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Scarica versione stampabile Deliberazione della Giunta Regionale

Bur n. 11 del 09 febbraio 2016


Materia: Referendum

Deliberazione del Consiglio Regionale n. 13 del 19 gennaio 2016

Referendum abrogativi di iniziativa del Consiglio regionale: ordinanza dell'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione del 7 gennaio 2016. Conferma del mandato dei delegati quali componenti del Comitato promotore dei referendum abrogativi, per la proposizione di conflitto di attribuzione ai sensi della legge 11 marzo 1953, n. 87 "Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale". (Proposta di deliberazione amministrativa n. 18).

IL CONSIGLIO REGIONALE

CONSIDERATO che ai sensi dell’articolo 75 della Costituzione il Consiglio regionale del Veneto ha proposto richiesta di referendum abrogativo con delibere consiliari n. 59 e 63 del 25 settembre 2015, depositate presso l’Ufficio centrale del referendum della Corte di cassazione in data 30 settembre 2015 unitamente alle richieste dei Consigli regionali di Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Abruzzo, Calabria, Liguria, Campania, Molise;

CONSIDERATO che i sei quesiti referendari depositati sono rivolti all’abrogazione di alcune disposizioni in materia di ricerca e di coltivazione di idrocarburi ed il loro fine intrinseco è teso a rafforzare il principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni e consentire una razionalizzazione spaziale e temporale dei titoli minerari;

ATTESO che la richiesta abrogativa ha ad oggetto, in particolare:

-      l’articolo 38, commi 1, 1-bis e 5, del d. l. 12 settembre 2014, n. 133, convertito con modificazioni dalla legge 11 novembre 2014, n. 164 (rispettivamente la dichiarazione di strategicità, indifferibilità ed urgenza delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione degli idrocarburi liquidi e gassosi e l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio previsto nel titolo concessorio unico; la parte in cui non si prevede il rilascio dell’Intesa in Conferenza unificata in relazione al c.d. piano delle aree per le attività in mare e dispone l’esercizio del potere sostitutivo con le  procedure semplificate in caso di mancato raggiungimento dell’Intesa; la disciplina transitoria per il rilascio dei titoli abilitativi in attesa dell’adozione del piano delle aree; il regime delle proroghe delle attività previste sulla base del titolo concessorio unico);

-      l’articolo 57, comma 3-bis, del decreto legge 9 febbraio 2012, convertito con modificazioni dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, nella parte in cui prevede - in relazione alle opere necessarie e strumentali allo sfruttamento degli idrocarburi - l’esercizio del potere sostitutivo secondo la procedura semplificata disciplinata dalla legge n. 239 del 2004 in caso di mancato raggiungimento dell’Intesa con le Regioni interessate;

-      l’articolo 1, comma 8-bis, della legge 23 agosto 2004, n. 239 limitatamente alle parole: “7 e”, non consentendo l’esercizio del potere sostitutivo secondo la procedura semplificata per quanto riguarda il rilascio dei titoli minerari;

-      l’articolo 6, comma 17, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in relazione alla disciplina transitoria ivi prevista concernente la fascia di tutela delle 12 miglia marine e la conseguente definizione dei procedimenti in corso.

CONSIDERATO che con ordinanze non definitive del 22 ottobre 2015 l’Ufficio centrale per il referendum della Corte di cassazione ha proposto le denominazioni dei quesiti assegnando, ai sensi della legge 25 maggio 1970 n 352, un termine ai delegati regionali per formulare le proprie osservazioni e con ordinanze del 26 novembre 2015, l’Ufficio centrale per il referendum della Corte di cassazione ha dichiarato la legittimità delle sei richieste referendarie, con successiva notifica ai delegati regionali e comunicazione al Presidente della Repubblica, ai Presidenti delle Camere, al Presidente del Consiglio dei ministri ed al Presidente della Corte costituzionale ai sensi della legge n. 352/1970;

