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Scarica versione stampabile Deliberazione Ufficio di Presidenza del Consiglio Regionale

Bur n. 60 del 17 giugno 2014


Materia: Consiglio regionale

Deliberazione dell'Ufficio di Presidenza del Consiglio Regionale n. 34 del 20 maggio 2014

Deliberazione della Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per il Veneto, 9 aprile 2014, n. 269, concernente la regolarità dei rendiconti dei Gruppi consiliari per l'esercizio 2013. Provvedimenti conseguenti.

Premessa

Il decreto legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito con modificazioni dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213, ha introdotto nell’ordinamento un rafforzamento della partecipazione della Corte dei conti al controllo sulla gestione finanziaria delle regioni come degli enti locali e ha previsto altresì il riscontro delle sezioni regionali di controllo sui rendiconti di esercizio dei gruppi consiliari e sulla relativa documentazione a corredo dei rendiconti stessi.

In particolare l’art. 1, commi 1, 9, 10, 11 e 12, del citato d.l.174/2012 stabilisce quanto segue:

Art. 1, commi 1, 9, 10, 11 e 12, del d.l. 174/2012 così come vigenti a seguito della pronuncia della Corte costituzionale n. 39 del 2014

1.   Al fine di rafforzare il coordinamento della finanza pubblica, in particolare tra i livelli di governo statale e regionale, e di garantire il rispetto dei vincoli finanziari derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea, le disposizioni del presente articolo sono volte ad adeguare, ai sensi degli articoli 28, 81, 97, 100 e 119 della Costituzione, il controllo della Corte dei conti sulla gestione finanziaria delle regioni di cui all’articolo 3, comma 5, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e all’articolo 7, comma 7, della legge 5 giugno 2003, n. 131, e successive modificazioni.

9.   Ciascun gruppo consiliare dei consigli regionali approva un rendiconto di esercizio annuale, strutturato secondo linee guida deliberate dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e recepite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, per assicurare la corretta rilevazione dei fatti di gestione e la regolare tenuta della contabilità, nonché per definire la documentazione necessaria a corredo del rendiconto. In ogni caso il rendiconto evidenzia, in apposite voci, le risorse trasferite al gruppo dal consiglio regionale, con indicazione del titolo del trasferimento, nonché le misure adottate per consentire la tracciabilità dei pagamenti effettuati.

10.   Il rendiconto è trasmesso da ciascun gruppo consiliare al presidente del consiglio regionale, [che lo trasmette al presidente della regione]. Entro sessanta giorni dalla chiusura dell'esercizio, il presidente della regione trasmette il rendiconto di ciascun gruppo alla competente sezione regionale di controllo della Corte dei conti perché si pronunci, nel termine di trenta giorni dal ricevimento, sulla regolarità dello stesso con apposita delibera, che è trasmessa [al presidente della regione per il successivo inoltro] al presidente del consiglio regionale, che ne cura la pubblicazione. In caso di mancata pronuncia nei successivi trenta giorni, il rendiconto di esercizio si intende comunque approvato. Il rendiconto è, altresì, pubblicato in allegato al conto consuntivo del consiglio regionale e nel sito istituzionale della regione.(*)

11.   Qualora la competente sezione regionale di controllo della Corte dei conti riscontri che il rendiconto di esercizio del gruppo consiliare o la documentazione trasmessa a corredo dello stesso non sia conforme alle prescrizioni stabilite a norma del presente articolo, trasmette, entro trenta giorni dal ricevimento del rendiconto, al [presidente della regione] (presidente del consiglio regionale) una comunicazione affinché si provveda alla relativa regolarizzazione, fissando un termine non superiore a trenta giorni. La comunicazione è trasmessa al presidente del consiglio regionale per i successivi adempimenti da parte del gruppo consiliare interessato e sospende il decorso del termine per la pronuncia della sezione. [Nel caso in cui il gruppo non provveda alla regolarizzazione entro il termine fissato, decade, per l'anno in corso, dal diritto all'erogazione di risorse da parte del consiglio regionale]. [La decadenza di cui al presente comma] (L’omessa regolarizzazione di cui al presente comma) comporta l'obbligo di restituire le somme ricevute a carico del bilancio del consiglio regionale e non rendicontate.(**)

12.   [La decadenza e] L'obbligo di restituzione di cui al comma 11 consegue[ono] alla mancata trasmissione del rendiconto entro il termine individuato ai sensi del comma 10, ovvero alla delibera di non regolarità del rendiconto da parte della sezione regionale di controllo della Corte dei conti.(***)

Legenda:

[….] Disposizioni dichiarate costituzionalmente illegittime dalla Corte costituzionale con sentenza n. 39 del 2014

(….) Disposizioni introdotte dalla sentenza della Corte costituzionale n. 39 del 2014 (sul punto sentenza cosiddetta “sostitutiva”).

(*) La Corte costituzionale, con sentenza n. 39/2014 ha dichiarato, tra l’altro: a) l’illegittimità costituzionale del primo periodo del presente comma, limitatamente alle parole «che lo trasmette al presidente della Regione»; b) l’illegittimità costituzionale del secondo periodo del presente comma, limitatamente alle parole «al presidente della regione per il successivo inoltro».

(**) La Corte costituzionale, con sentenza n. 39/2014 ha dichiarato, tra l’altro: a) l’illegittimità costituzionale del primo periodo comma 11, nella parte in cui prevede il «presidente della regione», anziché il «presidente del consiglio regionale»; b) l’illegittimità costituzionale del terzo periodo del presente comma; c) l’illegittimità costituzionale del quarto periodo del presente comma, nella parte in cui prevede che l’obbligo di restituire le somme ricevute a carico del bilancio del consiglio regionale e non rendicontate consegue alla «decadenza di cui al presente comma», anziché all’omessa regolarizzazione di cui al presente comma.

