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Materia: Difesa del suolo
Deliberazione della Giunta Regionale n. 649 del 07 maggio 2013
D.Lgs. 152/2006 - Piani Stralcio per l'Assetto Idrogeologico dei bacini idrografici dei fiumi Piave, Brenta-Bacchiglione e Livenza e del fiume Adige. Associazione della pericolosità idraulica alle zone di attenzione.
Note per la trasparenza:
Si rende necessario procedere alla definizione delle zone di attenzione riportate nel Piano Stralcio per l'Assetto Idrogeologico PAI dei bacini idrografici dei fiumi Piave, Brenta - Bacchiglione e Livenza e nel PAI del fiume Adige, avviando la procedura di associazione della pericolosità idraulica ex art. 6 delle NdA dei PAI su tutte le zone di attenzione nei bacini nazionali del territorio veneto, escluso il bacino del Po, mediante le Autorità di Bacino dei fiumi dell'Alto Adriatico e del fiume Adige.
L'Assessore Maurizio Conte, di concerto con il Vicepresidente Marino Zorzato, riferisce quanto segue:
Con delibera n. 3 in data 09.11.2012 del Comitato Istituzionale dell'Autorità di bacino dei fiumi dell'Alto Adriatico è stato adottato il Piano Stralcio per l'Assetto Idrogeologico (PAI) dei bacini idrografici dei fiumi Isonzo, Tagliamento, Piave e Brenta-Bacchiglione (pubblicata nella GU n. 280 del 30.11.2012) contenente le Norme di Attuazione (NdA).
Il medesimo Comitato Istituzionale ha adottato le NdA del PAI del fiume Livenza con delibera n. 4 del 09.11.2012 (pubblicata nella G. U. n. 280 del 30.11.2012).
Con delibera n. 1 in data 09.11.2012 del Comitato Istituzionale dell'Autorità di bacino del fiume Adige (pubblicata nella G. U. n. 1 del 2.1.2013) sono state adottate le relative NdA del PAI.
Le NdA costituiscono misure di salvaguardia ed entrano in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Sono pervenute richieste di chiarimenti circa l'applicazione delle disposizioni contenute all'art. 5 delle NdA, adottate con i suddetti provvedimenti, relative alle "zone di attenzione".
Premesse normative
Per l'art. 5 delle NdA del PAI:
1. Sono definite "zone di attenzione" le porzioni di territorio ove vi sono informazioni di possibili situazioni di dissesto a cui non è ancora stata associata alcuna classe di pericolosità e che sono individuate in cartografia con apposito tematismo. L'associazione delle classi di pericolosità avviene secondo le procedure di cui all'art. 6.
2. Sono considerate pericolose nei territori per i quali non è stata ancora perimetrata e riportata su cartografia la perimetrazione della pericolosità:
a. le aree soggette a dissesto idraulico e/o geologico e/o valanghivo risultanti da studi riconosciuti dai competenti organi statali o regionali, ovvero da specifiche previsioni contenute negli strumenti urbanistici vigenti;
b. in assenza di studi o specifiche previsioni urbanistiche, le aree che sono state storicamente interessate da fenomeni di dissesto idraulico e/o geologico e/o valanghivo.
3. In sede di attuazione delle previsioni e degli interventi degli strumenti urbanistici vigenti, le amministrazioni comunali provvedono a verificare che gli interventi siano compatibili con la specifica natura o tipologia di dissesto individuata, in conformità a quanto riportato nell'art. 8.
4. In sede di redazione degli strumenti urbanistici devono essere valutate le condizioni di dissesto evidenziate e la relativa compatibilità delle previsioni urbanistiche. La verifica è preventivamente trasmessa alla Regione che, ove ritenga ne sussista la necessità, provvede all'avvio della procedura di cui all'art. 6 per l'attribuzione della classe di pericolosità.
L'art. 8 comma 3 delle Norme del PAI prevede che nelle "zone di attenzione":
- sono consentiti "gli interventi di mitigazione della pericolosità e del rischio, di tutela della pubblica incolumità";
- è vietato "in rapporto alla specifica natura e tipologia di pericolo individuata:
a. eseguire scavi o abbassamenti del piano di campagna in grado di compromettere la stabilità delle fondazioni degli argini, ovvero dei versanti soggetti a fenomeni franosi;
b. realizzare tombinature dei corsi d'acqua;
c. realizzare interventi che favoriscano l'infiltrazione delle acque nelle aree franose;
d. costituire, indurre a formare vie preferenziali di veicolazione di portate solide o liquide;
e. realizzare in presenza di fenomeni di colamento rapido (CR) interventi che incrementino la vulnerabilità della struttura, quali aperture sul lato esposto al flusso;
f. realizzare locali interrati o seminterrati nelle aree a pericolosità idraulica o da colamento rapido."
Il medesimo art. 8 stabilisce, al comma 2 che "Possono essere portati a conclusione tutti i piani e gli interventi i cui provvedimenti di approvazione, autorizzazione, concessione, permessi di costruire od equivalenti previsti dalle norme vigenti, siano stati rilasciati prima della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell'avvenuta adozione del presente Piano, fatti salvi gli effetti delle misure di salvaguardia precedentemente in vigore".
Si evidenzia la norma generale, contenuta al comma 1 dell'art. 8, per la quale "Le Amministrazioni comunali non possono rilasciare concessioni, autorizzazioni, permessi di costruire od equivalenti, previsti dalle norme vigenti, in contrasto con il Piano."
Le Zone di attenzione
La definizione delle zone di attenzione è conseguente principalmente agli eventi accaduti a seguito dell'alluvione del novembre 2010, per i quali, vista la vastità delle aree interessate (per gli allagamenti) e la quantità degli eventi (oltre 700 dissesti geologici) non si potevano associare le pericolosità durante la conclusione dell'iter di approvazione dei PAI citati da parte delle Autorità di bacino nazionali.
