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Bur n. 12 del 06 febbraio 2007


Materia: Urbanistica

Circolare n. 1 del 17 gennaio 2007

Artt. 1, 2, 5, Legge regionale 10 agosto 2006, n. 18 “Disposizioni di riordino e semplificazione normativa - collegato alla legge finanziaria 2006 in materia di urbanistica, cartografia, pianificazione territoriale e paesaggistica, aree naturali protette, edilizia residenziale pubblica, viabilità, mobilità e trasporti a fune".

(Approvata dalla Giunta regionale con deliberazione n. 34 del 16 gennaio 2007).

Indirizzata ai Signori Sindaci dei Comuni del Veneto; ai Signori Presidenti delle Amministrazioni Provinciali del Veneto; e, p.c. all’ANCI Veneto; all’Unione Province del Veneto

- Loro sedi -

La legge regionale L.R. 23 aprile 2004, n. 11 "Norme per il governo del territorio", detta la nuova disciplina urbanistica, in sostituzione della precedente legge regionale n. 61 del 1985.

Si tratta di una normativa che contiene numerosi aspetti innovativi in materia di pianificazione, fondata essenzialmente su due livelli, il piano strutturale (PAT) e il piano operativo (PI), per la quale si è reso necessario prevedere una disciplina transitoria al fine di coordinare la vecchia legge regionale con quella nuova; tale disposizione transitoria è prevista all'articolo 48, che ha stabilito un applicabilità differita dell'apparato normativo approvato nel 2004, subordinandolo all'approvazione e pubblicazione, da parte della Giunta regionale, di specifici atti di indirizzo, indicati all'articolo 50, comma 1, della medesima legge regionale n. 11.

In particolare, per quanto riguarda le zone agricole, l'articolo 48, comma 3, nelle more dell'approvazione del primo PAT e del primo PI, ha assegnato un anno di tempo dopo l'adozione e pubblicazione nel Bur di tali provvedimenti applicativi, per l'entrata in vigore delle disposizioni di riferimento, facendo salva, nel frattempo, la legge regionale n. 24 del 1985.

A seguito della decorrenza del suddetto termine di un anno dalla pubblicazione dei provvedimenti applicativi sopra citati e in considerazione dei tempi necessari per l'approvazione del primo PAT e PI, il legislatore veneto è intervenuto con la l.r. n. 23 del 2005 (comma 7bis 3 dell'articolo 48 della l.r. 11/04), rinviando nuovamente l'operatività della nuova disciplina delle zone agricole al 30 giugno 2006 e limitando gli interventi ammissibili in detta zona.

Alla scadenza del 30 giugno 2006, il legislatore è intervenuto con la legge regionale 10 agosto 2006, n. 18, al fine di risolvere, sempre in via transitoria nelle more dell'approvazione dei primi PAT e PI, le problematiche edificatorie e di tutela del territorio agricolo emerse nel frattempo; l'articolo 1 di tale legge ha diversificato gli interventi per singola sottozona agricola, a seconda delle rispettive specificità, disponendo altresì in relazione alle zone di protezione delle strade e nelle zone agricole dei territori montani, mentre gli articoli 2 e 5 hanno rispettivamente ampliato la facoltà di utilizzo dello sportello unico e disciplinato il recupero del patrimonio edilizio degradato nelle zone montane.

Ciò premesso, si rende ora necessario fornire alcuni criteri interpretativi in ordine alle modifiche normative introdotte con tale legge regionale n. 18 al fine di rendere uniforme l'applicazione delle norme in questione, fermo restando che le previsioni contenute nelle leggi regionali risultano prevalenti rispetto alle disposizioni dei piani regolatori comunali e che le previsioni della legge regionale n. 11/2004, relative alle zone agricole, si applicano compatibilmente e nei limiti degli interventi ammissibili dalla legge regionale n. 18.

Per opportuna precisazione, si ricorda che per i procedimenti in itinere, l'ultima parte del comma 7bis 3, dell’articolo 48, della legge regionale n. 11 prevede che, decorso il richiamato termine del 30 giugno 2006, ai procedimenti autorizzatori in corso continua ad applicarsi la legge regionale 5 marzo 1985, n. 24 e successive modificazioni: la norma si riferisce alle sole richieste di rilascio di autorizzazione presentate anteriormente alla scadenza del 30 giugno.

