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Scarica versione stampabile Deliberazione della Giunta Regionale

Bur n. 23 del 11 marzo 2016


Materia: Acque

Deliberazione della Giunta Regionale n. 225 del 03 marzo 2016

Linee guida e indirizzi per la corretta applicazione dell'art. 40 del Piano di Tutela delle Acque (PCR n.107 del 5/11/2009) come modificato con DGR n. 1534 del 3/11/2015.

Note per la trasparenza

Sono delineate linee guida e indirizzi per la corretta interpretazione e applicazione delle norme di cui all'art. 40 del Piano regionale di Tutela delle Acque, come modificato con la DGR n. 1534 del 3/11/2015, in particolare per quanto attiene alla protezione delle acque sotterranee destinate al consumo umano, erogate a terzi mediante impianto di acquedotto che riveste carattere di pubblico interesse.

L'Assessore Gianpaolo Bottacin riferisce quanto segue.

Il Piano di Tutela delle Acque, approvato con deliberazione del Consiglio regionale n. 107 del 5/11/2009 e successive modifiche e integrazioni, nel seguito denominato PTA, prevede all'art. 40, le "azioni per la tutela quantitativa delle acque sotterranee". Tali disposizioni costituiscono l'aggiornamento delle misure già presenti nel PTA adottato con DGR n. 4453 del 29/12/2004, e ulteriormente aggiornate e modificate, da ultimo, con la DGR n. 1534 del 03/11/2015.

Le misurazioni e i monitoraggi eseguiti negli anni da ARPAV, evidenziavano una consistente diminuzione nel tempo dei livelli di falda, in buona parte del territorio regionale, specialmente nell'alta e media pianura. Questa tendenza era stata confermata anche in vista dell'approvazione del PTA nel 2009. La conferma di questa tendenza ha comportato la necessità di attivare misure di tutela quantitativa delle falde e ha quindi condotto all'individuazione di 210 Comuni, all'interno dei quali è stato necessario adottare norme restrittive relativamente ai prelievi idrici da acqua sotterranea, in considerazione del fatto che le acque sotterranee del Veneto, in particolare dell'alta e media pianura, assumono importanza sociale ed economica, poiché consentono l'alimentazione di quasi tutti gli acquedotti pubblici e l'uso potabile nelle aree non servite da acquedotto.

Dalle misurazioni e relative elaborazioni di dati sui livelli di falda negli ultimi anni, è stata evidenziata, invece, una generale tendenza alla ripresa dei valori potenziometrici e ciò al di là delle normali oscillazioni stagionali.

Si deve anche aggiungere che con la successiva deliberazione n. 1626 del 19/11/2015 la Giunta regionale ha preso atto del monitoraggio quantitativo delle acque sotterranee condotto da ARPAV e della relativa classificazione, che dimostra come non si riscontrino particolari criticità in tutti i corpi idrici di pianura, ai quali è stato quindi attribuito lo stato "buono" ai sensi del D.Lgs. 16/03/2009 n. 30 di attuazione della direttiva 2006/118/CE, pur se con un livello di "confidenza" (in termini di "previsione" statistica) diverso in base alla disponibilità di dati e di informazioni sul modello idrogeologico locale.

Venendo a mancare, quindi, i presupposti che hanno portato all'attuazione di disposizioni generalizzate e restrittive per un numero così elevato di Comuni, si è ritenuto opportuno effettuare una revisione dei criteri adottati per individuare e applicare le misure di tutela quantitativa.

Secondo le disposizioni della Giunta regionale, di cui alla citata DGR n. 1534/2015, quindi, le misure di tutela non sono più rivolte a tutte le falde acquifere presenti nel sottosuolo dell'intero territorio dei comuni individuati, bensì alla o alle specifiche falde utilizzate per il consumo umano ed erogate a terzi mediante impianto di acquedotto che riveste carattere di pubblico interesse.

Il criterio di tutela adottato, pertanto, da divieto generalizzato imposto a scala comunale, diventa principio di tutela delle falde che possiamo definire "pregiate", individuate sia in funzione della loro estensione territoriale ma anche in rapporto alla loro profondità e al loro spessore. Il concetto di tutela non è più riferito all'ambito comunale e a tutte le falde ivi presenti, ma alla o alle particolari falde, eventualmente presenti anche in più Comuni limitrofi, "pregiate" per qualità e potenzialità.

