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Scarica versione stampabile Sentenza ed Ordinanza

Bur n. 81 del 22 ottobre 2010


Ordinanza del 3 giugno 2010

N. 298 Reg. ordinanze 2010. Ordinanza del 3 giugno 2010 emessa dal Tribunale amministrativo regionale per il Veneto sul ricorso proposto da Alles - Azienda Lavori Lagunari Escavo Smaltimenti s.p.a. ed altra c/Regione Veneto ed altri.

Pubblicazione disposta dal Presidente della Corte Costituzionale a norma dell’art. 25 della legge 11 marzo 1953 n. 87.

N. 74/10 REG.ORD.COLL.

N. 02114/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

ORDINANZA

sul ricorso n. 2114 del 2009 proposto da Alles s.p.a. e Geo Nova s.p.a., in persona dei rispettivi legali rappresentanti “pro tempore”, rappresentati e difesi dall’avvocato Vincenzo Pellegrini ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell’avv. Emanuela Rizzi, in Venezia, S. Croce n. 312/a);

contro

la Regione Veneto, in persona del legale rappresentante “pro tempore”, costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dagli avvocati Ezio Zanon ed Emanuele Mio dell’Avvocatura regionale, ed elettivamente domiciliata presso la sede della stessa in Venezia, Cannaregio, 23;

nei confronti di

della Provincia di Treviso e del Comune di Loria, non costituitisi in giudizio;

per l'annullamento

1) del decreto del Segretario Regionale Ambiente e Territorio della Regione Veneto (DSRAT) n. 41 del 30 giugno 2009, avente a oggetto autorizzazione ambientale integrata rilasciata alla società Alles ai sensi del d. lgs. n. 59/05 relativamente alla discarica per rifiuti speciali non pericolosi ex cava ai Ronchi in comune di Loria, nella parte in cui, al p. 7.3. , viene prescritto che “il quantitativo massimo di rifiuti in conto terzi ammissibile nella discarica in parola sarà pari al 25 % del quantitativo complessivamente concesso”; e 2) della nota prot. n. 607846 del 14 novembre 2008, del Presidente della Commissione Regionale VIA, nella parte in cui si precisa che “la discarica in argomento deve intendersi in conto proprio, con la possibilità di conferimento di rifiuti conto terzi secondo quanto previsto dall’art. 33, commi 2 e 3, della l. reg. n. 3/00”.

visto il ricorso, notificato il 15 ottobre 2009 e depositato in segreteria il 2 novembre 2009, con i relativi allegati;

visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Veneto, con i relativi allegati;

viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

visti gli atti tutti della causa;

uditi, all’udienza del 18 febbraio 2010 (relatore il consigliere Marco Buricelli), gli avvocati Pellegrini per le ricorrenti e Mio per la Regione Veneto;

ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

1.1.- Le ricorrenti espongono:

  • di avere avviato, di comune accordo, un procedimento per l’approvazione e la realizzazione di un impianto di smaltimento di rifiuti non pericolosi nel comune di Loria (TV). Geo Nova ha messo a disposizione di Alles un terreno di sua proprietà affinché la stessa avviasse le procedure per l’approvazione di un impianto di smaltimento di rifiuti non pericolosi ex art. 33, commi 2 e 3, della l. reg. n. 3/00, assumendo, Geonova, l’incarico di progettare, realizzare e gestire sotto il profilo tecnico l’impianto medesimo. La discarica, secondo accordi, avrebbe dovuto ricevere rifiuti prodotti da terzi, eventualmente provenienti da fuori regione, per il 40 % “dei volumi autorizzati nella discarica” (v. art. 3 del contratto di appalto sub doc. 3 fasc. ric.), rimanendo la restante capacità ricettiva della discarica dedicata ai rifiuti prodotti da Alles;
  • che nel corso della procedura per il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale (AIA) il dirigente competente della Provincia di Treviso, con nota del 22 ottobre 2008, aveva puntualizzato che alla discarica “verranno conferiti esclusivamente fanghi e terre provenienti dai lavori di scavo e bonifica della Laguna di Venezia pretrattati presso l’impianto Alles di Malcontenta”, sembrando così escludere la possibilità di conferire in discarica rifiuti in conto terzi anche, ove del caso, prodotti al di fuori della Regione;
  • che con nota del 14 novembre 2008 il Presidente della Commissione regionale VIA, considerato che Geo Nova intende mantenere il diritto di conferire rifiuti di terzi in misura pari al 40 % della capacità ricettiva della discarica; che fra i codici per i quali la discarica è autorizzata ve ne sono alcuni relativi a rifiuti provenienti da conferitori diversi da Alles, e che né la delibera regionale di approvazione del progetto, né l’AIA provvisoria per la discarica riportano limitazioni in merito al conferimento di rifiuti da parte di terzi, precisava che “la discarica deve intendersi in conto proprio, con la possibilità di conferimento di rifiuti conto terzi secondo quanto previsto dall’art. 33, commi 2 e 3, della l. reg. n. 3/00”;
  • che è quindi sopraggiunto il decreto di rilascio dell’AIA relativa alla discarica, denominata “ex cava ai Ronchi” (v. DSRAT n. 41/09), con il quale, al p. 7.3. , è stato prescritto che “il quantitativo massimo di rifiuti in conto terzi ammissibile nella discarica sarà pari al 25 % del quantitativo complessivamente concesso”, in conformità a quanto previsto dall’art. 33 della l. reg. n. 3/00;
  • che la prescrizione sopra trascritta viene impugnata, qualora si ritenga che la stessa abbia introdotto un limite al conferimento in discarica di rifiuti speciali non pericolosi in conto terzi, in particolare se provenienti da fuori regione, ma anche regionali, dovendosi viceversa considerare, in primo luogo, che il conferimento dei rifiuti suddetti è consentito dalla legge senza alcun limite.

Ciò premesso in fatto, con la censura sub 1) le ricorrenti rilevano l’illegittimità degli atti impugnati giacché, in violazione delle disposizioni di cui all’art. 33, commi 2 e 3, della l. reg. n. 3/00, correttamente intese, gli atti stessi sembrano limitare il conferimento di rifiuti in conto terzi al 25 % della capacità ricettiva dell’impianto, includendo nella quota anzidetta sia i rifiuti provenienti da fuori regione, sia i rifiuti regionali.

Premesso che l’art. 33 della l. reg. n. 3/00 –norme particolari per le discariche di rifiuti speciali, prevede, ai commi 2 e 3, che (comma 2) “nelle discariche di cui al comma 1 (si tratta delle nuove discariche per rifiuti speciali) è riservata una quota, non superiore al venticinque per cento della capacità ricettiva, per lo smaltimento di rifiuti speciali conferiti da soggetti diversi da quelli indicati al medesimo comma”; e (comma 3) “in attuazione del principio per il quale i rifiuti devono essere smaltiti presso gli impianti appropriati più vicini al luogo di produzione dei rifiuti stessi, previsto dalla direttiva 91/156/CE e dal decreto legislativo n. 22/1997, i rifiuti speciali prodotti al di fuori del territorio regionale possono essere smaltiti nelle discariche di cui al comma 1 a condizione che nella Regione nel cui territorio gli stessi sono stati prodotti manchino impianti più vicini adeguati allo smaltimento”; premesso tutto ciò le società ricorrenti esprimono l’avviso che il citato art. 33, comma 3, letto alla luce di alcune sentenze della Corte costituzionale pronunciate su questa materia (in particolare vengono richiamate le sentenze nn. 335/01, 505/02 e 10/09) , vada interpretato nel senso che deve ritenersi consentito lo smaltimento in discarica di rifiuti speciali non pericolosi in conto terzi, provenienti da fuori regione, senza alcun limite quantitativo. Nel ricorso si legge che l’art. 33, comma 3, correttamente inteso, “non pone alcun limite predeterminato allo smaltimento in impianti regionali di rifiuti provenienti da fuori regione”.