ATTESO che nelle more del giudizio di ammissibilità costituzionale dei quesiti referendari, il quadro normativo oggetto di richiesta referendaria è stato modificato dalla legge di stabilità 2016 (legge 28 dicembre 2015, n. 208, art. 1, commi 239-242);

CONSIDERATO ALTRESÌ che con avviso del 5 gennaio 2016 l’Ufficio Centrale per il Referendum ha dato avviso ai delegati dei Consigli regionali della convocazione di una seduta straordinaria per il giorno 7 gennaio a seguito della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del 30 dicembre 2015 n. 302 della legge di stabilità 2016;

EVIDENZIATO che con ordinanza del 7 gennaio 2016 l’Ufficio centrale per il referendum ha ritenuto satisfattiva l’abrogazione delle disposizioni oggetto della prima, seconda, terza, quarta e quinta richiesta referendaria e ha trasferito il sesto quesito referendario sulla nuova formulazione della norma (comma 239 legge di stabilità 2016, limitatamente alle parole “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”) in quanto:

-      la novella legislativa ha riprodotto pedissequamente l’abrogazione richiesta in via referendaria con il primo quesito (articolo 38, comma 1 del decreto-legge n. 133 del 2014, come modificato dal comma 240 lettera a) articolo 1 legge di stabilità 2016), quarto quesito (articolo 57, comma 3-bis, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35 come modificato dal comma 241) e quinto quesito (articolo 1, comma 8 bis, della legge n. 239 del 2004 come modificato dal comma 242 articolo 1 legge di stabilità 2016);

ATTESO CHE con riferimento alla seconda richiesta referendaria si ritiene che la recente modifica legislativa - attraverso l’integrale abrogazione del comma 1-bis dell’art. 38 dello “sblocca Italia” - eluderebbe gli intendimenti dei promotori, volti al miglioramento della disciplina sul piano delle aree, al rafforzamento del principio collaborativo tra Stato ed enti territoriali attraverso la previsione dell’Intesa in Conferenza unificata sia per le attività su terraferma che in mare e all’eliminazione della disciplina transitoria nelle more dell’adozione del piano delle aree che avrebbe consentito, in assenza del piano, la vigenza di un “doppio regime” (titoli abilitativi previgenti e titolo concessorio unico);

ATTESO INOLTRE che analogamente risulterebbe elusa la volontà referendaria rispetto al terzo quesito, in quanto con la modifica del comma 5 dell’art. 38 dello “sblocca Italia” si introduce in modo stabile nell’ordinamento un “doppio regime” sui titoli minerari (titolo concessorio unico o procedura secondo la legge n. 9/1991) che invece i Consigli regionali promotori del secondo quesito referendario volevano rimuovere per effetto dell’abrogazione della disposizione transitoria contenuta nell’art. 1-bis; la limitazione della durata dei titoli inserita dalla legge di stabilità riguarda esclusivamente il titolo concessorio unico e non anche i titoli abilitativi disciplinati dalla legge n. 9 del 1991;

ATTESO ANCHE che l’Ufficio centrale per il referendum con l’ordinanza del 7 gennaio 2016 ha disposto il trasferimento del sesto quesito sulla nuova disposizione dell’art. 6, comma 17, del decreto legislativo n. 152 del 2006, estendendo la portata del quesito oltre l’inciso richiesto dai promotori (“per la durata di vita utile del giacimento”), sulle parole immediatamente successive della disposizione (“nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”);

RICORDATO che l’articolo 39 della l. 532/1970 prevede che se prima della data dello svolgimento del referendum le disposizioni di legge cui il referendum si riferisce siano state abrogate, non hanno più corso le operazioni referendarie e che la Corte costituzionale ne ha dichiarato la parziale illegittimità (17/05/1978 n. 68) limitatamente alla parte in cui non prevede che se l’abrogazione venga accompagnata da altra disciplina della stessa materia, senza modificare né i principi ispiratori della complessiva disciplina preesistente né i contenuti normativi essenziali dei singoli precetti, il referendum si effettui sulle nuove disposizioni legislative;

