al 50 per cento del volume o della superficie” per lo spostamento di volumi di  edifici ricadenti in aree ad alta pericolosità idraulica o idrogeologica ad altra zona territoriale omogenea propria non pericolosa. Questa previsione è rafforzativa dell’articolo 9, comma 1, lett. g) che prevede che in tali zone non siano possibili gli interventi del piano casa.

La demolizione deve essere “integrale”; conseguentemente non è possibile avvalersi del bonus in caso di demolizioni parziali e ciò in quanto la finalità della norma è quella di liberare le aree a rischio da abitazioni ed edifici produttivi mediante lo spostamento degli stessi in zone sicure. Stante la finalità sottesa alla norma, la ricostruzione può avvenire “anche in deroga ai parametri dello strumento urbanistico comunale”.

La ricostruzione, conformemente ai principi in materia di edilizia deve avvenire nell’ambito territoriale del medesimo Comune, ma senza vincoli o limiti di distanza dall’area di sedime del fabbricato da demolire ed in area acquisita dall’avente titolo anche in epoca successiva al 31 ottobre 2013.

 

Art. 3 quater Comma 2

Il comma 2 consente,  limitatamente agli edifici a destinazione residenziale, che la ricostruzione avvenga anche in zona agricola. In tale ipotesi l’area non deve però essere oggetto di specifiche norme di tutela che ne impediscano l’edificazione e deve essere caratterizzata dalla presenza di un edificato già consolidato. Deve pertanto trattarsi di un’area caratterizzata dalla presenza di preesistenze insediative e relative opere di urbanizzazione; ciò al fine di evitare consumo di suolo libero da edificazioni e suscettibile di utilizzazione agricola in coerenza con i principi di tutela della zona agricola e contestuale riduzione del consumo di suolo.

 

Art. 3 quater Commi 3 e 4

Il comma 3 dispone che la demolizione dell’edificio debba avvenire entro un termine ben preciso, cioè entro tre mesi dal rilascio del certificato di agibilità per gli edifici ricostruiti,  decorso inutilmente il quale l’edificio da demolire è assimilato ad un manufatto integralmente abusivo da sanzionare ai sensi dell’articolo 31 DPR n. 380/01.

Infine, il comma 4, prevede che il bonus non sia  cumulabile con le altre premialità previste dalla legge; invero, esso  stabilisce chiaramente che agli edifici ricostruiti non si applicano le disposizioni di cui agli articoli 2, 3 e 4.

 

Art. 4 - Interventi per favorire la riqualificazione degli insediamenti turistici e ricettivi.

1. Fermo restando quanto consentito dagli articoli 1, 2 e 3 è possibile ampliare fino al 20 per cento le attrezzature all’aperto di cui all’allegato S/4 lettera b) e lettera d) numeri 1) e 2) della legge regionale 4 novembre 2002, n. 33 “Testo unico delle leggi regionali in materia di turismo”, anche se ricadenti in area demaniale.

2. Nell’ipotesi in cui gli insediamenti turistici, ricettivi e ricreativi effettuino investimenti nell’ambito degli interventi di cui al comma 1, le concessioni demaniali marittime si intendono prorogate per la durata massima prevista dalle vigenti normative nazionali e regionali.

Commi 1 e 2

La disposizione in esame è rimasta invariata rispetto alla prima stesura della legge regionale; tuttavia, occorre evidenziare che la legge regionale n. 33/2002 è stata in parte abrogata per effetto della legge regionale n. 11 del 2013, anche se, al momento, il richiamato allegato S/4 è stato mantenuto nella sua formulazione originaria.

Si ritiene pertanto di confermare le considerazioni già svolte in passato con riferimento alle “attrezzature all’aperto” descritte nel citato allegato S/4: stabilimenti balneari con strutture fisse (lett. b); campeggi (lett. d) n. 1); impianti sportivi e ricreativi (lett. d) n. 2). Per tali strutture, l’ampliamento fino al 20% è da intendersi riferito alle indicate attrezzature nel loro complesso, ovvero all’area legittimamente occupata da esse; per quanto riguarda invece gli edifici ricompresi in tali aree, si applicano gli articoli 2 e 3 della legge piano casa.

Va altresì rammentato che, secondo quanto previsto dall’articolo 1, comma 3, per gli interventi in aree demaniali o vincolate ad uso pubblico è necessario lo specifico assenso dell’ente tutore del vincolo.

Per quanto riguarda il comma 2, esso contiene un mero rinvio alla normativa nazionale e regionale in ordine alla disciplina sulle concessioni demaniali.

 

Art. 5 - Interventi per favorire l’installazione di impianti solari e fotovoltaici e di altri sistemi di captazione delle radiazioni solari

1. Non concorrono a formare cubatura sulle abitazioni esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge:

a) i sistemi di captazione delle radiazioni solari addossati o integrati negli edifici, quali serre bioclimatiche, pareti ad accumulo e muri collettori, atti allo sfruttamento passivo dell’energia solare, semprechè correlati con il calcolo di progetto degli impianti termomeccanici;

b) le pensiline e le tettoie finalizzate all’installazione di impianti solari e fotovoltaici, così come definiti dalla normativa statale, di tipo integrato o parzialmente integrato, con potenza non superiore a 6 kWp.

2. Le strutture e gli impianti di cui al comma 1 sono realizzabili anche in zona agricola e sono sottoposte a denuncia di inizio attività (DIA) in deroga alle previsioni dei regolamenti comunali e degli strumenti urbanistici e territoriali fatto salvo quanto previsto dal decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 “Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137” e successive modificazioni.

3. La Giunta regionale, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, stabilisce le caratteristiche tipologiche e dimensionali delle strutture e degli impianti di cui al comma 1.

