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Scarica versione stampabile Circolare

Bur n. 96 del 12 novembre 2013


Materia: Urbanistica

Circolare n. 2 del 29 ottobre 2013

Approvazione della circolare del Presidente della Giunta regionale: ''Chiarimenti in merito all'art. 44, comma 5, L.R. 11/2004 come sostituito da comma 1, art. 34, L.R. 3/2013''.

(Ai signori Sindaci dei comuni del Veneto; Ai signori Presidenti delle amministrazioni Provinciali del Veneto; e, p.c. All’anci Veneto;  All’unione Province del Veneto)

- Loro sedi -

 

Considerati i numerosi quesiti formulati dagli enti locali (e dai privati) in ordine all’esatto contenuto dell’art. 44, comma 5, L.R. 11/2004, come modificato, da ultimo, dalla L.R. 3/2013, che ha dato adito a diversi problemi interpretativi, si ritiene utile emanare la seguente circolare al fine di fornire i necessari chiarimenti e precisare la corretta applicazione della previsione normativa in esame.

L’originario art. 44, comma 5, disponeva: “Gli interventi di recupero dei fabbricati esistenti in zona agricola sono disciplinati dal PAT e dal PI ai sensi dell’art. 43. Sono sempre consentiti gli interventi di cui all’art. 3, lett. a), b) e c), DPR 380/2001 e successive modificazioni purché eseguiti nel rispetto integrale della tipologia originaria”.

Con la L.R. 4/2008 il legislatore ha successivamente integrato il suddetto comma 5 aggiungendovi l’ampliamento fino ad 800 mc disponendo: “Gli interventi di recupero dei fabbricati esistenti in zona agricola sono disciplinati dal PAT e dal PI ai sensi dell’art. 43. Sono sempre consentiti gli interventi di cui all’art. 3, lett. a), b), c), DPR 06.06.2001, n. 380 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia” e successive modificazioni,  nonché l’ampliamento di case di abitazione fino ad un limite massimo di 800 mc comprensivi dell’esistente, purché eseguiti nel rispetto integrale della tipologia originaria”. La disposizione, così come modificata dalla L.R. 4/2008, è stata chiarita con la circolare interpretativa del Presidente della Giunta regionale 2/2009.

Con l’art. 3, L.R. 23.12.2010, n. 30 il legislatore ha ulteriormente integrato il sopracitato comma 5 annoverando tra gli interventi sempre consentiti anche quelli di cui alla lett. d), DPR  380/2001 e, al contempo, ne ha fornito, con l’art. 5, l’interpretazione autentica con riferimento all’espressione Sono sempre consentiti”, prevedendo, con tale locuzione, che gli interventi siano ammissibili “anche in assenza dei requisiti soggettivi e del piano aziendale di cui all’art. 44, commi 2 e 3, ferme restando le disposizioni più restrittive previste negli strumenti urbanistici, purché le stesse non limitino gli interventi con riferimento ai commi 2 e 3 dell’art. 44”.

Da ultimo è intervenuto il  comma 1 dell’art. 34, L.R. 3/2013,  che ha sostituito il comma 5 con il seguente: “Gli interventi di recupero dei fabbricati esistenti in zona agricola sono disciplinati dal PAT e dal PI ai sensi dell’art. 43. Sono sempre consentiti, purché eseguiti nel rispetto integrale della tipologia originaria, gli interventi di cui alle  lett. a), b), c) e d) dell’art. 3, DPR 380/2001 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia” e successive modificazioni, nonché l’ampliamento di edifici da destinarsi a case di abitazione, fino ad un limite massimo di 800 mc comprensivi dell’esistente, purché la destinazione abitativa sia consentita dallo strumento urbanistico generale.”

