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Scarica versione stampabile Deliberazione della Giunta Regionale

Bur n. 49 del 26 giugno 2012


Materia: Commercio, fiere e mercati

Deliberazione della Giunta Regionale n. 1010 del 05 giugno 2012

Decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, come convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214; articoli 31, comma 2 e 34; decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1 come convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27; articoli 1, 17 comma 4, lettera a) e 39, comma 1. Ricognizione delle disposizioni normative regionali in materia di commercio.

Note per la trasparenza:

Il provvedimento reca una ricognizione delle disposizioni regionali in materia di commercio interessate dai sopravvenuti principi di liberalizzazione dell'esercizio dell'attività commerciale, di cui ai decreti legge 6 dicembre 2011, n. 201 (cd. "Decreto Salva Italia") e 24 gennaio 2012, n. 1.

L'Assessore Marialuisa Coppola riferisce quanto segue.

L'esercizio dell'attività economica costituisce da tempo oggetto di attenzione da parte delle autorità pubbliche di vario rango, sia esso comunitario che statale, in quanto sono state introdotte misure consistenti in una sostanziale e progressiva liberalizzazione dell'attività medesima, atta ad assicurare e sostenere lo sviluppo economico quale strumento di contrasto dinanzi al perdurare dei negativi effetti derivanti dalla crisi economica globale.

A partire, infatti, dall'emanazione delle disposizioni contenute nella direttiva comunitaria n. 123 del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, (meglio nota come "Direttiva Servizi") sono state introdotte talune misure finalizzate all'eliminazione degli ostacoli alla libertà di stabilimento e di prestazione di servizi nel territorio comunitario, consentendo nel contempo l'introduzione di limitazioni all'esercizio dell'attività economica finalizzate esclusivamente alla tutela di determinati interessi pubblici di carattere generale, secondo i criteri di non discriminazione, necessità e proporzionalità espressamente enunciati nell'articolo 15 della medesima direttiva.

I principi contenuti nella citata direttiva comunitaria, il cui ambito di applicazione ricomprende anche il settore del commercio, sono stati recepiti nell'ordinamento italiano a partire dal decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 come convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 e, successivamente, con un intervento normativo di carattere generale, approvato con decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59.

In particolare, nel decreto legislativo da ultimo citato sono stati, tra l'altro, individuati i motivi imperativi di interesse generale, ovverosia ragioni di pubblico interesse, posti a fondamento dell'introduzione di misure limitative dell'esercizio di un'attività economica, tra cui si annoverano, si cita testualmente: "l'ordine pubblico, la sicurezza pubblica, l'incolumità pubblica, la sanità pubblica, la sicurezza stradale, la tutela dei lavoratori compresa la protezione sociale dei lavoratori, il mantenimento dell'equilibrio finanziario del sistema di sicurezza sociale, la tutela dei consumatori, dei destinatari di servizi e dei lavoratori, l'equità delle transazioni commerciali, la lotta alla frode, la tutela dell'ambiente, incluso l'ambiente urbano, la salute degli animali, la proprietà intellettuale, la conservazione del patrimonio nazionale storico e artistico, gli obiettivi di politica sociale e di politica culturale".

Ne discende che l'attività di programmazione afferente al settore del commercio, e conseguentemente l'introduzione di limitazioni all'esercizio dell'attività, coinvolgendo, come noto, molteplici profili di valutazione (quali, a titolo esemplificativo, l'urbanistica, la viabilità, l'ambiente, ivi incluso l'ambiente urbano, la tutela del consumatore etc.), è da ritenersi ammissibile ai soli fini della tutela degli interessi pubblici dianzi indicati, con esclusione, quindi, di ogni forma di programmazione che abbia ad oggetto valutazioni di carattere strettamente economico

Il processo di liberalizzazione avviato con la normativa comunitaria sopra richiamata ha avuto un'ulteriore espansione a partire dalla seconda metà dello scorso anno, a seguito degli interventi normativi emanati dallo Stato nell'esercizio della potestà legislativa esclusiva in materia di tutela della concorrenza e di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, ai sensi della disposizione di cui all'articolo 117, comma 2, lettere e) e m) della Costituzione.