 

Art. 5 Commi 1, 2 e 3

La legge regionale n. 32/2013 non ha apportato modifiche al contenuto dell’articolo in esame. In coerenza con la disposizione di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), la norma è volta ad incentivare il risparmio energetico mediante l’installazione, su edifici esistenti destinati ad abitazione, di impianti solari e fotovoltaici e di captazione delle radiazioni solari addossati o integrati negli edifici, quali serre bioclimatiche, pareti ad accumulo e muri collettori. Tali interventi, che non concorrono a formare cubatura, possono essere realizzati sia in zona agricola che in tutte le altre zone territoriali, per espressa previsione del comma 2, in deroga ai regolamenti locali e alla pianificazione urbanistica e territoriale, nel rispetto delle disposizioni contenute nel D.lgs 42/2004 relative ai beni culturali e paesaggistici.

Per quanto concerne la definizione di “pensiline” e “tettoie” appare opportuno rinviare all’articolo 20 del DM 6 agosto 2010; ai sensi del comma 3 del citato articolo la dizione di pensilina va riferita “a strutture accessorie poste a copertura di parcheggi o percorsi pedonali. Non rientrano in questa tipologia specifica quelle strutture realizzate in ampi spazi aperti……” , mentre, ai sensi del comma 4, la dizione di “tettoie” è da intendersi riferita a “strutture poste a copertura di ambienti esterni agli edifici formate da spioventi che poggiano sul muro degli edifici stessi”. Ne consegue che, al fine di non concorrere a formare cubatura le tettoie devono essere realizzate in aderenza o in appoggio alle abitazioni esistenti, mentre le pensiline possono essere realizzate anche staccate dall’abitazione. Sulla definizione tecnica degli impianti di cui alla lettera a), si rinvia invece all’apposita disciplina adottata con provvedimento della Giunta regionale n. 1781 in data 8 novembre 2011 avente ad oggetto “Applicazione del comma 3 dell'art. 5 della L.R. n. 14/2009 come modificata ed integrata dalla L.R. 13/2011”.

Si evidenzia, infine, che non concorre a formare cubatura o superficie coperta esclusivamente la parte di pensilina o tettoia necessaria alla produzione di 6 Kwp; eventuali parti eccedenti non ricadono nella fattispecie di cui al comma 1, lettera b).

Al comma 3 l’articolo rinvia alla Giunta regionale di definire le caratteristiche tipologiche e dimensionali degli interventi.

Si rammenta, infine, che, gli interventi previsti da questo articolo non sono soggetti al termine massimo di presentazione dell’istanza del 10 maggio 2017, disposto per gli altri interventi della presente legge dall’art. 9, comma 7.

 

Art. 6 - Titolo abilitativo edilizio e procedimento.

1. Le disposizioni della presente legge di carattere straordinario prevalgono sulle norme dei regolamenti degli enti locali e sulle norme tecniche dei piani e regolamenti urbanistici contrastanti con esse.

2. Gli interventi di cui agli articoli 2, 3 e 4 sono sottoposti a denuncia di inizio attività (DIA) ai sensi degli articoli 22 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia” e successive modifiche e integrazioni.

3. La DIA deve essere corredata dalla seguente documentazione:

a) attestazione del titolo di legittimazione;

b) asseverazione del professionista abilitato che sottoscrive la DIA, con la quale attesta la conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici e regolamenti edilizi vigenti e a quelli eventualmente adottati, come integrati dalle norme di cui alla presente legge, nonché la sussistenza di tutte le condizioni cui la presente legge subordina la realizzazione dell’intervento;

c) elaborati progettuali richiesti dal regolamento edilizio e dallo strumento urbanistico vigente;

d) parere dell’autorità competente ai sensi dell’articolo 23, comma 4, del Dpr n. 380/2001 e successive modificazioni, nel caso di intervento su immobile vincolato;

e) documenti previsti dalla parte seconda del Dpr n. 380/2001 qualora ne ricorrano i presupposti;

f) autocertificazione sulla conformità del progetto alle norme di sicurezza e a quelle igienico-sanitarie.

 

Art. 6 Commi 1, 2 e 3

La norma non ha subito modifiche rispetto alle precedenti versioni e, pertanto, si conferma quanto osservato in passato.

Ciò premesso, al fine di dare risposta ad alcune incertezze interpretative sorte in sede applicativa, si ritiene comunque opportuno integrare tali osservazioni con alcune precisazioni in ordine alla relazione tra le disposizioni del "piano casa" e la normativa contenuta negli strumenti urbanistici comunali.

Il comma 1 dell'articolo in esame precisa che le disposizioni del "piano casa", in quanto norme di carattere straordinario, prevalgono sulle norme dei regolamenti degli enti locali e sulle norme tecniche dei piani contrastanti con esse, mentre, all’evidenza, le norme dei regolamenti e degli strumenti urbanistici non incompatibili con il progetto di ampliamento continuano ad applicarsi.

La lettura dell'articolo va effettuata anche con riferimento all'articolo 9 che dispone specifiche norme restrittive di tutela nell'applicazione del piano casa.

A tal proposito vale la pena evidenziare l’obbligo del rispetto delle norme contenute nelle schede d'intervento relative ai singoli edifici, ricadenti nella fattispecie di cui all'articolo 9, comma 1, lett. c), così come le disposizioni relative alle tipologie costruttive laddove non siano impeditive della realizzazione degli interventi previsti dalla presente legge, od anche la disciplina relativa alle destinazioni d'uso come richiamata dal citato articolo 9, commi 2 e 2 bis.