L’intervento normativo operato dal legislatore sul comma 5 dell’art. 44, con riferimento alla sostituzione della dicitura “case di abitazione” con quella attuale di “edifici da destinarsi a case di abitazione” ha evidentemente mutato la norma nel senso che, se nel passato l’ampliamento era condizionato al fatto che l’edificio avesse già, al momento della richiesta dell’intervento, una destinazione a casa di abitazione, con la formulazione attuale l’edificio da ampliare può avere anche una destinazione diversa, purché vi sia un’esplicita previsione nello strumento urbanistico comunale che ne consenta la variazione in destinazione abitativa (la norma espressamente prevede “purché la destinazione abitativa sia consentita dallo strumento urbanistico generale”).

Tale previsione va, evidentemente, interpretata alla luce del complessivo quadro normativo in cui si inserisce il novellato comma 5, tra cui l’art. 43, L.R. 11/2004, come richiamato dal primo periodo del citato comma 5, che rinvia a PAT e PI la disciplina per il recupero dei fabbricati esistenti in zona agricola e l’art. 44 che consente interventi edilizi solo in funzione dell’attività agricola.

L’interpretazione della disposizione, infatti,  non può prescindere dalla valutazione dell’articolo in cui si colloca oltre che dall’insieme delle norme che regolano le zone agricole e dai richiami normativi che essa stessa opera.

Da tale contesto emerge, in primo luogo, che l’art. 44, comma 1, prevede un collegamento funzionale tra gli edifici realizzabili in zona agricola e il fondo su cui insistono. Tale presupposto determina che gli edifici sottoposti alle disposizioni del comma 5 abbiano o abbiano posseduto tale requisito, dovendosi pertanto escludere dall’ambito applicativo della norma in parola,  tutti quegli edifici a destinazione diversa da quella agricola o comunque privi di una connessione con il fondo agricolo.

Per quanto concerne, invece, il richiamo all’art. 43, deve ritenersi che la disposizione del comma 5 debba trovare applicazione, non per tutti gli edifici ma solo per quelli  puntualmente disciplinati dagli strumenti urbanistici.

Tale precisazione si ricava dalla lettura della prima parte del comma 5 che dispone: “Gli interventi di recupero dei fabbricati esistenti in zona agricola sono disciplinati dal PAT e dal PI ai sensi dell’art. 43”; in tal senso, l’art. 43 assegna al PAT il compito di fissare le modalità d’intervento per il recupero degli edifici esistenti (comma 1, lett. b) e attribuisce al PI di  individuare “le destinazioni d’uso delle costruzioni esistenti non più funzionali alle esigenze dell’azienda agricola” (comma 2, lett. d).

L’attuale legislazione, pur se innovativa, si pone, peraltro, in assoluta continuità con quanto prevedeva la previgente normativa di cui all’art. 4, L.R. 05.03.1985, n. 24, ora abrogata, che attribuiva al PRG la disciplina della “destinazione d’uso di costruzioni esistenti non più funzionale alle esigenze del fondo”.

In conclusione, se la disciplina degli edifici non più funzionali alla conduzione del fondo è quella stabilita nei piani regolatori generali (PRG) per i comuni non dotati di PAT, e nei PI per quelli invece in cui il PAT è stato approvato, pare potersi affermare che la disposizione di cui al comma 5 dell’art. 44, L.R. 11/2004, interpretata attraverso la lettura sistematica degli articoli citati e con le previsioni contenute nello stesso art. 44, sia nel senso che l’ampliamento oggi ammesso sia consentito esclusivamente a favore di edifici per i quali  lo strumento urbanistico regolamenta puntualmente, ammettendola, la destinazione abitativa (si pensi, ad esempio, alle schede di intervento redatte ai sensi dell’art. 4, L.R. 24/1985) e sempre che tali edifici abbiano o abbiano avuto un  collegamento funzionale con il fondo agricolo.

Di conseguenza, la norma regionale impone una valutazione, caso per caso, degli edifici, ovviamente legittimati, sia in relazione al fatto che la cessata funzionalità rispetto alle esigenze del fondo agricolo sia stata accertata in sede di strumento urbanistico, come pure che per essi sia stata prevista una destinazione abitativa.

IL PRESIDENTE Dott. Luca Zaia

(Approvata dalla Giunta regionale con deliberazione n. 1845 del 15 ottobre 2013, ndr)

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