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Scarica versione stampabile Avviso di Rettifica

Bur n. 66 del 02 settembre 2011


Avvertenza - L'avviso di rettifica dà notizia della correzione di errori contenuti nel testo del provvedimento inviato per la pubblicazione nel Bollettino ufficiale. L'errata corrige dà notizia della correzione di errori verificatisi in fase di composizione o stampa del Bollettino ufficiale.

Ricorsi

Pubblicazione disposta dal Presidente della Corte costituzionale a norma dell'art. 20 delle Norme integrative per i giudizi davanti la Corte costituzionale.

Ricorso n. 72 depositato il 20 luglio 2011

del Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore, rappresentato e difeso dall' Avvocatura Generale dello Stato presso i cui Uffici domicilia in Roma, Via dei Portoghesi, 12

nei confronti

della Regione Veneto, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore,

per la dichiarazione di illegittimità costituzionale

dell'art. 12 della legge della Regione Veneto del 26 maggio 2011, n. 10, pubblicata sul Bur Regione Veneto n. 38 del 31 maggio 2011 recante "Modifiche alla legge regionale 23 aprile 2004, n. 11 "Norme per il governo del territorio" in materia di paesaggio".

* * * * *

L' art. 12 della legge della Regione Veneto n. 10 del 2011 viene impugnato giusta delibera del Consiglio dei Ministri in data 6 luglio 2011 in allegato al presente ricorso.

La Regione Veneto con legge regionale 26 maggio 2011, n. 10 (in Bur Regione Veneto n. 38 del 31 maggio 2011) ha introdotto modifiche alla legge regionale 23 aprile 2004 n. 11, recante "norme per il governo del territorio" in materia di paesaggio.

Tra le novità normative introdotte viene in rilievo l’art. 12 della Lr n. 10/2011, che ha aggiunto l'art. 45 decies alla Lr n. 11/2004.

Segnatamente l'art. 45 decies è stato aggiunto dall'art. 12 della citata legge regionale 26 maggio 2011, n. 10, a decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione (ai sensi di quanto stabilito dall'art. 16 della stessa legge), nell'ambito del titolo V-bis (aggiunto, a sua volta, dall'art. 4 della medesima legge).

L'art. 12 è illegittimo per i seguenti

motivi

L'art. 12 della legge della Regione Veneto n. 10/2011 viola l'art. 117, comma 2, lett. s) della Costituzione sulla competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela ambientale.

L'art. 117 comma 2 lettera s) della Costituzione affida, come noto, alla potestà legislativa esclusiva della Stato la materia della "tutela dell'ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali ".

Tale attribuzione da parte del Legislatore costituzionale trova fondamento nella avvertita esigenza di offrire adeguata protezione a beni giuridici di primario momento, la cui altissima rilevanza sistematica, già per vero non revocabile in dubbio sulla scorta del diritto vivente, ha ricevuto altresì evidente e definitiva consacrazione per opera dell’art. 9 Cost., che vale a conferire loro valore di principi fondamentali dell'ordinamento costituzionale.

La materia ambientale, in particolare, è stata oggetto di numerosi interventi da parte di codesta Ecc.ma Corte, che ne hanno, nel corso del tempo, delineato i tratti principali e definito la portata applicativa, con particolare riguardo al rapporto con le altre materie ora sottoposte alla competenza legislativa concorrente Stato-Regioni.