Vanno altresì garantite le opere di urbanizzazione primaria, come ad esempio gli spazi di sosta o di parcheggio, tranne quando si tratti di interventi realizzati sulla prima casa di abitazione ai sensi dell'art. 9, comma 4, al cui commento si rinvia. In questo senso, si rammenta che la legge subordina gli interventi del piano casa all'esistenza delle opere di urbanizzazione primaria ovvero al loro adeguamento in ragione del maggiore carico urbanistico connesso al previsto aumento di volume o di superficie degli edifici esistenti. L'elencazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria viene ripresa dall'art. 16 del DPR n. 380/2001 al fine di individuare il contributo per il rilascio del permesso di costruire. La norma, fermo restando la permanenza in capo ai comuni del potere di pianificazione del proprio territorio, è pertanto volta ad evitare disparità di trattamento dei cittadini residenti in diversi comuni, garantendo l'applicazione uniforme delle previsioni in essa contenute in tutto il territorio veneto.

Per quanto riguarda, in particolare, la dotazione di spazi di sosta di cui all’art. 41-sexies della L. 1150/1942, essa deve ritenersi dovuta esclusivamente se l’incremento volumetrico consentito permette la realizzazione di una superficie utilizzabile a quel fine secondo il parametro previsto dall’art. 2, comma 2,  della L. 122/1989: in caso di mancato raggiungimento di tale superficie utile o in caso di impossibile realizzazione ( centro storico, indisponibilità di area, ecc) il Comune può richiederne la corrispondente monetizzazione se prevista dallo strumento urbanistico locale.

Si deve inoltre tenere presente che la deroga agli strumenti urbanistici e regolamenti edilizi vigenti, per sua natura, si applica solo qualora non risulti possibile realizzare l'intervento oggetto di richiesta nel rispetto degli strumenti e regolamenti suddetti.

In ordine al titolo abilitativo, si evidenzia che, in deroga a quanto stabilito dall'articolo in esame, l'articolo 3, comma 3, prevede che gli interventi di demolizione e ricostruzione che comportino una ricomposizione planivolumetrica e una modifica sostanziale con la ricostruzione del nuovo edificio su un'area di sedime completamente diversa, sono assentiti mediante rilascio del permesso di costruire. Parimenti, l'articolo 9, comma 2 ter subordina gli interventi finalizzati al mutamento della destinazione d'uso con il recupero dell'intera volumetria esistente qualora finalizzati alla rigenerazione o riqualificazione dell'edificio purché dismesso o in via di dismissione, al rilascio del permesso di costruire.              

Si precisa che, ai sensi dell'art. 22, comma 7, del DPR 380/2001, è comunque fatta salva la facoltà dell'interessato di chiedere il rilascio di permesso di costruire per la realizzazione degli interventi di cui agli articoli 2, 3 e 4 per i quali l'articolo in esame prevede la DIA. Non è superfluo precisare che le disposizioni in esame trovano applicazione anche per gli interventi in zona agricola.

Al fine di garantire una corretta applicazione della norma, si evidenzia, infine, che ci si può avvalere della denuncia di inizio attività anche nell'ipotesi di strumenti urbanistici attuativi approvati.

 

Art. 7 - Oneri e incentivi.

1. Ferma restando l’applicazione dell’articolo 17 del DPR n. 380/2001, per gli interventi di cui agli articoli 2, 3, 3 ter e 3 quater, il contributo di costruzione è ridotto del 60 per cento nell’ipotesi di edificio o unità immobiliari destinati a prima abitazione del proprietario o dell’avente titolo; negli stessi casi, per le famiglie con un numero di figli pari o superiore a tre, il contributo afferente al permesso di costruire non è dovuto.

1 bis. In deroga al comma 1, per gli interventi di cui agli articoli 2 e 3, 3 ter e 3 quater che utilizzano fonti di energia rinnovabile con una potenza non inferiore a 3 kW, il contributo di costruzione:

a) non è dovuto per gli edifici destinati a prima abitazione del proprietario o avente titolo;

b) può essere ridotto dal comune nella misura del 50 per cento per gli edifici adibiti ad uso diverso da quello di cui alla lettera a).

1 ter. Le riduzioni di cui ai commi 1 e 1 bis si intendono riferite:

a) nel caso previsto dagli articoli 2 e 3 ter al volume o alla superficie ampliati;

b) nel caso previsto dagli articoli 3 e 3 quater al volume ricostruito e alla nuova superficie comprensivi dell’incremento.

2. I comuni possono stabilire ulteriori incentivi di carattere economico in caso di utilizzo delle tecniche costruttive della bioedilizia o che prevedano il ricorso alle energie rinnovabili.

2 bis. Per usufruire delle agevolazioni di cui ai commi 1 e 1 bis, lettera a), l’obbligo a stabilire e a mantenere la residenza di cui all’articolo 1 bis, comma 1, lettera a) non può essere inferiore ai quarantadue mesi successivi al rilascio del certificato di agibilità. Qualora si contravvenga a tale obbligo il comune, a titolo di penale, richiede il versamento dell’intero contributo altrimenti dovuto maggiorato del 50 per cento; per i comuni turistici la suddetta maggiorazione è pari al 200 per cento.

 

Art. 7 Comma 1, 1 bis e 1 ter

Il comma 1 dispone che per gli interventi previsti agli articoli 2, 3, 3 ter e 3 quater aventi ad oggetto esclusivamente la prima casa di abitazione, il contributo di costruzione di cui all’art. 16 DPR 380/2001 è ridotto del 60 per cento. Parimenti il contributo afferente al permesso di costruire non è dovuto nell’ipotesi di famiglie con un numero di figli pari o superiore a tre. E’ evidente che per usufruire di tale agevolazione i figli del soggetto richiedente devono risiedere nella dimora abituale del nucleo familiare di appartenenza.

Nel caso in cui gli interventi di cui agli articoli 2, 3, 3 ter e 3 quater vengano realizzati mediante l’impiego di fonti di energia rinnovabile, con potenza non inferiore a 3 KW, il contributo non è dovuto se trattasi di prima casa mentre può essere ridotto nella misura del 50 per cento, dal Comune, nel caso si tratti di edifici ad uso diverso dalla prima casa.