(***) La Corte costituzionale, con sentenza n. 39/2014, ha dichiarato, tra l’altro, l’illegittimità costituzionale del comma 12, là dove prevede che «La decadenza e l’obbligo di restituzione di cui al comma 11 conseguono» anziché prevedere che «L’obbligo di restituzione di cui al comma 11 consegue».

In attuazione delle predette disposizioni, in data 27 febbraio 2014, sono stati presentati alla Corte dei conti i rendiconti dei Gruppi consiliari per l’anno 2013, con allegata la relativa documentazione di supporto.

La Corte dei conti, con deliberazione n. 190/2014/FRG del 12 marzo 2014, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1, comma 11, della l. 213/2012, ha richiesto di provvedere alla regolarizzazione dei rendiconti mediante l’esibizione, entro 15 giorni, della documentazione giustificativa indicata per ciascun Gruppo nelle schede allegate alla deliberazione medesima.

Il Presidente del Consiglio regionale, con nota del 18 marzo 2014, ha chiesto alla Corte dei conti la ridefinizione del termine per la regolarizzazione nei limiti massimi previsti dalla normativa vigente.

La Corte dei conti, con deliberazione n. 216/2014/FRG del 20 marzo 2014, ha stabilito di rideterminare in complessivi giorni 20 il termine inizialmente previsto.

Il Presidente del Consiglio regionale, con nota del 2 aprile 2014 ha trasmesso la documentazione richiesta.

La Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per il Veneto, con deliberazione n. 269/2014/FRG del 9/04/2014, in relazione ai rendiconti di esercizio dei Gruppi consiliari indicati nell’allegato 1 al presente provvedimento ha dichiarato l’irregolare rendicontazione degli importi complessivi riportati a fianco di ciascun Gruppo consiliare. La specificazione analitica delle singole voci ritenute non regolarmente rendicontate è contenuta in appositi allegati alla citata deliberazione n. 269/2014/FRG e relative schede di sintesi in cui vengono ulteriormente esplicitati i motivi del mancato riconoscimento.

La citata deliberazione della Corte dei conti è stata quindi trasmessa al Presidente del Consiglio regionale per i conseguenti adempimenti di competenza ai sensi dell’art. 1, comma 11, del d.l. 174/2012, convertito con modificazioni nella l. 213/2012, nonché dei commi 2 e 3 dell’articolo 4 della l.r. 28/2013.

L’Ufficio di presidenza, riunitosi in data 29 aprile 2014 per esaminare le iniziative da assumere a fronte della citata deliberazione n. 269/2014/FRG della Corte dei conti ha disposto che i dirigenti capi dei Servizi consiliari competenti predispongano uno o più schemi di provvedimento finalizzati a:

  1. promuovere il ricorso del Presidente della Giunta regionale per conflitto di attribuzioni ai sensi della legge 11 marzo 1953, n. 87 “Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte Costituzionale (deliberazione dell’Ufficio di presidenza che approva la proposta di deliberazione amministrativa da sottoporre al voto del Consiglio regionale);
  2. autorizzare la costituzione in giudizio presso il Tribunale amministrativo regionale Veneto ad adiuvandum dei ricorsi presentati dai Gruppi consiliari proponendo altresì istanza di sospensione dell’atto impugnato;
  3. assumere le prime misure per la predisposizione del piano di rientro di cui all’articolo 4, comma 2, della legge regionale 7 novembre 2013, n. 28;
  4. prendere atto dell’avvio del procedimento legislativo per la revisione della legge regionale 28/2013, con particolare riferimento al comma 3 dell’articolo 4, con conseguente sospensione dell’attuazione della predetta disposizione.

Viene così delineata - e a seguire nel presente provvedimento, dettagliata per punti nei suoi sviluppi - una strategia di azione organica e complessiva del Consiglio regionale del Veneto, e per esso dell’Ufficio di presidenza, quale organo di garanzia delle prerogative dei consiglieri e degli organi consiliari, riconsiderata, relativamente al punto di cui alla lettera b), anche alla luce dell’ulteriore intervento della Corte costituzionale con la sentenza n. 130 del 2014 e delle, anche diversificate, opzioni e valutazioni espresse in sede di confronti in sede tecnica con i legali incaricati ed istituzionale di cui si dirà in seguito.

Tale azione viene orientata alla tutela dei Gruppi consiliari, qualificati “organi del Consiglio …..ovvero come uffici comunque necessari e strumentali alla formazione degli organi interni del Consiglio” (sentenza Corte cost. n. 39 del 2014 e n. 130 del 2014) a fronte del reiterarsi di interventi da parte della Corte dei conti, sezione regionale di controllo per il Veneto, che si ritengono lesivi delle prerogative dei Gruppi consiliari ed in quanto tali si riverberano sulla stessa autonomia consiliare, costituzionalmente garantita.

L’azione si articola nella riproposizione di un ricorso a livello di conflitto di attribuzioni avanti alla Corte costituzionale unitamente ad un ricorso avanti al Tribunale amministrativo regionale per il Veneto con istanza cautelare, al fine di far valere un interesse del Consiglio regionale proprio, differenziato e diretto rispetto a quello dei Gruppi consiliari e da ricondursi alle prerogative istituzionali proprie del Consiglio regionale e dei suoi organi e alla loro lesione determinata dalle modalità di conduzione dell’esercizio della funzione di controllo, nel mentre i Gruppi consiliari provvederanno ad agire avanti allo stesso Tribunale amministrativo regionale per il Veneto per gli aspetti di specifico interesse e competenza.