In particolare, con la censura sub 1) si evidenzia:

  • che il limite del 25 % della capacità ricettiva della discarica, di cui all’art. 33, comma 2, non riguarda i rifiuti da fuori regione, i quali sono disciplinati in via esclusiva dal comma 3 del medesimo articolo;
  • che la lettura dell’art. 33, comma 3, nel senso della conferibilità in discarica di rifiuti speciali non pericolosi in conto terzi provenienti da fuori regione, senza alcun limite quantitativo, discende “de plano” dalla sentenza della Corte costituzionale n. 505/02, “canone interpretativo costituzionalmente orientato” della disposizione in esame. Nel ricorso si rammenta che con la sentenza n. 505/02 la Corte costituzionale, nel dichiarare costituzionalmente illegittimo, per contrasto con l’art. 120 della Costituzione, l’originario comma 3 dell’art. 33, il quale stabiliva che i rifiuti speciali di provenienza extraregionale potevano essere conferiti in discariche ubicate nel Veneto e già in servizio all'entrata in vigore della legge regionale, solo entro il limite del quindici per cento della loro capacità ricettiva residua a quella data esistente, ha statuito quanto segue: “la questione è fondata. Questa Corte è già intervenuta in tema di limiti imposti dalla legislazione regionale allo smaltimento dei rifiuti di provenienza extraregionale. Ed in particolare ha precisato che il principio dell’autosufficienza locale nello smaltimento dei rifiuti in ambiti territoriali ottimali vale, ai sensi dell’art. 5, comma 3, lettera a) del citato decreto legislativo n. 22 del 1997, per i soli rifiuti urbani non pericolosi (ai quali fa riferimento l’articolo 7, commi 1 e 4, dello stesso d.lgs.) e non anche per altri tipi di rifiuti, per i quali vige invece il diverso criterio della vicinanza di impianti di smaltimento appropriati, per ridurre il movimento dei rifiuti stessi, correlato a quello della necessità di impianti specializzati per il loro smaltimento, ai sensi della lettera b) del medesimo comma 3: a siffatto criterio sono stati ritenuti soggetti i rifiuti speciali (definiti dall’articolo 7, commi 3 e 4), sia pericolosi (sentenza n. 281 del 2000) che non pericolosi (sentenza n. 335 del 2001). Sulla base di questi rilievi, una legge della Regione Friuli-Venezia Giulia che vietava lo smaltimento di rifiuti di provenienza extraregionale è stata, nella parte relativa a rifiuti diversi da quelli urbani non pericolosi, ritenuta dalla citata sentenza n. 335 del 2001 in contrasto con l’art. 120 della Costituzione, sotto il profilo dell’introduzione di ostacoli alla libera circolazione di cose tra le regioni (considerando che la Corte di giustizia delle Comunità europee ha qualificato i rifiuti come "prodotti"), oltre che con i principi fondamentali delle norme di riforma economico-sociale introdotte dal decreto legislativo n. 22 del 1997. 4. - L’impugnata legge regionale pone allo smaltimento di rifiuti di provenienza extraregionale un divieto non assoluto, ma relativo, commisurato cioè ad una percentuale della capacità ricettiva delle discariche, peraltro diversamente calcolata secondo che si tratti di discariche nuove o già esistenti. Ma questa particolarità non giustifica una valutazione diversa da quella riservata dalle citate sentenze alle norme allora scrutinate, che imponevano un divieto assoluto.

L’art. 33, commi 3 e 4, (censurato dal rimettente solo con riguardo alle discariche già esistenti all’atto dell’entrata in vigore della legge regionale) – in quanto prevede limitazioni, seppur relative, all’introduzione di rifiuti speciali nel territorio della regione - viola infatti l’art. 120 della Costituzione, il quale - sia nel testo originario, sia in quello introdotto dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, … vieta alle regioni di adottare provvedimenti ostacolanti la libera circolazione delle cose; e così pone un limite assoluto, correlato ai beni in quanto tali e non soltanto ad una loro quantità, che la norma impugnata determina del resto in misura decisamente esigua. Il rilevato contrasto della norma impugnata con l’articolo 120 della Costituzione è determinante al fine di ritenere infondate le contrarie argomentazioni che la Regione ricava dagli articoli 19, comma 1, lettera b), e 22 del decreto legislativo n. 22 del 1997.

5. – Conclusivamente, l’articolo 33, commi 3 e 4, della legge della Regione Veneto 21 gennaio 2000, n. 3, deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui dispone che i rifiuti speciali di provenienza extraregionale possono essere conferiti in discariche ubicate nel Veneto e già in servizio all’entrata in vigore della legge regionale, solo entro il limite del quindici per cento della loro capacità ricettiva residua a quella data esistente.

Rimane assorbito ogni altro profilo di censura”.

Con la censura sub 1) le ricorrenti sottolineano inoltre, e in particolare:

  • che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 505/02, dopo avere riepilogato la posizione della giurisprudenza costituzionale in materia (v. C. cost. nn. 335/01 e 12/07 sulla inapplicabilità del principio della autosufficienza locale, e del connesso divieto di smaltimento di rifiuti di provenienza extraregionale, nell’ambito dello smaltimento dei rifiuti in ambiti territoriali ottimali, con riguardo ai rifiuti speciali non pericolosi), ha statuito come non l’entità del limite, ma la stessa esistenza di un limite prescritto con legge contrastasse con l’art. 120 Cost. ;
  • che, pertanto, alla luce dei principi esposti, la Corte costituzionale, in particolare con la sentenza n. 505/02, ha sancito che lo smaltimento, in impianti regionali, di rifiuti speciali non pericolosi provenienti da fuori regione, non è assoggettato ad alcun limite e quindi, “a fortiori”, nemmeno al limite, indicato al comma 2, costituito dalla quota non superiore al 25 % della capacità ricettiva (percentuale “che riguarda all’evidenza soltanto i rifiuti regionali”);
  • che gli atti impugnati sono perciò illegittimi in quanto erroneamente limitano il conferimento dei rifiuti in conto terzi al 25 % della capacità ricettiva della discarica, senza considerare che l’impianto deve ritenersi invece autorizzato a ricevere rifiuti in conto terzi, regionali e/o provenienti da fuori regione, senza alcun limite quantitativo predeterminato, e ciò “ai sensi dell’art. 33, comma 3, correttamente interpretato”. Nel corso della discussione del ricorso nel merito il difensore delle ricorrenti ha specificato che l’art. 33, comma 3, letto secondo criteri costituzionalmente orientati, “assorbe”, o “ingloba” la norma di cui all’art. 33, comma 2;
  • che, in ogni caso, il citato art. 33, comma 3, deve ritenersi abrogato per effetto della entrata in vigore, ai sensi del nuovo art. 117 della Costituzione (v. l. cost. n. 3/01), dell’art. 1, comma 2, della l. n. 131/03, e del sopravvenuto t. u. n. 152/06, per contrasto della legge regionale con i principi della legge statale in materia.