Trattasi in particolare dei seguenti provvedimenti :

  • decreto legge 6 luglio 2011, n. 98 recante "Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria" come convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, con particolare riferimento alla disposizione di cui all'articolo 35, commi 6 e 7;
  • decreto legge 13 agosto 2011, n. 138 recante "Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo" come convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, con particolare riferimento alla disposizione di cui all'articolo 3;
  • decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201 recante "Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici"(cd. decreto Salva Italia) come convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, con particolare riferimento alle disposizioni di cui agli articoli 31, comma 2 e 34;
  • decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1 recante "Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività", come convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, con particolare riferimento alle disposizioni di cui agli articoli 1, 17, comma 4, lettera a) e 39, comma 1;
  • decreto legge 9 febbraio 2012, n. 5 recante "Disposizioni urgenti per la semplificazione e lo sviluppo", come convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, con particolare riferimento alle disposizioni di cui al Capo III, sezione I.

In questa sede ci si soffermerà in particolare sugli effetti conseguenti all'introduzione delle disposizioni statali di cui agli articoli 31, comma 2 e 34 del citato decreto Salva Italia, nonché agli articoli 1, 17, comma 4, lettera a) e 39, comma 1 del citato decreto legge n. 1 del 2012 sulla disciplina regionale dei singoli settori afferenti alla materia del commercio.

In particolare si evidenzia la portata del citato articolo 31, comma 2 che così recita:

"2. Secondo la disciplina dell'Unione Europea e nazionale in materia di concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi, costituisce principio generale dell'ordinamento nazionale la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi altra natura, esclusi quelli connessi alla tutela della salute, dei lavoratori, dell'ambiente, ivi incluso l'ambiente urbano, e dei beni culturali. Le Regioni e gli enti locali adeguano i propri ordinamenti alle prescrizioni del presente comma entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto."

Per quanto concerne il termine di adeguamento contenuto nella disposizione statale testé indicata, preme evidenziare che la citata legge n. 27 del 2012, con la quale è stato convertito il decreto legge n. 1 del 2012, ha modificato il citato articolo 31, comma 2 del decreto legge n. 201 del 2011, fissando al 30 settembre 2012 il termine per l'adeguamento da parte delle Regioni e degli enti locali alle disposizioni di cui al medesimo articolo 31, comma 2.

Non minore rilievo assume, altresì, la disposizione di cui all'articolo 34 del citato decreto legge n. 201 che reca specifiche misure di liberalizzazione delle attività economiche e di eliminazione di controlli ex ante.

Ciò premesso, in considerazione della tempistica stabilita dalla citata normativa statale ai fini dell'adeguamento dei rispettivi ordinamenti da parte delle Regioni e degli enti locali, tempistica che individua, ad oggi, quale termine massimo il 30 settembre 2012, alla luce di quanto sopra precisato, occorre procedere con una ricognizione delle vigenti disposizioni regionali in materia di commercio, al fine di individuare le norme regionali che non possono più trovare applicazione nel territorio regionale. Ciò in quanto tali disposizioni, prevedendo, ai fini dell'esercizio dell'attività commerciale, fattispecie di contingentamento, nonché vincoli relativi a distanze chilometriche, alla commercializzazione di taluni prodotti, all'indicazione tassativa della forma giuridica richiesta all'operatore, ovvero valutazioni di ordine economico in relazione alla rilevazione del fabbisogno o della domanda del mercato, contrastano con i principi di liberalizzazione introdotti dalla sopravvenuta normativa statale, nonché con i principi introdotti dal citato decreto legislativo n. 59 del 2010.