Il Consiglio regionale si propone così di veder riconosciuti, nelle competenti sedi giurisdizionali:

-    sotto il profilo del conflitto di attribuzioni, la avvenuta assunzione di modalità e parametri nella conduzione e svolgimento dell’ esercizio della funzione di controllo da parte della sezione regionale della Corte dei conti intrinsecamente lesivi della autonomia consiliare, vale a dire la assunzione della inerenza quale parametro per l’esercizio della funzione di controllo che in quanto non prevista dal quadro normativo di riferimento per l’esercizio della funzione di controllo medesima, risulta lesiva della autonomia del Consiglio regionale e dei suoi organi, o comunque, in via subordinata, una sua avvenuta applicazione in forme e modi tali da esorbitare dalla funzione della Corte dei conti medesima, qualificata, dalla Corte costituzionale, in termini di “riscontro meramente esterno e di natura documentale”;

-    sotto il profilo della legittimità di esercizio della funzione di controllo da parte della sezione regionale di controllo per il Veneto della Corte dei conti, la violazione di una serie di profili che afferiscono al corretto e trasparente agire amministrativo e che possono essere individuati, in via di estrema sintesi, nella violazione del principio di leale collaborazione, cui deve conformarsi l’esercizio delle funzioni di controllo fra istituzioni, atteso che della istituzione del Consiglio regionale i gruppi sono riconosciuti, ed a pieno titolo, come parti, essendo qualificati, con orientamento oramai consolidato della stessa giurisprudenza costituzionale, come organi necessari per la formazione ed il funzionamento del Consiglio regionale medesimo;

I singoli Gruppi consiliari provvederanno ad agire avanti allo stesso TAR Veneto per gli aspetti di specifico interesse e competenza, quali, in concreto ed a titolo esemplificativo possono essere richiamati, il trasmodare della funzione di controllo della sezione regionale per il Veneto della Corte dei conti sullo specifico rendiconto del singolo Gruppo consiliare, in un giudizio sul merito e sulla opportunità che afferiscono invece ad un piano di discrezionalità, a fronte della già ricordata natura del controllo (qualificato dalla Corte come “esterno e di tipo documentale”) ed i profili di intrinseca contraddittorietà nell’operare della sezione di controllo, fra la fase di interlocuzione e la fase decisoria, e in seno a quest’ultima, tra le diverse motivazioni addotte a censura delle diverse tipologie di spesa rendicontate dai diversi Gruppi consiliari.

Unitamente alle iniziative giurisdizionali, non può tralasciarsi di dare mandato alle strutture regionali competenti di predisporre una proposta di piano di rientro da sottoporre all’esame e approvazione dell’Ufficio di presidenza in un quadro di coerenza con la disciplina del decreto legge n. 174 del 2012, convertito con modificazioni dalla legge 213 del 2012 e della legge regionale n. 28 del 2013; tali misure dovranno essere sottoposte alla approvazione dell’Ufficio di presidenza in esito alla definitività delle pronunce sulle istanze cautelari per la sospensione della esecuzione del provvedimento impugnato, proposte in sede di ricorso giurisdizionale amministrativo al TAR per il Veneto e solo a fronte di un loro non favorevole accoglimento.

 

  1. IL RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE

Come noto, in esito ai provvedimenti assunti dal Consiglio regionale con propria deliberazione n. 80 del 31 luglio 2013, la Regione del Veneto aveva promosso ricorso alla Corte costituzionale per conflitto di attribuzioni nei confronti della deliberazione n. 160 del 13 giugno 2013 della Sezione regionale di controllo per il Veneto della Corte dei conti con la quale, in sede di controllo dei rendiconti dei Gruppi consiliari per l’esercizio 2012, si accertava l'inadempimento da parte di un Gruppo consiliare dell’obbligo di regolarizzare il rendiconto sull'impiego dei contributi finanziari erogati a carico del bilancio della Regione del Veneto e l'irregolare rendicontazione di specifici importi riferiti agli altri Gruppi consiliari. 

Fra gli aspetti che furono oggetto di rilievo, il possibile ridondare della disciplina introdotta e della sua applicazione in profili di lesione delle attribuzioni istituzionali della Regione del Veneto e dei suoi organi, risultando violate le attribuzioni regionali in materia di autonomia contabile e di spesa di cui all’articolo 119 della Costituzione e, quale norma interposta, dell’articolo 30 dello Statuto del Veneto, la sua applicazione in via retroattiva contraria agli articoli 3 e 25 della Costituzione, in quanto lesiva del legittimo affidamento nonché irragionevole e sproporzionata rispetto al fine che il legislatore intendeva perseguire con le disposizioni di cui alla legge n. 213 del 2012, la assenza di una specifica normativa transitoria e una non uniforme applicazione da parte delle diverse sezioni regionali per il controllo della Corte dei conti.

In data 15 aprile u.s. si è tenuta la udienza pubblica avanti alla Corte costituzionale ed in data 15 maggio u.s. è stata depositata la relativa pronuncia (sentenza n. 130 del 2014) con la quale si dispone, per quanto in questa sede interessa e rileva, l’annullamento delle deliberazioni della Corte dei conti, sezione delle autonomie 5 aprile 2013, n. 12 e 5 luglio 2013, n. 15, nonché delle deliberazioni della sezione regionale di controllo per il Veneto della Corte dei conti n. 105 del 29 aprile 2013 e n. 160 del 13 giugno 2013.

La Corte costituzionale rileva, come lamentato dalle regioni ricorrenti e fra queste la regione del Veneto, che il quadro normativo di riferimento “configura il controllo in esame come condizionato alla previa individuazione dei criteri per il suo esercizio e ciò sull’evidente presupposto della loro indispensabilità”; ma nel caso di specie il quadro normativo di riferimento costituiva una fattispecie a formazione progressiva che non si era perfezionata in corso di esercizio 2012, ma solo a seguito della adozione e successiva pubblicazione, nel 2013, del DPCM 21 dicembre 2012, e che non poteva, quindi retroagire nei suoi effetti ad un esercizio, il 2012, in cui altro e diverso era il quadro normativo di riferimento cui i gruppi consiliari dovevano intendersi tenuti a conformarsi.

Quindi la immediata operatività del controllo, per i rendiconti dell’esercizio 2012 e sulla base di detti parametri normativi, deve intendersi priva di fondamento, tanto da condurre all’annullamento delle deliberazioni della Corte dei conti.