Al fine di meglio individuare le falde da proteggere, è stata compiuta un'accurata e puntuale ricognizione dei pozzi destinati all'approvvigionamento idropotabile pubblico; i dati sono stati forniti dai Consigli di Bacino o in alcuni casi direttamente dai Gestori del Servizio Idrico Integrato. Tale ricognizione ha portato all'identificazione di 138 comuni nel cui territorio sono presenti pozzi pubblici per l'approvvigionamento idropotabile. I 764 pozzi censiti sono stati raggruppati in due diversi elenchi (allegato E1 e allegato E2 alla DGR 1534/2015), il primo generalmente per le aree a sud del limite settentrionale della fascia delle risorgive (sistema idrogeologico differenziato o a falde sovrapposte e confinate) e per le zone collinari del pedemontano, il secondo generalmente per le aree a nord del limite settentrionale della fascia delle risorgive (sistema idrogeologico indifferenziato - zona di ricarica degli acquiferi).

Per quanto concerne l'allegato E1 l'ultima colonna riporta il tetto e il letto della o delle falde da sottoporre a tutela. Le quote sono misurate a partire dal piano campagna locale e sono desunte, generalmente, dalle stratigrafie disponibili. Si devono ritenere pertanto indicative e funzionali solo all'individuazione preliminare delle profondità alle quali verosimilmente potrà essere incontrato il sistema acquifero protetto.

L'allegato E1 pertanto è di supporto al professionista incaricato di redigere la relazione tecnica, che dovrà stabilire, in funzione dei parametri idrogeologici locali, della distanza dall'opera acquedottistica, dell'ubicazione, della profondità del prelievo, della portata massima che si prevede di emungere e di ogni altro elemento utile, se la derivazione in progetto è compatibile con la tutela della falda utilizzata per usi acquedottistici.

Per quanto concerne l'allegato E2 è fatto salvo anche qui il concetto di tutela non più riferito all'intera area comunale, ma alla specifica falda "pregiata"; per quanto detto in precedenza anche in questo caso le profondità ivi riportate, misurate dal piano campagna locale, devono intendersi come indicative e anche in questo caso quindi la porzione di falda da proteggere dovrà essere individuata localmente, assumendo quale riferimento per la misura della profondità il livello statico individuato in fase di perforazione e certificato nella relazione idrogeologica. Per quanto attiene alla sostenibilità della nuova derivazione con l'uso acquedottistico, la compatibilità dell'emungimento in progetto dovrà essere verificata in relazione ai parametri idrogeologici locali, alla distanza dall'opera acquedottistica, all'ubicazione, alla profondità del prelievo, alla portata massima che si prevede di emungere e a ogni altro elemento utile.

Per quanto riguarda l'acquifero non confinato della medio-alta pianura (di cui all'allegato E2), resta fermo il criterio che i prelievi diversi dall'uso idropotabile potranno interessare solo i primi trenta metri di saturo. Tale criterio trova fondamento tecnico se si considera che, pur trattandosi di acquifero non confinato (indifferenziato), i livelli saturi più vicini alla superficie della falda (più superficiali) sono alimentati da acqua di infiltrazione più recente e quindi generalmente meno "pregiata"; le porzioni di acquifero più superficiali inoltre sono quelle che vanno prevalentemente ad alimentare le risorgive e non il sistema acquifero confinato della media pianura.

Negli allegati E1 ed E2 si dà atto che le falde ivi individuate possono non essere presenti su tutto il territorio comunale. Si cita ad esempio il caso dei comuni della pedemontana. I dati delle tabelle E1 ed E2 non devono pertanto essere assunti come cogenti a livello comunale e conseguentemente il vincolo non va generalmente assunto a livello dell'intero territorio comunale, bensì ne va valuta l'estensione caso per caso, e nella fattispecie ad esempio di opera di presa acquedottistica ubicata in prossimità del confine tra due o più comuni, anche con riferimento ai territori comunali limitrofi.

Il volume di acquifero protetto, per le falde confinate è dunque individuato dalla profondità rispetto al piano campagna del tetto e del letto, per le falde libere è individuato dalla quota di - 30 metri rispetto al livello statico della falda e per entrambe dall'estensione areale determinata in base alla distanza rispetto all'opera di presa acquedottistica, pozzo o campo pozzi. In altri termini quindi, in prossimità di un pozzo o di un campo pozzi di cui alle tabelle E1 ed E2, è necessario stabilire, di volta in volta, che la nuova derivazione, non intercetti o interessi in altro modo la falda protetta, nel senso che non interferisca, non provochi problemi di depressurizzazione etc..