Nel ricorso si soggiunge:

  • che la disciplina sui rifiuti rientra nella materia della “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema” , rispetto alla quale lo Stato ha competenza legislativa esclusiva ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett. s) Cost. ;
  • che l’art. 1, comma 2, della l. n. 131/03 prevede che “le disposizioni normative regionali vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge nelle materie appartenenti alla legislazione esclusiva statale continuano ad applicarsi fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni statali in materia, fatti salvi gli effetti di eventuali pronunce della Corte costituzionale”;
  • che il d. lgs. n. 152/06, recante norme in materia ambientale (il c. d. codice dell’ambiente), disciplina in modo compiuto la materia della gestione dei rifiuti, e costituisce espressione della competenza legislativa statale primaria nella materia della “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema” ex art. 117, comma 2, lett. s) Cost. cit. . Poiché l’art. 33, comma 3, l. reg. cit. , previgente rispetto al codice dell’ambiente, contrasta con l’art. 182, comma 3, lett. b) del codice medesimo, il quale stabilisce che “lo smaltimento dei rifiuti è attuato con il ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti di smaltimento, attraverso le migliori tecniche disponibili e tenuto conto del rapporto tra i costi e i benefici complessivi, al fine di…b) permettere lo smaltimento dei rifiuti in uno degli impianti appropriati più vicini ai luoghi di produzione o raccolta, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi, tenendo conto del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti”, lo stesso art. 33, comma 3, deve ritenersi abrogato, alla luce dei principi generali sulla successione di leggi nel tempo, e della citata l. n. 131/03, per effetto della entrata in vigore della disposizione statale successiva. Nel ricorso si puntualizza che una norma di una legge regionale della Puglia (l’art. 3, comma 1, della l. reg. n. 29/07), avente un contenuto identico al citato art. 33, comma 3, e successiva alla entrata in vigore del codice dell’ambiente, è stata dichiarata costituzionalmente illegittima con la sentenza C. cost. n. 10/09. In particolare, vengono in rilievo i punti da 7. a 10. della sentenza, che conviene trascrivere anche in sintesi:
  • al p. 7. la C. cost. ha ribadito che il principio di autosufficienza locale e il connesso divieto di smaltimento dei rifiuti di provenienza extraregionale non possono valere per i rifiuti speciali non pericolosi, dato che “per tali tipologie di rifiuti non è possibile preventivare in modo attendibile la dimensione quantitativa e qualitativa del materiale da smaltire, cosa che, conseguentemente, rende impossibile «individuare un ambito territoriale ottimale che valga a garantire l'obiettivo della autosufficienza nello smaltimento» (sentenza n. 335 del 2001) “;
  • al p. 8. è stato ribadito «il vincolo generale imposto alle Regioni dall’art. 120, primo comma, della Costituzione, che vieta ogni misura atta ad ostacolare la libera circolazione delle cose e delle persone fra le Regioni» (sentenza n. 161 del 2005). Sulla base di tali rilievi, questa Corte ha ritenuto che numerose disposizioni regionali, le quali vietavano lo smaltimento di rifiuti di provenienza extraregionale diversi da quelli urbani non pericolosi, fossero in contrasto con l'art. 120 della Costituzione, sotto il profilo dell'introduzione di ostacoli alla libera circolazione di cose tra le regioni, oltre che con i principi fondamentali delle norme di riforma economico-sociale introdotti dal decreto legislativo n. 22 del 1997, e riprodotti dal d.lgs. n. 152 del 2006” ;
  • al p. 9. è stato ripetuto (conf. C. cost. , n. 505/02) che “anche se l’impugnata disposizione regionale pone allo smaltimento di rifiuti di provenienza extraregionale un divieto non assoluto, ma relativo – in quanto consente lo smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi extraregionali «a condizione che quelli siti nella regione Puglia siano gli impianti di smaltimento appropriati più vicini al luogo di produzione dei medesimi rifiuti speciali» – non viene meno l’illegittimità costituzionale della disposizione impugnata. Questa Corte ha, infatti, già ritenuto che lo stabilire, da parte di una norma regionale, un divieto sia pur relativo e non assoluto, come quello del caso in esame, non «giustifica una valutazione diversa da quella riservata dalle citate sentenze alle norme allora scrutinate, che imponevano un divieto assoluto» (sentenza n. 505 del 2002). Pertanto, l'art. 3, comma 1, della legge della Puglia n. 29 del 2007 – in quanto prevede limitazioni, seppur relative, all'introduzione di rifiuti speciali nel territorio della regione – viola l'art. 120 della Costituzione, il quale vieta alle Regioni di adottare provvedimenti che siano di ostacolo alla libera circolazione delle cose”.

Conviene poi trascrivere il p. 10. della citata sentenza n. 10/09: “parimenti fondata è la censura relativa alla violazione della competenza esclusiva statale nella materia de qua. La disciplina dei rifiuti si colloca, per consolidata giurisprudenza di questa Corte, nell'ambito della "tutela dell'ambiente e dell'ecosistema", di competenza esclusiva statale ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione. La norma regionale impugnata – prevedendo un divieto, legato a limitazioni territoriali, allo smaltimento extraregionale dei rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi – viene a porsi in contrasto con quanto stabilito dal comma 3 dell’art. 182 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (che riproduce l’espressione precedentemente contenuta nel comma 3 dell’art. 5 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22), che non prevede specifici divieti, pur manifestando favore verso «una rete integrata ed adeguata di impianti» «per permettere lo smaltimento dei rifiuti in uno degli impianti appropriati più vicini ai luoghi di produzione o raccolta al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi». Laddove nella disciplina statale l’utilizzazione dell’impianto di smaltimento più vicino al luogo di produzione dei rifiuti speciali viene a costituire la prima opzione da adottare, ma ne “permette” anche altre, nella disciplina regionale impugnata costituisce la soluzione obbligata. Tale divieto viene, altresì, a contrastare con lo stesso concetto di «rete integrata di impianti di smaltimento» che presuppone una possibilità di interconnessione tra i vari siti che vengono a costituire il sistema integrato e non ostruzioni determinate da blocchi che impediscano l’accesso ad alcune sue parti. Il divieto è legittimo, per quanto in precedenza rilevato al punto 7, con riferimento ai rifiuti urbani non pericolosi in quanto è la normativa statale che lo prevede, mentre si pone in contrasto con la Costituzione nella parte in cui una fonte di produzione legislativa regionale lo venga a contemplare nei confronti degli altri tipi di rifiuti di provenienza extraregionale. L’accoglimento della questione di legittimità costituzionale con riferimento a questi parametri assorbe le residue censure di illegittimità dedotte dai rimettenti”.

Rispetto alla norma di principio, di cui all’art. 182, comma 3, lett. b) del codice dell’ambiente, volta a incentivare “lo smaltimento dei rifiuti in uno degli impianti appropriati più vicini ai luoghi di produzione o raccolta, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi, tenendo conto del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti”, le ricorrenti puntualizzano che devono ritenersi abrogate tutte le disposizioni di leggi regionali anteriori che, come il ripetuto art. 33, comma 3, prevedono una limitazione alla libera circolazione dei rifiuti speciali non pericolosi tra le regioni.