Prima di passare all'esame degli articoli della l.r. 18, sembra opportuno chiarire un aspetto problematico che riguarda i piani regolatori che non operano, nella propria cartografia, alcuna distinzione tra le diverse sottozone, prevedendo genericamente la sola zona E.

La legge regionale n 24, all'articolo 11, proprio in funzione della tutela del territorio agricolo nelle sue diversità, prevedeva la ripartizione in sottozone, per ciascuna delle quali l'integrità territoriale era assicurata da interventi graduati in funzione del pregio delle singole aree.

La tutela di tali aree agricole, con particolare riferimento all'attività pianificatoria, non può dirsi venuta meno con la nuova legge regionale n. 11, che assegna al territorio agricolo una vocazione prevalentemente produttiva orientata ad una pianificazione equilibrata e razionale, tesa a salvaguardare il recupero del patrimonio edilizio con particolare riferimento all'attività agricola.

Per tali motivi, nel rispetto di entrambe le discipline volte a non pregiudicare il territorio agricolo, si ritiene che nelle attuali zone E prive della distinzione in sottozone, in attesa del PAT, debba trovare applicazione la normativa più rigorosa di cui all'articolo 48, comma 7ter, lett. a), che disciplina le zone E1 e che ammette esclusivamente gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di consolidamento e adeguamento degli impianti e dei servizi, nonché per gli edifici individuati quali beni culturali e ambientali gli interventi consentiti dallo strumento urbanistico vigente.

·        Articolo 1 della legge regionale 10 agosto 2006, n. 18 che introduce il comma 7 ter all'articolo 48 della legge regionale 23 aprile 204, n. 11

a) Sottozone classificate E1:

1. Articolo 48, comma 7ter, lett. a) della legge regionale n. 11 del 2004:

“sono ammessi esclusivamente gli interventi sui fabbricati esistenti di manutenzione ordinaria e straordinaria e di consolidamento, gli interventi diretti a dotare gli edifici dei servizi igienici e dei necessari impianti tecnologici nel rispetto delle caratteristiche strutturali e tipologiche degli edifici, nonché gli altri tipi di interventi previsti dal vigente strumento urbanistico comunale finalizzati alla tutela del patrimonio storico ambientale e rurale ai sensi degli articoli 10 e 12 della legge regionale 5 marzo 1985, n. 24”.

L’introduzione della presente norma trova fondamento nella necessità di salvaguardare l’integrità di tali parti di territorio, escludendo ab origine la possibilità di qualsiasi intervento che incida sugli ambiti di maggior rilievo ambientale paesaggistico già rilevati dagli strumenti urbanistici vigenti, ivi compresa la ristrutturazione edilizia.

Tuttavia, per quanto riguarda la realizzazione dei servizi igienici e l’installazione degli impianti tecnologici, che sono esplicitamente consentiti dalla norma, i volumi tecnici devono essere realizzati all’interno degli edifici o comunque non devono comportare significative alterazioni dell’impianto strutturale e tipologico degli stessi.

2. Articolo 48, comma 7ter, lett. d) della legge regionale n. 11 del 2004:

“sono altresì consentiti, nel rispetto delle previsioni e prescrizioni dello stesso [n.d.r.: Piano Regolatore Generale], gli interventi edilizi, compresa la nuova edificazione, in funzione dell’attività agricola destinati a strutture agricolo-produttive con le modalità di cui agli articoli 44 e 45”.

L’introduzione della previsione - concernente oltre alle sottozone E1 anche le sottozone E2 ed E3 - si rende necessaria per normare la disciplina applicabile nelle more dell’approvazione del primo PAT e PI. Si precisa che la nuova edificazione di cui parla la norma si riferisce alle sole strutture agricolo-produttive[1]; non è pertanto consentita, fino all’approvazione del primo PAT e PI, l’edificazione di nuove residenze.