RITENUTO che l’abrogazione integrale del comma 1 bis e la novella legislativa del comma 5 dell’art. 38 del decreto “Sblocca Italia” paiono frustrare gli intendimenti del Consiglio regionale del Veneto, promotore insieme ad altri nove Consigli regionali della richiesta referendaria, impedendo la celebrazione del referendum senza intervenire sul contenuto normativo essenziale delle disposizioni oggetto di referendum;

RITENUTO ALTRESÌ che la formulazione del sesto quesito come disposto dall’Ufficio centrale per il referendum rischia di esulare dall’intento dei promotori e rileva ai fini del giudizio di ammissibilità sotto il profilo della univocità del quesito;

CONSIDERATA che pare risultare elusa la ratio complessiva della richiesta referendaria e la volontà dei promotori del referendum, come desumibile dalle deliberazioni n. 59 e 63 del 25 settembre 2015 approvate all’unanimità da codesto Consiglio regionale e dalle allegate relazioni illustrative;

CONSIDERATO che la prerogativa di cui all’articolo 75 della Costituzione di promuovere il referendum abrogativo è attribuita direttamente ai Consigli regionali;

ATTESO che ricorrono pertanto nel caso di specie le condizioni per proporre ricorso per conflitto di attribuzione avanti alla Corte costituzionale, per la menomazione della prerogativa di cui all’articolo 75 della Costituzione, determinata dall’ordinanza del 7 gennaio 2016, dell’Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione;

ATTESO che in questo caso opera anche la previsione di cui all’articolo 33, comma 3, lettera q, dello Statuto del Veneto, ai sensi del quale “Il Consiglio (...) q) delibera su ogni altro provvedimento per il quale la Costituzione, lo Statuto o la legge stabiliscono la generica attribuzione alla Regione”;

VISTO l’articolo 75 della Costituzione;

VISTA la deliberazione dell’Ufficio di presidenza n. 1 del 14 gennaio 2016 relativa all’argomento indicato in oggetto;

VISTO l’articolo 33, comma 3, lettera q) dello Statuto;

VISTO il Regolamento del Consiglio regionale;

con votazione palese,

delibera

1)    di proporre, per le ragioni indicate in premessa e qui recepite quale parte integrante e sostanziale del presente provvedimento, la promozione di ricorso della Regione del Veneto alla Corte costituzionale per conflitto di attribuzione ai sensi e per gli effetti di cui alla legge 11 marzo 1953, n. 87, nei confronti degli atti giurisdizionali e legislativi che hanno menomato le attribuzioni del Consiglio della Regione Veneto;

2)    di rinnovare e confermare il mandato conferito ai delegati regionali, consiglieri regionali signori CIAMBETTI Roberto, anche in qualità di Presidente del Consiglio regionale e AZZALIN Graziano, affinché costoro continuino a rappresentare il Consiglio regionale e a operare per la salvaguardia delle richieste referendarie tutte deliberate dal Consiglio, all’uopo sollevando uno o più conflitti di attribuzione innanzi alla Corte costituzionale contro l’Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione, ove gli atti di questo possano comportare una menomazione delle prerogative costituzionali del Consiglio medesimo a norma dell’articolo 75 della Costituzione e, particolarmente, affinché le consultazioni popolari abbiano corso in riferimento ai quesiti nn. 2, 3 e 6;

3)    di demandare all’Ufficio di presidenza eventuali provvedimenti esecutivi funzionali alla attuazione della deliberazione del Consiglio regionale;

4)    di disporre la pubblicazione della presente deliberazione nel Bollettino Ufficiale della Regione del Veneto (BURVET) ai sensi della legge regionale 27 dicembre 2011, n. 29.

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