Cosi, si è dapprima affermato il carattere "primario" ed "assoluto" del bene giuridico-ambiente (già a partire da C. Cost. n. 151 del 1986), comportante per ciò stesso la sua necessaria prevalenza rispetto ad ogni altro bene che non partecipi dei medesimi requisiti, e dunque, in definitiva, la non intaccabilità da parte dei poteri pubblici, sia pure nell' esercizio legittimo di funzioni loro attribuite; è poi progressivamente andata delineandosi, specie in seguito alla riformulazione dell' art. 117 Cost. operata dalla riforma del Titolo V del 2001 - ed alla conseguente citata introduzione della "tutela dell'ambiente" tra le materie di legislazione statale esclusiva - la natura "trasversale" della materia, come precisato. in particolare, da C. Cost. n. 380/2007, senza che tale natura possa, peraltro, minimamente pregiudicare il riparto di competenza legislativa. che rimane in via di esclusivo appannaggio statale: ''Al riguardo, è necessario sottolineare che questa Corte, nel delineare, in via generale, i confini della materia «tutela dell'ambiente», ha affermato ripetutamente che la relativa competenza legislativa, pur presentandosi «sovente connessa e intrecciata inestricabilmente con altri interessi e competenze regionali concorrenti» (sent. n. 32 del 2006), tuttavia, rientra nella competenza esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma, lettera s, Cost.) [ .....] In realtà dalla giurisprudenza di questa Corte, sia precedente che successiva alla nuova formulazione del titolo V della parte seconda della Costituzione, è agevole ricavare una configurazione dell'ambiente come "valore" costituzionalmente protetto, che, in quanto tale, delinea una sorta di materia "trasversale" (sentenza n. 32 del 2006, n. 336, n. 232, n. 214, n. 62 del 2005, n. 259 del 2004, n. 507 e n. 54 del 2000, n. 382 del 1999, n. 273 del1998)".

Ancor più significativamente, la stessa giurisprudenza di codesta Corte ha proceduto a ricostruire in chiave sistematica le nozioni di "tutela dell'ambiente" e di "tutela del paesaggio", di cui, rispettivamente, agli artt. 117, secondo comma e 9 Cost., operando una sostanziale assimilazione semantica di tali concetti ed escludendo per tal verso l'accoglimento di una diversa ipotesi ricostruttiva, che alla mera difformità del dato letterale fra le due norme potesse in qualche misura ricollegare una diversità di significato percettivo o di ambito oggettivo di applicazione.

II rapporto di osmosi giuridica tra la tutela ambientale e la tutela paesaggistica, se per un verso può ritenersi elemento costantemente caratterizzante i percorsi argomentativi seguiti da codesta Corte, ogni volta che sia stata chiamata a pronunziarsi su questioni attinenti ai rapporti, sovente conflittuali, tra gli strumenti (contemplati nella normativa statale) di salvaguardia del paesaggio e gli strumenti (di disciplina legislativa regionale) di governo del territorio (cfr. ad esempio la recente sent. 5 maggio 2006, n. 182), è stato chiaramente esplicitato dalla sentenza C. Cost. 367/2007, nella quale si afferma inequivocabilmente che "il concetto di paesaggio indica, innanzitutto, la morfologia del territorio, riguarda cioè l'ambiente nel suo aspetto visivo. Ed è per questo che l'art. 9 della Costituzione ha sancito il principio fondamentale della "tutela del paesaggio" senza alcun'altra specificazione. In sostanza, è lo stesso aspetto del territorio, per i contenuti ambientali e culturali che contiene, che è di per se un valore costituzionale. [ .....] L'oggetto tutelato non è il concetto astratto delle "bellezze naturali", ma l'insieme delle cose, beni materiali,o le loro composizioni, che presentano valore paesaggistico. Sui territorio gravano più interessi pubblici: quelli concernenti la conservazione ambientale e paesaggistica, la cui cura spetta in via esclusiva allo Stato, e quelli concernenti il governo del territorio e la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali (fruizione del territorio), che sono affidati alla competenza concorrente della Stato e delle Regioni.

La tutela ambientale e paesaggistica, gravando su un bene complesso ed unitario, considerato dalla giurisprudenza costituzionale un valore primario ed assoluto, e rientrando nella competenza esclusiva della Stato, precede e comunque costituisce un limite alla tutela degli altri interessi pubblici assegnati alla competenza concorrente delle Regioni in materia di governo del territorio e di valorizzazione dei beni culturali e ambientali. In sostanza, vengono a trovarsi di fronte due tipi di interessi pubblici diversi: quello alla conservazione del paesaggio, affidato allo Stato, e quello alla fruizione del territorio, affidato anche alle Regioni".