Gli interventi devono essere attuati con le modalità degli articoli 44 e 45 della L.R. 23.04.2004 n. 11, con particolare riferimento, tra l'altro, al piano aziendale, all'imprenditore agricolo titolare di un'azienda agricola con i requisiti previsti dalla legge, all'istituzione dei vincoli indicati.

b) Sottozone classificate E2:

1. Articolo 48, comma 7ter, lett. b) della legge regionale n. 11 del 2004:

“sono in ogni caso consentiti, per le costruzioni non oggetto di tutela da parte dello strumento urbanistico generale per le quali si confermano gli interventi in esso previsti, gli interventi di cui alla lettera d) dell’articolo 3 del Dpr n. 380 del 2001 e successive modificazioni, nonché l’ampliamento di edifici residenziali, utilizzando l’eventuale parte rustica esistente e contigua fino ad un massimo di 800 mc. compreso l’esistente”;

Al fine di garantire l’armonico recupero edilizio di spazi già esistenti, tale norma consente, in aggiunta agli interventi di cui all'articolo 44, comma 5 della l.r. n. 11/04, che rinvia alle lettere a), b), c) dell’art. 3 del Dpr 380/01, rispettivamente per gli interventi di manutenzione ordinaria, di manutenzione straordinaria e di restauro e risanamento conservativo, anche gli interventi di ristrutturazione edilizia di cui alla lettera d) del citato articolo 3. È altresì previsto l’ampliamento degli edifici residenziali fino ad un massimo di 800 mc., compreso l’esistente, utilizzando la parte rustica esistente e contigua (cioè posta in aderenza all’immobile/edificio residenziale per il quale si chiede l’ampliamento). Rispetto alla previgente disciplina, dall'articolato si evince che, se non è più necessario che la residenza sia stabilmente abitata, l'ampliamento rimane invece assentibile solo in presenza di una parte rustica contigua, diversamente che per le sottozone E3, per le quali la diversa formulazione della norma ammette l'ampliamento fino a 800 mc compreso l'esistente senza la presenza di tale parte rustica e contigua.

Al fine di evitare interpretazioni della norma che potrebbero vanificarne la ratio, si precisa che l’ampliamento concesso di 800 mc va riferito all’immobile/edificio considerato nella sua totalità; eventuali successivi frazionamenti del medesimo non consentono ulteriori ampliamenti di ciascuna frazione così ottenuta. Nell'ipotesi di più case aggregate in un processo avvenuto nel corso degli anni e costituenti un edificio del tipo a schiera, l'ampliamento è ammissibile per ciascuna delle "case" costituenti la schiera. Tale indirizzo risulta conforme alla disciplina fino a oggi applicata nelle zone agricole, posto che la disposizione attuale non differisce rispetto alle previgenti normative (L.R. nn. 58/78 E 24/85).

La disposizione vale esclusivamente per gli edifici non oggetto di tutela da parte dello strumento urbanistico generale. Invero, per tali edifici, individuati quali beni culturali e ambientali ai sensi dell’articolo 10 della L.R. n. 24/85 e disciplinati da specifiche norme di piano regolatore generale, sono confermate le possibilità di intervento previste nello strumento urbanistico vigente.

2. Articolo 48, comma 7ter, lett. d) della legge regionale n. 11 del 2004:

“sono altresì consentiti, nel rispetto delle previsioni e prescrizioni dello stesso [n.d.r.: Piano Regolatore Generale], gli interventi edilizi, compresa la nuova edificazione, in funzione dell’attività agricola destinati a strutture agricolo-produttive con le modalità di cui agli articoli 44 e 45”.

Si richiama quanto già sopra esposto relativamente alla zona E1.

c) Sottozone classificate E3:

1. Articolo 48, comma 7ter, lett. c) della legge regionale n. 11 del 2004:

“sono in ogni caso consentiti, per le costruzioni non oggetto di tutela da parte dello strumento urbanistico generale per le quali si confermano gli interventi in esso previsti, gli interventi di cui alla lettera d) dell’art. 3 del Dpr 380 del 2001 e successive modificazioni, nonché l’ampliamento di edifici residenziali fino ad un massimo di 800mc. compreso l’esistente”;

Anche per le sottozone E3 sono consentiti, in aggiunta agli interventi di cui alle lettere a), b), c) dell’art. 3 del Dpr 380/01, gli interventi di ristrutturazione edilizia di cui alla lettera d) del citato articolo 3 nonchè l’ampliamento degli edifici residenziali fino ad un massimo di 800 mc. compreso l’esistente, indipendentemente dall’esistenza di annesso rustico.