In via preliminare si evidenzia che, per quanto concerne l'ambito relativo alle autorizzazioni commerciali per grandi strutture di vendita o parchi commerciali, la legge regionale 27 dicembre 2011, n. 30 recante "Disposizioni urgenti in materia di orari di apertura e chiusura delle attività di commercio al dettaglio e disposizioni transitorie in materia di autorizzazioni commerciali relative a grandi strutture di vendita e parchi commerciali" ha disposto la temporanea sospensione dei procedimenti amministrativi afferenti all'insediamento o all'ampliamento delle suddette tipologie distributive, nelle more dell'approvazione della nuova normativa regionale in materia di commercio, in fase di predisposizione, e comunque entro e non oltre il termine di un anno dall'entrata in vigore della richiamata legge regionale n. 30 del 2011 (ossia dal 31 dicembre 2011).

La tematica relativa alla programmazione regionale concernente lo sviluppo delle grandi strutture di vendita e parchi commerciali costituisce, pertanto, oggetto di apposita trattazione in sede di predisposizione del disegno di legge regionale di rivisitazione della materia relativa al commercio.

Ciò evidenziato in via preliminare, vengono di seguito elencate le disposizioni regionali, suddivise per materia, che cessano di trovare applicazione:

a) commercio al dettaglio su area privata:

1) articolo 14, comma 1, lettera h) della legge regionale 13 agosto 2004, n. 15, come attuato dalla deliberazione della Giunta regionale n. 496 del 18 febbraio 2005.

La disposizione regionale prevede un parametro numerico, costituito dal rapporto tra densità di esercizi di vicinato e medie-grandi strutture di vendita, al fine dell'elaborazione dei criteri di programmazione commerciale comunale relativa alle medie strutture di vendita, nonché al fine del rilascio dell'autorizzazione commerciale concernente le medie strutture.

Tale disposizione configura una fattispecie di contingentamento ai fini del rilascio delle autorizzazioni commerciali relative alle medie strutture di vendita e, pertanto, contrasta con la richiamata disposizione di cui all'articolo 31, comma 2 del decreto legge n. 201 del 2011.

2) articolo 8, comma 4 della citata legge regionale n. 15 del 2004.

La disposizione regionale prevede il divieto dell'esercizio congiunto di vendita all'ingrosso e al dettaglio, fatta eccezione per le tipologie di prodotti elencati nella medesima disposizione.

Detto divieto risulta contrastante con la disposizione di cui all'articolo 34, comma 3 del decreto legge n. 201 del 2011.

Occorre al riguardo evidenziare che già l'articolo 35 del citato decreto legislativo n. 59 del 2010, riprendendo in tal senso il contenuto dell'analoga disposizione comunitaria di cui all'articolo 25 della Direttiva Servizi, aveva sostanzialmente liberalizzato l'esercizio delle attività definite dalla norma come "multidisciplinari" nel cui ambito, secondo un consolidato orientamento interpretativo formulato anche da altre Regioni, rientra l'esercizio congiunto ingrosso-dettaglio.

b) commercio al dettaglio su aree pubbliche:

1) articolo 4, comma 1, della legge regionale 6 aprile 2001, n. 10, come attuato dalla deliberazione della Giunta regionale n. 2113 del 2 agosto 2005.

La disposizione prevede che le autorizzazioni per il commercio in forma itinerante siano rilasciate dal comune di residenza del richiedente se persona fisica, o di ubicazione della sede legale in caso di società.

Si dà atto che la disposizione in esame deve intendersi superata dall'entrata in vigore dall'articolo 70, comma 4 del citato decreto legislativo n. 59 del 2010 che attribuisce la competenza al rilascio dell'autorizzazione per il commercio in forma itinerante al comune ove il richiedente intende avviare l'attività.

Poiché in virtù delle disposizioni statali e regionali vigenti l'autorizzazione all'esercizio del commercio itinerante ha validità nell'intero territorio nazionale, si ritiene che la citata fattispecie normativa si riferisca al primo comune ove l'operatore intende esercitare l'attività.

2) articolo 1, comma 1, parte II della deliberazione della Giunta regionale n. 2113 del 2 agosto 2005, attuativa delle disposizioni di cui alla citata legge regionale n. 10 del 2001.