Se è incontestabile che la materia della tutela dell’ambiente/paesaggio investe beni di carattere primario ed assoluto, la cui cura è affidata in via esclusiva alla disciplina dettata dallo Stato, senza che l'esercizio da parte delle Regioni di potestà legislativa in materie ad essa strettamente correlate (quali quella del governo del territorio) possa in alcun modo scalfire detto carattere di esclusività, non può parimenti essere negato come la principale normativa statale di riferimento, che concretamente attua tale potestà esclusiva di tutela, sia costituita, anzitutto, dal D.lgs 22.01.2004, n. 42 ("Codice dei beni culturali e del paesaggio"), "poichè la prima disciplina che esige il principio fondamentale della tutela del paesaggio è quella che concerne la conservazione della morfologia del territorio e dei suoi essenziali contenuti ambientali" (C. Cost. n. 367/07, cit.).

Il Codice dei beni culturali, all'art. 1, significativamente esordisce: "In attuazione dell' art. 9 della Costituzione, la Repubblica tutela e valorizza il patrimonio culturale in coerenza con le attribuzioni di cui all'art. 117 della Costituzione e secondo le disposizioni del presente codice" (co. I). Soggiunge che lo Stato, le regioni, le città metropolitane le province ed i comuni nonchè gli altri soggetti pubblici, nella misura delle loro rispettive competenze, concorrono alle funzioni di conservazione, fruizione e valorizzazione del patrimonio culturale e paesaggistico, ma precisa che tali attività devono in ogni caso essere svolte in conformità alla normativa di tutela (co. 6).

Pone poi, con specifico riguardo ai beni paesaggistici, una compiuta elencazione, in cui figurano anche le eccezioni di stretta interpretazione (art. 142)

Esige, in ultimo, che tutti gli interventi che i proprietari, i possessori ovvero i detentori a qualsiasi titolo intendano eseguire sui beni di interesse paesaggistico debbano essere preventivamente sottoposti alla regione o ad altro ente locale delegato, ai fini del rilascio della necessaria autorizzazione (art. 146), individuando tassativamente le categorie di interventi che, per converso, non necessitano di tale provvedimento ampliativo (art. 149).

Tale stringente e, tuttavia, opportuna disciplina viene dettata, evidentemente, al fine precipuo di orientare l'utilizzo e la fruizione del paesaggio a principi di qualità e sostenibilità ambientale, come pure è affermato nel comma secondo dell'art. 131 del Codice (come recentemente modificato dall' art. 2, co. 1, lett. a, D.lgs 26 marzo 2008, n. 63), quantomeno in relazione a quegli aspetti e caratteri del paesaggio che costituiscono rappresentazione materiale e visibile dell'identità nazionale, in quanta espressione di valori culturali.

In questo contesto si inserisce l'art. 12 censurato.

Segnatamente, l'art. 12 così recita "1. Dopo l'articolo 45-nonies della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11, come inserito dall'articolo 11, è aggiunto il seguente:

«Art. 45-decies

Disposizioni in materia di zone territoriali omogenee escluse dalla tutela paesaggistica.

1. Nei comuni dotati, alla data del 6 settembre 1985, di strumenti urbanistici generali contenenti denominazioni di zone territoriali omogenee non coincidenti con quelle indicate dal decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, sono assimilate alle aree escluse dalla tutela ai sensi dell'articolo 142, comma 2, quelle aree che, alla suddetta data del 6 settembre 1985, risultino:

a) comprese in zone urbanizzate con le caratteristiche insediative e funzionali delle zone A e B, previa verifica della loro corrispondenza ai parametri quantitativi di cui all'articolo 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444:

b) a destinazione pubblica, quali strade, piazze ed aree a verde, purchè incluse nel territorio urbanizzato individuato ai sensi dell'articolo 142, comma 2, del Codice e ai sensi della lettera a).

2. In sede di formazione o di aggiornamento del quadro conoscitivo di cui all'articolo 10, i comuni verificano ed eventualmente aggiornano i dati relativi ai vincoli con i contenuti di cui al comma 1.

3. La Giunta regionale disciplina, sentita la competente commissione consiliare, il procedimento e le modalità di elaborazione dei dati di cui al comma 2, nonchè la loro acquisizione da parte dell'Osservatorio regionale per il paesaggio di cui all'articolo 48-septies. »

L'art. 142 del codice dei beni culturali e del paesaggio (d.l. n. 207/2008 conv. con l. n. 14/2009), di contro, cosi dispone:

"142. Aree tutelate per legge.