Analogamente a quanto precisato per le zone E2 e per le stesse motivazioni a cui pertanto si rimanda, anche nelle sottozone in esame l’ampliamento concesso di 800 mc va riferito all’immobile/edificio considerato nella sua totalità: eventuali successivi frazionamenti del medesimo non consentono ulteriori ampliamenti di ciascuna frazione così ottenuta; nell'ipotesi di più case aggregate in un processo avvenuto nel corso degli anni e costituenti un edificio del tipo a schiera, l'ampliamento è ammissibile per ciascuna delle "case" costituenti la schiera.

La norma non si applica agli edifici individuati quali beni culturali e ambientali ai sensi dell’articolo 10 della L.R. n. 24/85 e disciplinati da specifiche norme di piano regolatore generale per i quali si confermano gli interventi previsti nello strumento urbanistico vigente.

2. Articolo 48, comma 7ter, lett. d) della legge regionale n. 11 del 2004:

“sono altresì consentiti, nel rispetto delle previsioni e prescrizioni dello stesso [n.d.r.: Piano Regolatore Generale], gli interventi edilizi, compresa la nuova edificazione, in funzione dell’attività agricola destinati a strutture agricolo-produttive con le modalità di cui agli articoli 44 e 45”.

Si richiama quanto già sopra esposto relativamente alla zona E1.

d) Sottozone classificate E4:

1. Articolo 48, comma 7ter, lett. e) della legge regionale n. 11 del 2004:

“sono realizzabili gli interventi previsti dallo strumento urbanistico generale vigente”.

Vista la peculiarità di tali zone (che pur essendo formalmente agricole non presentano le caratteristiche tipiche delle zone E), il legislatore regionale ha ritenuto opportuno specificare esplicitamente la disciplina applicabile ad esse consentendo gli interventi che sono previsti dallo strumento urbanistico vigente per tali zone E4.

e) Zone di protezione delle strade

1. Articolo 48, comma 7ter, lett. f) della legge regionale n. 11 del 2004:

“per le costruzioni non oggetto di tutela da parte del vigente piano regolatore generale ubicate nelle zone di protezione delle strade di cui al DM 1° aprile 1968, n.1404, e in quelle di rispetto al nastro stradale e alle zone umide vincolate come inedificabili dagli strumenti urbanistici generali, sono consentiti gli interventi di cui alla lettera d) dell’articolo 3 del Dpr n. 380 del 2001, compresa la demolizione e la ricostruzione in loco oppure in area agricola adiacente, sempre che non comportino l’avanzamento dell’edificio esistente sul fronte stradale e sul bene da tutelare”.

L’articolo detta norme per l’intervento su edifici esistenti in zona E in area con vincolo di inedificabilità posto dallo strumento urbanistico a protezione delle strade e/o delle zone umide, per i quali sono consentiti, in aggiunta agli interventi di cui alle lettere a), b), c) dell’art. 3 del Dpr 380/01, gli interventi di ristrutturazione edilizia di cui alla lettera d) del citato articolo 3, compresa la demolizione e ristrutturazione in loco, oppure in area agricola adiacente sempre che non comportino l’avanzamento dell’edificio esistente sul fronte stradale e sul bene da tutelare[2].

In merito al concetto di “area agricola adiacente”, si precisa che:

v     trattasi di area esterna alla fascia di rispetto

  • tale area adiacente deve trovarsi in prossimità dell'area di sedime originaria senza che la lontananza da quest’ultima sia tale da eludere la ratio della norma;
  • deve in ogni caso essere connessa “in senso funzionale” all’area di sedime originaria;
  • non deve presentare altre problematiche (ad esempio di carattere geologico, paesaggistico, idraulico, ecc…).