Ovviamente, le riduzioni previste dai commi in esame vanno applicate a tutti gli interventi riconducibili agli artt. 2 e 3 della legge, compresi quelli da realizzarsi in zona agricola ai sensi dell’art. 3 bis, benché non espressamente richiamato.

 

Art. 7 Commi 2 e 2 bis

Oltre agli incentivi previsti dai commi 1 e 1 bis, i Comuni possono stabilire ulteriori forme di incentivazione economica collegate al sostegno delle tecniche di bioedilizia e della produzione di energia rinnovabile, nei limiti delle competenze loro assegnate. Trattandosi di misure di carattere economico sono ovviamente esclusi, da tali forme di incentivazione, ulteriori “bonus” edificatori.

Al fine di evitare elusioni della norma, il legislatore ha introdotto il comma 2 bis ai sensi del quale per usufruire delle agevolazioni, l’obbligo a stabilire e mantenere la residenza non può essere inferiore ai quarantadue mesi, pena il versamento del contributo di costruzione che si sarebbe dovuto corrispondere in ragione del tipo di intervento eseguito maggiorato del 50% ovvero del 200% se l’intervento è realizzato in un comune turistico.

Si rammenta infine che le disposizioni in esame trovano applicazione anche per gli interventi in zona agricola.

 

Art. 8 – Elenchi e monitoraggio.

1. I comuni, a fini conoscitivi, istituiscono e aggiornano l’elenco degli interventi autorizzati ai sensi della presente legge.

2. L’elenco di cui al comma 1 indica, per ciascun tipo di intervento, il volume o la superficie di ampliamento o di incremento autorizzati, la localizzazione e se si tratta di prima casa di abitazione.

3. I volumi e le superfici di ampliamento o di incremento autorizzati ai sensi della presente legge sono inseriti nel quadro conoscitivo di cui all’articolo 10 della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11 e successive modificazioni.

 

Art. 8 Commi 1, 2 e 3

La legge regionale n. 32/2013 ha completamente riscritto la norma che, tuttavia, come nella versione precedente non presenta particolari problematiche applicative.

Dopo aver ribadito la necessità che i comuni istituiscano ed aggiornino l’elenco degli interventi autorizzati, il Legislatore individua le informazioni che devono essere indicate nell’anzidetto elenco e cioè: volume o superficie di ampliamento o di incremento autorizzati, localizzazione e precisazione se l’intervento riguardi la prima casa di abitazione. Rispetto alla precedente versione, tra gli elementi qualificanti gli interventi ai fini della redazione dell’elenco compare anche la localizzazione, intesa quale indicazione della zona territoriale omogenea in cui ricade il lotto dove insiste l’edificio da cui genera l’ampliamento o incremento.

La novità più rilevante riguarda il comma 3 che, fugando alcuni dubbi sorti nella prassi, dispone che i volumi e le superfici di ampliamento o di incremento autorizzati ai sensi della presente legge sono inseriti nel quadro conoscitivo di cui all’articolo 10 della legge regionale n. 11/2004.

I comuni dovranno pertanto costantemente aggiornare il proprio sistema informativo territoriale con i dati relativi agli ampliamenti/incrementi autorizzati indicando lo specifico riferimento normativo. Tali dati costituiscono patrimonio informativo indispensabile  per la formazione del quadro conoscitivo di cui all’art. 10 della legge regionale n. 11/2004 e rappresentano elementi di conoscenza utili per monitorare e valutare l’efficacia della legge.

 

Art. 9 - Ambito di applicazione.

1. Gli interventi previsti dagli articoli 2, 3, 3 ter, 3 quater e 4 non trovano applicazione per gli edifici:

a) ricadenti all’interno dei centri storici ai sensi dell’articolo 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 “Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell’articolo 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765”, salvo che per gli edifici che risultino privi di grado di protezione, ovvero con grado di protezione di demolizione e ricostruzione, di ristrutturazione o sostituzione edilizia, di ricomposizione volumetrica o urbanistica, anche se soggetti a piano urbanistico attuativo. Restano fermi i limiti massimi previsti dall’articolo 8, primo comma, n. 1), del decreto ministeriale n. 1444 del 1968 e successive modificazioni;

b) vincolati ai sensi della parte seconda del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 “Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137” e successive modificazioni;

c) oggetto di specifiche norme di tutela da parte degli strumenti urbanistici e territoriali che non consentono gli interventi edilizi previsti dai medesimi articoli 2, 3, 3 ter, 3 quater e 4;

d) ricadenti nelle aree di inedificabilità assoluta di cui all’articolo 33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 “Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie”, o di quelle dichiarate inedificabili per sentenza o provvedimento amministrativo;

e) anche parzialmente abusivi;

f) aventi destinazione commerciale qualora siano volti ad eludere o derogare le disposizioni regionali in materia di commercio;

g) ricadenti in aree dichiarate ad alta pericolosità idraulica e nelle quali non è consentita l’edificazione ai sensi del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 “Norme in materia ambientale” e successive modificazioni, fatte salve le disposizioni di cui all’articolo 3 quater.

2. Con gli interventi previsti dagli articoli 2, 3 e 4 può essere modificata la destinazione d’uso degli edifici, purché la nuova destinazione sia consentita dalla disciplina edilizia di zona e salvo quanto previsto dal comma 2 bis.

2 bis. Per gli edifici dismessi o in via di dismissione, situati in zone territoriali omogenee diverse dalla zona agricola, è consentito il mutamento della destinazione d’uso con il recupero dell’intera volumetria esistente, qualora l’intervento sia finalizzato alla rigenerazione o riqualificazione dell’edificio, fermo restando che la nuova destinazione deve essere consentita dalla disciplina edilizia di zona. Sono fatti salvi eventuali accordi o convenzioni precedentemente sottoscritti.