1. Sono comunque di interesse paesaggistico e sono sottoposti alle disposizioni di questo Titolo:

a) i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare;

b) i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi;

c) i fiumi, i torrenti, i corsi d'acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna;

d) le montagne per la parte eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1.200 metri sul livello del mare per la catena appenninica e per le isole;

e) i ghiacciai e i circhi glaciali:

f) i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi:

g) i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi a danneggiati da1fuoco, e quelli sottopasti a vincolo di rimboschimento, come definiti dall'articolo 2, commi 2 e 6, del decreta legislativo 18 maggio 2001, n. 227;

h) le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici;

i) le zone umide incluse nell'elenco prevista dal decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448;

l) i vulcani;

m) le zone di interesse archeologico (221).

2. La disposizione di cui al comma 1, lettere a), b), c), d), e), g), h), l), m), non si applica alle aree che alla data del 6 settembre 1985:

a) erano delimitate negli strumenti urbanistici, ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, come zone territoriali omogenee A e B;

b) erano delimitate negli strumenti urbanistici ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, come zone territoriali omogenee diverse dalle zone A e B, limitatamente alle parti di esse ricomprese in piani pluriennali di attuazione, a condizione che le relative previsioni siano state concretamente realizzate;

c) nei comuni sprovvisti di tali strumenti, ricadevano nei centri edificati perimetrati ai sensi dell'articolo 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865.

3. …

4. Resta in ogni caso ferma la disciplina derivante dagli atti e dal provvedimenti indicati all'articolo 157".

In sintesi:

- l'art. 45 decies, introdotto dall'art. 12, prevede che nei comuni della regione Veneto che alla data del 6 settembre 1985 risultano dotati di strumenti urbanistici generali contenenti denominazioni di zone territoriali omogenee non coincidenti con quelle indicate dal decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, sono assimilate alle aree escluse dalla tutela ai sensi dell'articolo 142, comma 2, quelle aree che alla suddetta data del 6 settembre 1985 sono:

"a) comprese in zone urbanizzate con le caratteristiche insediative e funzionali delle zone A e B, previa verifica della loro corrispondenza ai parametri quantitativi di cui all'articolo 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444;

b) a destinazione pubblica, quali strade, piazze ed aree a verde, purché incluse nel territorio urbanizzato individuato ai sensi dell'articolo 142, comma 2, del Codice e ai sensi della lettera a).”

- di contro, l’art. 142 al comma 1 individua le "aree tutelate per legge" (cioè anche in assenza di vincoli imposti con atto amministrativo) elencandole con le lettere dalla a) alla m).

Solo al comma 2 prevede che vincoli di cui al comma precedente non si applicano alle aree che, alla data del 6.9.1985, avevano le caratteristiche indicate ai punti alle lettere a), b) e c).

Ed in particolare alla lett. a) del comma 2, indica tra le esclusioni quelle aree

che: "a) erano delimitate negli strumenti urbanistici, ai sensi del decreto ministeriale

2 aprile 1968, n. 1444. come zone territoriali omogenee A e B; ".

Dal semplice raffronto tra i due articoli appare allora, innanzitutto, evidente che l’art. 1, lett. a) dell' art. 45 decies introdotto dall’art. 12 modifica la menzionata norma statale di cui all'art. 142, comma 2, lett. a) ampliandone l’ambito di applicazione.

Per volontà regionale sono, in fatti, esclusi dal vincolo paesaggistico ex lege anche le "denominazioni di zone territoriali omogenee non coincidenti con quelle indicate dal decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444" purchè comprese in zone urbanizzate con le caratteristiche insediative e funzionali delle zone A e B.

E ciò malgrado l’anzidetta previsione recata dall'art. 142, comma 2, lett. a) sia di stretta interpretazione perchè di natura derogatoria rispetto al principio generale di cui al precedente comma 1.