La disposizione in esame, nel prevedere che le autorizzazioni per il commercio su aree pubbliche siano rilasciate a persone fisiche o società di persone, introduce una limitazione all'esercizio dell'attività economica attraverso l'indicazione della forma giuridica richiesta all'operatore e pertanto contrasta con l'articolo 34, comma 3, lettera e) del decreto legge n. 201 del 2011.

Occorre al riguardo evidenziare che già l'articolo 70 del citato decreto legislativo n. 59 del 2010, riprendendo in tal senso il contenuto dell'analoga disposizione comunitaria di cui all'articolo 25 della Direttiva Servizi, aveva sostanzialmente liberalizzato l'esercizio dell'attività di commercio su aree pubbliche anche con riferimento alle società di capitali regolarmente costituite o cooperative.

3) articoli 1, commi 2 e 3 parte I, 1, comma 2 e 3, comma 1 parte III della richiamata deliberazione giuntale n. 2113 del 2005.

Le disposizioni in esame disciplinano le modalità di istituzione di nuovi mercati, nonché di ampliamento dei mercati esistenti.

In particolare l'articolo 1, comma 2 sopracitato consente l'istituzione di un mercato nel caso in cui sia rilevata una carenza della struttura commerciale, mentre l'articolo 3, comma 1 consente l'ampliamento del mercato esistente di regola in caso di accertato aumento di domanda.

Viene inoltre previsto che il Comune, in sede di predisposizione del Piano del commercio su aree pubbliche, debba valutare i seguenti profili: caratteristiche economiche del territorio, densità della rete distributiva e della presumibile capacità della domanda della popolazione residente e fluttuante; l'esigenza di assicurare la migliore funzionalità e produttività del servizio da rendere al consumatore ed un adeguato equilibrio con gli esercizi di vicinato, le medie e grandi strutture di vendita e le altre forme di distribuzione nel proprio territorio.

Al riguardo, occorre rilevare che i luoghi ove normalmente viene svolto il commercio su aree pubbliche sono soggetti al regime dei beni pubblici e, in quanto tali, sono ordinariamente destinati al soddisfacimento di fini di utilità generale. Conseguentemente, come peraltro confermato anche dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, spetta «all'Amministrazione il potere di determinare di volta in volta, discrezionalmente quale, tra i vari usi del bene demaniale, si presenti [...] più conforme agli interessi della collettività» (Cons. St., Sez. VI, n.1662/2002).

Non può quindi omettersi dal considerare come il principio di libertà di iniziativa economica privata, ancorché costituisca, come noto, principio di rango costituzionale ai sensi dell'articolo 41 della Costituzione, non possa escludere o limitare, ai sensi del comma 2 della medesima disposizione, la scelta di merito - e come tale insindacabile - dell'Amministrazione locale in ordine alla possibilità di destinare o meno un luogo o un sito pubblico allo svolgimento di un mercato o di un posteggio per l'esercizio del commercio su area pubblica.

Ciò premesso, si rende necessario altresì precisare che la disciplina del commercio al dettaglio su aree pubbliche su posteggio, nel consentire lo svolgimento di un'attività commerciale all'interno di un'area destinata ad uso pubblico, persegue in primo luogo la finalità di offrire un servizio alla popolazione. Da ciò consegue che l'interesse pubblico che viene prioritariamente in rilievo in sede di pianificazione comunale del settore è quello relativo alla tutela del cittadino consumatore.

In tale ottica devono pertanto trovare applicazione le disposizioni in esame, le quali non si pongono necessariamente in contrasto con l'articolo 31, comma 2 del decreto n. 201 del 2011 qualora i profili di valutazione sopra richiamati valgano a costituire un quadro di analisi conoscitiva che consenta di perseguire una migliore tutela del consumatore.