2 ter. Gli interventi previsti dal comma 2 bis sono assentiti, in deroga all’articolo 6, mediante rilascio del permesso di costruire.

3. omissis

4. Gli interventi di cui agli articoli 2, 3, 3 ter, 3 quater e 4 sono subordinati all'esistenza delle opere di urbanizzazione primaria ovvero al loro adeguamento in ragione del maggiore carico urbanistico connesso al previsto aumento di volume o di superficie degli edifici esistenti, ad esclusione degli interventi realizzati sulla prima casa di abitazione.

5. omissis

6. L'istanza intesa ad ottenere il titolo abilitativo per gli ampliamenti di cui all’articolo 2 riguarda anche i fabbricati il cui progetto o richiesta del titolo abilitativo edilizio siano stati presentati al comune entro il 31 ottobre 2013.

7. Le istanze per gli interventi di cui agli articoli 2, 3, 3 ter, 3 quater e 4 devono essere presentate entro il 10 maggio 2017.

8. Sono fatte salve le disposizioni in materia di distanze previste dalla normativa statale vigente.

8 bis. Al fine di consentire il riordino e la rigenerazione del tessuto edilizio urbano già consolidato ed in coerenza con l’obiettivo prioritario di ridurre o annullare il consumo di suolo, anche mediante la creazione di nuovi spazi liberi, in attuazione dell’articolo 2 bis del DPR n. 380/2001 gli ampliamenti e le ricostruzioni di edifici esistenti situati nelle zone territoriali omogenee di tipo B e C, realizzati ai sensi della presente legge, sono consentiti anche in deroga alle disposizioni in materia di altezze previste dal decreto ministeriale n. 1444 del 1968 e successive modificazioni, sino ad un massimo del 40 per cento dell’altezza dell’edificio esistente.

9. È comunque ammesso, anche negli edifici ricadenti nei centri storici di cui all’articolo 2 del decreto ministeriale n. 1444 del 1968 non sottoposti al vincolo di cui al comma 1, lettera b), l’aumento della superficie utile di pavimento all’interno del volume autorizzato, nel rispetto dei parametri igienico-sanitari previsti dalla normativa vigente.

 

Art. 9 Comma 1

Il comma 1 disciplina i limiti applicativi della legge regionale sul “piano casa” con specifico riferimento agli articoli 2, 3, 3 ter, 3 quater e 4, rispetto ad alcune aree o edifici. In particolare:

  • lettera a): tale norma esclude dall’ambito di applicazione gli edifici situati nei centri storici ad eccezione degli edifici privi di grado di protezione, o con grado di protezione che consenta demolizione e ricostruzione, ristrutturazione o sostituzione edilizia, ricomposizione volumetrica o urbanistica.

Per grado di protezione deve intendersi sia quello disposto a seguito di normativa statale o regionale che quello disposto dagli strumenti urbanistici vigenti.

In relazione al concetto di centro storico, sono considerati tali quelle porzioni di territorio che risultino propriamente classificate “centro storico” o “Zto A” dagli atti di pianificazione comunale. Il legislatore ha abrogato la previsione che riservava ai comuni la facoltà di deliberare con quali modalità consentire detti interventi e pertanto non trovano applicazione le deliberazioni adottate dai comuni in attuazione del precedente “piano casa”.

Allo stato attuale, la realizzazione degli interventi di cui agli articoli 2, 3, 3 ter, 3 quater e 4 è possibile in tutte le zone del centro storico per tutti gli edifici ivi localizzati e “privi di grado di protezione o con grado di protezione che consenta demolizione e ricostruzione, ristrutturazione o sostituzione edilizia, ricomposizione volumetrica o urbanistica” con il solo obbligo del rispetto dell’articolo 8, primo comma, n. 1), del DM 1444/1968.

  • Lettera b): l’esclusione contemplata da tale lettera  concerne gli edifici assoggettati a vincolo monumentale. Va precisato che l’esclusione non riguarda i beni paesaggistici di cui alla terza parte del D.Lgs 42/2004, per i quali comunque occorre acquisire la necessaria autorizzazione paesaggistica.
  • Lettera c): con detta lettera si escludono dall’ambito applicativo del comma 1 gli edifici oggetto di specifiche norme di tutela derivanti da strumenti urbanistici e territoriali, già approvati od anche solo adottati, sempre che l’intervento da realizzare sull’edifico tutelato sia incompatibile con le previsioni del piano casa. Sono annoverate tra le specifiche norme di tutela anche i cd. “gradi di protezione” imposti dagli strumenti di pianificazione sugli edifici di pregio architettonico o di valore storico – testimoniale, le disposizioni relative alle tipologie costruttive, la disciplina relativa alle destinazioni d’uso nonché le norme puntuali contenute nelle schede d’intervento relative ai singoli edifici. Per tale ultima fattispecie, si evidenzia che ove la scheda limiti gli interventi alla semplice ristrutturazione senza ampliamento, gli articoli 2, 3, 3 ter, 3 quater e 4 non trovano applicazione.

Si sottolinea che non limita né impedisce l’applicazione della legge la sola  inclusione dell’edificio all’interno dell’ambito di un piano urbanistico attuativo (per esempio Piano Particolareggiato o Piano di Recupero) in assenza di specifico grado di protezione, o la previsione dello strumento urbanistico comunale che subordina ogni intervento sull’edificio alla preventiva approvazione di PUA.