Ma ciò che più interessa e rileva è certamente, il ribadirsi come “Il sindacato della Corte dei conti assume infatti, come parametro, la conformità del rendiconto al modello predisposto in sede di Conferenza, e deve pertanto ritenersi documentale, non potendo addentrarsi nel merito delle scelte discrezionali rimesse all’autonomia politica dei gruppi, nei limiti del mandato istituzionale”.

In occasione dell’incontro del 29 aprile 2014 alla presenza dei legali incaricati, e per essi del prof. avv. Mario Bertolissi, così come nella precedente riunione con i legali incaricati del 17 aprile u.s., si è rilevato come anche la deliberazione della Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per il Veneto, n. 269/2014/FRG di non regolarità dei rendiconti dei Gruppi consiliari per l’esercizio 2013 propone profili di percorribilità per un nuovo ricorso della regione del Veneto alla Corte costituzionale per confitto di attribuzione ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 39 e seguenti della legge 11 marzo 1953, n. 87 “Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale”, da proporsi entro il termine decadenziale definito in sessanta (60) giorni dalla avvenuta conoscenza dell’atto (e quindi, nel caso di specie, entro il 9 giugno).

Infatti, per quanto in questa sede interessa e rileva, la deliberazione della Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per il Veneto, n. 269/2014/FRG, deve essere letta alla luce della pronuncia della Corte costituzionale n. 39 del 2014 che:

-    se ha ritenuto non lesiva dei parametri costituzionali e statutari invocati a presidio della autonomia regionale la previsione di cui al comma 9 dell’articolo 1 della legge n. 213 del 2012 in ordine all’obbligo di predisposizione da parte di ciascun gruppo consiliare di un rendiconto di esercizio annuale, strutturato secondo linee guida deliberate dalla Conferenza permanente Stato - regioni - province autonome, recepite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, per assicurare la corretta rilevazione dei fatti di gestione e la regolare tenuta della contabilità, nonché per definire la documentazione necessaria a corredo del rendiconto, ai fini della successiva pronuncia di regolarità da parte della Corte dei conti;

-    contestualmente ha definito e delimitato ambiti e confini di detto controllo, evidenziando come “il legislatore ha predisposto … una analisi obbligatoria di tipo documentale, che, pur non scendendo nel merito dell’utilizzazione delle somme stesse, ne verifica la prova dell’effettivo impiego, senza ledere la autonomia politica dei gruppi interessati al controllo. Il sindacato della Corte dei conti assume infatti, come parametro la conformità del rendiconto al modello proposto in sede di Conferenza, e deve pertanto ritenersi documentale, non potendo addentrarsi nel merito delle scelte discrezionali rimesse all’autonomia politica dei gruppi, nei limiti del mandato istituzionale”.

Alla luce di tale pronuncia della Corte costituzionale e della ricostruzione da questa operata dell’istituto dei controlli sui rendiconti dei gruppi consiliari, come “meramente esterni e di natura documentale” a fronte della deliberazione della Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per il Veneto, n. 269/2014/FRG e delle forme e modalità di esercizio delle proprie funzioni da parte della Sezione regionale per il Veneto, è stata, in prima lettura, segnalata la esigenza di intervenire per evitare il consolidarsi:

-    sia, in primis, della assunzione della inerenza quale parametro per l’esercizio del controllo dei rendiconti delle spese dei gruppi consiliari, laddove tale parametro non è previsto né tantomeno disciplinato dalla legge n. 213 del 2012 e dal relativo DPCM del 21 dicembre 2012 di recepimento della delibera della Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le Regioni e le Province autonome del 5 dicembre 2012, e configurandosi quindi l’operato della Sezione regione di controllo per il Veneto della Corte dei conti in modalità discordanti rispetto al quadro normativo di riferimento o comunque in termini di discrezionale ampliamento dell’ambito di applicazione di una disposizione normativa: quanto sopra in violazione di principi di certezza del diritto di cui agli articoli 3 e 25 della Costituzione;

-    sia, comunque, in via subordinata, di una elaborazione da parte della suddetta Sezione regionale per il controllo della interpretazione ed applicazione del concetto di inerenza della spesa rispetto alle finalità istituzionali proprie dei Gruppi consiliari che, laddove la Sezione regionale per il controllo richiede che “deve essere idonea a consentire l’esercizio della verifica di inerenza al fine istituzionale, indicando l’occasione, le circostanze e le finalità della spesa medesima poiché il difetto di tali minime indicazioni rende, di fatto, a monte, impossibile qualunque valutazione di attinenza a fini istituzionali propri del mandato consiliare e dell’attività del gruppo” viene imposta in termini fortemente invasivi e lesivi della autonomia dei Gruppi medesimi e quindi tale - proprio per le modalità assunte, pur a fronte della riconosciuta natura dei Gruppi consiliari quali “organi del Consiglio …..ovvero come uffici comunque necessari e strumentali alla formazione degli organi interni del Consiglio” (sentenza Corte cost. n. 39/2014) - da ridondare in lesione degli spazi costituzionalmente riservati alla autonomia della Regione e dei suoi organi e funzionali al funzionamento della istituzione consiliare.  

Ma vi è un ulteriore aspetto che merita la attenzione: il rigetto, sotto un profilo di diritto, da parte della Corte costituzionale con la sentenza n. 130 del 2014 di uno dei motivi di inammissibilità proposti dalla difesa dello Stato ovvero la presunta assenza di “tono costituzionale” nel ricorso proposto, dal momento che «la figura dei conflitti di attribuzione non si restringe alla sola ipotesi di contestazione circa l’appartenenza del medesimo potere, che ciascuno dei soggetti contendenti rivendichi per sé ma si estende a comprendere ogni ipotesi in cui dall’illegittimo esercizio di un potere altrui consegua la menomazione di una sfera di attribuzioni costituzionalmente assegnate all’altro soggetto”; e proprio quest’ultimo è il principale aspetto lamentato, sia nel ricorso proposto e deciso con la sentenza in esame, sia nel ricorso che si propone di promuovere: ovvero il ridondare in lesione della autonomia costituzionalmente garantita dei Consigli regionali, della azione della Corte dei conti, allora a fronte della assunzione con effetto retroattivo di un quadro di riferimento normativo non conosciuto né conoscibile in corso di esercizio, oggi la sua applicazione in forme non coerenti con la ricostruzione che la stessa Corte costituzionale offre e ribadisce con le sentenze in esame.