Viceversa si ravvisa un contrasto fra le disposizioni in esame e la normativa statale da ultimo citata nella misura in cui le stesse si traducono in una limitazione ingiustificata all'esercizio dell'attività commerciale, in quanto basata esclusivamente su valutazioni di carattere economico ovvero rapportate alla consistenza e all'entità della rete distributiva esistente.

4) - articolo 1, comma 3, parte III della richiamata deliberazione giuntale n. 2113 del 2005, che

subordina l'istituzione di mercati maggiori al rispetto di una distanza minima superiore ai quindici chilometri da altri mercati settimanali che si tengano nella medesima giornata in altri comuni;

- articolo 5, comma 1, parte III della richiamata deliberazione giuntale n. 2113 del 2005, che prevede come, in caso di modifica non occasionale del giorno di svolgimento del mercato o della fiera, debba essere evitata la concomitanza, nel raggio di quindici chilometri, con altri mercati o fiere in svolgimento nello stesso giorno o mezza giornata;

- lettera a), punto 5) della deliberazione della Giunta regionale 9 novembre 2001, n. 2956, attuativa delle disposizioni di cui alla citata legge regionale n. 10 del 2001, che subordina lo svolgimento del mercatino dell'antiquariato e del collezionismo al rispetto di una distanza minima superiore a venti chilometri da altri mercati della stessa tipologia che abbiano a svolgersi nelle medesime giornate.

Le disposizioni in questione, imponendo distanze minime tra le localizzazioni delle sedi deputate all'esercizio di un'attività economica, risultano in contrasto con la disposizione di cui all'articolo 34, comma 3, lettera b) del decreto legge n. 201 del 2011.

5) articolo 2, comma 15 parte II della richiamata deliberazione giuntale n. 2113 del 2005.

La disposizione in esame prevede, in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 114, il rinnovo automatico delle concessioni decennali rilasciate contestualmente alle autorizzazioni all'esercizio del commercio su aree pubbliche su posteggio.

Si dà atto che la suddetta disposizione deve ritenersi superata dall'entrata in vigore dell'articolo 16, comma 4 del citato decreto legislativo n. 59 del 2010 che introduce il divieto di rinnovo automatico.

Si devono ritenere prorogate in via transitoria le concessioni in essere alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 59 del 2010, ai sensi di quanto disposto dall'articolo 70, comma 5 del decreto legislativo medesimo.

c) Vendita di quotidiani e periodici :

In materia di vendita di quotidiani e periodici la disciplina attualmente vigente nella Regione Veneto, stante l'assenza di apposita normativa regionale, è contenuta nel decreto legislativo 24 aprile 2001, n. 170 recante "Riordino del sistema di diffusione della stampa quotidiana e periodica, a norma dell'articolo 3 della L. 13 aprile 1999, n. 108" e nella deliberazione della Giunta regionale n. 1409 del 16 maggio 2003 che ne costituisce attuazione. Conseguentemente ogni modifica introdotta dalla normativa statale è direttamente applicabile nel territorio regionale.

Preliminarmenteappare opportuno dare atto che il citato decreto legislativo n. 170 del 2001 è stato da ultimo espressamente modificato dall'articolo 39, comma 1 del citato decreto legge n. 1 del 2012, come in seguito si andrà ad evidenziare.

Ciò premesso, al fine di supportare gli enti locali nell'applicazione della normativa statale, così come di recente modificata ed innovata, si segnalano le seguenti fattispecie:

1) articolo 2, comma 2, lettera b) e articolo 3, comma 5 della richiamata deliberazione giuntale n. 1409 del 2003.

Le disposizioni in esame, nell'introdurre una limitazione non espressamente contemplata dalla normativa statale, stabiliscono che i punti vendita non esclusivi sono autorizzati a vendere soltanto quotidiani oppure soltanto periodici.

La suddetta limitazione, traducendosi nell'imposizione di un divieto di vendita di taluni prodotti, si pone ad oggi in contrasto con la disposizione di cui all'articolo 34, comma 3, lettera d) del decreto legge n. 201 del 2011.