  • Lettera d): esclude dall’applicazione della legge le fattispecie elencate all’art. 33 legge n. 47/1985. Sono altresì esclusi gli edifici ricadenti in aree dichiarate inedificabili in forza di sentenza o provvedimento amministrativo. Sono altresì esclusi gli interventi su costruzioni ubicate nelle zone di protezione delle strade di cui al DM 1 aprile 1968, n. 1404 e in quelle di rispetto al nastro stradale e di cui al D.Lgs 30 aprile 1992 n. 285.
  • Lettera e): in tale fattispecie, il legislatore è intervenuto abrogando, rispetto alla precedente formulazione del piano casa, le parole “soggetti all’obbligo di demolizione”. Pertanto, nella disposizione attuale, l’esclusione riguarda edifici anche parzialmente abusivi indipendentemente dal fatto che si tratti di abuso assoggettabile in concreto alla sanzione demolitoria ovvero si tratti di abuso che concretamente non possa essere demolito per la circostanza che l’intervento provocherebbe un pregiudizio statico alla parte non abusiva.

Coerentemente con quanto esplicitato in passato, possono beneficiare delle disposizioni della legge regionale n. 14/2009 gli edifici interessati  già sanati a seguito di abusi sanzionabili esclusivamente in via pecuniaria, ai sensi delle specifiche disposizione contenute nel Titolo IV, capo II, del DPR n. 380/2001, sempreché la sanzione sia stata pagata prima della presentazione della richiesta di titolo abilitativo del piano casa.

  • Lettera f): così come per il passato, la norma ha lo scopo di escludere dai benefici di legge gli edifici commerciali qualora gli interventi “siano volti ad eludere o derogare le disposizioni regionali in materia di commercio”.
  • Lettera g): dispone l’esclusione degli edifici situati in “aree dichiarate ad alta pericolosità idraulica” ai sensi del D.Lgs 152/2006 (Codice dell’Ambiente). Il rinvio a tale testo normativo va riferito al rischio idrogeologico atteso che il rischio idraulico e geologico rientrano nella più ampia definizione di “difesa del suolo” fornita dal Codice. E’ quindi implicito che siano escluse dall’applicazione della legge regionale gli edifici ricadenti in aree che presentino aspetti di pericolosità sia idraulica che geologica e per le quali la relativa pianificazione preveda l’inedificabilità. Per gli edifici ricadenti in dette aree è stato approvato l’articolo 3 quater che, invece, incentiva lo spostamento di detti edifici in aree non a rischio.

Va infine ricordato che le esclusioni di cui al comma 1 trovano applicazione anche qualora gli edifici siano ubicati in zona agricola.

 

Art. 9 Commi 2,  2 bis e 2 ter

Il comma 2 consente, per gli interventi di cui agli articoli 2, 3 e 4, il cambio di destinazione d’uso degli edifici a condizione che lo strumento urbanistico comunale ammetta la nuova destinazione richiesta dall’interessato. Novellata invece la disposizione del comma 2 bis il quale consente il mutamento della destinazione d’uso con il recupero dell’intera volumetria esistente per gli edifici dismessi o in via di dismissione situati in zone territoriali omogenee diverse dalla zona agricola, qualora l’intervento sia finalizzato alla rigenerazione o riqualificazione dell’edificio. L’intervento del comma 2 bis è ammesso purchè la nuova destinazione sia consentita dalla disciplina edilizia di zona. In ogni caso, vengono fatti salvi gli accordi o le convenzioni già conclusi, alla data di entrata in vigore della legge regionale,  tra privati e pubbliche amministrazioni, ove detti accordi o convenzioni abbiano concesso agli interessati incrementi volumetrici a condizioni diverse rispetto a quelle contenute nel “piano casa”.

Per quanto riguarda, infine, il comma 2 ter, la norma dispone che  gli interventi disciplinati dal comma 2 bis sono assentiti mediante rilascio del permesso di costruire, quindi in deroga all’articolo 6, al cui commento, per brevità, si rinvia.

 

Art. 9 Comma 3

Omissis

 

Art. 9 Comma 4

Il comma 4 subordina gli interventi di cui agli articoli 2, 3, 3 ter, 3 quater e 4 all’esistenza e all’adeguatezza delle opere di urbanizzazione primaria, eccezion fatta per gli interventi che riguardino la prima casa di abitazione relativamente ai quali la condizione non opera. L’eventuale carenza delle opere di urbanizzazione, in questi termini, è superabile solo con l’adeguamento delle stesse nei modi consentiti dalla legge.

In ordine agli interventi di urbanizzazione primaria, si rinvia a quelli indicati all’art. 16, comma 7, del DPR n. 380/2001 tra cui si annoverano gli spazi di sosta o di parcheggio.

 

Art. 9 Comma 5

Omissis

 

Art. 9 Comma 6

Il comma 6 precisa che l’istanza intesa ad ottenere il titolo abilitativo per gli ampliamenti di cui all’articolo 2 riguarda anche i fabbricati il cui progetto o richiesta del titolo abilitativo edilizio siano stati presentati al comune entro il 31 ottobre 2013, derogando in tal modo espressamente al principio di cui all’articolo 2 che chiede il requisito dell’esistenza dell’edifico a tale data.

Si ritiene possano beneficiare di tali disposizioni, anche i fabbricati il cui progetto previsto all’interno di un PUA approvato e convenzionato entro il 31 ottobre 2013.

 

Art. 9 Comma 7

Con il successivo comma 7, il legislatore indica nel 10 maggio 2017 il termine ultimo per la presentazione delle istanze, riconfermando il carattere eccezionale e temporaneo della normativa in esame.

 

Art. 9 Comma 8 e 8 bis

Il comma 8 fa salve le disposizioni statali sulle distanze, mentre il comma 8 bis, nel dare attuazione all’articolo 2 bis del DPR n. 380/2001, consente, anche in deroga alle disposizioni in materia di altezze previste dal decreto ministeriale n. 1444 del 1968, gli ampliamenti e le ricostruzioni di edifici esistenti situati nelle zone territoriali omogenee di tipo B e C, sino ad un massimo del 40 per cento dell’altezza dell’edificio esistente. Si evidenzia che la disposizione ha carattere straordinario e, considerata la sua collocazione nell’ambito dell’articolo 9, condivide con le altre disposizioni in esso contenute il limite temporale di applicabilità del 10 maggio 2017.