Ritenendo pertanto sussistano nuovamente le condizioni, come sopra in prima lettura richiamate, per proporre ricorso per conflitto di attribuzione avanti alla Corte costituzionale, opera la previsione di cui all’articolo 33, comma 1, lettera m) dello Statuto del Veneto, ai sensi del quale “Il Consiglio….. m) propone alla Giunta regionale la promozione dei ricorsi o la costituzione in giudizio innanzi alla Corte costituzionale”.

A tale proposito, si rammenta infatti come in merito alla rappresentanza in giudizio della Regione e dei suoi organi, in tema di giudizi in cui è in causa la rappresentanza dell’Ente Regione del Veneto – quali, per quanto in questa sede interessa e rileva, proprio i diversi giudizi avanti alla Corte costituzionale – la rappresentanza in giudizio compete al Presidente della Giunta regionale.

Si ritiene pertanto di sottoporre al Consiglio regionale la deliberazione di proposta alla Giunta regionale per la proposizione di ricorso della regione del Veneto alla Corte costituzionale per conflitto di attribuzione. nei confronti della deliberazione della Corte dei conti di non regolarità dei rendiconti n. 269/2014/FRG, con riferimento ai profili come sopra tratteggiati e che saranno oggetto di successiva integrazione e sviluppo da parte dei legali cui verrà affidato il patrocinio della regione del Veneto.

 

  1. LA PROMOZIONE DI RICORSI GIURISDIZIONALI AMMINISTRATIVI AVANTI AL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL VENETO, CON ISTANZA CAUTELARE

In occasione dei sopracitati incontri con i legali incaricati è stato evidenziato come la sentenza della Corte costituzionale n. 39 del 2014 ha risolto il tema, pur dibattuto, in ordine alla impugnabilità delle pronunce delle Sezioni regionali per il controllo:

-    disattendendo in primo luogo, le letture dottrinali in ordine alla non impugnabilità delle deliberazioni delle Sezioni regionali per il controllo, sia, verosimilmente, la stessa pronuncia 15/SEZAUT/2013 della Sezione delle Autonomie della Corte dei conti del 5 luglio 2013 che sosteneva la tesi di una giurisdizione cosiddetta “domestica”, configurandosi quale unico ammissibile rimedio nei confronti delle pronunce delle Sezioni regionali per il controllo, “ove si ritengano lesive di interessi protetti”, ai sensi dell’articolo 3 della legge n. 213 del 2012, il ricorso alle Sezioni riunite della stessa Corte dei conti in sede di giurisdizione esclusiva della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica di cui all’articolo 103 della Costituzione;

-    e riconoscendo “la facoltà dei soggetti controllati di ricorrere agli ordinari strumenti di tutela giurisdizionale previsti dall’ordinamento in base alle fondamentali garanzie costituzionali previste dagli artt. 24 e 113 della Costituzione”,

anche se rimane allo stato non definita, in carenza assoluta di precedenti in materia, la esatta individuazione della autorità giurisdizionale competente a pronunciarsi in sede di tali ricorsi.

In tal senso si ritiene che la autorità giurisdizionale debba essere individuata nel giudice amministrativo (vedi parere dei legali incaricati del 3 luglio 2013 ribadito sul punto in occasione degli incontri del 17 e 29 aprile u.s.), atteso che “il provvedimento in esame, essendo un atto di controllo emesso da una autorità amministrativa, qual è la sezione di controllo della Corte dei conti, ancorché inserita in un corpo (la Corte dei conti) avente anche funzioni giurisdizionali costituzionalmente previste”, non può che essere censurato avanti al giudice amministrativo.

Nel merito la deliberazione della Corte dei conti di non regolarità dei rendiconti n. 269/2014/FRG per l’esercizio 2013, propone molteplici e sostanziali profili di illegittimità da poter far valere in giudizio:

-    la violazione del principio di leale collaborazione, cui dovrebbe conformarsi l’esercizio delle funzioni di controllo introdotte dal decreto legge n. 174 del 2012 convertito con modificazioni dalla legge n. 213 del 2012, ivi compresa la violazione del principio del contraddittorio, atteso che si è proceduto all’accertamento senza coinvolgere direttamente i gruppi consiliari;

-    una valutazione complessiva delle spese sostenute e rendicontate che ha assunto come parametro non la sola conformità del rendiconto al quadro normativo vigente (e quindi alla disciplina definita dalla legge n. 213 del 2012 ed in sua attuazione dal DPCM 21 dicembre 2012, così come rappresentato dalla Corte costituzionale con la già più volte richiamata sentenza n. 39 del 2014, che sul punto precisa come “il sindacato della Corte dei conti assume infatti, come parametro, la conformità del rendiconto al modello predisposto in sede di Conferenza”), ma si è esteso ad una verifica di inerenza al fine istituzionale, fino a comprendere valutazioni in ordine alla “occasione” alle “circostanze” e alla “finalità della spesa” rispetto alla attività istituzionale del gruppo e così trasmodando in un giudizio sul merito e la opportunità che afferiscono ad un piano di discrezionalità che si ritiene estraneo al sindacato delle Sezioni regionali per il controllo;

-    aspetti di intrinseca contraddittorietà tra le diverse motivazioni addotte a censura delle diverse tipologie di spesa rendicontate dai diversi Gruppi consiliari.

Inoltre la Corte dei conti non ha tenuto in debito conto che le attività specificamente individuate nell’art. 13, comma 1 quater, della l.r. 47/2012, così come introdotto dall’art. 2 della l.r. 28/2013, e le conseguenti spese, sono qualificate come spese per attività istituzionali dei gruppi consiliari per espressa presunzione legale.