Resta fermo il principio secondo cui l'acquifero va sempre considerato protetto per la porzione ricadente nella zona di rispetto come definita dall'art. 15 del Piano regionale di Tutela delle Acque, mentre come detto per la restante parte del territorio comunale ed eventualmente per i territori comunali limitrofi, dovrà essere verificata, sulla base dei dati geologici ed idrogeologici, la non interferenza della derivazione con le falde protette. La non interferenza deve essere dimostrata e attestata dal professionista nell'ambito della relazione geologica allegata all'istanza.

Si ritiene utile richiamare alcuni criteri metodologici di base per la definizione dell'interferenza con pozzi pubblici, ricordando innanzi tutto che il progetto di un pozzo deve comprendere una relazione geologica che definisca il modello idrogeologico del sito e in questo elaborato deve essere valutata anche l'interferenza con le falde protette.

La valutazione dovrà considerare almeno i seguenti aspetti:

•         modello geologico locale con definizione degli acquiferi presenti e della loro geometria;
•         permeabilità e trasmissività dell'acquifero;
•         livelli piezometrici e direzione di deflusso;
•         scelta dell'acquifero in caso di più acquiferi, in ragione della qualità e quantità;
•         effetto della derivazione di progetto sul sistema idrogeologico;
•         effetti cumulativi con prelievi già esistenti;
•         modalità di eventuale restituzione/scarico dell'acqua emunta.

Il criterio delle falde tutelate viene utilizzato anche in relazione alla realizzazione delle sonde geotermiche a circuito chiuso; le sonde geotermiche, non prelevando acqua, vanno valutate per la loro potenziale interferenza con la qualità delle acque di falda in relazione a possibili anomalie in sede di posa ed esercizio nonché, in via secondaria, a modifiche termiche; fermo restando che, in ogni caso, modalità di installazione non corrette comportano responsabilità anche gravi del progettista e/o del tecnico installatore. Le valutazioni dell'interferenza con i prelievi acquedottistici si devono basare sulla valutazione del pericolo di eventuali accidentali cortocircuitazioni di orizzonti acquiferi, dipendenti da carenze in fase di perforazione, nonché di accidentali fuoriuscite di fluido circolante dalle sonde stesse. Deve essere valutata infine anche l'estensione del plume termico. L'ammissibilità dell'impianto e la non interferenza del sistema di scambio termico con gli orizzonti acquiferi protetti, devono essere attestati dal professionista nell'ambito della relazione geologica allegata all'istanza.

Per quanto concerne il comma 1 dell'art.40 in oggetto, si evidenzia che questo elenca le tipologie di derivazioni dalle falde protette che possono essere assentite, a determinate condizioni.

E' necessario sottolineare che il primo presupposto che deve essere verificato caso per caso, ai fini dell'assenso all'istanza, è l'effettiva non disponibilità di falde non protette utilizzabili. In altre parole potrà essere assentita una derivazione dalle falde protette solo quando sia verificata e dimostrata, da parte del tecnico incaricato alla redazione della relazione tecnica a corredo dell'istanza, l'impossibilità di reperire altre falde utili, diverse da quella o quelle protette, per il prelievo; impossibilità che va valutata con riferimento alla non realizzabilità tecnica e/o alla sproporzione dei costi da sostenere in relazione ai vantaggi ambientali.

Il relatore conclude la propria relazione e propone all'approvazione della Giunta regionale il seguente provvedimento.

LA GIUNTA REGIONALE

UDITO il relatore, il quale dà atto che la struttura proponente ha attestato l'avvenuta regolare istruttoria della pratica anche in ordine alla compatibilità con la vigente legislazione statale e regionale;

VISTOIl Piano di Tutela delle Acque, approvato con deliberazione del Consiglio regionale n. 107 del 5/11/2009 e successive modifiche e integrazioni, e in particolare l'art. 40;

VISTOil D.Lgs. 16/03/2009 n. 30 di attuazione della direttiva 2006/118/CE.

VISTAla DGR n. 1534 del 03/11/2015;

VISTA la DGR n. 1626 del 19/11/2015;

VISTO l'art. 2, comma 2 della Legge Regionale n. 54 del 31 dicembre 2012;

delibera

1.      di approvare le linee guida e indirizzi per la corretta applicazione dell'art. 40 del Piano di Tutela delle Acque (deliberazione del Consiglio regionale n.107 del 5/11/2009), come modificato con DGR n. 1534 del 3/11/2015, così come esposte in premessa;

2.      di dare atto che la presente deliberazione non comporta spesa a carico del Bilancio regionale;

3.      di incaricare la Sezione Geologia e Georisorse all'esecuzione del presente atto;

4.      di pubblicare integralmente la presente deliberazione nel Bollettino ufficiale della Regione.

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