 

Art. 9 Comma 9

Con quest’ultimo comma il legislatore ha disciplinato l’aumento della superficie utile di pavimento all’interno dei volumi autorizzati, ossia l’incremento della superficie utile senza incremento del volume urbanistico né della superficie coperta, purché siano rispettati i parametri igienico-sanitari di legge. Si ammette così, in deroga ad eventuali previsioni ostative o limitative dei piani o regolamenti locali, la realizzazione di interventi che, pur non comportando variazioni di volume e/o superficie coperta, consentono l’aumento delle superfici utili come ad esempio la costruzione di soppalchi interni o una diversa articolazione degli spazi, fatto salvo il versamento del contributo di costruzione e la verifica/adeguamento delle dotazioni di aree a servizi, qualora dovuti. In ogni caso va ricordato che sono sottratti dalle previsioni di questo comma gli edifici oggetto di tutela ai sensi del comma 1, lettera b).

 

Art. 10 - Ristrutturazione edilizia.

1. Nelle more dell’approvazione della nuova disciplina regionale sull’edilizia, ai fini delle procedure autorizzative relative alle ristrutturazioni edilizie ai sensi del DPR n. 380/2001:

a) gli interventi di ristrutturazione edilizia di cui all’articolo 3, comma 1, lettera d), del DPR n. 380/2001, anche al fine di consentire l’utilizzo di nuove tecniche costruttive, possono essere realizzati con l’integrale demolizione delle strutture murarie preesistenti, purché la nuova costruzione sia realizzata con il medesimo volume o con un volume inferiore;

b) gli interventi di ristrutturazione edilizia con ampliamento di cui all’articolo 10, comma 1, lettera c), del DPR n. 380/2001, qualora realizzati mediante integrale demolizione e ricostruzione dell’edificio esistente, per la parte in cui mantengono i volumi esistenti sono considerati, ai fini delle prescrizioni in materia di indici di edificabilità e di ogni ulteriore parametro di carattere quantitativo, ristrutturazione edilizia, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lettera d), del DPR n. 380/2001 e non nuova costruzione, mentre è considerata nuova costruzione la sola parte relativa all’ampliamento che rimane soggetta alle normative previste per tale fattispecie.

b bis) negli interventi di ristrutturazione edilizia la ricostruzione a seguito della demolizione può avvenire anche su area di sedime parzialmente diversa, purché ciò non comporti una modifica sostanziale della localizzazione dell’edificio nell’ambito del lotto di pertinenza. In caso di interventi ubicati nelle zone di protezione delle strade e nelle zone vincolate come inedificabili dagli strumenti urbanistici generali, la ricostruzione è consentita anche in area adiacente, purché al di fuori della fascia di rispetto o dell’area inedificabile.

 

Il legislatore è intervenuto sulla norma in esame riguardante la ristrutturazione edilizia a seguito delle recenti modifiche apportate alla disciplina di tale intervento edilizio nell’ordinamento statale ad opera del c.d. “decreto del fare”, cioè la legge 9 agosto 2013, n. 98 di conversione con modificazioni, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69“Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia”.

La lettera a) precisa che gli interventi di ristrutturazione edilizia  - di cui all’articolo 3, comma 1, lettera d), del DPR n. 380/2001 - possono essere realizzati con l’integrale demolizione delle strutture murarie preesistenti, purché la nuova costruzione sia realizzata con il medesimo volume o con un volume inferiore. La disposizione ha soppresso quindi l’ulteriore condizione contenuta nella formulazione precedente che richiedeva che la ricostruzione avvenisse all’interno della sagoma del fabbricato precedente.

Rientrano nella categoria di cui alla lettera a) gli interventi spesso indispensabili per consentire l’utilizzo di nuove tecniche costruttive, ad esempio per realizzare strutture antisismiche o per adeguare le fondazioni di vecchi edifici.

La lettera b) stabilisce che l’intervento che mantiene i volumi esistenti dell’edificio preesistente è assoggettato - per quanto attiene alle prescrizioni in materia di indici di edificabilità ed agli ulteriori parametri di carattere quantitativo - alla stessa disciplina della ristrutturazione edilizia; mentre, laddove l’intervento costituisce ampliamento, è assoggettato - sempre riguardo agli indici ed ai parametri quantitativi sopra detti - alla disciplina propria della nuova costruzione. La parte di edificio demolita e ricostruita con lo stesso volume, mantiene una condizione privilegiata (per esempio, la possibilità di mantenere le distanze preesistenti) propria del fabbricato nella sua conformazione originaria, mentre l’ampliamento viene assoggettato alle eventuali più restrittive disposizioni pianificatorie vigenti. Anche in tale disposizione è stato eliminato ogni riferimento alla sagoma in coerenza con le modifiche apportate a livello di normativa statale.

Per quanto riguarda il caso di immobili sottoposti a vincoli ai sensi del D.Lgs. n. 42/2004 e successive modificazioni, si applica ovviamente la previsione di cui all’articolo 3, comma d) del DPR n. 380/2001 che dispone che per detti immobili gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove sia rispettata la medesima sagoma dell'edificio preesistente

Infine, con la lettera b-bis), il legislatore ha introdotto una nuova previsione consentendo che negli interventi di ristrutturazione, la ricostruzione a seguito della demolizione, possa avvenire anche su area di sedime parzialmente diversa a condizione che ciò non comporti una modifica sostanziale della localizzazione dell’edificio nell’ambito del lotto di pertinenza. In caso di interventi ubicati nelle zone di protezione delle strade e nelle zone vincolate come inedificabili dagli strumenti urbanistici generali, la ricostruzione è consentita anche in area adiacente, purché al di fuori della fascia di rispetto o dell’area inedificabile.