2) - articolo 3, comma 4, lettera a) della richiamata deliberazione giuntale n. 1409 del 2003, ai sensi del quale i punti vendita non esclusivi possano essere autorizzati previa valutazione da parte del comune, oltre che delle condizioni di accesso, della densità della popolazione, dell'entità delle vendite negli ultimi due anni, dell'esistenza di altri punti vendita;

- articolo 13 della richiamata deliberazione giuntale n. 1409 del 2003, ai sensi del quale, ai fini della redazione del piano di localizzazione dei punti vendita esclusivi, il comune deve tener conto dei seguenti profili di valutazione: dislocazione e numero dei punti vendita esistenti; densità della popolazione, numero delle famiglie e flussi di popolazione non residente; entità delle vendite negli ultimi due anni.

La disciplina regionale di cui al citato articolo 13, comma 1 prevede altresì che i comuni, in sede di predisposizione del piano di localizzazione dei punti vendita esclusivi, assicurino il giusto contemperamento tra il pubblico interesse alla massima diffusione dei punti vendita di quotidiani e periodici e l'interesse privato dei punti vendita esistenti volto ad evitare un'eccessiva concorrenza nel settore con conseguente riduzione del singolo volume di vendita.

Da ultimo le disposizioni in esame prevedono la possibilità di stabilire una distanza minima fra punti vendita con la finalità di assicurare un'equilibrata diffusione dei prodotti editoriali.

Le disposizioni in oggetto risultano superate dalla disposizione di cui all'articolo 31, comma 2, del decreto legge 201 del 2011 nella parte in cui introducono contingenti o limitazioni all'esercizio dell'attività economica non giustificate da esigenze imperative di interesse generale costituzionalmente rilevanti e compatibili con l'ordinamento comunitario, così come definitivi dalla Direttiva Servizi e dal decreto legislativo n. 59 del 2010. In particolare l'articolo 13, comma 4 risulta altresì superato nella parte in cui contrasta con l'articolo 34, comma 3, lettera b) del citato decreto legge in tema di divieto di distanze minime fra esercizi.

Con particolare riferimento, inoltre, all'articolo 39, comma 1 del citato decreto legge n. 1 del 2012, che, come sopra evidenziato, ha apportato modifiche ad alcune disposizioni del decreto legislativo n. 170 del 2001, si segnala che le medesime disposizioni, di seguito riportate, trovano diretta applicazione nel territorio regionale:

- gli edicolanti - conformemente a quanto già stabilito dall'articolo 3, comma 6 della richiamata deliberazione giuntale n. 1409 del 2003 - «possono vendere presso la propria sede qualunque altro prodotto secondo la vigente normativa (lettera d - bis)», fermo restando che l'attività principale deve rimanere quella di vendita di giornali e riviste e che gli esercizi ubicati su aree pubbliche devono comunque rispettare le limitazioni stabilite dal provvedimento di concessione dell'area;

- «gli edicolanti possono praticare sconti sulla merce venduta e defalcare il valore del materiale fornito in conto vendita e restituito a compensazione delle successive anticipazioni al distributore (lettera d - ter)»;

- «fermi restando gli obblighi previsti per gli edicolanti a garanzia del pluralismo informativo, la ingiustificata mancata fornitura, ovvero la fornitura ingiustificata per eccesso o difetto, rispetto alla domanda da parte del distributore costituiscono casi di pratica commerciale sleale ai fini dell'applicazione delle vigenti disposizioni in materia (lettera d - quater)»;

- «le clausole contrattuali fra distributori ed edicolanti, contrarie alle disposizioni del presente articolo, sono nulle per contrasto con norma imperativa di legge e non viziano il contratto cui accedono (lettera d - quinquies)».

d) Vendita di carburanti:

1) articolo 4 della legge regionale 23 ottobre 2003, n. 23, come attuato dalle deliberazioni della Giunta regionale n. 1562 del 26 maggio 2004, n. 497 del 18 febbraio 2005 e n. 978 del 18 marzo 2005.