La questione, si soggiunge, va posta in termini di intervenuta abrogazione della disposizione di legge regionale, in quanto anteriore alla entrata in vigore del codice dell’ambiente. Né la Regione Veneto risulta avere adeguato il proprio ordinamento alle disposizioni di tutela dell’ambiente contenute nella parte quarta del decreto n. 152/06.

Qualora, tuttavia, si ritenesse ancora vigente la norma in argomento (e si giunge così alla censura sub 2), dovrebbe essere sollevata questione di legittimità costituzionale del citato art. 33, comma 3, in relazione agli articoli 117, comma 2, lett. s) e 120 Cost .

A detta delle ricorrenti l’art. 33, comma 3, poiché sostanzialmente identico all’art. 3, comma 1, della l. Reg. Puglia n. 29/07, disposizione dichiarata incostituzionale con la sentenza C. cost. n. 10/09, contrasterebbe in modo evidente con gli articoli 117/S) e 120 Cost. per le stesse ragioni illustrate dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 10/09.

Il motivo sub 3) si incentra:

  • in primo luogo, sulla avvenuta abrogazione dell’art. 33, comma 2, della l. reg. n. 3/00, nella parte in cui viene introdotta una quota di riserva, non superiore al 25 % della capacità ricettiva, per lo smaltimento dei rifiuti speciali non pericolosi in conto terzi;
  • in subordine, sull’illegittimità costituzionale dell’art. 33, comma 2, in relazione agli articoli 3, 41, 117/S) e 120 Cost. , con conseguente illegittimità degli atti impugnati.

Quanto alla ritenuta abrogazione del comma 2, “nella misura in cui contiene un limite allo smaltimento di rifiuti speciali, dipendente dalla coincidenza tra produttore e titolare dell’impianto”, le ricorrenti rinviano al percorso argomentativo proposto sub 1), in relazione alla affermata incompatibilità tra l’art. 33, comma 3, e gli articoli 117/S) Cost. , 1, comma 2, l. n. 131/03, e con il d. lgs. n. 152/06. Nella specie viene ipotizzato un contrasto con l’art. 182, comma 7, del codice dell’ambiente, il quale rinvia alla disciplina, sullo smaltimento dei rifiuti in discarica, di cui al d. lgs. n. 36/03 (nel ricorso si richiamano le disposizioni di cui agli articoli 4, 6 e 7 del citato decreto e, in attuazione dell’art. 7, comma 5, il d. m. 3 agosto 2005 sui criteri e le procedure di ammissibilità dei rifiuti nelle discariche). Nel ricorso si ipotizza un conflitto tra l’art. 33, comma 2, e “principi statali che introducono una mera corrispondenza tecnica e oggettiva tra tipo di impianto e tipo di rifiuto, rimanendo privi di rilievo gli aspetti soggettivi”. Di qui, l’asserito superamento dell’art. 33, comma 2, nella parte in cui prevede un limite allo smaltimento in conto terzi.

Le ricorrenti proseguono osservando che l’introduzione del limite sopra descritto si tradurrebbe, inoltre, in un incentivo alla circolazione dei rifiuti, e ciò in violazione dell’art. 182, comma 3, lett. b) del d. lgs. n. 152/06, che sancisce invece un principio di segno opposto; in un incoraggiamento allo smaltimento improprio o incontrollato, attività sanzionata anche penalmente; e in uno stimolo alla proliferazione di impianti in conto proprio, in violazione dell’art. 182, comma 3, del codice dell’ambiente, il quale promuove, invece, l’attivazione di una razionale ed efficiente rete integrata ed adeguata di impianti di smaltimento, attraverso le migliori tecniche disponibili e tenendo conto del rapporto tra i costi e i benefici complessivi.

In subordine, qualora si ritenesse tuttora vigente il citato art. 33, comma 2, dovrebbe essere sollevata questione di legittimità costituzionale della disposizione in argomento, in riferimento agli articoli 117/S), 3 e 41 Cost. .

Con memoria depositata in prossimità della udienza di discussione del ricorso nel merito, la difesa delle ricorrenti ha approfondito l’argomentazione relativa alla eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 33, comma 2, della l. reg. n. 3/00.

1.2.-La Regione si è costituita e ha sottolineato, tra l’altro:

  • che la formulazione attuale dell’art. 33, comma 3, è il risultato dell’intervento della Corte costituzionale (v. sent. n. 505/02) e della successiva riscrittura del comma 3 da parte del Legislatore regionale con la l. reg. n. 38/04;
  • che consentire il conferimento di rifiuti in conto terzi senza alcun limite significherebbe “tradire il senso” delle Direttive 2006/12/CE e 2008/98/CE;
  • che la disciplina in tema di rifiuti rientra nella materia “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema”, di cui all’art. 117/S) Cost. , considerata materia trasversale sulla quale hanno potestà legislativa sia lo Stato, sia le Regioni.

2.-In via preliminare va specificato che, in base a quanto emerge dagli atti di causa, le prescrizioni lesive ricavabili dai provvedimenti impugnati risultano essere due.

La prima, e la più considerevole, riguarda la limitazione, al 25 % della capacità ricettiva della discarica, anzi al 25 % del “quantitativo complessivamente concesso”, della quantità di rifiuti speciali non pericolosi conferibili in conto terzi. Si è già detto sopra, al p. 1. , che il contratto tra Alles e Geo Nova (v. doc. 3 fasc. ric.) prevede, all’art. 3, che Geo Nova avrà il diritto, in esclusiva, di commercializzare a terzi il conferimento in discarica di un volume di rifiuti pari al 40 % “dei volumi autorizzati nella discarica” .

La seconda prescrizione direttamente pregiudizievole per l’interesse delle ricorrenti può desumersi da un esame del decreto impugnato nel suo complesso, e dalla nota del Presidente della Commissione VIA -anch’essa impugnata- secondo la quale, tra le limitazioni al conferimento di rifiuti in conto terzi vi è anche l’osservanza della previsione di cui all’art. 33, comma 3, della l. reg. n. 3/00, in base al quale “in attuazione del principio per il quale i rifiuti devono essere smaltiti presso gli impianti appropriati più vicini al luogo di produzione dei rifiuti stessi, previsto dalla direttiva 91/156/CE e dal decreto legislativo n. 22/1997, i rifiuti speciali prodotti al di fuori del territorio regionale possono essere smaltiti nelle discariche di cui al comma 1, a condizione che nella Regione nel cui territorio gli stessi sono stati prodotti manchino impianti più vicini adeguati allo smaltimento”. Dunque, non solo i rifiuti in conto terzi conferibili vanno limitati al 25 % della capacità ricettiva, ma la “conferibilità” dei rifiuti in conto terzi di provenienza extra regionale, si intende, sempre entro il limite anzidetto, è subordinata all’avverarsi della condizione indicata all’art. 33, comma 3.

Con gli atti impugnati, la Regione ha inteso insomma fare applicazione non solo dell’art. 33, comma 2, ma anche dell’art. 33, comma 3, l. reg. cit . .