In tal senso, invero, si è anche recentemente espresso il Consiglio di Stato in alcune fattispecie riguardanti proprio la Regione Veneto, che la norma regionale censurata con il presente ricorso richiama immediatamente alla mente (ex pluriuso CdS, sez. VI., n. 2056/2010).

Nella richiamata sentenza pronunciata dal giudice amministrativo il Comune di Jesolo, richiamando la disposizione derogatoria contenuta nell'art. 142, comma 2 del D.lgs 42/04, sosteneva, infatti, che le zone di "ricomposizione spaziale" del territorio comunale, poste entro la fascia di 300 mt dal lido del mare, potessero essere pacificamente assimilate alle zone B (secondo l'ordine classificatorio contenuto nel Dm 1444/68), sottraendole cosi al regime vincolistico che caratterizza i territori costieri proprio in virtù della norma richiamata.

Sul punto il Consiglio di Stato si è, tuttavia, così espresso, ritenendo le aree sottoposte alla disciplina del nulla osta della locale Soprintendenza per la tutela dei beni paesaggistici: "Anzitutto, sul piano formale, rileva il dato obiettivo, già messo in luce dal Tar secondo cui, nel caso che ci occupa, nessuna delle ipotesi derogatorie espressamente contemplate dal richiamata art. 142 2° comma può dirsi in concreto sussistente (in fatto la circostanza è incontestata, essendo controverso

soltanto il profilo qualificatorio). Ora, poichè le eccezioni alla regola generale (i.e.

la disapplicazione del regime vincolistico) vanno sempre interpretate restrittivamente (dato che nel dubbio prevale la regola e non l'eccezione), i primi giudici hanno avuta buon gioco nel sostenere che l 'area oggetto dell'intervento non era stata qualificala come zona omogenea di tipo <B> (né tantomeno come zona <A>) dallo strumento urbanistico del Comune di Jesolo vigente al 6 settembre 1985 (data prevista dalla legge quale discrimen temporale per l’applicazione del regime derogatorio), né rientrava - sempre a tale data - in un piano di attuazione le cui previsioni fossero già state realizzate (ipotesi derogatoria di cui alla lett. b) del medesimo art. 142, 2° comma). Di qui la pacifica assoggettabilità delle zone di ricomposizione spaziale al regime vincolistico imposto dalla normativa a protezione del paesaggio, risultando ardita e al postutto non consentita ogni operazione ermeneutica volta ad attrarre (in via estensiva o analogica) le aree di ricomposizione spaziale in una diversa Categoria normativa. Ma, a parere del Collegio, a corroborare la soluzione della inconfigurabilità della possibilità di sottrarre gli interventi edilizi da realizzarsi nelle zone di ricomposizione spaziale all'autorizzazione previa della autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico soccorre un argomento ulteriore, di carattere sostanziale, afferente la specifica

natura delle aree rientranti nella suddetta zonizzazione .......... La ragione della esclusione del vincolo paesaggistico legale, in relazione alle aree di tipo omogeneo <A> e <B> di cui al Dm 1444/68, è da cogliere nell'assetto tendenzialmente stabile, sul piano urbanistico, di tali aree, requisito pacificamente non predicabile a proposito delle zone di ricomposizione spaziale ... .... a ragione, dunque,la Soprintendenza veneziana ha ritenuto che tali zone non possono essere aggregate a quelle omogenee di tipo < B> ai fini dell'applicabilità del regime derogatorio (come detto, di stretta interpretazione) rispetto alla disciplina vincolistica impressa dalla stessa Legge alle aree in oggetto ".

Nella sostanza, l’art. 12, attraverso l’art. 45 decies, comma 1, lett. a), introduce una deroga ai vincoli paesaggistici ex lege ulteriore rispetto a quelle previste dalla legge statale, violando la competenza legislativa dello Stato in materia paesaggistica ex art. 117, comma 2, lett. s, della Costituzione.

Altrettanto deve dirsi anche dell'ipotesi sub b) del comma 1 dell'art. 45 decies che a riguardo alle "aree a destinazione pubblica, quali strade, piazze ed aree a verde".