La disposizione regionale subordina il rilascio dell'autorizzazione per la realizzazione di nuovi impianti di distribuzione di carburanti al rispetto di un parametro numerico predefinito su base comunale e provinciale, nonché a distanze minime fra gli impianti e a requisiti di superficie minima delle aree di servizio.

Tale disposizione configura da un lato una fattispecie di contingentamento ai fini del rilascio delle autorizzazioni commerciali relative agli impianti per la distribuzione stradale di carburanti, ponendosi pertanto in contrasto con la richiamata disposizione di cui all'articolo 31, comma 2, e dall'altro impone distanze minime fra impianti e requisiti minimi in termini di superficie di servizio, limitazioni che ad oggi si pongono in contrasto con l'articolo 34, comma 2 del decreto legge n. 201 del 2011.

2) articoli 14 e 15 della citata legge regionale n. 23 del 2003.

Le disposizioni regionali prevedono requisiti minimi riferiti ai prodotti ed ai servizi commerciali integrativi obbligatoriamente presenti nelle aree di servizio. Tali requisiti sono inoltre richiesti anche per l'inserimento e la commercializzazione negli impianti di nuovi carburanti precedentemente non erogati.

Tali disposizioni introducono una restrizione ingiustificata all'accesso al mercato in relazione al rilascio delle autorizzazioni commerciali per la distribuzione di carburanti e, pertanto, risultano in contrasto con le richiamate disposizioni di cui all'articolo 31, comma 2, e 34, comma 2 del decreto legge n. 201 del 2011.

È opportuno evidenziare che le citate disposizioni di cui al decreto legge n. 201 del 2011 integrano i principi di liberalizzazione già introdotti nel settore dall'articolo 83 bis, comma 17 della citata legge n. 133 del 2008.

3) articolo 27, allegato 1 della richiamata deliberazione giuntale n. 497 del 18 febbraio 2005.

Con riferimento all'attività di somministrazione di alimenti e bevande esercitata all'interno degli impianti di distribuzione di carburante e nelle more dell'approvazione del disegno di legge regionale recante "Norme in materia di distribuzione di carburante", attualmente all'esame della competente Commissione consiliare, si evidenzia che l'articolo 9 della legge regionale 21 settembre 2007, n. 29, recante "Disciplina dell'esercizio dell'attività di somministrazione di alimenti e bevande" prevede che le attività di somministrazione di alimenti e bevande situate all'interno di impianti stradali di distribuzione di carburante siano soggette a segnalazione certificata di inizio attività nei limiti fissati dalla normativa regionale di settore.

Al riguardo la normativa regionale di settore cui fare riferimento è quella di cui alla citata legge regionale n. 23 del 2003 e relativi provvedimenti di attuazione, che prevede la possibilità di realizzare all'interno delle aree di servizio, in deroga alla programmazione di settore, attività di somministrazione di alimenti e bevande con una superficie massima non superiore a 30 metri quadrati.

Ciò premesso, occorre evidenziare che l'articolo 17, comma 4, lettera a) del citato decreto legge n. 1 del 2012, che ha sostituito l'articolo 28, comma 8, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, prevede che, all'interno degli impianti, si cita testualmente "è sempre consentito...... l'esercizio dell'attività di somministrazione di alimenti e bevande di cui all'articolo 5, comma 1, lettera b), della legge 25 agosto 1991, n. 287, fermo restando il rispetto delle prescrizioni di cui all'articolo 64, commi 5 e 6, e il possesso dei requisiti di onorabilità e professionali di cui all'articolo 71 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59".

La suddetta disposizione introduce una tipologia di esercizio di somministrazione di alimenti e bevande ubicata all'interno degli impianti di distribuzione di carburanti limitata alla tipologia di cui all'articolo 5, comma 1, lettera b) della legge n. 287 del 1991 (bar, caffè, gelaterie, pasticcerie ed esercizi similari), nel rispetto dei criteri di sorvegliabilità (articolo 64, comma 5), della normativa urbanistica ed edilizia, igienico-sanitaria e di sicurezza nei luoghi di lavoro (articolo 64, comma 6) e fatto salvo il possesso da parte dell'operatore dei requisiti di onorabilità e professionali (articolo 71), previsti per le attività di somministrazione di alimenti e bevande dal decreto legislativo n. 59 del 2010.