2.1.-Con riferimento a quest’ultimo, specifico profilo di capacità lesiva del decreto impugnato, dev’essere precisato, in via preliminare, che il collegio, nell’esercizio della funzione giurisdizionale che gli è propria, verifica l’applicabilità delle norme ai casi concreti accertando, in modo preventivo rispetto a ogni possibile valutazione di legittimità costituzionale, se le norme che viene chiamato ad applicare nel procedimento di sua competenza siano ancora in vigore o, eventualmente, se siano state abrogate in modo esplicito o implicito da leggi successive (cfr. C. cost. n. 222/07). Ciò precisato, il collegio condivide la tesi propugnata dalle ricorrenti e ritiene che la surriferita condizione, indicata all’art. 33, comma 3, ultima frase, all’avverarsi della quale la l. reg. n. 3/00 subordina la conferibilità di rifiuti speciali non pericolosi provenienti da fuori regione, possa considerarsi abrogata e, quindi, “tamquam non esset”, e ciò in base a quanto dispone l’art. 1, comma 2, della l. n. 131/03, per contrasto con il principio legislativo statale sopravvenuto desumibile dall’art. 182, comma 3, lett. b) del codice dell’ambiente.

A questo riguardo, il collegio concorda con il percorso argomentativo proposto dalle ricorrenti e riassunto sopra, al p. 1.1. , secondo cui:

  • la disciplina sui rifiuti rientra, in base alla consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale, nell’ambito della materia della “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema” , rispetto alla quale lo Stato ha competenza legislativa esclusiva ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett. s) Cost. ;
  • l’art. 1, comma 2, della l. n. 131/03 prevede che “le disposizioni normative regionali vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge nelle materie appartenenti alla legislazione esclusiva statale continuano ad applicarsi fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni statali in materia, fatti salvi gli effetti di eventuali pronunce della Corte costituzionale”;
  • il d. lgs. n. 152/06, recante norme in materia ambientale (il c. d. codice dell’ambiente), disciplina in modo compiuto la materia della gestione dei rifiuti, e costituisce espressione della competenza legislativa statale primaria nella materia della “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema” ex art. 117, comma 2, lett. s) Cost. cit. ;
  • se una disposizione legislativa regionale contrastante con il codice dell’ambiente venisse emanata dopo l’entrata in vigore del decreto n. 152/06, essa sarebbe direttamente censurabile, dinanzi alla Corte costituzionale, per violazione delle disposizioni costituzionali –e, segnatamente, dell’art. 117, comma 2, lett. s), Cost.- che riservano la disciplina dei rifiuti alla competenza legislativa esclusiva dello Stato ;
  • quando invece, come nella fattispecie in esame, viene in rilievo una disposizione legislativa regionale emanata prima della entrata in vigore del codice dell’ambiente, può assumere risalto il problema della eventuale abrogazione della norma regionale per effetto della entrata in vigore di una disposizione statale successiva incompatibile o contrastante con la prima, e ciò alla luce dei principi generali sulla successione delle leggi nel tempo e di quanto dispone, a questo riguardo, la l. n. 131/03;
  • nel caso “de quo” l’art. 33, comma 3, della l. reg. n. 3/00, norma introdotta dall’art. 1, comma 15, della l. reg. n. 38/04, in sede di “riscrittura” del citato comma 3 in seguito alla sentenza n. 505/02 della Corte costituzionale, nella parte in cui subordina lo smaltimento dei rifiuti speciali non pericolosi, provenienti da fuori Regione, alla condizione che “nella regione nel cui territorio gli stessi sono stati prodotti manchino impianti più vicini adeguati allo smaltimento”, confligge con l’art. 182, comma 3, lett. b) del codice dell’ambiente, per le stesse ragioni evidenziate dalla Corte costituzionale, con la sentenza n. 10/09, a sostegno della dichiarazione di illegittimità costituzionale, (anche) in riferimento all’art. 117/S) Cost. , di una disposizione legislativa regionale della Puglia (si trattava dell’art. 3, comma 1, della l. reg. n. 29/07) pressoché identica, nel suo contenuto sostanziale, all’art. 33, comma 3, della l. Reg. Veneto n. 3/00;
  • la Corte costituzionale, con la sentenza n. 10/09 (v. p. 10.), nel dichiarare fondata la censura di incostituzionalità relativa alla violazione della competenza legislativa esclusiva statale nella materia “de qua”, ha statuito: che “la disciplina dei rifiuti si colloca, per consolidata giurisprudenza di questa Corte, nell'ambito della "tutela dell'ambiente e dell'ecosistema", di competenza esclusiva statale ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione; che la norma regionale impugnata – nel prevedere un divieto, non assoluto, ma relativo, legato a limitazioni territoriali, allo smaltimento extraregionale dei rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi – viene a porsi in contrasto con quanto stabilito dal comma 3 dell’art. 182 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (che riproduce l’espressione precedentemente contenuta nel comma 3 dell’art. 5 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22), che non prevede specifici divieti, pur manifestando favore verso «una rete integrata ed adeguata di impianti» «per permettere lo smaltimento dei rifiuti in uno degli impianti appropriati più vicini ai luoghi di produzione o raccolta al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi».; che nella disciplina statale l’utilizzazione dell’impianto di smaltimento più vicino al luogo di produzione dei rifiuti speciali viene a costituire la prima opzione da adottare, ma ne “permette” anche altre, mentre nella disciplina regionale impugnata il criterio di vicinanza / prossimità dell’impianto costituisce la soluzione obbligata; che il divieto di smaltimento extraregionale dei rifiuti viene, altresì, a contrastare “con lo stesso concetto di «rete integrata di impianti di smaltimento» che presuppone una possibilità di interconnessione tra i vari siti che vengono a costituire il sistema integrato e non ostruzioni determinate da blocchi che impediscano l’accesso ad alcune sue parti”;
  • la disposizione legislativa regionale della Puglia, in quanto emanata dopo la entrata in vigore del codice dell’ambiente, a differenza dell’art. 33 della l. reg. Veneto n. 3/00, non poteva che essere sottoposta a scrutinio di costituzionalità.

Ritornando adesso alla fattispecie per cui è causa, la condizione apposta alla norma regionale di cui al citato art. 33, comma 3, pressoché identica all’art. 3, comma 1, della l. Reg. Puglia n. 29/07, deve ritenersi venuta meno, in seguito alla entrata in vigore del codice dell’ambiente, per le stesse ragioni di contrasto con l’art. 182, comma 3, lett. b) del d. lgs. n. 152/06 manifestate dalla Corte costituzionale al p. 10. della sentenza n. 10/09; sentenza che costituisce “canone interpretativo costituzionalmente orientato” al quale conformarsi. Rispetto al citato art. 182 che, come interpretato dalla Corte costituzionale, sancisce la cedevolezza del criterio di vicinanza / prossimità rispetto al criterio di appropriatezza / specializzazione dell’impianto, devono ritenersi implicitamente abrogate le disposizioni di leggi regionali anteriori che, come l’art. 33, comma 3, ultimo periodo, hanno previsto, come soluzione pressoché obbligata, una disciplina che finisce con il limitare in maniera notevolissima la movimentazione dei rifiuti extraregionale.