La norma non si applica agli edifici individuati quali beni culturali e ambientali ai sensi dell’articolo 10 della L.R. n. 24/85.

f) Zone agricole dei territori montani

1. Articolo 48, comma 7ter, lett. g) della legge regionale n. 11 del 2004:

“fermo restando quanto previsto dalla lettera a), nelle zone agricole dei territori montani di cui all’articolo 1 della legge regionale 18 gennaio 1994, n.2 “Provvedimenti per il consolidamento e lo sviluppo dell’agricoltura di montagna e per la tutela e la valorizzazione dei territori montani” sono consentiti interventi finalizzati al mutamento di destinazione d’uso residenziale nei limiti di 300mc., a condizione che l’edificio sia dichiarato non più funzionale alle esigenze del fondo, sulla base di un’analisi agronomica redatta da un tecnico abilitato e certificata dall’ispettorato regionale dell’agricoltura, e che le eventuali opere necessarie per l’allacciamento alle reti tecnologiche e per l’accessibilità viaria siano a carico del richiedente”.

La norma si applica alle zone agricole dei territori comunali classificati montani ai sensi della L.R. 18 gennaio 1994, n.2. Oltre agli interventi previsti dalla lettera a) del comma 7 ter, art. 48, L.R. 11/04[3], in tali zone è ammesso il mutamento di destinazione d’uso residenziale nei limiti di 300 mc e le condizioni richieste dalla legge, di non funzionalità dell'edificio al fondo e delle opere viarie a carico del richiedente, devono essere entrambe soddisfatte.

In relazione alle reti tecnologiche e alle strutture viarie è da ritenersi che, a prescindere dalla loro distanza dall'edificio, sia il richiedente a provvedere a tutte le spese necessarie per le opere di allacciamento.

·        Articolo 2 della legge regionale 10 agosto 2006, n. 18 che introduce modifiche al comma 7 bis 2 dell'articolo 48 della legge regionale 23 aprile 204, n. 11

a) Interventi assoggettabili allo sportello unico per le attività produttive

1. Articolo 48, comma 7bis 2, della legge regionale n. 11 del 2004:

“In deroga al divieto previsto dal comma 1, fino all’approvazione del primo PAT è consentita l’adozione delle varianti allo strumento urbanistico generale conseguenti alla procedura dello sportello unico per le attività produttive di cui all’articolo 5 del Decreto del Presidente della Repubblica 20 ottobre 1998, n. 447 e successive modificazioni finalizzate alla ristrutturazione, riconversione, cessazione, riattivazione e ampliamento di attività produttive esistenti nonchè alla trasposizione, a parità di superficie di zona e per comprovate ragioni di tutela ambientale e della salute, di zone territoriali omogenee D a carattere industriale e artigianale interessate da una unica struttura aziendale...”

In aggiunta a quanto già previsto dal previgente comma in relazione alle attività assentibili tramite lo sportello unico, la nuova disposizione consente, sempre nelle more dell’approvazione del primo PAT, l’adozione da parte dei comuni di una ulteriore tipologia di variante conseguente alla procedura dello sportello unico per le attività produttive.

Il ricorso a tale procedura è ammesso solo in presenza di tutte le condizioni di seguito elencate:

  • deve trattarsi di Z.T.O. D a carattere industriale e artigianale;
  • che l'area sia “interessata da una unica struttura aziendale”: non è pertanto possibile ricorrere a questa procedura qualora sull’area insistano più strutture ancorchè di proprietà di una unica azienda;
  • devono sussistere “comprovate ragioni di tutela ambientale e della salute” che ostino alla permanenza o all’insediamento dell’impresa nell’area: la sussistenza di tale requisito deve essere verificata dagli enti a ciò competenti;
  • la trasposizione è possibile solo “a parità di superficie di zona”; l'area di destinazione sulla quale andrà collocata l'attività produttiva dovrà avere la stessa superficie dell'area che si rende libera a seguito della trasposizione e dovrà essere individuata quale sito più idoneo ad accogliere tale attività produttiva. Nel contempo, l'area che risulterà libera a seguito della trasposizione assumerà la destinazione di zona dell'area sulla quale l'impianto è stato trasposto.