Esse, parimenti, costituiscono ipotesi derogatorie del tutto non contemplate dall’art. 142, pur se tale norma e richiamata da quella regionale in modo in conferente e tralatizio.

Anche con tale disposizione la normativa regionale introduce, invero, una vera e propria deroga ulteriore rispetto ai vincoli paesaggistici già previsti dalla legge statale sicché sussiste pure per tale disposizione la violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela dell'ambiente prevista dall'art. 117, comma 2, lett. s, della Costituzione.

Alla luce di quanto considerato è da ritenere, dunque, che l'intero art. 12 - ivi compresi i commi 2 e 3 dell'art. 45 decies per intima con le precedenti disposizioni dell'articolo - violi l' art. 117, comma 2, lett. s) Cost. poichè invade la competenza legislativa esclusiva della Stato in materia di tutela ambientale, entrando in un ambito, quale appunto quello della tutela del patrimonio ambientale e paesaggistico, riservato in via esclusiva alla normativa statale.

Le Regioni, infatti, oltre che tenute a non invadere le competenze legislative dello Stato in materia di tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali, sono altresì tenute a rispettarne sempre la disciplina, dettata dalle leggi statali, le quali, per quanto riguarda la "tutela", prevedono il conferimento alle Regioni di precise funzioni amministrative se ed in quanto ad esse conferite dallo Stato, in attuazione del principio di sussidiarietà di cui all'art. 118, comma 1 Cost., e nel rispetto del principio di cooperazione tra Stato e Regioni (così Corte Costituzionale sent. n. 193/2010).

Il paesaggio, infatti, e la sua tutela, rientrano nella competenza esclusiva dello Stato, come ha avuto a ribadire in più occasioni, come detto, codesta Corte “il paesaggio deve essere considerato come un "valore primario ed assoluto” (sentenze nn. 182 e 183 del 2006) e .. l 'art. 9 della Costituzione sancisce il principio fondamentale della "tutela del paesaggio" senza alcun 'altra specificazione. La tutela ambientale e paesaggistica, gravando su un bene complesso ed unitario, considerato dalla giurisprudenza costituzionale un valore primario ed assoluto, e rientrando nella competenza esclusiva della Stato, precede e comunque costituisce un limite alla tutela degli altri interessi pubblici assegnati alla competenza concorrente delle Regioni in materia di governo del territorio e di valorizzazione dei beni culturali ed ambientali"(così Corte Costituzionale, sent. 272/2009).

È, invero, del tutto inibito alle Regioni introdurre disposizioni che alterino o comunque determinino previsioni diverse da quelle stabilite espressamente dalla normativa statale in tema di tutela dell'ambiente poiché "la tutela apprestata dallo Stato, nell'esercizio della sua competenza esclusiva in materia di tutela del paesaggio, viene a funzionare come limite alla disciplina che le Regioni e le Province autonome dettano nelle materie di loro competenza" (sent. n. 378/2007; cfr

anche sent. n. 105/2008).

L'art. 12, così come concepito, consente, invece, che in aree sottoposte a tutela paesaggistica, siano indiscriminatamente realizzati o mantenuti interventi che prescindono dalla necessaria autorizzazione paesistica ex art. 142 del Codice dei beni culturali, in tal modo incidendo su materia riservata alla competenza esclusiva statale ex art. 117 secondo comma lett. s).

Costituiscono, in particolare, normativa statale di riferimento rispetto alla presente impugnativa gli artt. 142, 146 e 149 del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al D.lgs 22.1.2004 n. 42.

Segnatamente, l'art. 142, come anticipato, dispone che sono comunque di interesse paesaggistico ed in quanto tali sottoposte alle disposizioni del Titolo I della Parte terza del Codice, le aree ivi indicate, con le limitate eccezioni ivi previste.

La disposizione in esame introduce un vincolo legislativo in quanto la sottoposizione alla tutela paesaggistica e, di conseguenza, alle misure di salvaguardia che possono garantire la conservazione delle caratteristiche proprie di dette aree viene attuata dal legislatore non già attraverso un provvedimento puntuale bensi ope legis.