La difesa regionale ritiene “inconferente qualsiasi analogia con norme appartenenti ad altri distinti ordinamenti giuridici”. Al contrario, il collegio rileva che una sentenza della Corte costituzionale su una norma di legge della Regione Puglia pressoché identica all’art. 33, comma 3, in discussione sia tutt’altro che irrilevante ai fini del decidere, costituendo, anzi, come si è già detto, un “canone di interpretazione costituzionalmente orientato”.

La difesa regionale osserva inoltre che “la disciplina dei rifiuti …è considerata materia trasversale sulla quale per le rispettive competenze hanno potestà legislativa sia lo Stato sia le Regioni”. A questo proposito, è vero che, in termini generali, la Corte costituzionale (v. sent. n. 249/09) ha sancito che “la disciplina dei rifiuti si colloca…nell’àmbito della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, di competenza esclusiva statale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., anche se interferisce con altri interessi e competenze, di modo che deve intendersi riservato allo Stato il potere di fissare livelli di tutela uniforme sull’intero territorio nazionale, restando ferma la competenza delle Regioni alla cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali (“ex multis”, sentenze n. 62 del 2008)…. anche nel settore dei rifiuti, accanto ad interessi inerenti in via primaria alla tutela dell’ambiente, possono venire in rilievo interessi sottostanti ad altre materie, per cui la «competenza statale non esclude la concomitante possibilità per le Regioni di intervenire [...]», ovviamente nel rispetto dei livelli uniformi di tutela apprestati dallo Stato (sentenza n. 62 del 2005, altresì, sentenze n. 247 del 2006, n. 380 e n. 12 del 2007).

La disciplina ambientale, che scaturisce dall’esercizio di tale competenza esclusiva dello Stato, viene a funzionare come un limite alla disciplina che le Regioni e le Province autonome dettano in altre materie di loro competenza, per cui queste ultime non possono in alcun modo peggiorare il livello di tutela ambientale stabilito dallo Stato (sentenza n. 378 del 2007).

La disciplina dei rifiuti, peraltro, in quanto rientrante principalmente nella tutela dell’ambiente e, dunque, in una materia che, per la molteplicità dei settori di intervento, assume una struttura complessa, riveste un carattere di pervasività rispetto anche alle attribuzioni regionali. Di conseguenza, ogniqualvolta sia necessario verificare, come nella specie, la legittimità costituzionale di norme statali che abbiano disciplinato il fenomeno della gestione dei rifiuti, è necessario valutare se l’incidenza della normativa sulle materie regionali immediatamente contigue sia tale da compromettere il riparto costituzionale di cui al titolo V della parte II della Costituzione, oltre il limite della adeguatezza, rispetto alla citata finalità di fissazione dei livelli di tutela uniformi”.

Nella specie, il collegio ritiene tuttavia che il Legislatore del Veneto, con l’art. 33, comma 3, abbia inteso incidere, essenzialmente, su interessi che ineriscono, in via primaria, alla tutela dell’ambiente. La previsione della conferibilità, in discarica, di rifiuti speciali non pericolosi “extraregionali”, “a condizione che nella Regione nel cui territorio gli stessi sono stati prodotti manchino impianti più vicini adeguati allo smaltimento”, appare finalizzata a ridurre la movimentazione dei rifiuti, considerata, evidentemente, elemento di rischio ambientale. Non sembrano, cioè, venire in rilievo interessi che riguardano competenze regionali (concorrenti : v. art. 117, comma 3, Cost.) sulla salute umana o sul governo del territorio.

Vanno perciò condivisi gli snodi dell’argomentazione sviluppata dalle ricorrenti a sostegno della tesi della intervenuta abrogazione della norma lesiva di cui all’art. 33, comma 3, esclusivamente nella parte in cui si dispone che lo smaltimento in discarica di rifiuti speciali non pericolosi extraregionali resta subordinato all’avverarsi della condizione suindicata.

E’ appena il caso di ribadire che “il controllo sulla attuale vigenza di una norma giuridica spetta istituzionalmente al giudice comune e precede ogni possibile valutazione sulla legittimità costituzionale della medesima norma” (C. cost. , 222/07 cit.).

Non appare inutile aggiungere che, qualora il collegio avesse ritenuto tuttora vigente la prescrizione relativa alla inesistenza dell’impianto più vicino adeguato allo smaltimento, non avrebbe potuto esimersi dal sollevare, in riferimento agli articoli 120 e 117/S) Cost., questione di legittimità costituzionale dell’art. 33, comma 3 o, per dir meglio, del “divieto relativo di smaltimento” introdotto con la norma stessa, e ciò sulla falsariga delle statuizioni esposte dalla Corte costituzionale, ai punti da 7. a 10. della sentenza n. 10/09, statuizioni idonee a riflettersi sulla disciplina legislativa regionale di cui al menzionato art. 33, comma 3.

2.2.- Quanto alla interpretazione, proposta dalle ricorrenti, della disposizione di cui all’art. 33, comma 3, letta nella sua interezza, alla luce del “canone interpretativo costituzionalmente orientato” ricavabile da C. cost. , n. 505/02, p. 4. , per effetto della quale dovrebbe giungersi alla conclusione che lo smaltimento in discarica di rifiuti speciali non pericolosi provenienti da fuori regione sarebbe consentito senza alcun limite quantitativo, discendendo “de plano”, la conclusione suddetta, da quanto statuito al p. 4. della sentenza C. cost. n. 505/02 (“l’art. 120 della Costituzione… sia nel testo originario, sia in quello introdotto dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3… vieta alle regioni di adottare provvedimenti ostacolanti la libera circolazione delle cose; e così pone un limite assoluto, correlato ai beni in quanto tali e non soltanto ad una loro quantità, che la norma impugnata determina del resto in misura decisamente esigua...”); la lettura proposta, si diceva, secondo la quale non è l’entità del limite, ma è la stessa esistenza di un limite prescritto con una norma di legge a contrastare con la Costituzione, potrebbe essere condivisa qualora non esistesse una disposizione –ci si riferisce all’art. 33, comma 2, l. reg. cit. – che, sulla base di una piana interpretazione letterale, disciplina lo smaltimento in discarica di rifiuti speciali conferiti da terzi, e ciò sia che i rifiuti provengano da fuori regione, sia che siano stati prodotti all’interno della Regione, non mutando la natura di un rifiuto speciale a seconda del luogo di origine. L’impugnato punto 7.3. del DSRAT n. 41/09 costituisce a sua volta piana applicazione del citato art. 33, commi 2 e 3. Detto altrimenti, il riferimento, di cui all’art. 33, comma 2, alla percentuale massima del 25 % smaltibile in discarica, riguarda i rifiuti speciali –conferibili in discarica da soggetti terzi e- di provenienza sia extra –regionale sia intra –regionale.

Obietta la difesa delle ricorrenti che la disposizione di cui all’art. 33, comma 3, assorbirebbe, o ingloberebbe, la disposizione di cui al comma 2, sulla quota di riserva, non superiore al 25 %, relativa allo smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi conferiti comunque in conto terzi.

A questo proposito, il collegio non ritiene di poter condividere la su esposta “tesi dell’assorbimento”.