Trattasi di una norma di carattere eccezionale il cui intervento va valutato di volta in volta in funzione dell’effettiva congruità di entrambe le aree interessate (area D da trasporre ed area individuata quale sito più idoneo) al fine di garantire un coerente disegno urbanistico con la parte di piano vigente che viene modificata e di verificare la doppia compatibilità delle aree, sia nel senso della compatibilità dell'area da trasporre con quella destinataria che viceversa. In questo senso, infatti, un esempio è dato qualora l'area trasposta ricada all'interno di una zona produttiva di cui costituisce un lotto intercluso e l'area individuata quale sito più idoneo sia classificata agricola (o anche altro): l'intervento non potrà risultare ammissibile non essendo possibile classificare detto lotto intercluso come zona agricola (o altro), in quanto incompatibile, sotto il profilo urbanistico, con l'area circostante.

Al fine di valutare la fattibilità dell’intervento di trasposizione va, infine, verificata l’idoneità dell’area individuata anche in funzione delle reti tecnologiche esistenti.

La sussistenza di tutte queste condizioni deve essere verificata dal responsabile del procedimento antecedentemente alla convocazione della conferenza di servizi e deve altresì risultare dalla motivazione della convocazione della conferenza.

L’area dovrà essere oggetto di ricomposizione e riqualificazione, da effettuarsi a carico del proprietario mediante dismissione dell’impianto con demolizione dei manufatti esistenti, al fine di renderla idonea alla nuova destinazione d’uso.

Il ripristino ambientale dovrà avvenire previa verifica dell’assenza di contaminazioni o, in caso contrario, bonifica da attuare con le procedure e le modalità indicate dalla normativa vigente in materia di bonifica di siti inquinati.

·        Articolo 5 della legge regionale 10 agosto 2006, n. 18 che disciplina il recupero del patrimonio edilizio degradato nelle zone di montagna.

La norma, in deroga a quanto previsto dall’articolo 48 della L.R. 23 aprile 2004, n. 11, nelle more dell’approvazione del primo PAT e PI, nelle zone agricole dei territori classificati montani[4],consente la ricostruzione di fabbricati crollati dei quali residuino solo frazioni dei muri subordinandola alla concomitante esistenza delle seguenti condizioni:

  • esistenza dei muri perimetrali che consentano di individuare il sedime e ciò risulti nelle cartografie edilizie depositate presso gli enti competenti (Catasto; Ufficio del Registro; Amministrazione Comunale nel caso di edifici per cui sia stato rilasciato titolo abilitativo) dalle quali emergano dati certi ed incontrovertibili;
  • il rispetto integrale della tipologia originaria, come risultante da documentazione fotografica e/o iconografica e, in ogni caso, nel rispetto della tipologia degli edifici già presenti nella zona.
  • il rispetto della volumetria originaria quale ricavabile dalla suddetta documentazione e, in ogni caso, nel rispetto della volumetria ammessa dal piano regolatore per l'area su cui sorge l'edificio degradato o per aree simili.

Galan


[1] Per la definizione di struttura agricolo-produttiva si rimanda a quanto previsto dalla lettera d), punto 3 degli atti di indirizzo ai sensi dell’articolo 50 della L.R. 23 aprile 2004, n. 11 (B.U.R. n. 105 del 22 ottobre 2004)

[2] Ovviamente, si tratta di ipotesi diverse da quella ex terzultimo comma dell’articolo 27 della L.R. n. 61/85, in quanto tale norma disciplinava la ricostruzione in area adiacente nelle sole due ipotesi di esproprio di edificio per la realizzazione di strade o loro ampliamenti e di opere pubbliche in genere oppure nei casi di demolizione e ricostruzione per inderogabili motivi statici o di tutela della pubblica incolumità.

[3] Manutenzione ordinaria e straordinaria, consolidamento e adeguamento degli impianti e dei servizi, nonché per gli edifici storico monumentali gli interventi consentiti dallo strumento urbanistico vigente.

[4]Per la classificazione, la norma di riferimento è l’articolo 1, L.R. 18 gennaio 1994, n. 2 “Provvedimenti per il consolidamento e lo sviluppo dell’agricoltura di montagna e per la tutela e la valorizzazione dei territori montani”

Galan

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