Muovendo dal parere reso dai legali incaricati in data 3 luglio 2013, poi ribadito nei suoi contenuti e nelle logiche di strategia processuale in occasione degli incontri del 17 e del 29 aprile u.s., alla luce dei sopravvenuti interventi della Corte costituzionale (sentenza n. 39 e n. 130 del 2014) in ordine alla natura giuridica dei gruppi consiliari, dal conseguente, articolato confronto in sede tecnica ed istituzionale, nel quale sono state prospettate diversificate soluzioni, è emersa la definizione di una opzione che prevede:

-    il ricorso giurisdizionale amministrativo avanti al Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, con annessa istanza cautelare, da parte del Consiglio regionale che si costituirà in giudizio per il tramite del Presidente della Giunta regionale cui spetta la rappresentanza in giudizio del Consiglio regionale, tra l’altro, per tutti gli atti e le attività posti in essere nell’esercizio delle competenze del Consiglio medesimo (procedimenti ed atti, legislativi, amministrativi e politici) quale organo della regione; quanto sopra atteso che sussistono le condizioni che legittimano la possibilità di costituzione in giudizio del Consiglio regionale, trovando il Consiglio regionale un proprio interesse differenziato e diretto rispetto a quello dei Gruppi consiliari (e quindi la propria legittimazione processuale ad agire – o meglio a richiedere alla Giunta regionale e per essa al Presidente della Giunta regionale di agire) in quei profili della conduzione dell’esercizio della funzione di controllo da parte della sezione regionale per il Veneto della Corte dei conti, (quali la violazione del principio di leale collaborazione, cui dovrebbe conformarsi l’esercizio delle funzioni di controllo fra istituzioni, atteso che della istituzione del Consiglio regionale i gruppi sono riconosciuti, ed a pieno titolo, come parti) da cui discendono profili di lesione delle prerogative proprie del Consiglio regionale e dei suoi organi (basti pensare alla sospensione dell’erogazione dei contributi per l’anno in corso che, in quanto tali, si traducono in una potenziale paralisi della attività dei Gruppi e dunque dell’attività istituzionale del Consiglio regionale medesimo);

-    il ricorso giurisdizionale amministrativo avanti al Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, con annessa istanza cautelare, da parte dei Gruppi consiliari che provvederanno ad agire avanti allo stesso TAR per il Veneto per gli aspetti di specifico interesse e competenza, quali in concreto il trasmodare della funzione di controllo della sezione regionale per il Veneto della Corte dei conti sullo specifico rendiconto del singolo Gruppo consiliare, in un giudizio sul merito e sulla opportunità che afferiscono invece ad un piano di discrezionalità, a fronte della già ricordata natura del controllo (qualificato dalla Corte come “esterno e di tipo documentale”) ed i profili di intrinseca contraddittorietà nell’operare della sezione di controllo, fra la fase di interlocuzione e la fase decisoria, e in seno a quest’ultima, tra le diverse motivazioni addotte a censura delle diverse tipologie di spesa rendicontate dai diversi Gruppi consiliari.

 

  1. ADEMPIMENTI CONSEGUENTI ALLA DELIBERAZIONE DELLA CORTE DEI CONTI DI NON REGOLARITÀ DEL RENDICONTO N. 269/2014/FRG – PRIME MISURE PER LA PREDISPOSIZIONE DEL PIANO DI RIENTRO.

Al fine di definire gli adempimenti conseguenti alla deliberazione della Corte dei conti di non regolarità dei rendiconti n. 269/2014/FRG, oltre alle norme sopra richiamate, è necessario tener conto altresì di quanto previsto dall’art. 4 della l.r. 28/2013 di seguito riportato:

l.r. 28/2013, Art. 4 - Adempimenti conseguenti alla deliberazione di non regolarità del rendiconto.

1.      L’Ufficio di presidenza del Consiglio regionale trasmette la deliberazione della sezione regionale di controllo della Corte dei conti ai sensi dell’articolo 1, commi 11 e 12, del decreto legge n. 174 del 2012 convertito, con modificazioni, con legge n. 213 del 2012, ai Presidenti dei gruppi consiliari interessati e procede agli adempimenti ivi previsti nei confronti dei rispettivi gruppi.

2.      In caso di dichiarazione di non regolarità dei rendiconti da parte della sezione regionale di controllo della Corte dei conti, l’Ufficio di presidenza dispone l’obbligo di restituzione delle somme ricevute ai sensi dell’articolo 3 della legge regionale 27 novembre 1984, n. 56, come sostituito dall’articolo 14 della legge regionale 21 dicembre 2012, n. 47, non regolarmente rendicontate, anche mediante la predisposizione di un apposito piano di rientro che contempli progressive decurtazioni del contributo annuale spettante al gruppo per le spese di funzionamento. La comunicazione è inviata al Presidente del gruppo consiliare che ha sottoscritto e presentato il rendiconto contenente le spese dichiarate irregolari. Nel caso in cui il gruppo abbia cambiato il Presidente, la comunicazione è inviata al Presidente che ha autorizzato la spesa dichiarata irregolare.

3.      L’Ufficio di presidenza dispone, per i gruppi le cui spese sono state ritenute irregolari, la decadenza dal diritto all’erogazione per l’anno in corso delle risorse per il funzionamento di cui all’articolo 3 della legge regionale 27 novembre 1984, n. 56, come sostituito dall’articolo 14 della legge regionale 21 dicembre 2012, n. 47, in misura proporzionale alle spese dichiarate irregolari. Nel caso in cui parte di tali risorse sia già stata erogata l’Ufficio di presidenza ne richiede la restituzione con le modalità di cui al comma 2.