Prudenzialmente, oltre a questa tipologia di eventi recenti, nelle zone di attenzione sono stati ricompresi anche una serie di dissesti idrogeologici già rilevati, ad esempio dai Piani Territoriali di Coordinamento Provinciali, che potrebbero non avere rilevanza nella pianificazione di bacino, ma essere classificati come eventi a carattere locale, in quanto caratterizzati da tempi di ritorno anche ben inferiori a 100 anni (tempo di riferimento per i PAI dei bacini nazionali).
Applicazione delle Zone di attenzione
Innanzitutto è necessario ricordare che la L. 27.2.2009 n. 13, ha prorogato le attività delle Autorità di Bacino regionali e interregionali, "nelle more della costituzione dei distretti idrografici e dell'eventuale revisione della disciplina normativa" di cui al D.Lgs 152/2006, ed esse svolgono i compiti tecnico amministrativi di propria competenza operando sul territorio fino alla istituzione degli organi delle Autorità di bacino distrettuali di cui all'articolo 63 del D.Lgs. 152/2006.
I Comitati tecnici delle Autorità di Bacino nazionali dei fiumi dell'Alto Adriatico e del fiume Adige, con parere n. 2dis/2013 espresso nella seduta congiunta del 26.3.2013, hanno stabilito che nelle aree classificate a pericolosità media (P1) e moderata (P2) così come nelle zone di attenzione, la programmazione e la realizzazione di interventi aventi ad oggetto locali interrati e seminterrati non può ritenersi oggetto di un divieto preventivo e assoluto ai sensi dell'articolo 8 delle NdA, comma tre, lettera f, ma devono essere valutate in rapporto alla specifica natura e tipologia di pericolo individuata.
Con il medesimo parere, inoltre, si specificava che è di tutta evidenza che le Norme di Attuazione e le cartografie dei PAI sono dettate esclusivamente per le aree ricadenti all'interno dei confini dei bacini nazionali di competenza, anche se le cartografie medesime evidenziano talvolta aree adiacenti, esterne ai suddetti confini, a mero titolo di completezza conoscitiva.
Per quanto riguarda la cartografia del Bacino regionale del Fiume Sile e della Pianura tra Piave e Livenza, del Bacino interregionale del Fiume Lemene, del Bacino interregionale del Fiume Fissero Tartaro Canalbianco Po di Levante, e del Bacino scolante nella Laguna di Venezia si deve fare riferimento al sito internet della Regione http://www.regione.veneto.it/web/ambiente-e-territorio/pianificazione-bacino.
In merito all'interpretazione delle norme sulle zone di attenzione dei PAI, le Direzioni Difesa del Suolo e Geologia e Georisorse, con nota prot. n. 126178/63.00 del 22.3.2013, hanno fornito alcuni chiarimenti per l'applicazione dei commi 3 e 4 del citato art. 5 delle NdA.
In particolare, la nota ha specificato che in sede di redazione del PAT (o PATI) la valutazione stabilita al comma 4 dell'art. 5 può essere fatta contestualmente alla redazione del piano, oppure rinviata alla fase di redazione del Piano degli Interventi (PI); in quest'ultimo caso è necessario che le zone di attenzione vengano ricomprese nella carta delle fragilità entro aree "non idonee" oppure aree "idonee a condizione", di cui alla L.R. 11/2004 e che le condizioni imposte per l'idoneità comprendano anche la valutazione delle condizioni di dissesto evidenziate e la relativa compatibilità delle previsioni urbanistiche. Tra le condizioni imposte potrà esserci direttamente l'eventuale espletamento delle procedure per l'attribuzione del grado di pericolosità.
Associazione della pericolosità alle Zone di attenzione
L'applicazione delle numerose Zone di attenzione richiede, in particolare per i fenomeni idraulici, una verifica delle attività urbanistiche in atto, con la necessità di associare alle zone stesse l'eventuale pericolosità riconosciuta per i fenomeni a carattere di bacino, da riportare nei PAI.
In considerazione dell'urgenza e della complessità dell'attività da svolgere, ai fini di semplificare l'attività di pianificazione da parte delle amministrazioni comunali interessate in particolare per gli interventi in corso, si rende necessario che le Autorità di bacino nazionali citate procedano direttamente, ai sensi dell'art. 6 delle NdA dei PAI, all'associazione della pericolosità idraulica alle zone di attenzione, svolgendo anche le fasi spettanti alla Regione cui ai punti II, III e IV, oltre al punto V della let. B.2, dei commi 3 e 4, dello stesso art. 6, relative all'istruttoria per la definizione della proposta di aggiornamento dei PAI.
Con successivo provvedimento si definirà nel dettaglio l'attività necessaria, mediante la predisposizione di un protocollo d'intesa con le citate Autorità di bacino.
Il relatore conclude la propria relazione e propone all'approvazione della Giunta regionale il seguente provvedimento.
LA GIUNTA REGIONALE
UDITO il relatore, incaricato dell'istruzione dell'argomento in questione ai sensi dell'articolo 53, quarto comma, dello Statuto, il quale dà atto che la Struttura competente ha attestato l'avvenuta regolare istruttoria della pratica, anche in ordine alla compatibilità con la vigente legislazione statale e regionale;
VISTE le deliberazioni n. 3 e n. 4 in data 09.11.2012 del Comitato Istituzionale dell'Autorità di bacino dei fiumi dell'Alto Adriatico;
VISTA delibera n. 1 in data 09.11.2012 del Comitato Istituzionale dell'Autorità di bacino del fiume Adige;
delibera
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