 

Art. 11 - Interventi a favore dei soggetti disabili.

1. La realizzazione degli interventi di cui alla presente legge funzionali alla fruibilità di edifici adibiti ad abitazione di soggetti riconosciuti invalidi dalla competente commissione, ai sensi dell’articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 “Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”, dà diritto alla riduzione delle somme dovute a titolo di costo di costruzione in relazione all’intervento, in misura del 100 per cento, sulla base dei criteri definiti dalla Giunta regionale ai sensi dell’articolo 10, comma 2, della legge regionale 12 luglio 2007, n. 16 “Disposizioni generali in materia di eliminazione delle barriere architettoniche”.

L’articolo 11 è dedicato agli interventi di ampliamento connessi con necessità legate alla presenza di situazioni di disabilità e non ha subito modifiche da parte della legge regionale n. 32/2013. Ai sensi di tale articolo ove la realizzazione degli interventi ammessi siano funzionali alla fruibilità di edifici adibiti ad abitazione di soggetti riconosciuti invalidi in base all’articolo 4 della legge 104/1992, per detti interventi è prevista la riduzione del 10 per cento del costo di costruzione sulla base dei criteri definiti dalla Giunta regionale, ai sensi dell’articolo 10, comma 2, della legge regionale n. 16/2007.

 

Art. 11 bis - Interventi finalizzati a garantire la fruibilità degli edifici mediante l’eliminazione di barriere architettoniche.

1. Le percentuali di cui all’ articolo 2, comma 1 e all’articolo 3 sono elevate fino ad un ulteriore 40 per cento per gli interventi da chiunque realizzati e finalizzati alla eliminazione delle barriere architettoniche di cui all’articolo 7, comma 1, lettere a), b) e c), della legge regionale 12 luglio 2007, n. 16 .

2. La Giunta regionale, per le finalità di cui al comma 1, sentita la competente commissione consiliare, che si esprime entro sessanta giorni dalla richiesta trascorsi i quali si prescinde dal parere, integra le prescrizioni tecniche atte a garantire la fruizione degli edifici residenziali privati, degli edifici residenziali pubblici e degli edifici e spazi privati aperti al pubblico, approvate ai sensi dell’articolo 6 della legge regionale 12 luglio 2007, n. 16 , prevedendo la graduazione della volumetria assentibile in ampliamento in funzione del livello di fruibilità garantito dall’intervento.

 

Art. 11 bis Commi 1 e 2

Il legislatore con l’articolo in esame ha introdotto ulteriori incentivazioni volte a favorire gli interventi per l’eliminazione delle barriere architettoniche; il nuovo articolo ampia la possibilità di incrementare il volume di ampliamento qualora si debba intervenire per eliminare le barriere architettoniche. Il comma 2 dispone che la Giunta regionale adotti un provvedimento prevedendo “la graduazione della volumetria assentibile in ampliamento in funzione del livello di fruibilità garantito dall’intervento”.

Per completezza, si richiama altresì il comma 2 dell’articolo 12, legge regionale 32/2013, anch’essa norma di favore, che recita: “gli ascensori esterni e i sistemi di sollevamento realizzati al fine di migliorare l’accessibilità agli edifici sono da considerarsi volumi tecnici, esclusi pertanto dal calcolo del volume o della superficie e soggetti alle norme del codice civile in materia di distanze”.

 

Art. 13 – Efficientamento energetico dei nuovi edifici (legge regionale 29 novembre 2013, n. 32)

1. Al fine di favorire l’efficientamento energetico, qualora la prestazione energetica dell’edificio, così come definita dal decreto legislativo n. 192 del 2005 e successive modificazioni e dal decreto del presidente della repubblica n. 59 del 2009, sia corrispondente alla classe A, il costo di costruzione è ridotto del:

a) 50 per cento per la realizzazione di nuovi edifici residenziali;

b) 25 per cento per la realizzazione di nuovi edifici adibiti ad uso diverso.

2. L’esenzione di cui al comma 1 riguarda le istanze per la realizzazione di nuovi edifici presentate entro il 10 maggio 2017.

 

Art. 13 Commi 1 e 2

Il legislatore ha ritenuto di non inserire l’articolo in esame all’interno del “piano casa” in quanto lo stesso non prevede interventi edilizi assimilabili a quelli individuati dagli articoli precedenti. Scopo di tale norma, infatti, è quello di favorire l’efficientamento energetico del patrimonio edilizio di nuova costruzione riducendo il costo di costruzione del 50 per cento se si tratta di nuovi edifici residenziali e del 25 per cento se si tratta di edifici adibiti ad uso diverso. Il beneficio riconosciuto riguarda solo il costo di costruzione e non anche gli oneri di urbanizzazione di cui all’art. 16 del DPR n. 380/2001 per i quali, dunque, non sono previste riduzioni.

Infine, ai fini della riduzione del costo di costruzione,  il comma 2 richiama il medesimo limite temporale imposto dal legislatore per la presentazione delle istanze per la realizzazione degli interventi di cui agli articoli 2, 3, 3 ter, 3 quater e 4 della legge regionale n. 14/2009. Dunque, per poter beneficiare delle esenzioni offerte dall’articolo in commento è necessario che le istanze per la realizzazione dei nuovi edifici siano presentate entro il 10 maggio 2017.

Dott. Luca Zaia

(Approvata dalla Giunta regionale con deliberazione n. 1925 del 28 ottobre 2014, pubblicata in parte seconda, sezione seconda, del presente Bollettino, ndr)

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