In merito all’obbligo di restituzione, la citata sentenza della Corte costituzionale n. 39 del 2014 ha precisato che “contrariamente alla sanzione della decadenza dal diritto all’erogazione delle risorse per il successivo esercizio annuale, l’obbligo di restituzione può infatti ritenersi anzitutto principio generale delle norme di contabilità pubblica. Esso risulta strettamente correlato al dovere di dare conto delle modalità di impiego del denaro pubblico in conformità alle regole di gestione dei fondi e alla loro attinenza alle funzioni istituzionali svolte dai gruppi consiliari. Detto obbligo è circoscritto dalla norma impugnata a somme di denaro ricevute a carico del bilancio del consiglio regionale, che vanno quindi restituite, in caso di omessa rendicontazione, atteso che si tratta di risorse della cui gestione non è stato correttamente dato conto secondo le regole di redazione del rendiconto. Ne consegue che l’obbligo di restituzione discende causalmente dalle riscontrate irregolarità nella rendicontazione. Conseguentemente – sulla base del suddetto nesso di causalità – l’obbligo di restituzione risulta riconducibile alla richiamata procedura di controllo legittimamente istituita dal legislatore.”

Tenuto conto del quadro sopra delineato, la proposta di piano di rientro dovrà prevedere la restituzione delle spese di funzionamento irregolarmente rendicontate anche mediante progressive decurtazioni dei contributi a tale titolo spettanti ai sensi dell’art. 4, comma 2, della citata l.r. 28/2013 nonché ricomprendere nel medesimo piano di rientro una proposta di restituzione delle spese di personale irregolarmente rendicontate mediante rateizzazione, non potendo trovare applicazione in quest’ultimo caso il citato comma 2. La durata, articolata in rate periodiche, anche con eventuale saldo finale, terrà conto dell’entità delle somme da restituire e non può avere una durata superiore alla scadenza naturale della legislatura in corso.

Atteso che con il presente provvedimento viene prevista la promozione, avverso la deliberazione della Corte dei conti n. 269/2014/FRG, di ricorso giurisdizionale amministrativo avanti al TAR per il Veneto, con istanza di sospensiva per i motivi richiamati al punto 2), unitamente ai ricorsi che verranno proposti dai singoli gruppi consiliari per gli aspetti di specifico interesse e competenza prima di procedere al recupero delle somme asseritamente irregolarmente rendicontate, si ritiene opportuno attendere l’esito delle decisioni che saranno assunte dai competenti organi giurisdizionali in merito alle richieste di sospensiva proposte.

Nel frattempo si ritiene comunque necessario incaricare il dirigente capo del Servizio Affari generali di predisporre una proposta di piano di rientro, ai sensi dell’art. 4, comma 2, della l.r. 28/2013, secondo le modalità precedentemente definite, da sottoporre alla approvazione dell’Ufficio di presidenza in esito alla definitività delle pronunce in ordine alle predette istanze di sospensiva.

Si evidenzia infine che ai sensi dell’art. 6, comma 3, della l.r. 56/1984, il versamento dei contributi spettanti ai gruppi consiliari è stato automaticamente sospeso fino alla regolarizzazione del rendiconto.

 

  1. LA SOSPENSIONE DELL’ATTUAZIONE DELL’ART. 4, COMMA 3, DELLA L.R. 28/2013

Come già evidenziato, la sentenza della Corte costituzionale n. 39 del 2014 è intervenuta anche sulla previsione di cui al comma 11, terzo periodo e di cui al comma 12 dell’articolo 1 del decreto legge n. 174 del 2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 213 del 2012 , nelle parti in cui prevedeva che in caso di riscontrate irregolarità da parte della Sezione regionale di controllo della Corte dei conti, il gruppo consiliare che non provvedesse alla regolarizzazione del rendiconto entro il termine fissato, decadeva per l’anno in corso dal diritto alla erogazione di risorse da parte del Consiglio regionale e che la decadenza consegue alla mancata trasmissione del rendiconto entro il termine individuato ovvero alla delibera di non regolarità del rendiconto da parte della sezione regionale di controllo della Corte dei conti .

Tali previsioni sono state dichiarate dalla Corte costituzionale costituzionalmente illegittime in quanto si “introduce una misura repressiva di indiscutibile carattere sanzionatorio che consegue ex lege, senza neppure consentire che la Corte dei conti possa graduare la sanzione stessa in ragione del vizio riscontrato nel rendiconto, né che gli organi controllati possano adottare misure correttive” ed in quanto norme che  “introducendo una sanzione che, precludendo qualsiasi finanziamento, rischia potenzialmente di compromettere le funzioni pubbliche affidate ai gruppi consiliari  … rischia di pregiudicare il fisiologico finanziamento dell’assemblea regionale stessa, anche in ragione di marginali irregolarità contabili pur in assenza di un utilizzo scorretto dei contributi assegnati”.

Il legislatore regionale era intervenuto, nella convinzione della palese illegittimità costituzionale della disposizione in questione, al fine di ovviare ai potenziali effetti di compromissione dell’esercizio delle funzioni proprie dei gruppi consiliari e di riflesso - stante la riconosciuta natura e funzione dei gruppi medesimi all’interno della istituzione consiliare - al potenziale pregiudizio per il funzionamento degli organi del Consiglio regionale medesimo (e quindi delle istituzioni regionali nel loro complesso), ritenendo di poter - e dover - esercitare i propri titoli di competenza nell’esercizio della propria autonomia politico-legislativa che trova fondamento e tutela in quelle stesse previsioni costituzionali – vale a dire gli articoli 117 e 119 – che si assumevano come violate, con la previsione di cui all’articolo 4 comma 3 della legge regionale n. 28 del 2013 così disponendo sul punto:

l.r. 28/2013 , Art. 4 – Adempimenti conseguenti alla deliberazione di non regolarità del rendiconto

3.    L’Ufficio di presidenza dispone, per i gruppi le cui spese sono state ritenute irregolari, la decadenza dal diritto alla erogazione per l’anno in corso delle risorse per il funzionamento di cui all’articolo 3 della legge regionale 27 novembre 1984, n. 56 come sostituito dall’articolo 14 della legge regionale 21 dicembre 2012, n. 47, in misura proporzionale alle spese dichiarate irregolari. Nel caso in cui parte di tali risorse sia già stata erogata l’Ufficio di presidenza ne richiede la restituzione con le modalità di cui al comma 2.