E infatti, le disposizioni di cui ai commi 2 e 3, oltre a essere, ovviamente, collocate in posizioni diverse dal punto di vista, per dir così, “topografico”, si riferiscono a differenti presupposti applicativi, relativamente al requisito soggettivo dei “soggetti conferenti” (v. comma 2), e al criterio territoriale (il comma 3 riguarda, a differenza del comma 2, in via esclusiva i conferimenti di rifiuti speciali provenienti da fuori Regione). Vi è, quindi, una –perlomeno- parziale non coincidenza degli ambiti di applicazione delle due norme, il che risulta confermato dalla circostanza che il comma 3 è il risultato di una riscrittura della norma consequenziale alla sentenza C. cost. n. 505/02, sentenza di incostituzionalità che ha lasciato intatto l’art. 33, comma 2 senza che si ritenesse applicabile alla fattispecie il disposto di cui all’art. 27 della l. n. 87/53 sulla illegittimità costituzionale consequenziale. Sotto un altro profilo, però, va ribadita la sussistenza di un collegamento tra le due disposizioni nel senso che la quota riservata, non superiore al 25 %, riguarda il conferimento di rifiuti speciali in conto terzi di provenienza sia regionale, sia extra –regionale. L’art. 33, comma 3, insomma, va letto insieme al comma 2.

Orbene, alla luce di quanto evidenziato sopra, il combinato disposto di cui all’art. 33, commi 2 e 3, nella parte in cui viene disciplinato, limitandolo alla percentuale del 25 % della capacità ricettiva, lo smaltimento di rifiuti speciali provenienti da fuori regione, sembra porsi in contrasto con l’art. 120 della Costituzione, che “vieta alle regioni di adottare provvedimenti ostacolanti la libera circolazione delle cose; e così pone un limite assoluto, correlato ai beni in quanto tali e non soltanto ad una loro quantità…” (v. Corte costituzionale n. 505/02 , sopra trascritta e alle statuizioni della quale si rinvia). E sembra porsi altresì in contrasto con gli articoli 117, 3 e 41 Cost. secondo quanto verrà osservato più sotto, con riferimento ai dubbi di incostituzionalità riferiti all’art. 33, comma 2, l. cit. , nella parte in cui viene limitato a una quota, non superiore al 25 % dell’invaso, lo smaltimento in discarica di rifiuti speciali, conferiti da terzi e di provenienza regionale.

In punto rilevanza, rammentato che in base a un accordo tra le parti la discarica “ex cava ai Ronchi” potrebbe ricevere rifiuti, prodotti da terzi, eventualmente provenienti da fuori regione, nella percentuale del 40 % dei volumi autorizzati nella discarica, appare evidente che la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 33, commi 2 e 3, nella parte in cui viene limitata al 25 % della capacità ricettiva la quota massima smaltibile di rifiuti speciali –conferiti da terzi e- di provenienza extra –regionale, soddisferebbe in maniera adeguata l’interesse fatto valere dalle ricorrenti (fermo quanto si dirà tra breve sui dubbi di incostituzionalità dell’art. 33, comma 2, riferito allo smaltimento di rifiuti speciali in conto terzi di provenienza intra –regionale). Poiché la condizione sub p. 7.3. del DSRAT n. 41/09 si fonda, come detto, sull’art. 33, commi 2 e 3, della l. reg. n. 3/00, appare evidente che l’annullamento della disposizione contestata, per l’effetto retroattivo che è proprio delle pronunce di incostituzionalità, priverebbe la prescrizione impugnata del suo presupposto normativo legittimante.

Va però aggiunto, anche in vista di quanto si dirà tra breve, che se è vero che stando agli atti di causa l’interesse dedotto in giudizio riguarda in modo preponderante l’incremento della quota di rifiuti speciali smaltibili provenienti da fuori regione, è vero anche che nulla esclude –e le stesse ricorrenti non escludono : v. pag. 6 ric.- che l’interesse sostanziale perseguito possa riferirsi anche a una estensione del conferimento, da parte di terzi, di rifiuti speciali di provenienza “intra –regionale”. E’ un fatto che la prescrizione lesiva di cui le ricorrenti chiedono l’annullamento riguarda la limitazione, al 25 % del quantitativo complessivamente concesso, della quantità massima di rifiuti in conto terzi ammissibile in discarica, senza distinzioni di luogo di provenienza.

Se così è, prima di esaminare i dubbi ulteriori di legittimità costituzionale che accomunano il combinato disposto di cui all’art. 33, commi 2 e 3, e la disposizione di cui all’art. 33, comma 2, riferita al conferimento da parte di terzi di rifiuti speciali di provenienza intra –regionale, appare corretto osservare, in punto rilevanza della questione di legittimità costituzionale riferita alla disposizione, di cui al citato art. 33, comma 2, relativa al limite, fissato al 25 %, dello smaltimento in discarica di rifiuti speciali conferiti da terzi e di provenienza intra –regionale, che il provvedimento impugnato si fonda (anche) sulla norma di cui al menzionato comma 2, il cui annullamento renderebbe illegittimo il provvedimento medesimo.

In definitiva, le disposizioni suddette limitano e ostacolano lo smaltimento in discarica di rifiuti speciali non pericolosi conferiti da terzi, di provenienza extra –regionale e intra –regionale.

Inoltre, l’interpretazione “abrogante” dell’art. 33, comma 3, ultimo periodo, sopra accolta al p. 2.1. , e dalla quale discende la smaltibilità di rifiuti speciali extraregionali indipendentemente dall’avverarsi della condizione enunciata nell’ultima parte del comma 3, non è sufficiente per soddisfare l’interesse delle ricorrenti: da un lato, resta fermo il limite del 25 % “in conto terzi” fissato in via generale dall’art. 33, comma 2; dall’altro, la pretesa fatta valere dalle ricorrenti risulta (in gran parte) correlata all’annullamento della prescrizione di cui al p. 7.3. del DSRAT e alla attuazione concreta della previsione contrattuale relativa alla conferibilità in discarica in conto terzi di un volume di rifiuti pari al 40 % dei volumi autorizzati.

Se così è, appare evidente che l’accoglimento, da parte della Corte costituzionale, della questione di legittimità costituzionale del citato art. 33, con la conseguente eliminazione della quota di riserva del 25 %, sarebbe in grado di soddisfare in modo pieno l’interesse dedotto in giudizio dalle ricorrenti.

Ritornando ai dubbi di incostituzionalità, e alle argomentazioni addotte dalle ricorrenti, in maniera sostanzialmente simmetrica a quanto visto sopra, circa l’affermata abrogazione dell’art. 33, comma 2, nella misura in cui prevede un limite (la quota del 25 % parametrata alla capacità ricettiva) allo smaltimento di rifiuti speciali conferiti da soggetti terzi, anziché consentire lo smaltimento di rifiuti speciali, nelle discariche di cui al comma 1, senza limitazioni quantitative di sorta, il collegio ritiene che il percorso interpretativo delle ricorrenti non possa essere seguito e che debba, invece, venire sollevata, in riferimento agli articoli 117 , 3 e 41 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dello stesso art. 33, comma 2 (si intende, nella parte in cui limita a una quota, non superiore al 25 % della capacità ricettiva, lo smaltimento in discarica di rifiuti speciali, conferiti da terzi e di provenienza regionale).