Ne deriva che la sopravvenuta disciplina statale trova diretta applicazione limitatamente alle attività di cui di cui all'articolo 5, comma 1, lettera b), della legge n. 287 del 1991, mentre resta conseguentemente ferma l'applicabilità della richiamata disciplina di cui alla legge regionale n. 29 del 2007 con riferimento alle attività di somministrazione diverse da quelle di cui al citato articolo 5, comma 1, lettera b) della legge n. 287 del 1991 (ristoranti, trattorie, tavole calde, pizzerie, birrerie ed esercizi similari).

LA GIUNTA REGIONALE

- UDITO il relatore, incaricato dell'istruzione dell'argomento in questione ai sensi dell'art. 53, quarto comma dello Statuto, il quale dà atto che la struttura competente ha attestato l'avvenuta regolare istruttoria della pratica, anche in ordine alla compatibilità con la vigente legislazione statale e regionale;

- VISTO l'articolo 117 della Costituzione;

- VISTA la direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi del mercato interno;

- VISTO il decreto legge 9 febbraio 2012, n. 5 recante "Disposizioni urgenti per la semplificazione e lo sviluppo"come convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35;

- VISTO il decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1 recante "Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività" come convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27;

- VISTO il decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201 recante "Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici" come convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214;

- VISTO il decreto legge 13 agosto 2011, n. 138 recante "Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo" come convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148;

- VISTO il decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 recante "Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno";

- VISTO il decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 recante "Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria" come convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;

- VISTO il decreto legislativo 24 aprile 2001, n. 170 recante "Riordino del sistema di diffusione della stampa quotidiana e periodica, a norma dell'articolo 3 della L. 13 aprile 1999, n. 108";

- VISTO il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 recante "Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell'articolo 4, comma 4, della L. 15 marzo 1997, n. 59";

- VISTA la legge regionale 27 dicembre 2011, n. 30 recante "Disposizioni urgenti in materia di orari di apertura e chiusura delle attività di commercio al dettaglio e disposizioni transitorie in materia di autorizzazioni commerciali relative a grandi strutture di vendita e parchi commerciali";

- VISTA la legge regionale 13 agosto 2004, n. 15 recante "Norme di programmazione per l'insediamento di attività commerciali nel Veneto";

- VISTA la legge regionale 23 ottobre 2003, n. 23 recante "Norme per la razionalizzazione e l'ammodernamento della rete distributiva dei carburanti";

- VISTA la legge regionale 6 aprile 2001, n. 10 recante "Nuove norme in materia di commercio su aree pubbliche";

- RICHIAMATA la deliberazione n. 2113 del 2 agosto 2005;

- RICHIAMATA la deliberazione n. 978 del 18 marzo 2005;

- RICHIAMATE le deliberazioni n. 496 e n. 497 del 18 febbraio 2005;

- RICHIAMATA la deliberazione n. 1562 del 26 maggio 2004;

- RICHIAMATA la deliberazione n. 1409 del 16 maggio 2003 e successive modificazioni ed integrazioni;

- RICHIAMATA la deliberazione n. 2956 del 9 novembre 2001;

- SENTITE le rappresentanze degli enti locali, nonché le organizzazioni delle imprese del commercio maggiormente rappresentative a livello regionale;

delibera

1.       di approvare, per le motivazioni di cui in premessa che forma parte integrante e sostanziale del presente provvedimento, la ricognizione delle disposizioni regionali normative in materia di commercio;

2.       di dare atto che la presente deliberazione non comporta spesa a carico del bilancio regionale;

3.       di pubblicare la presente deliberazione nel Bollettino ufficiale della Regione.


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