Orbene: venuto meno per dichiarazione di illegittimità costituzionale da parte della Consulta l’istituto della decadenza dei Gruppi consiliari dal diritto alla erogazione di risorse da parte del Consiglio regionale in caso di mancata trasmissione o regolarizzazione o non regolarità del rendiconto, si pone la esigenza di sottoporre a nuova valutazione la disciplina come a suo tempo introdotta dal legislatore regionale, in quanto disciplina meramente derivata, integrativa e conformativa in senso costituzionalmente orientato, di un istituto – la decadenza – ora rimosso dall’ordinamento giuridico ad opera della Corte costituzionale

Ed in tal senso un orientamento uniforme è stato manifestato in sede di incontri alla presenza dei legali incaricati, evidenziandosi l’intendimento da parte dei soggetti cui istituzionalmente compete la iniziativa legislativa di assumere una iniziativa di abrogazione della disposizione dell’articolo 4 comma 3 della legge regionale n. 28 del 2013 alla luce della sopravvenuta pronuncia della Corte costituzionale, al fine di rimuovere anche dall’ordinamento regionale la previsione di tale istituto e con decorrenza di effetti a valere già dal corrente esercizio.

L’Ufficio di presidenza prende pertanto atto dell’orientamento emerso per la revisione della legge regionale n. 28/2013, con particolare riferimento al comma 3 dell’articolo 4, con conseguente sospensione, condizionata all’avvio del relativo procedimento legislativo, delle iniziative di attuazione della medesima disposizione in quanto misura analoga a quella contenuta nell’art. 1, comma 11, della l. 213/2012 dichiarata incostituzionale dalla sentenza della Corte costituzionale n. 39/2014.

Tutto ciò premesso, il Relatore propone di sottoporre all’approvazione dell’Ufficio di presidenza il seguente provvedimento.

L'UFFICIO DI PRESIDENZA

-      udito il Relatore, il quale dà atto che le strutture consiliari competenti hanno dichiarato che la pratica è stata regolarmente istruita con l’osservanza delle norme regionali e statali in materia;

-      visto il d.l. 174/2012, convertito in l. 213/2012;

-      viste le leggi regionali n. 56/1984, 47/2012 e 28/2013;

-      vista la deliberazione dell’Ufficio di presidenza del Consiglio regionale n. 44 del 16 maggio 2013 e della Giunta regionale n. 730 del 21 maggio 2013, con le quali si definisce il protocollo di intesa per l’esercizio della rappresentanza in giudizio del Consiglio regionale del Veneto;

-      vista la sentenza della Corte costituzionale n. 39/2014 e n. 130/2014;

 -     viste le deliberazioni della Corte dei conti, Sezione regionale di controllo del Veneto, n. 160/2014/FRG, n. 216/2014/FRG, n. 269/2014/FRG;

-      visto l’articolo 33, comma 1, lettera m) e l’articolo 41 dello Statuto della Regione Veneto;

-      visto il Regolamento del Consiglio regionale;

-      a voti unanimi e palesi dei presenti;

delibera

  1. di ritenere, per le ragioni indicate in premessa e qui recepite quale parte integrante e sostanziale del presente provvedimento, che sussistono le condizioni per proporre alla Giunta regionale la promozione del ricorso della Regione del Veneto alla Corte costituzionale per conflitto di attribuzioni, ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 39 e seguenti della legge 11 marzo 1953, n. 87, nei confronti della deliberazione della Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per il Veneto n. 269 del 9/04/2014;
  2. di sottoporre conseguentemente, al Consiglio regionale, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 33, comma 1, lettera m) dello Statuto del Veneto, la relativa deliberazione di proposta alla Giunta regionale per la promozione di ricorso della Regione del Veneto alla Corte costituzionale per conflitto di attribuzioni, come da allegato 2 alla presente deliberazione;
  3. di proporre alla Giunta regionale, in sede di provvedimento di cui al punto 2), anche la promozione di ricorso giurisdizionale amministrativo avanti al TAR per il Veneto, con istanza cautelare, contro la deliberazione n. 269/2014/FRG della Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per il Veneto, per i profili di competenza ed interesse del Consiglio regionale, nel mentre i Gruppi consiliari provvederanno ad agire avanti allo stesso TAR per il Veneto per i relativi aspetti di specifico interesse e competenza;
  4. di incaricare il dirigente capo del Servizio Affari generali di predisporre una proposta di piano di rientro ai sensi dell’art. 4, comma 2, della l.r.28/2013, secondo le modalità in premessa definite, da sottoporre alla approvazione dell’Ufficio di presidenza in esito alla definitività delle pronunce in ordine alle predette istanze di sospensiva;
  5. di prendere atto dell’orientamento emerso per la revisione della legge regionale n. 28/2013, in esito alla sentenza della Corte costituzionale n. 39 del 2014, con particolare riferimento al superamento della previsione dell’istituto della decadenza dalle risorse a fronte di dichiarazione di irregolarità del rendiconto, di cui all'articolo 4 comma 3 della legge regionale 28/2013 con conseguente sospensione, condizionata all’avvio del relativo procedimento legislativo, delle iniziative di attuazione della medesima disposizione in quanto misura analoga a quella contenuta nell’art. 1, comma 11, della l. 213/2012 dichiarata incostituzionale dalla sentenza della Corte costituzionale n. 39/2014.
  6. di pubblicare nel BURVET la presente deliberazione in forma integrale, a cura della Segreteria generale.

(seguono allegati)

DUPCR 034_2014 - ALLEGATO1_275837.pdf
DUPCR 034_2014 - ALLEGATO2_275837.pdf

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