A quest’ultimo proposito, da un lato, dall’esame della disciplina legislativa statale (v. , in particolare, gli articoli 177, 178, 182 e 199 del codice dell’ambiente, e il d. lgs. n. 36/03); e della normativa comunitaria, non viene in rilievo un principio, incondizionato e sufficientemente preciso, secondo cui non è ammesso lo smaltimento, nelle discariche per rifiuti speciali non pericolosi, di rifiuti conferiti da soggetti diversi dai produttori. In altre parole, non è individuabile un principio che imponga di eliminare o, comunque, di limitare le discariche in conto terzi. Risulta tuttora consentito lo smaltimento di rifiuti per conto terzi (conf. art. 12 Direttiva 2006/12/CE).

D’altra parte, nel codice dell’ambiente non emerge neppure un principio che preveda unicamente una corrispondenza tecnica tra tipologia di impianto e origine e caratteristiche del rifiuto conferito, togliendo rilievo ad aspetti di natura soggettiva quale quello della coincidenza tra produttore dei rifiuti e titolare dell’impresa, in modo tale da consentire in ogni caso il conferimento in discarica di rifiuti speciali in conto terzi senza limiti.

Il collegio ritiene invece non manifestamente infondata, in riferimento agli articoli 117 , 3 e 41 Cost. , la questione di legittimità costituzionale sia del combinato disposto dell’art. 33, commi 2 e 3, della l. reg. n. 3/00, nella parte in cui viene limitata a una quota non superiore al 25 % della capacità ricettiva dell’impianto lo smaltimento in discarica di rifiuti speciali non pericolosi conferiti in conto terzi - vale a dire da soggetti diversi da quelli indicati al comma 1 dello stesso art. 33- e di provenienza extra –regionale; sia dell’art. 33, comma 2, nella parte in cui la norma limita a una quota, non superiore al 25 % dell’invaso, lo smaltimento in discarica di rifiuti speciali, conferiti da terzi e di provenienza regionale.

Ad avviso del collegio, la circostanza che un rifiuto speciale non pericoloso possa essere smaltito in un determinato impianto soltanto entro il limite di una quota tutt’altro che considerevole, poiché nell’impianto suddetto è ammesso, in linea tendenziale, lo smaltimento di rifiuti del titolare –produttore e non, invece, di terzi, se non, lo si ripete, entro limiti trascurabili determina la creazione di un ostacolo allo smaltimento del rifiuto speciale non pericoloso in uno degli impianti appropriati più vicini.

Sul divieto, assoluto o relativo, di smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi provenienti da fuori regione si è già detto che la Corte costituzionale ha ormai maturato un coerente convincimento decennale (su cui v. , di recente, le sentenze nn. 10/09 e 505/02).

Invece, su norme come l’art. 33, comma 2, non constano pronunce della Corte costituzionale.

Il collegio ritiene che la riserva ai terzi di una quota massima non superiore al 25 % della capacità ricettiva, per lo smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi conferiti da terzi, nell’introdurre una limitazione generalizzata alla conferibilità dei rifiuti speciali non pericolosi nelle discariche venete in funzione della natura del soggetto gestore e non del perseguimento di una programmata e razionale rete integrata di impianti idonei sul piano tecnico, realizzata allo scopo di smaltire in modo adeguato ogni rifiuto compatibile, contrasti con l’art. 117/S) Cost. , con riferimento al principio fondamentale della legislazione statale attinente al perseguimento dell’obiettivo dello smaltimento presso impianti specializzati, nella parte in cui viene previsto che si tenga conto del principio di prossimità.

La disciplina di cui all’art. 33, comma 2, pregiudica il conseguimento della finalità di consentire lo smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi in uno degli impianti appropriati più vicini.

A questo riguardo, la difesa delle ricorrenti segnala le distorsioni e le incongruenze –rilevanti anche per prospettare l’irrazionalità della norma (cfr. art. 3 Cost.)- che possono derivare dalla applicazione del citato art. 33, comma 2.

Gli effetti di una disciplina come quella che si va a sottoporre a vaglio di costituzionalità, fermo restando lo smaltimento dei rifiuti speciali non pericolosi in impianti specializzati, potrebbero consistere in un aumento, anziché in una diminuzione, della movimentazione dei rifiuti speciali. L’applicazione dell’art. 33, comma 2, nella formulazione vigente, può comportare infatti lo smaltimento di rifiuti speciali in impianti appropriati meno vicini rispetto al luogo nel quale si trova l’impianto appropriato, sito nel territorio regionale, destinatario dei rifiuti speciali.

Nel ricorso si fa l’ipotesi, tutt’altro che peregrina, di un impianto già utilizzato, per il 25 % della propria capacità ricettiva, da rifiuti in conto terzi, e di un soggetto produttore di rifiuti insediato nelle vicinanze della discarica il quale dovrebbe smaltire i rifiuti in un impianto appropriato ben più lontano, o comunque meno vicino, rispetto al luogo in cui si trova l’impianto regionale, e ciò, nonostante la discarica più vicina abbia ancora una quota rilevante dell’invaso disponibile, dedicata, però, al titolare –produttore il quale potrebbe non avere rifiuti ulteriori da conferire.

Sotto un diverso profilo, l’art. 33, comma 2, sembra porsi in conflitto con il principio di libera iniziativa economica sancito dall’art. 41 della Costituzione, in quanto la norma viene a incidere, in maniera ingiustificata, sia sulla posizione dei gestori degli impianti di smaltimento, i quali vengono a essere penalizzati dalla creazione ingiustificata di ostacoli alla libera circolazione delle merci, sia sulla posizione dei produttori dei rifiuti che, in un settore in cui non è possibile, o è assai difficile la programmazione della quantità di rifiuti da smaltire, sono soggetti a un sistema di vincoli nella circolazione dei rifiuti non sorretto da una corretta pianificazione e, quindi, fortemente soggetto a inefficienze.

In base alle considerazioni su esposte il collegio –nel precisare che i dubbi di incostituzionalità non vanno estesi all’art. 33, comma 1, della l. reg. n. 3/00 giacché nella fattispecie non viene in rilievo la realizzazione di nuove discariche ma rilevano unicamente i limiti di smaltimento di rifiuti esterni- ritiene che sussistano le condizioni indicate dall’art. 23 della l. n. 87 del 1953 per la proposizione della questione di legittimità costituzionale dell’art. 33, commi 2 e 3, della l. Reg. Veneto 21 gennaio 2000, n. 3, in riferimento agli articoli 120, 3, 117 e 41 della Costituzione.

Si deve quindi disporre la sospensione del presente giudizio e la rimessione della questione, come sopra illustrata, all’esame della Corte costituzionale, in base a quanto dispone l’art. 23 della l. 11 marzo 1953, n. 87, per la decisione sulla prospettata questione di costituzionalità.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, terza sezione, solleva questione di legittimità costituzionale dell’art. 33, commi 2 e 3, della l. Reg. Veneto n. 3 del 2000 per contrasto con gli articoli 120, 117, 3 e 41 della Costituzione, secondo quanto stabilito in motivazione.

Sospende il giudizio in corso e dispone che, a cura della segreteria della sezione, gli atti dello stesso siano trasmessi alla Corte costituzionale per la risoluzione della prospettata questione, e che la presente ordinanza sia notificata alle parti e al Presidente della Giunta regionale, e comunicata al Presidente del Consiglio regionale del Veneto.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 18 febbraio 2010 con l'intervento dei Magistrati:

Giuseppe Di Nunzio, Presidente

Marco Buricelli, Consigliere, Estensore

Marco Morgantini, Primo Referendario

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 03/06/2010

IL SEGRETARIO


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