La sottoposizione delle aree predette al predetto vincolo di legge, ai sensi del successivo art. 146, comporta, inoltre, l’obbligo (per il proprietario o possessore o detentore delle aree e, per l’effetto, dello stesso concessionario) di ottenere la relativa valorizzazione paesaggistica per la realizzazione di opere o per l’esecuzione di lavori o, comunque, per qualsiasi modifica dello stato dei luoghi che incida su tali aree, tutelate per la loro valenza paesaggistica ovvero per le caratteristiche morfologiche v. anche art. 2 e 134 del Codice dei Beni culturali).

Il successivo art 149 individua, altresì, tassativamente le tipologie di intervento, in area vincolata, realizzabili anche in assenza della relativa autorizzazione paesistica, che verrebbero sostanzialmente "oltrepassate" nell'urbanizzazione delle aree interessate dall’art. 12 censurato (art. 149: lett. a) interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento stati e o di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici; lett. b) interventi inerenti l'esercizio delle attività agro silvo pastorali; lett. c) per il taglio colturale, la forestazione, la riforestazione, le opere di bonifica, antincendio e di conservazione …).

L'art. 12 regionale qui impugnato consente, dunque, una deroga alle disposizioni statali suesposte, consentendo una urbanizzazione non consona alla disciplina statale paesaggistica, in tal modo ponendosi in diretto contrasto con i principi sui riparto della legislazione tra Stato ed Autorità regionale.

Con la disposizione regionale oggetto della presente impugnativa, infatti, si consente, in pratica, la costruzione o il mantenimento di opere nelle aree interessate, in deroga alle disposizioni di legge statale che, invece, richiedono, in via obbligatoria, sussistendo il vincolo paesaggistico, la necessaria autorizzazione da rilasciarsi entro i limiti prefissati dal legislatore nazionale.

Come, altresì, precisato la codesta Corte nella sentenza n. 182 del 2006, la "tutela del paesaggio" - alla quale le disposizioni di tutela di cui ai menzionati articoli sono specificatamente dirette - è, invero, riconducibile all'art. 117, secondo comma, lett. s) proprio con riferimento agli standards stabiliti dallo Stato in funzione di uniformità su tutto il territorio nazionale.

Nell'ambito di protezione così delineato l’autorizzazione costituisce un momento indefettibile per l'effettiva tutela delle aree sottoposte a vincolo ex art. 142 summenzionato, sicché non può competere alla Regione adottare norme che, in buona sostanza, eliminando il vincolo paesaggistico, vanifichino lo strumento autorizzatorio e consentano una urbanizzazione in violazione degli uniformi standards di protezione validi su tutto il territorio nazionale.

Per tale motivo il vincolo paesaggistico non può che essere oggetto di legislazione esc1usiva rispetto alla quale la Regione non può intervenire con propri atti normativi disciplinando, in modo differenziato rispetto al territorio nazionale, i casi in cui detta misura di salvaguardia possa ritenersi non necessaria attraverso l'eliminazione del vincolo paesaggistico e della connessa autorizzazione.

Quanto sopra determina, dunque, nella specie il diretto contrasto dell’art. 12 con l’art. 117 secondo comma lett. s) della Costituzione, che riserva alla legislazione esclusiva della Stato la materia dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali, elementi questi, alla cui organica tutela presiedono, tra gli altri, i menzionati articoli del Codice dei beni culturali e del paesaggio.

*****

Alla luce di quanta sopra esposto si conclude affinché sia dichiarata l’illegittimità costituzionale della legge della Regione Veneto del 26 maggio 2011, n. 10, pubblicata suI Bur Regione Veneto n. 38 del 31 maggio 2011 recante "Modifiche alla legge regionale 23 aprile 2004, n. 11 "Norme per il governo del territorio" in materia di paesaggio".

- quanto all' art. 12, nella parte in cui aggiunge l’art. 45 decies alla legge regionale 23 aprile 2004 n. 11.

Si allegano la delibera del Consiglio dei Ministri del 6 luglio 2011 di autorizzazione a proporre a presente impugnativa e la nota dell' Avvocatura distrettuale di Venezia del 22.6.2011 n. 32455.

Roma,

Avvocato dello Stato
Angelo Venturini

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